IL MERAVIGLIOSO MONDO DEL 3D

A colloquio con Lorenzo Basurto

di A.P.

Poco tempo fa un mio piccolo amico di otto anni mi ha fatto scoprire Fortnite, un gioco digitale. Un gioco 3D, come lo ha subito chiamato, con un’aria indagatrice per scoprire se sapessi che voleva dire. Ho fatto finta di niente, ma mi aspettavo, con preoccupazione, che avremmo dovuto indossare dei fastidiosi occhiali con lenti rosse e blu, senza le quali il mondo si vede da strabici, e con le quali, invece, hai l’illusione della profondità e le cose escono dallo schermo per arrivarti sulle ginocchia. Non pretendo di capire gli aspetti tecnico-ingegneristici del fenomeno 3D. Però è chiaro che se è entrato nel mondo dei giochi infantili (anche se io il Fortnite l’ho subito scaricato sul mio computer) è entrato anche di più nel mondo degli adulti e non sarebbe male capirne qualcosa di più. Perciò ho posto alcune domande a Lorenzo Basurto. Uno specialista del 3D che della sua passione ha fatto la sua professione:

CHE COS’È IL 3D?

Ottima domanda, per cominciare. Dico subito, per essere sintetico, che stiamo parlando di una tecnica; di un modo cioè di rappresentare con un’immagine risultante, oggetti tridimensionali. Ci sono vari modi di rappresentare gli oggetti tridimensionali con le immagini: il disegno, la pittura, la fotografia…. Per rappresentare questi oggetti attraverso le immagini si utilizzano i seguenti elementi fondamentali: la forma, la luce e il punto di vista. E’ attraverso la manipolazione di questi elementi che si rappresentano degli oggetti che, secondo gli scopi del realizzatore, possono essere realistici o fantastici, ottenendo l’illusione della profondità oppure no -o non perfettamente. La tecnica del 3D, si chiama così perché si riferisce a tre dimensioni basiche per definire

 TOLERANCIA A LA DESIGUALDAD EN CHILE

 

de Jorge Fernandez (*)                            [Link trad. italiano] 

Corría el año 1986 y en Chile el dictador Pinochet reprimía todas las manifestaciones públicas exigiendo democracia. Se aferraba al poder con las armas, el apoyo de los empresarios y de parte importante de la elite económica y social. Fue entonces cuando un joven de una comuna de clase media de Santiago escribió una canción:

“Únanse al baile de los que sobran
Nadie nos va a echar de más / Nadie nos quiso ayudar de verdad”.

La cantaba el grupo “Los Prisioneros”, causando el entusiasmo de la población y la ira del dictador. La canción de Jorge González comienza diciendo:

 Nos dijeron cuando chicos / Jueguen a estudiar / Los hombres son hermanos / Y juntos deben trabajar / Oías los consejos  / Los ojos en el profesor / Había tanto sol sobre las cabezas / Y no fue tan verdad / Porque esos juegos al final / Terminaron para otros con laureles y futuros / Y dejaron a mis amigos pateando piedras [...]

Treinta y seis años después, con el dictador ya muerto y un segundo gobierno del derechista Sebastián Piñera - paradoja de la

TOLLERARE LA DISUGUAGLIANZA

IL CASO CILENO

di Jorge Fernandez (*)                  [Link orig. spagnolo]

Era il 1986 e in Cile il dittatore Pinochet reprimeva tutte le manifestazioni pubbliche in favore della democrazia. Difendeva il suo potere con le armi e sfruttava il sostegno di una parte importante dell’élite economica e sociale. Fu allora che un giovane di un quartiere borghese di Santiago scrisse una canzone:

“Unitevi al ballo dei rifiutati / Nessuno sentirà la nostra mancanza / Nessuno ci ha voluto realmente aiutare”.

La cantava il gruppo “I Prigionieri”, provocando l’entusiasmo della gente e l’ira del dittatore. La canzone di Jorge Gonzalez cominciava così:

Quando eravamo bambini ci dicevano di giocare a studiare / Gli uomini son fratelli e assieme devon lavorare / Ascoltavi i consigli / Con gli occhi sul professore / Sulla testa tanto sole / Ma non era affatto vero / Perché alla fine questi giochi / Terminavano per gli altri con allori e futuri / Ma lasciarono i miei amici a scalciare con le pietre […]

Trentasei anni dopo, con il dittatore ormai morto e un secondo governo del destrorso Sebastiàn Piñera -paradosso della

 
 
 
MESSAGGI DAL FUTURO
 
Il video che segue lo abbiamo preso da THE INTERCEPT [link] . Ci è sembrato tremendamente opportuno e particolarmente bello. Naomi Klein ha così commentato, sullo stesso sito:   "NON ABBIAMO il diritto di essere fiduciosi? Con gli incendi politici ed ecologici che imperversano, è irresponsabile immaginare un mondo futuro radicalmente migliore del nostro? Un mondo senza prigioni? Di belle case popolari verdi? Di muri di confine sepolti? Di ecosistemi guariti? Un mondo in cui i governi temono la gente invece del contrario?"
 

