{jcomments on}ANALIZZARE IL DEBITO NON È UNO SCHERZO


di Massimo D’Angelo (dagli USA)

Il debito pubblico è quello accumulato dallo Stato italiano (in senso lato, cioè compresi gli enti locali) nel corso di decenni.  Come tutti i debiti, bisogna pagarci gli interessi (che pesano sulla spesa corrente) e quando è a scadenza (o meglio i vari pezzi, quali i BOT, BPT, ecc. vanno a scadenza) bisogna ripagarli ai titolari, ma quest'ultima operazione spesso avviene attraverso l'emissione di nuovi titoli, così con il ricavato delle vendite si pagano quelli in scadenza.

Se uno non paga i debiti quando sono in scadenza, si va per aria.  Nessuno finanzierebbe più lo Stato italiano, e sarebbe la catastrofe totale.  Tuttavia, per fortuna i debiti non maturano tutti insieme, per cui il Tesoro riesce a fare salti mortali tra un'emissione e l'altra.  
L'emissione dei titoli pubblici, a dire il vero, non è la stessa cosa del debito.  È la forma di accaparrarsi risorse per finanziare il debito, accumulato attraverso deficit di bilancio occorsi negli anni.

Ci si chiede: ma bisogna pagarlo tutto, questo debito? Sì e no. Sì in teoria, ma non tutto subito.  Per questo la classica formulakeynesiana è quella del deficit spending, cioè, accumulando debito, per sostenere l'economia, con la speranza che la crescita porti, in un futuro, un maggiore flusso di entrate fiscali per ripagare il debito senza più pagarci interessi sopra.  

Purtroppo in Italia il decifit spending non si può più fare, perchè abbiamo superato ogni limite, ed il volume di interessi che lo Stato paga per il debito corrente è divenuto quasi insostenibile.  Per questo la gente si dispera ogni volta che le nuove emissioni di titoli pubblici trovano una domanda scarsa, abbassando i valori dei titoli ed alzandone i tassi d'interessi effettivi (non quelli nominali, perchè quelli sono fissi).  Pare che con tassi superiori al 7%, se la cosa si prolungasse per troppo tempo, il flusso di esborso in interessi sarebbe tale che lo Stato italiano non sarebbe più in grado di farcela (sarebbe come quando un super-indebitato ricorre agli strozzini: alla fine non ce la fa più).

Tuttavia, la raccomandazione recente di Obama all'Europa è importante: non si può pensare solo al debito. Sennò è come scavarsi la fossa. Se non si cresce, credere di risolvere il problema del debito con misure soltanto restrittive della spesa, è come scavare un buco nella terra sperando di trovare la luce.  Non c'è luce senza crescita. La crescita significa maggiore reddito (e occupazione), maggiore spesa, maggiori flussi fiscali (imposte effettivamente riscosse) che permettono la riduzione del debito.  Il problema è che noi non cresciamo. Obama vede le cose in modo globale, e le banche centrali stanno cercando di fare del loro meglio per evitare questa tendenza pazzesca dei mercati. Ma certo che in mancanza di una BCE con un vero ruolo da banca centrale, l'Europa fa una politica monetaria a metà, nel senso che le manca una gamba, cioè la funzione tipica di una banca centrale di prestatore di ultima istanza.  Qui c'entra la Merkel e i tedeschi che non ne vogliono sapere, per adesso.

In ogni caso, dal punto di vista italiano, la soluzione non è facile e richiede una misura intermedia che spinga verso la crescita (cosa che Tremonti ha ignorato per anni), ma anche cerchi di contenere la spesa pubblica, che in Italia ha una tendenza a crescere con meccanismi quasi incontrollabili. Per non parlare degli sprechi e dell'evasione fiscale. Monti ci sta provando con la sua Manovra, fase uno e due.  Molti non stanno gradendo. Ma senza manovra, la situazione finanziaria italiana andrà a rotoli più veloce di quanto già non faccia e non solo lo Stato italiano, ma anche le banche, la borsa, con conseguenze a catena su tutto il sistema produttivo, redditi, occupazione. Insomma una catastrofe tipo 1929.

Veniamo adesso all’idea di un’analisi della composizione del debito e di una Commissione super partes che selezioni ciò che è legittimo e ciò che non sarebbe legittimo pagare.
Per quanto sembrerebbe logica una simile operazione, ci sono, in pratica, delle notevoli difficoltà tecniche. Infatti il debito non è attribuibile in modo "causale" a chi lo ha prodotto, e questo vale in modo particolare in Italia, ove i deficit sono storici e risalgono per lo meno fino alla costituzione della Repubblica Italiana se non prima, variamente finanziati e rifinanziati.  Il debito è causato da deficit fiscali accumulati negli anni. Il deficit è solo una differenza tra entrate e uscite, quando queste ultime sono superori alle prime, e non si può attribuire ad una specifica "uscita" più  che ad un "altra". L'attribuzione sarebbe puramente arbitraria. Dire che il deficit è dovuto ai troppi salari dei dipendenti statali è tanto falso quanto vero, in quanto probabilmente i salari sono la maggiore voce di spesa.

