AUSTRIA 
Un vicino poco conosciuto

di Marco Borsotti

L'Austria alza la voce minacciosamente
Per chi abbia famigliarità con i libri di storia italiana moderna, le menzioni all'Austria, o meglio all'Impero austro-ungarico, ricorrevano nelle vicende della penisola ad ogni pie sospinto sino alla fine della Prima Guerra Mondiale. Poi l'Austria ridotta a Versailles ai suoi minimi termini cessò d'essere motivo d'interesse. É vero che quando Hitler mostrò i suoi muscoli minacciando occuparla nel 1934, Mussolini, non ancora folgorato dal genio nazista, spiegò le truppe al confine per mandare il chiaro messaggio che con l'Italia fascista non ci si poteva scherzare.
Poi come sappiamo tutti finì a tarallucci e vino ed i due dittatori si scoprirono infatuati l'uno dell'altro. Ma in fondo questo fatto come altri eventi successi dopo non pose più chiaramente l'Austria al centro dell'interesse politico italiano.
Recentemente, però, l'Austria é tornata all'attenzione della cronaca italiana per i bellicosi proclami di alcuni dei suoi ministri preoccupati di dimostrare ai propri cittadini tutta la necessaria determinazione per far capire al governo italiano che con loro non si scherzava altrimenti addio alla libera circolazione tra i due paesi con l'erezione al Brennero di una barriera di recinzione metallica e filo spinato di almeno 250 metri di lunghezza. Tutta la cosa risuona come una farsa visto che una simile barriera non fermerebbe di certo chi volesse a tutti i costi transitare come fanno giornalmente centinaia di profughi del medio oriente, ma rimane il fatto che il gesto abbia un valore emblematico visto che viola alle basi uno dei cardini dell'Unione Europea, la libera circolazione tra Stati membri.
Cerchiamo di capire perché un vicino che per decenni ha mantenuto relazioni cordiali con l'Italia possa un bel mattino decidere d'alzare la voce per farci sapere in un modo tutto sommato scortese che la loro pazienza aveva raggiunto un limite che ormai avevamo ampiamente sorpassato. Il problema era ed é il flusso giornaliero d'immigranti che, scappando dalle tante guerre e miseria dal medio-oriente all'Africa ed all'Asia, cercano un passaggio per raggiungere il nord d'Europa. Costoro sono una lunga carovana di miseria umana che con ogni mezzo ed ad ogni costo avanza verso quello che vedono come la salvezza e l'opportunità di trovare asilo e soprattutto lavoro per iniziare una nuova vita. Sono migliaia, centinaia di migliaia di persone che sanno che tutti i pericoli mortali che debbono affrontare sono comunque inferiori a quelli che affronterebbero se restassero a casa loro. Per questo non si fermano e quando una via si chiude davanti a loro, deviano cercando il modo di superare l'ostacolo.
Le ragioni della crisi
Ora, tutti sappiamo anche che le cose in Europa non stanno andando tanto bene, almeno non sembrano funzionare come funzionavano una volta neppure tanti anni fa. Alla fine del 2007 scoppiò negli Stati Uniti una crisi finanziaria che presto, come la peste, contaminò i mercati finanziari del mondo intero. Gli organismi finanziari internazionali, le grandi banche, le multinazionali e quasi tutti i governi occidentali decretarono che la cura per quel male fosse l'adozione di rigorose misure deflattive, le famose politiche d'austerità che in modo improvvido il governo Monti ha persino fatto scrivere nella Costituzione nel silenzio colpevole di quasi tutti coloro che avrebbero dovuto gridare che quella norma faceva a pugni con quasi tutti i principi iscritti nella prima parte della nostra Carta nazionale. La Commissione Europea, ormai asservita alle politiche talebane del neo-liberismo economico (interessante notare che é di questi giorni la pubblicazione di articoli scritti da ricercatori del IMF che denunciano l'inadeguatezza di queste stesse norme che la loro organizzazione ha imposto ovunque), si affrettò, approfittando delle difficoltà finanziarie degli Stati membri, d'imporre l'adozione di queste misure anche ai più riottosi tra i governi usando la politica del bastone e della carota manovrata da un trio che non esito a definire diabolico, la troica formata dalla Commissione stessa, la Banca Centrale europea e l'IMF. Il risultato lo sappiamo tutti. Le condizioni di vita generali sono peggiorate per la grande maggioranza dei cittadini europei, i servizi sociali che erano il fiore all'occhiello del modello europeo sono stati ridotti spesso in forma drastica, il credito bancario ha sofferto una forte stretta limitando le possibilità di una ripresa degli investimenti e dei consumi, imprese sono fallite, la disoccupazione é aumentata e la dislocazione di attività produttive fuori dalla Comunità é cresciuta. Gli unici ad averne beneficiato, ma questo si dice poco e sempre a voce molto bassa, sono i veramente ricchi, mentre coloro che erano già poveri sono scesi nella miseria e la classe media, il gruppo sociale più importante in Europa, sta scivolando verso la povertà.
