A CHE SERVE UN REFERENDUM
Esclusione vs. Partecipazione - Oligarchia vs. Democrazia

di Marco Borsotti

Il referendum sulle trivelle

Domenica 17 aprile, soltanto poco più del 32% degli aventi diritto ha votato il referendum sul rinnovo delle concessioni per le piattaforme di trivellazione situate nelle dodici miglia nautiche dalla costa, facendolo fallire per mancanza di quorum. Questo risultato conferma la tendenza che vuole che in Italia gli elettori siano poco interessati allo strumento referendario, soprattutto quando questo sia abrogativo. É vero che ci furono alcune eccezioni come il precedente referendum sul nucleare e sull'acqua pubblica, ma é ugualmente vero che se non ci fosse stato l'incidente nucleare di Fukushima in Giappone appena alla vigilia del voto, probabilmente, almeno così prevedevano le inchieste sull'atteggiamento degli elettori, anche questo referendum sarebbe fallito per la stessa ragione, cioè gli italiani non sarebbero andati a votare pur essendo in grande maggioranza contrari alle centrali nucleari in Italia.

L'articolo 75 della Costituzione regola l'applicazione specifica dello strumento referendario indicando prima di tutto la natura esclusivamente abrogativa dello stesso ed escludendo tutta una serie di temi legislativi come, tra l'altro, l'approvazione del bilancio dello Stato o la ratificazione di trattati internazionali dall'essere soggetto di consultazione popolare. I cittadini grazie all’ articolo 71 hanno la possibilità di partecipare al processo legislativo proponendo disegni di legge al Parlamento che però non ha l’obbligo di metterli in agenda per la discussione. La Costituzione del 1948, quindi, ha una forte connotazione a favore del sistema rappresentativo delegando la quasi totale responsabilità per l'approvazione delle leggi al Parlamento ed ai rappresentanti dei partiti che siedono nei due emicicli. Le porte lasciate aperte alla partecipazione popolare sono anguste ed irte di difficoltà che ne scoraggiano l'utilizzo; le limitazioni in materia referendaria, il numero di firme richiesto per la presentazioni, l'iter di verifica della legittimità del quesito, la natura non obbligatoria dell'esame delle proposte legislative sottoscritte dai cittadini. I costituenti, ovviamente, riponevano poca fiducia nella capacità dei cittadini di partecipare nel processo legislativo limitando il loro ruolo alla delega periodica della rappresentanza popolare agli eletti in Parlamento che avevano invece, come prima responsabilità, la discussione e voto di tutte le leggi.
Negli anni, la pratica ha dimostrato che l'ostacolo principale alla approvazione di quesiti abrogativi sia stata la partecipazione popolare al voto. Infatti, come già scritto, sono state molto rare le occasioni in cui si sia raggiunto il quorum richiesto del 50% più uno degli aventi diritto al voto, un'asticella posta probabilmente troppo in alto perché il referendum possa essere considerato uno strumento valido. É molto probabile che così non sia parso ai costituenti dal momento che loro avevano anche previsto l'obbligatorietà del voto, norma successivamente cancellata dalla pratica, e visto che, nei primi anni della repubblica, i votanti accorrevano in gran numero ai seggi rendendo il prerequisito del 50% più uno una norma che era lecito pensare fosse semplice da raggiungere. Oggi, senza obbligo di votare e con una partecipazione ormai costantemente ben al di sotto del 90% degli aventi diritto cui si era inizialmente abituati, pensare in prerequisiti così alti non pare più giustificato tenendo conto che sono ormai frequenti i casi in cui non si raggiunga una partecipazione del 50% persino per consultazioni politiche o amministrative dove ovviamente il limite non é mai stato imposto. Purtroppo constatazioni così ovvie non si sono dimostrate prioritarie per i legislatori italiani che non hanno considerato una modifica della legge necessaria per adeguare la norma alla realtà della partecipazione dei cittadini al voto. Parrebbe che per i parlamentari italiani un quorum praticamente irraggiungibile sia visto come una sana protezione contro l'ingerenza degli elettori nel processo legislativo, quasi a dire che essi temano le decisioni dei cittadini che potrebbero sconfessare il loro operato anche se tutto l'apparato dello Stato si basa sulla volontà sovrana dei cittadini, gli unici depositari del potere in ogni sistema democratico.
 
