MOVIMENTO CINQUE STELLE - ERRORI E PROSPETTIVE

di Marco Borsotti

Partecipagire ha promosso una discussione sul Movimento cinque Stelle (M5S) discussione che, avendola seguita con interesse, mi ha spinto a proporre alcune riflessioni aggiuntive al dibattito. Non sono militante del M5S come alcuni di coloro che hanno scritto prima di me e la mia conoscenza del suo agire deriva soltanto dalla lettura di quanto riportato nel blog ufficiale di Beppe Grillo, dall'aver ascoltato con certa regolarità la programmazione della Cosa e dalla lettura, anche, ma non esclusivamente su questo sito, di materiale giornalistico scritto da vari commentatori. In generale, mi considero simpatizzante del Movimento, ma anche perché risiedo all'estero non sono un attivista dello stesso.

Non volendo ripetere osservazioni già fatte in precedenza da coloro che del M5S hanno già scritto, mi limiterò a formulare alcune annotazioni sul dibattito che da vari mesi, cioè dal sorprendente risultato elettorale del M5S del febbraio scorso, si sta sviluppando in Italia sia alla televisione che sulla stampa scritta, senza la pretesa di essere esaustivo. In aggiunta, cercheró di schizzare alcune considerazioni generali trascendenti il caso italiano perché convinto che il M5S non sia un fenomeno esclusivamente italiano, ma anzi debba ascriversi a tutti quei fenomeni che ormai da molti anni appaiono nel contesto internazionale come forme di protesta popolare più o meno spontanea contro l'affermazione di un modello globale di potere.

L'occasione persa del governo con il PD

 

Vorrei prima di tutto togliere dal campo la discussione sul mancato accordo con il PD che Bersani avrebbe proposto e Grillo rifiutato. Ormai sappiamo tutti per bocca dello stesso Bersani che questa proposta non é mai stata presa in considerazione dallo stesso PD e quindi non é mai stata neppure formulata.  Al contrario si potrebbe affermare che una sia pur vaga proposta d'accordo la fece Grillo invitando Bersani ed il PD a convogliare il loro voto sulla candidatura Rodotà prima della quarta o quinta votazione per la nomina del nuovo Presidente della Repubblica. In questo caso, Grillo ebbe a scrivere che l'elezione di Rotodà avrebbe aperto nuove praterie per possibili accordi di governo.

A mio giudizio, in tutti i due casi l'ipotesi di un accordo non fu mai presa in seria considerazione.

Nel caso del M5S la questione é relativamente semplice perché tutta la loro campagna si era basata sull'assicurare che non avrebbero mai accettato accordi con i così detti partiti tradizionali. Il M5S prometteva di limitarsi a votare in Parlamento a favore di quelle proposte di legge che fossero state in linea con il programma del movimento, senza per questo stringere un accordo politico con uno qualsiasi dei partiti che fossero stati eletti. La loro promessa assicurava che sarebbero andati al governo solo se fossero riusciti a governare da soli.

Nel caso del PD, la questione é certamente più complessa dal momento che la campagna PD si era basata sul tentativo di ottenere la maggioranza in entrambe le Camere e quindi governare da solo con SEL che era suo alleato di formazione, ma senza escludere a priori alleanze con altri gruppi fatta eccezione per il Partito delle Libertà. Avendo fallito l'obiettivo di ottenere la maggioranza assoluta al Senato, Bersani dopo aver ricevuto il mandato esplorativo continuò con il disegno di insediare un governo PD-SEL che avrebbe potuto ottenere la fiducia al Senato solo con l'uscita dall'aula dei senatori M5S, fatto questo che riducendo il quorum avrebbe permesso al PD-SEL di poter ottenere la fiducia anche se tutto il centro destra gli avesse votato contro. La poca serietà di questa proposta e la sua natura velleitaria emergeva dalla lettura dei punti del programma elaborato da Bersani, generiche affermazioni senza vincolo e in molti casi lontane dal programma del M5S. Per il M5S, facilitare il passaggio al Senato con un escamotage da prima repubblica avrebbe significato soltanto firmare al PD un assegno in bianco senza nessuna garanzia e venir meno ad una promessa fatta in campagna elettorale. Per questo, considerare che da parte del PD ci sia stata una proposta seria d'alleanza con il M5S mi pare un'ipotesi del tutto priva di fondamento.

A mio giudizio, il teatrino delle prime settimane dopo il voto era soltanto un modo neppure troppo elegante per celare che esistesse un forte interesse da parte di Bruxelles, della finanza internazionale, di varie capitali occidentali e gran parte dello spettro dei partiti eletti in Parlamento per la continuazione di un governo appoggiato dalle stesse forze che avevano sostenuto il governo Monti, ma questa volta con a capo un esponente moderato del PD affiancato da uno del PdL. In questo quadro, la riconferma al Quirinale di Giorgio Napolitano era una condizione necessaria perché soltanto lui, tra i candidati di cui si parlò, dava garanzie per una soluzione di questo tipo. Per questo, non risultò molto difficile convincere Napolitano ad accettare di ricandidarsi per un secondo settennato con l'accordo politico tra PD, PdL e Scelta Civica lasciando fuori SEL, Lega Nord e M5S.

