NEOLIBERISMO TRA SPECULAZIONE E MENZOGNE
(Tempi Moderni V)
di Marco Borsotti
 
Non solo il sistema pubblico non funziona. Per molti aspetti quello privato é persino peggio.
 
Quanto accennato nel capitolo anteriore, Tempi Moderni IV, avvenne anche nel settore privato dove progressivamente quote sempre maggiori dei costi di vendita furono passati al consumatore non nella forma abituale del rincaro dei prezzi, anche quando questo ci sia stato, ma in forme più sottili e meno percepite dagli utenti. Riflettiamo un momento su quello che ormai tutti facciamo per comprare qualche cosa. Quasi in tutti i settori prevale il sistema del self-service che non significa altro che noi consumatori, spesso aiutandoci con macchine robotizzate, facciamo lavori che prima erano fatti da altri per comprare cose che desideriamo, accettando anche che gli involucri che usiamo per impacchettare portino la pubblicità dello spaccio da cui ci siamo serviti, ossia diventiamo anche fonti involontarie di pubblicità. I consumatori trovano normale prestare lavoro gratuito al venditore per comprare quanto vogliono in tutti i punti di vendita, da quelli più modesti o popolari a quelli di maggior lusso perché convinti che così contribuiscono a contenere i prezzi al consumo. Anzi portare un sacchetto di una marca di lusso é diventato nel sentire comune simbolo di stato, vuol dire mostrare agli altri, per vantarsi, dove noi siamo andati a comprare. Senza pensare o riflettere, accettiamo di diventare tutti prestatori di lavoro gratuito.
A questo punto, mi pare opportuno sfatare con parole di semplice comprensione un'altro mito che ci viene somministrato ogni qual volta ci si azzarda a mettere in questione il “diritto” per i “padroni” d'appropriarsi dei profitti derivanti da una qualunque attività produttiva. David Riccardo, poi ripreso da Karl Marx, aveva già due secoli or sono sostenuto che l'unica fonte aggiunta di valore derivava dall'applicazione del lavoro alla produzione. Infatti, tutte le componenti del processo venivano e vengono remunerate per il loro valore accertato al momento dell'impiego mentre il lavoro umano veniva e viene pagato al minimo possibile del suo valore; nell'ottocento il valore richiesto per il suo sostenimento e riproduzione, dal novecento sino ad oggi per valori maggiori che gli permettessero anche d'essere consumatore finale di prodotti non essenziali. Il restante rimaneva e rimane nelle tasche dei datori di lavoro sotto forma di profitto. Tutto questo si giustificava e si giustifica con la concezione che al proprietario debba spettare una quota preponderante del valore aggiunto sotto forma di profitto come remunerazione per i rischi incorsi nell'anticipare i capitali richiesti per poter avviare l'attività produttiva, sia manifatturiera che commerciale. Guardando la realtà delle cose ci si accorge che il concetto di rischio é forse un'esagerazione, almeno per tutto il grande capitale. Cerco di spiegarmi meglio per rendere chiaro quanto sostengo.
 
L'idea economica classica asseriva che i proprietari mettevano a disposizione il loro capitale per produrre senza avere la certezza che alla fine del processo il capitale tornasse di loro disponibilità. Qualche cosa nel processo poteva andare male e la produzione essere così persa prima di potersi ricostituire alla conclusione del ciclo in capitale investito più profitto. Ma é certo che chi investe mette in circolazione capitale che é realmente in suo possesso? Forse ai primordi questo poteva anche essere vero, ma con lo sviluppo del settore bancario da tempo chi investe usa capitali che ha ottenuto in prestito da una banca. I profitti infatti non vengono quasi mai reinvestiti se non in minima parte, ma invece trasformati in beni non deteriorabili. Per i piccoli produttori e commercianti queste modalità sono disponibili in forme tutto sommato ridotte, ma quando cresce il valore dell'investimento cresce anche la disponibilità delle banche a prestare ad interesse fondi alle imprese. Alla fine, il padrone o possessore di titoli azionari investe sempre meno nuovo capitale proprio nell'impresa valendosi invece della quasi infinita disponibilità delle banche di fornire i capitali richiesti. Costoro come dimostrato in innumerevoli casi, l'ultimo quello dello scandalo dei fondi esportati a Panama, preferiscono mettere al sicuro gran parte dei loro profitti in luoghi ed impieghi che garantiscano utili, discrezione e protezione dalle pressioni fiscali. Il paradosso che ne deriva é che il fattore rischio tende a diminuire e spesso a sparire completamente almeno per loro visto che non corrono il pericolo, almeno in Italia, di essere soggetti a serie ripercussioni penali.
 