Dal momento che gli Stati dell'Unione Europea conservano ancora sistemi di democrazia rappresentativa, chi al potere aveva molte ragioni per temere che tanti disastri sarebbero potuti costare loro le posizioni di potere di cui godevano. In loro soccorso, come successo altre volte nella storia, vennero i gruppi più retrogradi delle destre nazionali, gruppi che certamente sono facilmente manipolabili, che decretarono che la crisi attuale era il risultato dell'invasione mussulmana degli immigranti d'origine esterna all'Europa. Mi pare interessante sottolineare l'importanza che riveste la componente religiosa e xenofoba in questo fenomeno. I mussulmani, infatti, per il loro credo considerano tutti gli altri come infedeli che nel migliore dei casi debbono essere aiutati a rivedere le proprie convenzioni religiose per accettare che Allah é il solo Dio e Maometto il suo profeta. Questo atteggiamento che certamente é proprio di tutte le religioni rivelate in scritture che si asserisce siano d'origine divina, rimane però abbastanza offuscato nelle religioni più antiche come il giudaismo o il cristianesimo, per parlare delle religioni che hanno maggior seguito in Europa, mentre persiste più forte nella religione islamica che sin dagli albori ha sempre mantenuto un atteggiamento aggressivamente messianico. Questo fatto da solo contribuisce ad insospettire ed infastidire molti non mussulmani europei preoccupati che un giorno i fedeli di Allah possano imporre loro l'accettazione del loro culto pena la morte. Per questo, il messaggio contro questi nuovi flussi d'immigrazione di massa ha trovato un più facile cammino. I nuovi arrivati non erano cristiani, non erano neppure d'origine europea come coloro che erano precedentemente venuti dall'est Europa e proprio per questo erano stati accettati sia pur a denti stretti, quindi potevano essere considerati più facilmente da un pubblico in cerca di colpevoli come responsabili dei mali presenti. Infatti, gli immigrati, asserisce la destra xenofoba, rubano lavoro e sfruttano i sistemi di protezione sociale degli Stati membri dell'Unione per vivere a sbaffo delle tasse dei cittadini europei, erano, insomma, i perfetti capri espiatori. Il tema meriterebbe approfondimento, ma il farlo mi porterebbe molto lontano dallo scopo di questo breve scritto, quindi accettando per dimostrata questa tesi, continuo a parlare delle reazioni austriache all'immigrazione.
L'estrema destra austriaca
Molti, in Austria come in Germania, avevano vissuto male le condizioni imposte dal trattato di Versailles che pose formalmente fine alla prima guerra mondiale. Per questo, pur diventata una repubblica indipendente, l'Austria coltivava sentimenti di rivalsa e disagio per la forma di governo che gli era stata imposta rendendo possibile nel 1933, con relativa facilità, all'allora cancelliere Dollfuss di abolire il sistema parlamentare rendendo il suo partito politico, ispirato al modello del fascismo italiano, l'unica forza politica legale nel paese. La Germania nazista, allo stesso tempo, da poco finita democraticamente sotto il dominio del partito nazista aspirava al sogno pan-tedesco che voleva l'unione di tutti i popoli germanici, unione espressamente vietata nel trattato di Versailles. Per questo, già nel 1934 aveva tentato di forzare la mano all'annessione con l'Austria, tentativo che come già scritto era stato bloccato da Mussolini. Comunque, Hitler non era certo persona da scoraggiarsi e quattro anni dopo, questa volta con la benedizione fascista, pose fine all'Austria annettendola senza colpo ferire nel Terzo Reich. Queste vicende mi sembrano di grande importanza perché illustrano come anche in Austria negli anni trenta del secolo scorso prevalessero visioni politiche autoritarie di destra dal momento che le forze rivoluzionarie di sinistra in entrambi i paesi erano state annientate e messe al bando dalla vita politica.