Si é trattato di un gioco pulito?
Purtroppo, é ormai pratica consolidata che il Presidente del Consiglio in carica inviti i cittadini ad ignorare l'appuntamento referendario, contravvenendo, nel farlo, persino la legge che vieta espressamente a pubblici ufficiali di ogni grado ed ordine di invitare gli elettori a non votare. A confermarlo una sentenza della Cassazione del 1985 che toglie così ogni dubbio al rispetto essendo una sentenza passata in giudicato. Sfortunatamente, le forze dell'ordine e la magistratura in altre occasioni assai più sollecite, pur esistendo l'obbligo della persecuzione giudiziaria di fronte a manifeste violazioni della legge, non hanno mai iscritto un Presidente del Consiglio nell'albo degli indagati per aver commesso questo crimine penale. I malpensanti dedurranno che la legge non é poi proprio uguale per tutti. I pezzenti vanno a giudizio per aver rubato due mele, ma non i politici per aver commesso il crimine, a mio vedere molto più grave, di aver vilipeso l'articolo 48 della Costituzione quello che tutela il diritto/dovere di ogni cittadino a votare.
In questo caso, sono stati molti i politici che hanno violato la legge a volte adducendo motivazioni francamente difficili d'accettare per chi ami la democrazia. Essi infatti hanno detto che votare era inutile, ossia dare voce ai cittadini perché esprimano liberamente il loro parere non sarebbe stata cosa giusta in democrazia. Se mi si permette, costoro hanno profferito una bestemmia negando valore al principio stesso su cui si fonda tutto il sistema democratico, ossia il riconoscimento che la legittimità dello Stato deriva soltanto dal volere dei cittadini espresso in un voto che deve essere uguale per tutti. Altri hanno definito votare uno spreco di risorse pubbliche come se esercitare il voto fosse un inutile esercizio. Si é persino usata la parola demagogia per parlare della chiamata al voto, mentre non era stato demagogico assegnare un bonus in denaro alla vigilia di un precedente appuntamento elettorale.
 
Figure istituzionali del massimo livello che per la natura della loro posizione avrebbero dovuto invitare i cittadini al voto, in un caso, quello del Presidente emerito Napolitano, si é schierato per l'astensione e non ha votato, nell'altro, quello dell'attuale Presidente Mattarella, contravvenendo una pratica consolidata, ha lasciato per la sera l'andare a votare con la scusante che non voleva che il suo gesto potesse essere strumentalizzato da chi voleva che il referendum raggiungesse il quorum, mentre invece sarebbe dovuta essere sua pratica come lo era stato per le altre cariche dello Stato, Presidenti di Camera e Senato, Presidente della Corte Costituzionale, invitare i cittadini a votare. Ovviamente, entrambi si devono essere dimenticati del ruolo di tutori della Costituzione che li accomuna.
L'informazione é stata persino peggio dando conferma che il fatto che l'Italia si trovi soltanto al 77 posto nel mondo nella graduatoria della libertà d'informazione non viene dal nulla. A parte le trasmissioni elettorali obbligatorie, i notiziari nazionali e i programmi d'approfondimento sono stati palesemente contrari al referendum, cosa di per sé lecita, ma non lecita quando hanno abusato della loro posizione per oscurare l'informazione che avrebbe potuto essere a favore del voto o, in alcuni casi, dando informazioni volutamente erronee. Gravissimo che questo atteggiamento sia stato quello esclusivo di tutta la televisione pubblica, quella che avrebbe dovuto fungere da canale d'informazione per aiutare i cittadini a capire il quesito e decidere come votare. Invece d'essere pedagogici e spiegare, hanno fomentato l'idea che il quesito fosse astruso, troppo complesso tecnicamente per poter essere risolto con un semplice si o no, fuori dalla portata delle persone, tutti fatti palesemente falsi. Infatti, con un minimo di pazienza si sarebbe potuto spiegare a tutti che la questione si limitava a decidere se estendere illimitatamente i permessi di perforazione per le piattaforme che già operavano o se si sarebbe dovuto chiuderle al loro scadere se non più considerate necessarie. Le conseguenze nel caso della vittoria del sì, ossia favorevoli alla chiusura, sarebbe stato obbligo per chi aveva in concezione le piattaforme di smantellarle e risanare gli eventuali danni apportati al territorio; nel secondo caso, saranno gli operatori a decidere e, in teoria, potranno anche pensare di non chiuderle mai per non dover pagare il loro smantellamento.
 