I padroni non investono più i loro profitti, beni tecnicamente già di loro disponibilità di cui si priverebbero per permettere al ciclo economico di progredire, ma i soldi ottenuti in prestito, cioè nuovi capitali aggiunti che loro non avevano prima, che gli sono stati resi disponibili dalle banche. Le banche prestano avendo a garanzia il valore della proprietà senza contare le molte garanzie bancarie offerte dagli Stati in modo diretto o indiretto per favorire il progredire del sistema dei crediti. Questa asserzione, cioè che gran parte degli investimenti siano frutto di prestiti bancari e non utilizzo di utili di precedenti cicli economici, riflettendo risulta ancora più paradossale. Infatti, in genere i modelli economici affermano che gli investimenti sono funzione del risparmio. A sua volta il risparmio é la sommatoria di tutte le somme che le persone mettono a disposizione del settore bancario a cambio di interessi. Il risparmio, quindi, é un insieme collettivo di depositi che raggruppa percentuali molto significative della popolazione come depositari. Le banche utilizzano questi depositi dopo aver messo da parte la quota di garanzia prescritta dalla legge in parte per finanziare attività commerciali e produttive che considerino sicure, accetto questa presunzione anche se é senso comune sapere che non sempre é così, ed in parte per operazioni, ahimè, speculative dal momento che la separazione tra banca d'affari e banca d'investimenti é purtroppo venuta meno. Tramite la banca, tutti i risparmiatori partecipano al rischio dell'investimento, ma soltanto i beneficiari dei prestiti e le banche stesse si ripartono i profitti, mentre i risparmiatori di questi vedono quote a dir poco modestissime.
 
Questa forma di guardare alla cosa non é per nulla ortodossa. Sono certo che molti economisti negheranno le stesse basi concettuali del ragionamento asserendo che chi deposita fondi in una banca accetta i rischi e le remunerazioni consapevolmente, quindi non esiste spazio per riconsiderazioni successive. A chi afferma ciò ricordo che esistono banche etiche che si comportano differentemente dimostrando che tra le parti possono intercorrere relazioni di minor sfruttamento. Inoltre, le cronache politiche e giudiziarie sono di questi tempi segnate dalle storie di risparmiatori che per troppa fiducia nel sistema bancario hanno perso tutto, dimostrando come almeno loro abbiano corso rischi veri e ne stiano pagando il prezzo, cosa certamente non vera per i grandi debitori in sofferenza con le banche che non liquidando il dovuto spesso sono stati i primi artefici delle crisi che quegli istituti finanziari soffrono. In conclusione, se vogliamo parlare di rischi e della loro retribuzione, allora dovremmo riconoscere che al momento attuale rischiano prevalentemente i lavoratori ed i piccoli risparmiatori, tutta gente esclusa dalla ridistribuzione dei profitti.
 
Alcuni esempi di come si sia assistito il privato a spese dei contribuenti
 
Un buon esempio di aiuto indiretto sono state le rottamazioni di beni manifatturieri non deperibili come veicoli o elettrodomestici per incentivare la sostituzione di materiale ancora funzionante con materiale nuovo per sostenere la produzione ed il profitto delle varie imprese interessate. I soldi per la rottamazione venivano dallo Stato, erano cioè frutto delle tasse. I cittadini potevano valersene per cambiare oggetti di loro proprietà di cui altrimenti non si sarebbero ancora liberati. Spesso erano costretti a farlo perché nuovi regolamenti statali avrebbero a breve reso inutilizzabili beni in loro possesso. Le imprese ottenevano così gratuitamente incentivi perché potessero accrescere la propria produzione. Faccio notare come in Italia coloro che ricevettero gli incentivi indiretti maggiori, ossia imprese del settore manifatturiero, finiti gli incentivi si siano poi progressivamente sbarazzati delle imprese, portando all'estero quanto potevano, smobilitando il resto, senza avere il ben che minimo obbligo con lo Stato che li aveva aiutati con fondi pubblici per la rottamazione negli anni precedenti.
 
Faccio anche notare che spesso si é fatto uso d'agevolazioni interne alla stessa Unione Europea dove é permesso che Stati adottino trattamenti fiscali “particolari” per incentivare imprese a spostare nei loro territori le sedi legali o di produzione di dette imprese con il fine non celato di evitare pagamenti maggiori di tasse se fossero rimaste altrove. L'inflessibile Europa non trova nulla di disdicevole nel permettere che Stati offrano scappatoie fiscali mentre bacchetta senza rimorso ogni tentativo pubblico per alleviare le ristrettezze delle classi più povere di alcuni suoi membri come ci ricorda l'esempio della Grecia sacrificata in modo esemplare per dare una lezione a tutti coloro che pensassero di poter mettere in discussione i principi del neo-liberismo.
 
Juncker che oggi dirige la Commissione Europea quando Primo Ministro del Lussemburgo introdusse agevolazioni fiscali per favorire l'importazione di capitali nel suo piccolo paese, sapendo perfettamente che quanto realizzato danneggiava altri paesi dell'Unione. Non sembra paradossale che oggi la Commissione Europea sia guidata da un simile personaggio che non ha esitato a mettere gli interessi di un singolo paese di fronte al benessere di tutta la comunità ed, ancora più grave a mio giudizio, che lo abbia fatto con il solo scopo di favorire gli interessi del grande capitale e della grande finanza?
 