Molti pensano, mi pare con ragione, che contrariamente a quanto successo in Germania dopo la fine della seconda guerra mondiale, in Austria sia mancato un fenomeno nazionale di auto-accettazione delle colpe del passato prima fascista e poi nazista, colpe messe di lato dalla scusa offertagli dall'occupazione del 1938. Di certo é vero che Hitler occupò l'Austria mettendo per la prima volta in mostra tutta la potenza delle sue forze militari, ma é anche altrettanto vero che non ci fu vera opposizione all'invasione dal momento che il sogno dell'unità dei popoli tedeschi era anche parte delle aspirazioni di molti austriaci.
Questo fu possibile perché già nel 1943 nella conferenza alleata di Mosca, l'annessione alla Germania fu dichiarata nulla e venne ripristinata, almeno sulla carta, la repubblica austriaca come Stato indipendente. A Yalta, poi, nella spartizione delle zone d'influenza l'Austria fu assegnata all'occidente. Le forze sovietiche, pur se arrivate prima a Vienna, rispettarono quella decisione e l'Austria per un periodo di dieci anni fu divisa in quattro zone d'influenza mantenendo però la sua unità territoriale sotto un solo governo centrale che acquistò la sua totale indipendenza nel 1955 a condizione di conservare uno stato di neutralità, ragione per cui ad oggi l'Austria non appartiene alla NATO e divenne parte dell'Unione europea soltanto nel 1995.
Il primo cancelliere austriaco dopo il 1945 fu il socialdemocratico Karl Renner che a fine di quell'anno venne eletto Presidente. Da quel momento sino al 1986, i socialdemocratici svolsero un ruolo prioritario nel paese. Successivamente, si ebbero alternanze nel potere con l'ÖVP, partito popolare di centro-destra d'ispirazione cristiano democratica che aveva in Waldheim, ex Segretario Generale delle Nazioni Unite, ma anche ex SS, la sua figura di maggior prestigio. Nel 2000 l'Austria vide però una prima inversione di tendenza, quando dopo le elezioni del 1999 andò al governo un'alleanza di destra tra i popolari e il partito della libertà FPÖ, di estrema destra che aveva ottenuto un successo elettorale senza precedenti con il 26,9% dei voti. Questo partito aveva già governato in precedenza quando i socialdemocratici lo avevano invitato come junior partner nel governo nel 1983, ma allora il partito non godeva di un simile seguito elettorale.
La cosa fece comunque non poco scalpore per le posizioni accentuatamente estreme di questo partito che differiva su molti punti dall'allora prevalente visione socialdemocratica prevalente in Europa. Il suo leader, J. Heider non temeva dichiararsi xenofobo e nazionalista, assumendo posizioni in contrasto con gli allora dettami dell'Unione europea. Le cose furono tali che la Commissione europea invitò gli Stati membri a trattare come paria il sia pur legittimo governo austriaco che veniva regolarmente snobbato nelle sue apparizioni comunitarie. La cosa rientrò in poco tempo ed alle elezioni successive entrambi i partiti furono penalizzati dagli elettori che dettero una chiara vittoria al partito socialdemocratico.