L'incarico a Letta per un governo di larghe intese che seguì a breve era quindi nel copione scritto altrove probabilmente sin da prima del voto che aveva invece decisamente rifiutato tale possibilità. Dato il secondo mandato a Napolitano, fatto questo a dir poco sconcertante, gli ostacoli furono rimossi per permettere l'insediamento di un governo politico con appoggio numericamente sicuro nelle due Camere per permettere il raggiungimento di maggioranze qualificate tali da poter modificare la Costituzione senza dover ricorrere al referendum confermativo. Quindi con mosse che avrebbero inorgoglito Agostino Depretis il perfetto trasformismo della politica italiana varò un governo contro cui la grande maggioranza degli elettori sia a destra che a sinistra aveva votato . A completare il quadro del surreale, SEL, Fratelli d'Italia e Lega Nord, che pure avevano partecipato alla contesa elettorale come alleati del centro sinistra il primo e del centro destra gli altri due, vennero accreditati come opposizione ottenendo a questo titolo la presidenza delle più strategiche commissioni parlamentari di controllo lasciando poco all'unico gruppo che sin da prima del voto si era schierato come opposizione a tutti gli altri partiti.

In questo contesto, mi pare che attribuire a sbagli tattici del M5S quanto successo sia quanto meno ingeneroso dal momento che la strategia politica che voleva continuità nella maggioranza al potere aveva deciso che l'unico governo possibile sarebbe dovuto essere un governo che da destra a sinistra conglobasse PdL, Scelta Civica e PD. Per averne conferma, basta leggere neppure dovendo fare lo sforzo di cercare tra le linee, quanto asserisce il Presidente Napolitano nei suoi più recenti comunicati dove scrive che, a prescindere dai risultati elettorali, non ci sarebbero state altre alternative che nel riproporre il governo delle larghe intese, unica garanzia, a dire del presidente, per la stabilità dei mercati e la salvezza economica del paese.

Dove ha sbagliato il Movimento cinque Stelle?

I fatti, mi pare, rendono giustizia alla questione rendendo la discussione sulle colpe del M5S un esercizio più basato sulla percezione degli avvenimenti che sulla sostanza. Questo però apre un nuovo capitolo di considerazioni, cioè quello della strategia di comunicazione del movimento.

Il M5S non fa mistero di aver fondato la sua strategia di comunicazione su due piloni: la presenza sul territorio dei suoi militanti appoggiati dai giri di comizi realizzati da Grillo; e sulla rete informatica come canale privilegiato per la trasmissione del loro messaggio politico. Stampa nazionale e televisioni furono e per molti aspetti continuano ad essere ignorati e demonizzati. Grillo non ha perso occasione per ripetere lo stesso concetto, accentuandolo con la scelta di negarsi all'informazione italiana, essendo invece sempre disponibile per quella estera che é descritta come più obiettiva e non asservita al potere dei partiti tradizionali italiani.

Pur ammettendo che una certa base di verità esista per sostenere quanto affermato da Grillo, questa mossa si é dimostrata nei fatti quanto meno penalizzante se non errata. Il punto di vista del M5S rimane di fatto quasi oscurato nell'informazione tradizionale e le piccole nicchie di cui dispone, come il Fatto Quotidiano, non raggiungono che un'infima minoranza degli italiani. Anche il tentativo di promuovere un canale informativo alternativo facendo uso della rete, non riesce mai a raggiungere più di poche decine di migliaia di persone. La conseguenza di questo é drammatica perché gran parte dei cittadini non sanno nulla di prima mano sulle attività dei parlamentari del movimento, mentre sono sobillati da notizie al limite del falso che dipingono gli eletti del movimento come un gruppo di sprovveduti incompetenti, inetti per il ruolo che ricoprono.

Avendo esperienza nella comunicazione, riconosco che spesso i parlamentari cinque stelle hanno commesso errori incredibili di fronte alle telecamere o parlando con giornalisti. Molti di loro erano certamente impreparati per il compito, ma questo, a mio vedere, é stato un grave errore di Grillo che invece é maestro nel gestire la comunicazione. Infatti, avrebbe dovuto investire tempo nella loro formazione nelle prime due settimane dopo il voto per portare la gran maggioranza degli eletti ad un livello almeno accettabile di dimestichezza con telecamere e giornalisti. Invece, Grillo ha continuato nella pretesa di voler essere il solo megafono, fatto non solo impossibile, ma anche sbagliato sia nella forma che nella sostanza. Un movimento che proclama che tutti i suoi aderenti hanno lo stesso valore nel prendere le decisioni, non può poi escludere tutti dal comunicare con l'esterno o, ancora più assurdo, pensare che sia fattibile che gli eletti siano guidati dalla rete prima di poter prendere qualunque decisione o fornire una qualsiasi dichiarazione.