Vari appelli sono stati lanciati contro la repressione del popolo mapuche in Cile. Questo è il link per chi volesse leggerne uno. Le informazioni che circolano ci sono sembrate piuttosto superficiali. Perché il problema è complesso e merita di essere conosciuto meglio, prima di condannare od assolvere. Così abbiamo chiesto ad un noto giornalista cileno, Jorge Fernandez, di darci un quadro più dettagliato della questione. Con lo stesso spirito, pubblichiamo nella sezione ‘documenti’, il testo originale della proposta operativa presentata al Parlamento cileno, dal senatore, di etnia mapuche, Francisco Huenchumilla.

ARAUCANIA  DUE MONDI OPPOSTI

 di Jorge Fernandez         [orig. spagnolo]

Sto scrivendo un romanzo, la cui storia si svolge nell’ultimo decennio del XIX secolo. Una famiglia va a vivere nelle terre della cosiddetta Frontiera (era chiamata così la zona abitata dai Mapuces). Terre che il Governo cileno aveva incorporato da poco al territorio nazionale che, eufemisticamente, chiamò l’operazione “Pacificazione dell’Araucania”.

Certo, è più facile capire oggi quello che succedeva allora, quando, col sangue e il fuoco, lo Stato-Nazione sottomise chi si opponeva a che la terra dei suoi antenati passasse ad avere altri proprietari venuti dal Nord o direttamente dall’Europa.

DEMOCRAZIE ALLO SBANDO

LITIO, SMARTPHONE E ALTRE STORIACCE

di Paolo Basurto

MESSICO NEL PRECIPIZIO

Il 26 settembre 2014 quattro studenti della scuola Normale Raul Burgos di Ayotzinapa e altre 5 persone, accidentalmente presenti, muoiono in uno scontro a fuoco con la polizia dello Stato messicano di Guerrero, nella città di Iguala. Il giorno dopo altri 43 studenti scompaiono e ancora oggi non si è trovata traccia di loro. Inutili i 4 anni di pretese indagini da parte delle autorità. Più utili le indagini del giornalista Pablo Morrugares, che con prove abbastanza contundenti aveva cominciato a denunciare la collusione tra istituzioni (in particolare quelle della polizia) e il narcotraffico.

Il 3 agosto la Deutsche Welle annunciava nel suo bollettino che Morrugares era stato ucciso, crivellato di colpi, lui e la sua scorta, in un ristorante di Iguala.

MADRI MAESTRE

Da madri a insegnanti, senza aspirare alla santitá: quattro casi italiani

di Gisella Evangelisti

In una primavera asfittica, quando l'Italia smetteva di cantare e applaudire i nostri medici eroici (in gran parte donne) dai balconi, tra vecchi problemi (i femminicidi non si sono fermati) e nuova povertà, molte donne hanno dovuto affrontare  situazioni senza precedenti, come la chiusura delle scuole. Giocoforza, ma dando il massimo. 

T.A (preferisce l'anonimato), 43 anni, ha vissuto gran parte della sua vita fuori dal paese, con esperienze di lavoro entusiasmanti, incluso l'insegnamento di letteratura ispanica all'Università di Harvard. Ora ha dovuto parcheggiare le sue ricerche per fare da insegnante a suo figlio S., 8 anni, appassionato di calcio e dinosauri, per accompagnarlo nei compiti e portarlo, ad esempio, a scrivere dritto, invece di vagare  in diagonale su un'intera pagina, o a rimuovere le bucce di banana dimenticate sotto il letto. Il suo appartamento nella città veneta dove risiede non è grande, ma ha una terrazza di 4 metri per 4, che nei giorni di sole può diventare un laboratorio di pittura, una pista da ballo, o una palestra per le gimkane inventate dal bimbo. 