Il povero risultato elettorale causò una crisi interna al partito della libertà che culminò con le dimissioni del suo segretario J.Heider che venne rimpiazzato da Heinz-Christian Strache che ne é tuttora il leader indiscusso e che lo ha guidato da allora assicurandone una nuova crescita con risultati che hanno superato di buon margine il già ottimo risultato delle elezioni del 1999. Questo cambio negli apparati di partito non ha però scalfito la posizione ideologica dello stesso che rimane ancorato alle stesse ideologie d'estrema destra. É cambiato però il modo di proporle all'elettorato. Invece di lanciare slogan xenofobici che potrebbero urtare quella parte della popolazione austriaca conservatrice, ma moderata e prevalentemente cristiana, si é invertito il discorso con slogan che, denunciando la crisi sociale di cui si accusa il governo socialdemocratico, si propone di mettere gli austriaci al primo posto per assicurare agli anziani, una parte importante della popolazione, ed ai giovani garanzie che i loro interessi verranno presi in considerazione come fattori prioritari. Non si proclama di voler discriminare gli immigrati che pure sono molti, ma si accusa il governo di aver ignorato i legittimi interessi dei cittadini austriaci. Prima di tutto bisogna soddisfare le necessità dei nostri connazionali ripete in continuazione Strache ed il messaggio, ovviamente, passa perché molti si sentono trascurati da un governo che non sa dare risposte alla crisi diverse dall'austerità.
Le elezioni Presidenziali della scorsa primavera
Le prime avvisaglie che l'FPÖ stesse crescendo oltre misura si erano avute alle ultime elezioni amministrative dove il partito aveva raccolto circa il 25% dei voti su scala nazionale, ma il vero successo é delle ultime elezioni presidenziali. Nella prima tornata elettorale, Norbert Hofer, il loro candidato ottenne il 35,1% dei voti, molto al di sopra delle aspettative date dai sondaggi pre-elettorali. Al secondo posto, ma molto distanziato, il candidato indipendente dei verdi, Alexander Van der Bellen, con poco più del 21% dei voti. I candidati popolari e socialdemocratici insieme ottenevano poco più del 22%, un disastro, in parte annunciato dai sondaggi, ma non in quella misura anche perché prima di loro si era qualificato un altro candidato indipendente con quasi il 19% dei voti. Il verdetto delle urne fu impietoso con i partiti che avevano scritto la storia austriaca dopo il 1955, la loro base elettorale era svanita. Aveva votato il 68% degli aventi diritto e solo uno su dieci di loro aveva dato il voto o al partito popolare o a quello socialdemocratico. Entrambi i partiti erano fuori dal ballottaggio.
In Austria i partiti politici sono generalmente associati con dei colori, per esempio, il partito della libertà é associato con il blu, quello degli ambientalisti con il verde, quello socialdemocratico con il rosso, quello popolare con il nero, gli indipendenti con il grigio. Ebbene guardando una cartina del paese a colori, dopo il primo turno tutto é blu con la sola eccezione della circoscrizione di Vienna dove prevale il verde. Guardando poi i risultati su base municipale, si nota che in quasi tutte le grandi metropoli abbia prevalso il candidato verde con poche eccezioni per il candidato dei popolari contraddistinto dal nero. Il partito della libertà ha vinto praticamente su tutto il resto del territorio nazionale, nelle zone rurali o nei piccoli centri urbani. Questi sono i luoghi dove il messaggio di paura per un lato e la promessa speranza per un altro di Strache ha convinto gli elettori in un caso con un risultato quasi del 42% dei consensi.
Un discorso a parte meriterebbe discutere dei sondaggi elettorali che nella quasi totalità si dimostrarono profondamente sbagliati. Personalmente, sono contrario alla loro pubblicazione perché rimane sempre chiaro che con al massimo un migliaio di risposte su di una popolazione di vari milioni di votanti, il rischio di estrarre un campione distorto rimane comunque troppo alto, mentre i commentaristi che ne parlano ed i giornali non ne danno mai una corretta presentazione. Infatti, nelle note tecniche che accompagnano i sondaggi si parla sempre della forbice di precisione che normalmente si attesta attorno al 6%, 3% in più o meno del risultato mostrato. Mi sembra evidente che con tali margini di errore dichiarati sia quanto meno poco giustificato imbastire discorsi seri su quelle che potrebbero essere le intenzioni di voto degli elettori, lasciando in me il sospetto che i sondaggi siano usati per influenzare il comportamento degli elettori, scoraggiando alcuni a non andare neppure ai seggi viste le poche possibilità del partito di sua scelta o condizionando altri a scegliere un partito che non sarebbe stata la sua prima scelta, scelto storcendo il naso come male minore per fermare l'ascesa di un partito che si vorrebbe ad ogni costo ostacolare.