Che conclusioni trarre?
Il voto universale é l'unico strumento partecipativo riconosciuto ai cittadini. A volte votare serve a scegliere i rappresentanti che in Parlamento dovranno fungere la funzione legislativa compresa la responsabilità di votare la fiducia al governo dandogli così la legittimità per esercitare il potere esecutivo. Tuttavia, in altre occasioni in verità molto poco frequenti, il voto serve al cittadino per esprimere un parere diretto su di una norma legislativa, approvarla o bocciarla. In entrambi i momenti i cittadini esercitano in prima persona il potere su di cui si fonda tutto l'apparato dello Stato democratico. Scoraggiare i cittadini dal votare é un invito all'esclusione dall'esercizio del potere riconosciuto dalla Costituzione sin dall'articolo 1, “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Solo persone timorose del giudizio delle urne possono contemplare come accettabile una strategia che incoraggi a non recarsi ai seggi.
La gravità di quel comportamento é massima quando a farlo siano persone che, per la loro posizione istituzionale, godano di credibilità e possano assicurare al loro pensiero una visibilità sui mezzi d'informazione che nessuno può uguagliare. Tutto questo é ulteriormente aggravato quando non ci siano forze alternative che possano anche soltanto in parte contrastare una simile posizione. Al rispetto ancora una volta in un momento difficile per il paese come questo si sente la mancanza di giornalisti che meritino appartenere alla categoria perché capaci di mettere la ricerca del vero al primo posto, attenti nel riportare i fatti con obiettività mantenendo ben chiara la separazione tra la narrazione di quanto accaduto e l'esposizione del loro giudizio personale sugli eventi illustrati. Ben vengano i loro commenti, perché leggerli aiuta a capire, ma sempre quando i fatti siano narrati nello stile asciutto della cronaca, nel rispetto delle cose senza aggiungere o togliere nulla.
 
Ovviamente grande rispetto va a quei milioni di cittadini che votano ancora, ma, a mio parere, é urgente concentrarsi su coloro che hanno deciso lucidamente d'astenersi dal voto. Capire le loro ragioni, mi pare, sia indispensabile per difendere la democrazia dal momento che si ha democrazia soltanto quando i cittadini sentano e riconoscano la centralità del loro ruolo. Quando il partito di maggioranza relativa, ed a volte persino assoluta, sostiene l'astensione, la democrazia soffre di una grave forma d'anemia, gli manca la forza vitale dell'interesse dell'elettore, il sangue del sistema democratico, anticamera per forme di governo che non abbiano più la legittimità che solo la maggioranza del potere sovrano del popolo può conferire. Dopo il voto si parla delle percentuali ottenute dai vari candidati e dai partiti senza tarare questo dato con il tasso di partecipazione. Ottenere il 40% dei suffragi quando a votare sono andati soltanto il 57% degli aventi diritto offre una prospettiva alterata. Intanto, coloro che non hanno votato sono molti di più di coloro che hanno votato il partito vincitore, mentre questo ha ottenuto rispetto al totale degli aventi diritto il 25% dei consensi. Ha vinto in maniera netta, ma può vantare di rappresentare un quarto degli elettori e non due quinti come invece ripetuto da tutta l'informazione.
 