Quello che ad un primo esame potrebbe apparire come un punto di forza del M5S, cioè uno vale uno e tutto deve essere consultato continuamente con la base valendosi dell'informatica per generare un sistema di democrazia partecipativa globale, si rivela invece uno dei maggiori problemi del movimento. Infatti, il voler consultare sempre e comunque gli aderenti, a parte sollevare molti problemi di legittimità, si dimostra molto poco pratico e spesso paralizzante. Persone elette e quindi investite del potere legislativo, non possono rinunciare alla presa di responsabilità personale in nome di un sistema di partecipazione diretta. Nel migliore dei casi saranno sempre in ritardo nei tempi nel prendere delle decisioni, ma molto spesso le loro non-decisioni causeranno delle gravi conseguenze che saranno quindi imputate al movimento e alla sua incapacità d'agire come richiesto dai fatti.

Per ora sembra che Grillo non sia riuscito a rendersi conto di questo fatto. Come aggravante, i modelli informatici di pianificazione orizzontale che avrebbero da tempo dovuto divenire operativi, mancano del tutto ed il blog del M5S si limita ad essere un ricettacolo per commenti che nessuno riesce a stabilire da chi siano letti e con che effetto. Questa mancanza é particolarmente grave perché esistono molte piattaforme funzionanti che potrebbero servire allo scopo e quindi non si riesce a capire perché, dopo aver proclamato che questa sarebbe stata la via da seguire per garantire il massimo tasso di partecipazione nella presa di decisioni, il M5S sembri incapace d'organizzarsi. Nasce il sospetto che questo non sia dovuto ad una ragione tecnica, ma ad una scelta deliberata di Grillo e Casaleggio per circoscrivere i margini di manovra dei militanti.

Il ruolo del “Capo Politico”

Questo apre un nuovo capitolo di considerazioni, cioè la natura statutaria del M5S. Al momento della sua fondazione, il movimento non aveva uno Statuto per scelta intenzionale avendo invece adottato quello che era stato chiamato “Non Statuto”, intendendo con questo un meccanismo agile con poche regole che avrebbe dovuto lasciare al movimento la massima libertà d'espressione. Soprattutto negli ultimi tempi, chiunque abbia tentato di discutere questa asserzione é stato prima emarginato e poi espulso dal movimento con la scusante che qualunque sistema di regolamentazione interna avrebbe ucciso la capacità dinamica del movimento producendo le condizioni per trasformarlo in uno dei tanti partiti tradizionali. Invece, a mio avviso, non discutere di questi argomenti dava adito all'accusa di mancanza di trasparenza e democrazia interna nella presa di decisioni e, ancora più grave, dilazionava e forse rendeva del tutto impossibile giungere alla definizione di meccanismi di “governance” del movimento che per questo continua ad essere incapace di assicurare una vera partecipazione dal basso nelle decisioni che sta prendendo.

Il tema é molto complesso e meriterebbe un discorso molto più ampio, ma non voglio trattarlo qui come meriterebbe per non deviare il discorso. Quindi riprendo il filo del pensiero senza entrare nella questione della democrazia interna al M5S. Nel dicembre 2012, nella corsa per la presentazione delle liste, in modo quasi clandestino, probabilmente perché consigliato da avvocati che volevano evitare l'esclusione del M5S dalle schede per le elezioni politiche, Grillo depositò quello che é lo Statuto del Movimento, un documento abbastanza corto che in sintesi attribuisce a Grillo tutti i poteri come Capo Politico del movimento. Non é dato sapere come si sia giunti ad una tale decisione. Questa però é coerente con un'altra anomalia del sistema, la proprietà del simbolo che é registrato come proprietà di Grillo e Casaleggio, gli unici abilitati a permetterne o negarne l'uso in maniera insindacabile.

Il Non Statuto proclama il principio che uno vale uno, ma nella realtà esiste un Capo Politico che si é autoproclamato e che da solo decide sull'utilizzo del simbolo del movimento. Tutto questo é agli antipodi della democrazia partecipativa e le spiegazioni che sin ora ho letto o sentito non mi hanno minimamente convinto della bontà di queste decisioni. Di fatto Grillo ha tutti i poteri di un “dictator” con la differenza che la giurisprudenza romana riconosceva la legittimità di una tale figura in periodi di grave pericolo per l'Urbe e sempre per periodi corti e definiti a priori. Per ora, i poteri eccezionali di Grillo sono invece a tempo indeterminato e senza meccanismi di revoca.

