{jcomments on}UNA CRISI E ALCUNE RISPOSTE

di Gisella Evangelisti

L’ultimo sabato di gennaio, un giorno freddo e piovoso anche a Barcellona, migliaia di persone sono scese di nuovo in strada, per protestare contro i tagli al welfare, una politica che la Commissione Ecclesiale “Justicia y Paz”, una delle organizzazioni promotrici della manifestazione, non esita a definire “dittatura finanziaria”. Si esigono infatti sacrifici alla gente, senza frenare i vizi speculativi delle banche. Tra gli striscioni, uno gigantesco di venti metri di tela bianca su cui un giovane padre italiano, aiutato da suo figlio di sei anni, ha scritto la sua utopia: “Scuole e salute di qualitá”.

Presidente di Justicia y Paz  ed esponente del Foro Social Catalano è Arcadi Oliveres, un infaticabile attivista di diritti umani che fu perseguitato durante il franchismo, e adesso insegna economia all’universitá di Barcelona ed é voce ascoltata dal Movimento degli Indignados. E appunto, ascoltiamolo anche noi.

Com’ é noto, quella che stiamo vivendo non é una delle consuete crisi cicliche del capitalismo, ma é stata originata dalla speculazione finanziaria, ricorda Oliveres. Grazie a internet, si possono muovere capitali da un lato all’altro del mondo, in pochi secondi: la mattina sono a New York, il pomeriggio a Tokio: si specula anche sulle monete e sui debiti sovrani. Purtroppo, i governi del G-20, i piú ricchi del mondo, non hanno avuto la volontá politica di frenare la speculazione, perché sono proprio qui gli speculatori. Com´é altrettanto noto, i governi corsero a ricapitalizzare le banche che fallivano, perché nel loro fallimento trascinavano alla rovina anche le imprese che funzionavano a forza di crediti. Che fine hanno fatto quei prestiti alle banche? Oliveres osserva che solo una parte del denaro prestato dai governi alle banche dal 2008 al 2011 é stata restituita. Restano in ballo 2.700 miliardi di dollari, 54 volte di piú che la cifra richiesta dall’ONU per sradicare la fame nel mondo (ma  interessa ancora a qualcuno?)  mentre i dirigenti delle banche hanno continuato tranquillamente ad aumentarsi stipendi ed emolumenti. In Europa il record della disocccupazione lo tiene la Spagna, con piú di 5 milioni di disoccupati  su 47 milioni di abitanti, mentre nell’Eurozona riguarda  una media di 10,4 % della popolazione  economicamente attiva. Scoppiata la bolla speculativa nel settore della costruzione, uno dei settori portanti dell’economia spagnola, la crisi si é estesa al resto dell’economia. Adesso per ogni vagabondo, ci sono 100 appartamenti vuoti.

Quali  risposte alla crisi? Dato che la crisi é di origine finanziaria, anche le prime risposte dovrebbero essere di carattere finaziario, ragiona Oliveres. Anzitutto, bisogna:

-combattere la frode fiscale delle grandi fortune ed imprese, invece di proteggerle, come succede in Francia, dove nel Ministero delle Finanze esiste un Dipartimento delle Grandi Fortune che suggerisce quali investimenti sono utili ai fini della detrazione di imposte, o in Spagna dove esiste il SICAV (Societá con Investimenti Variabili) dove vengono collocate le grandi fortune, finendo col pagare l’1% di tasse, mentre i cittadini comuni pagano fra il 17 e il 25%. E che dire dei Paperoni italiani, ossessionati dallo spauracchio di una “patrimoniale” mai caduta sulle loro teste, che hanno provveduto a esportare i loro valori nelle cassette di sicurezza delle banche svizzere, tanto che queste, subissate di richieste, hanno dovuto ricorrere a quelle degli hotels?

- applicare la tassa Tobin o ITF (Imposta alle Transazioni Finanziarie), un’imposta de 0,05 a 0,1 per mille sui movimenti di capitale(1). Se quando compriamo o vendiamo qualcosa dobbiamo pagare l’IVA per mantenere in funzione l’ingranaggio dello stato, perché i mercati finanziari dovrebbero essere liberi di imposte? Le cifre che si potrebbero ricavare dai milioni di  transazioni finanziarie quotidiane sarebbero enormi, e si potrebbero finalmente affrontare problemi globali come il cambio climatico o la fame.  Dopo anni di campagne del movimento ATTAC, (www.attac.it)  il parlamento della UE ha approvato recentemente l’ ITF, e l’ha messo in conto come fonte di entrate nel bilancio 2014- 2020, ma sará difficile che tutti gli stati la applichino, per la resistenza dei grandi capitali. Comunque la Francia lo applicherá anche unilateralmente, mentre l’Italia e la Germania la stanno valutando, anche sotto la pressione dell’opinione pubblica.