Il perché dell'aumento di chi pensa che votare sia inutile
Tornando alle ragioni del non voto, si deve riconoscere che una certa percentuale dei cittadini per ragioni varie non possano votare. Le liste elettorali sono sempre certificate mesi prima del voto quindi é naturale che ci siano stati dei decessi, persone si siano spostate di residenza, altre siano in viaggio o malate gravi non in condizioni di votare. Nel 1948, i non votanti furono soltanto 8% del totale e questa percentuale si mantenne stabile sino al voto delle politiche del 1979. Nei trent'anni trascorsi tra il voto del 1983 e quello del 2013, il numero dei votanti é calato sino a raggiungere il valore del 75% del totale, un elettore su quattro ormai si asteneva. Nelle ultime elezioni europee del 2014, per loro natura simili alle elezioni politiche, l'astensione ha ormai toccato il 43% ed a loro si deve aggiungere un altro 3% di coloro che hanno votato scheda bianca o nulla, per un totale di poco meno di un elettore su due. Ammettendo che un'astensione di circa il 10% sia fisiologica, allora é lecito chiedersi che cosa spinga il restante 15% alle politiche e 36% alle europee a non votare più. Analisi del non voto indicano che a non votare siano in maggioranza giovani, tra cui ormai voterebbe soltanto il 40% di quelli sotto i 35 anni, tutte persone che non hanno conosciuto i tempi in cui votare era percepito come un obbligo morale e che, sentendosi esclusi ed emarginati dalla società dove in molti non riescono a trovare lavoro, non considerano che la risposta ai loro problemi possa trovarsi in Parlamento. Il grave, a mio giudizio, é che costoro non si sentano partecipi di una comunità di cittadini, che essi considerino privo di significato eleggere dei rappresentanti che possano occuparsi dei loro interessi, che pensino che i loro problemi non possano trovare soluzioni nello Stato. Spesso costoro nutrono profondi risentimenti contro la società e contro gli apparati dello Stato che identificano come primi responsabili dei loro problemi, diventando facile preda di chi promuova risposte anche violente contro di essi.
 
La crescita di movimenti xenofobi, razzisti ed autoritari é la realtà politica dell'oggi in Europa da nord a sud, da est ad ovest. Questi raggruppamenti che stanno rapidamente diventando maggioritari scaricano la responsabilità per il malessere dei giovani sulla classe politica al potere e su fattori esterni come l'immigrazione. Nel primo caso non si può negare che abbiano almeno parziale ragione nel colpevolizzare gli attuali governanti per i problemi che non hanno saputo o voluto affrontare, ma per il resto si cercano dei capri espiatori da proporre, scegliendoli tra coloro che meno possano difendersi, la solita mossa della guerra tra poveri. Dalla fine del 2007 il mondo conosce una crisi economica che soprattutto in Europa non sembra risolversi. Non solo il tenore generale di vita di molti é diminuito, ma si sono affievolite le aspettative per il futuro che molti vedono senza speranza di recupero. Nel passato anche recente sono stati momenti come questi che hanno permesso il sorgere ed affermarsi di forze come il fascismo o il nazismo. Fenomeni analoghi trionfano in molti paesi europei ed in alcuni sono ormai maggioritari, mentre la politica dei governi non sa offrire nulla di meglio che proporre rigore economico e sacrifici dettati da un'assurda convinzione che l'austerità per i molti e privilegi per un'esigua minoranza possano risolvere la crisi.
 
Un altra ragione per il non voto é la convinzione che la politica sia un mestiere che soltanto coloro che la praticano quasi a tempo pieno sappiano gestire. Al rispetto bisogna dire che i politici lavorano attivamente per accreditare questa visione. Un esempio lo possono avere tutti se trovassero la voglia di leggere una proposta di legge. Qualunque lettore medio é quasi immediatamente scoraggiato nel leggere i lunghissimi prologhi che richiamano tutte le leggi e risoluzioni che possano avere una qualche attinenza con la proposta attuale. Per mia fortuna, ho un passato da burocrate internazionale e quindi so come saltare tutto il ciarpame scritto per cercare gli articoli spesso di poche righe che trattano del tema in questione. Leggendoli si ha un'idea precisa di quello che la legge intende ottenere. Solo dopo, se necessario, si possono anche cercare alcuni dei riferimenti per confermare eventuali dubbi o ampliare la comprensione degli scopi della proposta. Ma se questo non bastasse a confondere le idee, per rendere la materia ancora più aliena dalla comprensione generale, esiste la pratica di aggiungere a disegni di leggi complessi come quelli che presentano la proposta annuale di bilancio dello Stato di paragrafi opportunamente nascosti tra i codicilli di un testo che spesso contiene centinaia di pagine che poco o nulla hanno che vedere con l'impianto della legge in questione, ma che servono a chi li ha immessi per far approvare, spesso con voto di fiducia, norme di interesse personale. La norma oggetto del referendum del 17 aprile era stata approvata in questo modo. A mio vedere questo modo d'agire rasenta l'illecito della truffa perché sembrerebbe studiato a tavolino per confondere e non far capire con l'ironia aggiuntiva che la legge dice che l'ignoranza della legge non é scusa accettabile in caso di una sua violazione.
 