Anche ammettendo che le circostanze eccezionali del successo elettorale ben oltre ogni rosea aspettativa e l'imprevista anticipazione di tre mesi del voto, che ha reso caotico il processo di selezione e preparazione dei candidati , potrebbero aver consigliato di serrare i ranghi e controllare centralmente, anche nei minimi dettagli, quanto fatto dagli eletti per limitare il rischio di prese di posizione controproducenti per tutto il movimento, questo stato di cose avrebbe potuto e dovuto durare poche settimane, giusto il tempo per portare i parlamentari ad un grado accettabile di conoscenza dei meccanismi che regolano la comunicazione. Non voler affrontare e risolvere questo problema che mi pare sia stato accantonato, é certamente un segno preoccupante ed un indicatore che il movimento e Grillo non riescano a trovare un punto d'equilibrio interno che permetta al M5S di emanciparsi dal suo ideatore.

Riconosco come ammirevole il fatto che con costi ridottissimi, il movimento sia riuscito e riesca a mantenere un minimo di organizzazione e coerenza operativa, ma mi pare anche che ottenere tutto questo a scapito di una maggiore apertura interna e maggiore trasparenza sia prezzo molto, troppo alto da pagare.

Alcune considerazioni riassuntive

Concludendo questa prima parte di considerazioni, mi pare importante trarre alcune conclusioni sull'operato del M5S in questi primi sei mesi in Parlamento. Certamente errori tattici e d'immagine sono stati fatti, ma discutere ancora oggi sul fatto che la questione delle diarie fosse tutto sommato una sciocca facezia o che alcuni parlamentari abbiano deciso d'abbandonare il M5S o ne siano stati allontanati sono a mio vedere nella migliore delle ipotesi perdite di tempo e nella peggiore tentativi studiati per distogliere l'attenzione da quanto i parlamentari a cinque stelle hanno saputo fare, superando in poche settimane il rodaggio da parlamentari dimostrandosi da subito capaci di svolgere il loro ruolo ed attenti alla sostanza delle discussioni sia in aula che in commissione.

Il vero problema del movimento é riuscire a determinare come si possano assicurare livelli accettabili di partecipazione dal basso, questione che avrebbe dovuto essere prioritaria per Grillo e Casaleggio e di cui non mi risulta si sappia molto. Il sistema attuale del sito e delle dirette streaming in rete risulta molto deficitario. Per questo, urgerebbe mettere in rete anche se solo in fase sperimentale un portale che possa divenire rapidamente punto di riflessione e discussione tra la base e gli eletti.

Altro problema da risolvere al più presto é quello del ruolo di Grillo e di Casaleggio. Riconosco che il M5S deve molto, forse anche tutto, alla popolarità di Grillo che ha posto le sue capacità ed energie a disposizione di questa nuova piattaforma politica. Fin tanto che il movimento si muoveva soltanto a livello locale e quindi Grillo funzionava come certificatore dell'aderenza di liste locali autonome ai principi del M5S, il sistema fai da te che si era instaurato funzionava. Oggi, assunto al livello di prima forza politica nel paese, il M5S deve darsi una vera capacità organizzativa che gli permetta di operare con autorità in tutti i contesti sociali e politici in cui opera. Il sistema deve essere il più partecipativo possibile, senza rigidezze e protetto contro la nascita di califfati interni, deve disporre di meccanismi che impongano un continuo rinnovamento dei quadri pur senza emarginare del tutto le eccellenze che fossero emerse, deve stimolare l'innovazione evitando ogni forma dogmatica d'affrontare la politica, deve apprendere a dialogare con tutte le forze politiche senza scadere in una logica di compromessi che minino i suoi principi essenziali. Bisogna uscire dalla fase adolescente per entrare nella maturità dell'età adulta. Per questo, la tutela, vera a propria patria potestà, che Grillo esercita deve finire arrivando alla definizione di meccanismi partecipativi per la presa di decisioni.

Da ultimo, il M5S deve imparare a relazionarsi con i propri elettori che non saranno mai, ci si deve augurare, soltanto i suoi attivisti ed iscritti. Se così non fosse, il M5S tornerebbe ad essere una minuscola forza incapace d'incidere sulla realtà che lo circonda. Per questo, il M5S deve riuscire a sfondare nell'informazione raggiungendo il pubblico nelle loro case attraverso la televisione ed i giornali ed anche attraverso i nuovi mezzi di comunicazione resi disponibili dall'informatica. In questo fronte, mi pare che il ruolo di Grillo e di alcune altre figure che possano sorgere sia nel campo dello spettacolo che del giornalismo o della politica rimarrà essenziale perché il grande pubblico si affeziona e quindi da credito a volti che siano conosciuti.

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