C'è però uno strumento della Banca Mondiale, usato (o abusato) in molti paesi in via di sviluppo durante i famigerati "aggiustamenti strutturali" (quando si parlava di aggiustamento "with a human face"), che è abbastanza semplice e diretto: la "public expenditure review" (PER).  È un'analisi delle uscite, per categorie, ma in teoria anche uno strumento per analizzare una spesa alla volta. Grazie alla PER si riesce a dire chi l'ha fatta questa spesa e se è giustificata o no. Normalmente la Banca fa distinzione tra spese correnti e spese d'investimento, tra consumi pubblici "produttivi" e quelli "improduttivi".  Inoltre la PER è stata anche usata per fare studi sulla corruzione nella gestione delle finanze pubbliche. Insomma, più che il debito si analizzano le spese che quel debito hanno contribuito a creare. Da qui a promuovere azioni mirate alla ricusazione di specifici impegni finanziari presi dallo Stato, il passo non né facile né corto.

La Corte dei Conti fa probabilmente già questo tipo di analisi (non è un caso che le stime sulla corruzione vengono proprio dalla Corte), ma usa strumenti analitici suoi propri di scarsa diffusione pubblica e di difficile comprensione per i non addetti ai lavori. La PER  può essere compresa e operata anche da uno studente del primo anno di Economia. Non sarebbe dunque impensabile metterla al servizio di gruppi di cittadini volenterosi di vigilare sulla correttezza della Pubblica Amministrazione.

Una volta individuate le "spese" illegittime o non giustificate, il problema è  giuridico (se la spesa non è autorizzata e c'è un illecito che potrebbe avere o rilevanza civile o addirittura penale) oppure economico (tagliare le spese inutili, questo è il punto di vista della BM) o, finalmente, politico, nel caso in cui non ci sono gli estremi per un coinvolgimento dei tribunali ma l'ingiustificabilità della spesa  è nella sostanza più che nella forma. In quest’ultimo caso l’informazione dell’opinione pubblica sarebbe essenziale per il ravvedimento delle istituzioni politiche responsabili. Su quest'ultima possibilità, tuttavia, è lecito qualche dubbio: gli italiani si sono così abituati agli scandali, che uno più  uno meno, potrebbe non fare tanta differenza. Per questo sembra che il pubblico abbia demandato alla magistratura, con tutti i limiti del caso, il compito di esercitare una censura "politica" sui comportamenti eticamente non accettabili.  Un esempio: i bunga-bunga sono un problema solo se ci sono reati connessi (tratta di prostitute, sfruttamento di minorenni) e non per il fatto in sè che manderebbe per aria qualsiasi politico di  ogni altro paese civile. Lo stesso potrebbe valere per le spese. O c'è reato, oppure la "discrezionalità " è considerata sufficiente per giustificare gli sprechi più assurdi, e nessuno batterebbe  ciglio.

Comunque, una commissione che gestisca i risultati della PER, aprendo un dibattito sulle cause degli eccessi di spesa pubblica potrebbe aver senso. Col clima politico che c'è, però, ho l'impressione che sarebbe come organizzare una trasmissione tipo la Corrida di vecchia memoria, o un Ballarò ingrandito, con permesso di lanciare il portacenere all'avversario insieme agli insulti. Non vedo di facile costituzione una commissione "indipendente" e "neutrale", tipo "Corte Costituzionale" (che non avrebbe comunque titolo in materia). Con un Parlamento come il nostro, una "commissione parlamentare ad hoc" è inimmaginabile. Passerebbero due o tre anni solo per discuterne la fattibilità. Forse dopo le prossime elezioni, ma dipende dalla legge elettorale.

In poche parole, non si può attribuire il debito ad una voce di spesa piuttosto che ad un'altra ma si possono fare le pulci alle spese e discuterne la giustificazione. Questo non  permette però di spostare la discussione dalla gestione del debito all'attribuzione di spese ingiustificate.  Non si può fronteggiare la finanza internazionale colpendo i colpevoli di spese ingiustificate.  Il legame è troppo indiretto: ai mercati finanziari non frega niente chi ha causato il debito, ma il suo volume e la sua solvibilità.  Triste, ma è la pura verità.   

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