Nel secondo turno che secondo la legge elettorale austriaca si svolge a circa un mese dal primo, votò il 72,7% degli aventi diritto con un aumento senza precedenti delle schede elettorali degli elettori che non potendo recarsi al proprio seggio sceglievano il voto postale. Nel 2010, alle precedenti elezioni, i voti postali erano stati circa 374,000. Nel primo turno erano già cresciuti a circa 642,000 per raggiungere al secondo turno la cifra record di 885,000. Moltissimi cittadini, ovviamente, sentivano l'importanza del voto e non volevano mancarlo.
Il risultato alla fine dello scrutinio dei voti ai seggi dava ad Hofer un leggero vantaggio con il 51,9% dei voti, risultato ribaltato quando anche i voti postali furono contati dando la vittoria a Van der Bellen per soli 31,000 voti. In questo caso, il candidato dei verdi risultava vincitore non solo a Vienna, ma anche in altri grandi distretti elettorali soprattutto nel sud ovest del paese. Per il momento, il risultato é in sospeso perché il partito della libertà ha deciso di presentare ricorso anche se Hofer stesso avesse precedentemente accettato il risultato delle urne negando l'esistenza di frodi.
Non mi avventuro a dare previsioni sul risultato del ricorso. Con numeri così vicini francamente tutto é possibile anche se mi sembra improbabile che violazioni siano potute avvenire visto che rappresentanti di tutti i partiti sono stati presenti ovunque si stesse votando.
Rimane il risultato politico di un voto che ha diviso nettamente in due il paese con la maggioranza, a volte superiore ai due terzi dei votanti in zone rurali e di piccole comunità urbane a favore del partito delle libertà che, pur nella sua veste suadente, proclama un programma d'estrema destra che non esito a definire fascista o nazista. La paura, la crisi economica, l'innato conservatorismo delle popolazioni rurali danno un quadro del paese che deve far riflettere.
I politici del partito socialdemocratico e del partito popolare che invece di correre dietro al messaggio di paura della destra estrema sposandone le teoria avrebbero dovuto rispondere con argomenti e politiche sociali vincenti sono a mio giudizio i primi responsabili per quanto sta succedendo. Se si da adito a chi afferma che la colpa della crisi sia degli immigranti, non ci si deve poi stupire se andando al voto gli elettori scelgano chi genuinamente da loro garanzie di voler attuare politiche disegnate per stroncare l'immigrazione. Avventurieri dell'ultima ora che vogliono sembrare più risoluti degli altri, fanno soltanto il gioco di questi ultimi dandogli ragione.
Gli immigranti sono vittime della crisi economica generale e di scellerate politiche estere messe in atto anche con l'appoggio europeo. L'Europa é in crisi perché sottomessa a politiche liberiste che la stanno soffocando. L'Europa, inoltre, ha disperato bisogno di nuova forza lavoro perché decenni di caduta delle nascite hanno ormai compromesso irrimediabilmente il quadro demografico del Continente. Gli immigrati vengono verso l'Europa perché fuggono da una morte molto probabile, ma scelgono questa meta perché sanno che una volta arrivati potranno trovare con relativa facilità lavoro. Di questo dovrebbero occuparsi i politici e la Commissione europea invece di dare adito, come stanno facendo, a visioni che attribuiscono le colpe della crisi che si deve soltanto a loro, agli immigrati.
Ovviamente, in questo contesto l'Austria ed i suoi politici non sono fattori rilevanti né nell'aver scatenato la crisi, né nel poter risolverla. Le colpe principali sono a Brussels, a Francoforte e nelle capitali dei maggiori paesi europei. Certamente, comunque, da un governo a guida socialdemocratica come quello attuale austriaco ci si sarebbe aspettati altra visione ed altre risposte, ma anche questo é un segnale forte della crisi di principi e d'identità che vive l'Europa che avrebbe voluto essere culla dei diritti e che un tempo lo fu, ma che oggi ha smarrito il senso dei propri ideali e dei propri principi.
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