IMMIGRAZIONE: ACCOGLIENZA O CONTENIMENTO? UN NUOVO APPROCCIO

PREVENZIONI PSICOLOGICHE, PERCEZIONI E RAZZISMO

L'OSTACOLO MAGGIORE

di Massimo D'Angelo

  1.Politiche migratorie e consenso sociale

Una nozione tratta dal moderno diritto pubblico è che la capacità di una legge (e, per estensione, della politica che la ispira) di essere applicata con efficacia

I N D I C E

[per attivare links ipertestuali, aprire l'articolo]

      (a)          Il contenuto dei messaggi e la scelta del pubblico destinatario
      (b)          La deformazione del contenuto dell’informazione
      (c)          La scelta del liguaggio
      (d)          La scelta delle modalità di comunicazione: creare le notizie
      (e)          L’amplificazione della comunicazione
          ° Dalla cultura della paura alla ricerca di un “nemico” da odiare
          ° Involuzione culturale, deterioramento del linguaggio e tentativi di moderazione a confronto
          ° Alla ricerca di una rivoluzione culturale: segnali di una resistenza basata sui valori
          ° Un fenomeno tutto italiano: il movimento delle “sardine”
non dipende soltanto dal suo valore coercitivo,[1] ma trae la sua forza dal consenso sociale che la sostiene e ne condivide le premesse, le modalità, e le attese conseguenze della sua promulgazione.[2] Tale “consenso sociale” diviene pertanto una condizione necessaria per assicurarne l’applicabilità. Mancando il consenso sociale, l’operatività della stessa legge e della relativa politica svanisce, rischiando di venir disattesa nonostante la sua obbligatorietà formale. Questo vale tanto più in una società democratica,[3] che continuamente persegue l’obiettivo di tradurre la volontà popolare nelle sue leggi, e che considera le istituzioni rappresentative come mezzi ideali per canalizzare il consenso sociale attraverso criteri maggioritari, libere espressioni dei cittadini.

UN ALTRO DOPO E' POSSIBILE?

Riflettendo sulle pandemie con Simonetta Pirazzini, ginecologa esperta di medicina pubblica, che porta nel suo zaino esperienze di lavoro, in Palestina, Uganda, Cina, India, Africa subsahariana, Perù e Brasile.

di Gisella Evangelisti

Per molti l'esperienza sconvolgente del lockdown per coronavirus é un'occasione rara per poter pensare...

E pensiamo, allora. Per me, d'altra parte, il silenzio non è una novità. Sono stata figlia unica di padre e madre anche loro figli unici, alla fine dell'universitá ho deciso di lasciare il fidanzato e dedicarmi a curare donne e bambini in giro per il mondo. Perché le donne?, non c'è bisogno di spiegarlo. Perché vivono in condizioni di inferiorità quasi ovunque, nonostante a volte lavorino ben più duramente dell'uomo, dentro e fuori la famiglia, ed è fondamentale dare loro più dignità e importanza, prendendosi cura della loro salute. E stato un lavoro in situazioni a volte estreme. Mi sono imbattuta in tutte le malattie più comuni in Africa, morbillo, difterite, meningite, malaria, malattie respiratorie, AIDS, colera, mi mancava solo l'Ebola. Ho lavorato a progetti che implementavano sistemi di prevenzione sanitaria, e talvolta ospedali, come in Uganda.

ESSERE POETA

a colloquio con Sol Fantin (*)    [link originale spagnolo]

1. PARTECIPAGIRE: Poeta e Donna. Vantaggio o Svantaggio? 

Credo che fu Jacques Lacan, il famoso psicoanalista francese, a dire che l’uomo s’interroga sulla morte, cioè sull’essere, così: sull’essere senza altri attributi. La donna invece aggiunge qualcosa: s’interroga sull’essere Donna. Se consideriamo quest’affermazione letteralmente, ‘essere donna’ conterrebbe un plus. Lacan ha anche detto che noi donne siamo tutte un po’ matte e che perciò riempiamo tutte le condizioni per essere delle buone psicoanaliste. Deduco che quanto serve per essere buone psicoanaliste serve ugualmente per essere delle buone poetesse. Entrambe le cose, inclusa la capacità di essere un po’ matte, mi fanno sentire portatrice di un privilegio, quello di essere donna e di occuparmi di poesia. 

LA PANDEMIA DI TRUMP

COMPORTAMENTO CRIMINALE O CONSUETA POLITICA ?

 di Paolo Basurto

Gli Usa hanno ormai contabilizzato il numero più alto di morti a causa della pandemia del coronavirus. Come in Inghilterra, solo poche settimane fa, il pericolo di un’ondata contagiosa del virus, veniva considerata trascurabile, anzi risibile. Meglio non fare niente. Non c’è niente da fare. Pensa solo che si tratta di un raffreddore; diceva Trump. Mentre Boris Jonson, già in quarantena e, in questo momento, in ospedale, ironizzava sulle molte mani che gli toccava di stringere per la sua funzione. Le preoccupazioni dei due uomini di Stato erano chiaramente di ordine economico. Non fermare la macchina produttiva e commerciale valeva il rischio di qualche danno collaterale come la morte di alcune migliaia di persone.

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