A questo si aggiunga la subdola campagna che vuole che per discutere di una legge sia prerequisito avere una competenza tecnica specifica della materia. Solo gli specialisti capiscono di che cosa si tratti, gli altri, i comuni cittadini, devono accettare le loro opinioni come valide perché solo loro sanno e capiscono di che cosa si stia discutendo. Mettendo da lato la pur ovvia obiezione che, se quanto asserito fosse vero, allora anche la grande maggioranza dei parlamentari non avrebbe le competenze per opinare e quindi per votare su quasi tutte le proposte di legge. Che competenza può avere un medico o un ingegnere della ragioneria dello Stato? Come possono costoro capire le innumerevoli sottigliezze del Bilancio dello Stato?  Ma dicevo, mettendo da lato questa già ovvia obiezione, rimane il fatto che tutti sappiamo giudicare quello che pensiamo ci sia vantaggioso e che le questioni legislative non sono poi così astruse come sono le equazioni matematiche che spiegano la teoria dei quantum, per cui basterebbe spiegarle, senza far ricorso ai trucchi prima menzionati, per renderle comprensibili praticamente a tutti almeno al punto di fornire a tutti strumenti per giudicare se quanto discusso sia o no nel loro interesse.
 
Esclusione vs. Inclusione
La democrazia é vibrante quando la quasi totalità dei cittadini ne sia attivamente coinvolta, mentre é in crisi, quasi in agonia, quando molti se ne disinteressino. Per ora non si é saputo trovare altro mezzo per assicurare la partecipazione che ricorre al voto segreto ed uguale per tutti. Oggi i promotori dell'esclusione dei cittadini dal pubblico non utilizzano più i sorpassati metodi dei divieti, delle dittature, optano invece per portare il cittadino ad escludersi autonomamente disinteressandosi della cosa pubblica non votando. Quando come appena successo la Camera approva la privatizzazione dell'acqua dopo che un referendum aveva sancito che l'acqua doveva sempre rimanere pubblica, questi sciagurati onorevoli hanno appena detto al cittadino che votare non conta perché alla fine sono loro a decidere. Con mio rammarico ho letto molti commenti dopo questo voto di persone che sconsolate si chiedevano se valesse ancora la pena votare invece d'inveire contro chi si é erroneamente arrogato il diritto d'ignorare il volere sovrano dei cittadini. La legge appena votata alla Camera deve essere impugnata in tribunale perché viola la suprema sovranità popolare sancita dalla Costituzione. Quando, come appena successo nei mesi scorsi, il governo invita i cittadini a non votare, comportamento illegale da parte dei membri dell'esecutivo, i cittadini avrebbero dovuto correre alle urne per riaffermare il valore che attribuiscono al potere del voto democratico. Purtroppo, non é successo. Ha vinto chi puntava sul convincere le persone ad escludersi. Il Presidente del Consiglio non ha esitato a definire inutile, demagogico, dannoso perché spenderebbe denaro dello Stato inutilmente, chiedere ai cittadini che cosa pensassero su di una determinata questione. Lui e tutti gli altri pubblici ufficiali che hanno difeso la stessa tesi non hanno esitato a svilire lo spirito della Costituzione su cui avevano giurato assumendo l'incarico. Loro non vogliono una popolazione che partecipi, vogliono escluderla come stanno facendo in scala ancora maggiore con il proposto cambio alla Costituzione e con una legge elettorale che gli permetterà di controllare tutti i poteri dello Stato anche solo con un 20% del suffragio elettorale se i cittadini gli daranno ragione e non voteranno in massa.
 