- nazionalizzare le banche che hanno ricevuto denaro pubblico e non l’hanno restituito. Niente dell’altro mondo, signori. George Bush lo fece con due banche statunitensi, Gordon Brown, ex primo ministro di Gran Bretagna, lo fece con 10. Invece, curiosamente, il governo spagnolo ha investito in una banca locale (la Caja Castilla- La Mancha)  piú del doppio di ció che ha risparmiato congelando le pensioni.

E in Italia, com´é la situazione?

-i cittadini dovrebbero depositare i loro risparmi  in banche con una traiettoria piú trasparente, togliendoli dalle grandi banche che speculano, appoggiano la vendita di armi  e altre amenitá, e si dirigano alle Banche Etiche.  Negli Stati Uniti sono giá migliaia le persone che stanno spostando i loro risparmi dalle grandi banche a quelle locali e alle cooperative finanziarie, piú vicine alle necessitá della gente comune. Tutto a partire da una cena fra amici stufi dell’aviditá di Wall Street, che lanciarono in Internet il movimento “Move your Money”. (vedi www.moveyourmoneyproject.org, y www. Robinhoodtax.org.uk).

-Affrontare in forma solidale il tema della disoccupazione massiccia. Inutile farsi illusioni, afferma Oliveres, neanche Babbo Natale puó creare in poco tempo oltre  5 milioni di posti di lavoro. Non é piú tempo di grandi investimenti statali in opere pubbliche per dar lavoro ai disoccupati, (fu la ricetta che fece uscire gli Stati Uniti dalla grande crisi del ‘29), perché gli Stati adesso non hanno molto margine di manovra, e soprattutto, perché le risorse del pianeta non permettono incrementi spettacolari delle economie. Non dimentichiamo che secondo molti studi dal 1986, la Terra non ha piú la capacitá di rinnovare l’anno seguente gran parte di ció che abbiamo inquinato o consumato, come l’aria, l’acqua, il legname. Lo squilibrio ecologico é diventato una voragine di cui soffrono le conseguenze i paesi del sud del mondo e le generazioni future.

Piuttosto, bisogna ripartire in altro modo, lavoro e stipendi, anche diminuendo la differenza fra salari piu alti e quelli piu bassi di un’impresa. Il fatto che 12 anni fa in Francia il primo ministro Lionel Jospin diminuisse  l’orario del lavoro da 8 a 7 ore al giorno, in soli due mesi permise di riassorbire nel mercato del lavoro, praticamente tutti i disoccupati di quel momento, che erano un milione e e mezzo.

Lavorare meno, lavorare tutti: non era, del resto, anche  uno slogan del ’68?

Oliveres porta come esempio un caso rivelatore quello di una cooperativa di Guipuzcoa, che nell’83 produceva cucine con 35.000 lavoratori, ma 5.000 di loro risultarono eccedenti in un momento di caduta delle vendite e potevano essere licenziati. L’assemblea dei lavoratori propose di ridurre gli stipendi del 15% perché nessuno finisse in strada. Col tempo comprarono una catena di supermercati e adesso, con 110.000 lavoratori, sono la cooperativa piú grande d’Europa.

La solidarietá non solo é necessaria, ma puó essere anche redditizia.

E gli immigranti? Mentre il populismo conservatore spagnolo e quello becero italiano di Carrocci e carretti, interessati a deviare l’attenzione dai veri responsabili, cerca di farli passare presso l’opinione pubblica come responsabili della crisi, Oliveres, cifre alla mano, ricorda che perfino gli immigranti senza documenti e senza un lavoro formale, che non versano contributi a fini pensionistici,  col solo pagare le imposte dirette sulla benzina, sul tabacco o gli alimentari, contribuiscono al mantenimento dello stato spagnolo, piú di quanto ricevano a cambio in servizi. Spagna, Italia, Francia, e Portogallo sono tra i paesi con piú anziani nel pianeta, e  ci sará bisogno di piú popolazione adulta che lavori e versi contributi per pagare le future pensioni. E poi, last but no least, bisogna :

- ripensare i modelli di consumo, chiedendoci, in qualità di individui, famiglie e collettivitá,  cosa veramente vale la pena produrre e in cosa spendere. E´giusto per l’Italia investire in F 35, aerei di combattimento pensati per la guerra fredda, l’importo di un’intera manovra finanziaria? I cittadini che devono stringere la cinghia per tirare avanti la carretta dello stato, si sentiranno felici sapendo che nel cielo nebbioso del loro futuro potranno sfrecciare questi aerei micidiali, pagati coi loro sacrifici?

E quindi, oggi piú che mai, tocca a noi cittadini attivare tutti i canali di informazione e far pressione sui governi per far sentire la voce di quell’”Europa dei popoli” che aspira alla pace e a una democrazia reale.

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(1)     James Tobin fu un economista statunitense scomparso nel 2002 che propose questa tassa per frenare la speculazione finanziaria.

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