Bisogna anche riconoscere che per poter difendersi con il voto si devono trovare sulla scheda elettorale alternative che servano allo scopo. Se i partiti sono in fondo tutti allineati sulle stesse posizioni, divergendo tra loro soltanto sui nomi di chi debba presiedere il governo, capisco che molti fatichino a vedere una ragione per votare. Nei regimi totalitari é ovunque così. Il voto come rituale della democrazia é preservato, ma svuotato di ogni significato perché non si vota su idee di come possa e debba essere il futuro, ma al massimo su nominativi di persone che alla fine faranno tutte la stessa cosa. Non ce ne siamo resi conto, ma questo é quanto ormai sta succedendo e non soltanto in Italia. Interessante al rispetto é constatare che questo sia uno dei temi centrali nella candidatura di Bernie Sanders nelle primarie americane per il partito democratico. Lui accusa il sistema di essere corrotto nella sostanza anche se la forma é rispettata. Sanders afferma che la corruzione legale é il sistema che permette a pochi individui di controllare il processo elettorale finanziando la campagna per il voto di quei candidati che siano in loro favore. In Italia molto si scrive sulla corruzione della politica, fatto incontrovertibile, ma non si dice che basterà legalizzare la corruzione per farla scomparire. Chi aveva interesse a che il referendum del 17 aprile fallisse? Le corporazioni energetiche che non volevano assumersi l'onere di smantellare le piattaforme in disuso. Loro hanno ispirato la campagna all'astensione. Sono persino comparsi segni inequivocabili della relazione incestuosa tra corporazioni energetiche e governo, ma ben coperte da una informazione di regime, queste cose non sono emerse nei notiziari e sui giornali. Le persone non sono andate a votare perché non sapevano e non si erano interessate per sapere perché ormai convinte che partecipare non serva.
 
Libertà e giustizia sono o, meglio detto, dovrebbero essere alla base del vivere civile che porta le persone ad accomunarsi in uno Stato per insieme costruire un futuro migliore per se stessi, ma anche per le altre comunità ugualmente aggregate in Stati. Libertà, penso, non richieda molte spiegazioni, tutti sappiamo che cosa voglia dire essere liberi e quali ne siano i limiti, cioè, il non volere e potere infrangere gli spazi di libertà altrui. Giustizia é anche un concetto per molti ovvio, ma che reputo meriti alcune riflessioni. Infatti, nei tribunali si legge come definizione del concetto di giustizia che la legge é uguale per tutti. Anche ammettendo che lo sia, cosa che tutti sappiamo non essere vera, affermare che giustizia e legge vanno a braccetto presenta per me molti possibili equivoci. Non é detto che le leggi siano giuste. La segregazione razziale, lo schiavismo, la censura, per esempio, furono e sono legali pur essendo ingiuste in molti paesi. Oggi esistono paesi dove l'apostasia é un reato capitale, dove l'adulterio é punito con la morte, dove dopo tre reati minori si é condannati all'ergastolo, dove la pena di morte é legale, dove persino la tortura é legale (tra questi annovero anche l'Italia che non ha saputo darsi una legge che punisca la tortura). Allora, trovo preoccupante che, come in Italia, le forze dell'ordine non tutelino il cittadino, ma tutelino la legge. I cittadini, ossia i depositari della sovranità, non vengono prima della legge e quindi sono repressi se si oppongono ad una legge che non li rispetti. Per me, almeno, giustizia é assicurare tutela e protezione al più debole contro gli abusi del più forte. É difendere le libertà degli individui dalle intrusioni dall'esterno. É costruire un modello di società che assicuri a tutti livelli confortabili di vita e rispetto per i loro diritti fondamentali riconosciuti nelle varie carte dei diritti. A mio vedere, non esiste vera libertà dove non ci sia questo tipo di giustizia che per essere raggiunta e tutelata abbisogna prima di tutto della partecipazione di tutti, promuovendo l'inclusione e non l'esclusione, la discriminazione, la segregazione che é quanto oggi si sta tentando d'instaurare in Italia, in Europa, nel resto del mondo con la globalizzazione che mette gli interessi di pochissimi al di sopra degli interessi di tutti, come evidenziato dalla constatazione che ottanta persone posseggono una fortuna personale uguale a quella di 3,5 miliardi di altre persone. Questo sarà legale, ma non é certamente giusto o democratico. Quindi perché i due grandi valori di libertà e giustizia siano in sintonia e ci siano le condizioni per vivere in un mondo realmente democratico l'esclusione, anche volontaria, deve scomparire per dare spazio ad una completa partecipazione, mentre deve anche scomparire la pratica del permettere all'oligarchia composta da un numero esiguo di persone di dominare nel mondo, per rendere viabile invece la democrazia dove a prevalere nella forma e nella sostanza sia sempre e soltanto il volere della maggioranza senza discriminazioni di razza, religione, idea politica o cultura d'appartenenza.
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