Ma allora che stanno rischiando imprese e banche?
 
Le banche che anticipano i fondi non rischiano o rischiano molto poco perché dispongono a copertura, dei prestiti delle imprese stesse a cui hanno concesso linee di credito e della quasi matematica certezza che di fronte a casi d'insolvenza lo Stato a cui fanno riferimento sarebbe comunque intervenuto perché le banche sono strumento troppo importante per il sistema produttivo nazionale per poter fallire. Questo é risultato vero anche quando le banche non hanno rischiato di perdere soldi per il fallimento d'imprese, ma per speculazioni finanziarie ad alto rischio come quello di scommettere sulla futura solvibilità di prestiti a rischio concessi da altre banche, una vera e propria roulette russa. Le banche anche quando commettono frodi come successo in anni recenti non rischiano praticamente nulla, al massimo delle multe milionarie che saranno comunque pagate dai correntisti mentre la gerenza non verrà mai perseguita né penalmente né amministrativamente, anzi riceverà sempre generose regalie di fine d'anno quale che siano stati i risultati della loro gestione e milionarie liquidazioni alla fine del loro rapporto professionale.
 
Gli imprenditori, almeno quelli di dimensioni medio grandi, rischiano anche loro poco. Infatti, la maggioranza ha ormai immobilizzati nell'attività produttiva capitali che sono frutti di prestiti bancari ottenuti nel tempo, mentre i loro capitali originari ed i successivi profitti sono al sicuro altrove. Nel caso l'attività non sia in grado di continuare ad operare, il proprietario o il responsabile del consiglio d'amministrazione porta i libri contabili in tribunale per ottenere il riconoscimento del fallimento dell'impresa. A quel punto scattano i procedimenti legali connessi con il fallimento che, in assenza di chiare attività delittuose che possano essere riconducibili alla truffa aggravata od altro crimine amministrativo con pendenza penale, rientrano nelle normali procedure dei tribunali amministrativi notoriamente oberati di cause in corso e con ritardi biblici.  Nel caso italiano, il paese é stato ripetutamente multato dalla Corte europea proprio per l'eccessiva dimora nel condurre a termine le pratiche di fallimento.
 
Come detto precedentemente, gli imprenditori che avessero provveduto ad occultare i propri beni in uno qualunque dei molti metodi che possono essere impiegati al riguardo, perdono di certo la proprietà della loro impresa, ma difficilmente vedranno la magistratura recuperare i beni nascosti che avrebbero potuto essere impiegati per ripagare i debiti insolventi. Ovviamente esistono persone rette che hanno operato correttamente e ciò nonostante sono fallite con la perdita vera di ogni loro patrimonio. Tra persone come loro si trovano tutti i casi di suicidio di cui parla la cronaca. Ma in linea di principio chi fallisce solo raramente si trova sul lastrico.
 
Gli unici a non avere garanzie erano e sono i lavoratori dipendenti, quelli cioè che mettendo a frutto il loro lavoro garantiscono la formazione del profitto. Infatti costoro non sono quasi mai informati delle decisioni prese dalla gerenza. Quasi sempre, sono loro gli ultimi a sapere che una data attività é fallita o sull'orlo del fallimento. Loro hanno come unica garanzia, se impiegati con contratti non atipici, la cassa integrazione. A loro non rimane che protestare, occupare gli stabilimenti chiusi, rivolgersi alla politica perché intervenga. Solo raramente é data loro l'opportunità di formarsi in cooperativa e rilevare l'attività chiusa per cercare di portarla avanti, cosa che spesso si risolve in un successo. In ogni caso, i lavoratori dipendenti sono certamente la categoria a maggior rischio in ogni impresa, ma il rischio che corrono non trova riconoscimento per rendere anche loro partecipi nella spartizione degli utili se non in casi assolutamente eccezionali.
Quindi chi rischia investendo in un'impresa? I lavoratori dipendenti che sono la fonte di profitto e che nel caso di fallimento o ristrutturazione della produzione possono trovarsi dall'oggi al domani senza impiego.
 
Di chi le responsabilità?
 
Le cause erano e sono tutte interne al sistema aggravate dall'adozione da parte di organismi come l'Unione Europea di rigide regole neo-liberiste disegnate per proteggere e privilegiare il sistema finanziario internazionale.
 
Nessuno vuole ammettere questa semplice verità, quindi è diventato necessario trovare dei capri espiatori su cui scaricare le colpe. In tempi recenti, la risposta fu presto trovata quando ebbe inizio un esodo senza precedente di milioni d'esseri umani che scappavano dalla guerra, dalla miseria e da altre forme di violenza. Questi milioni di esuli subito etichettati immigrati illegali perché spesso sprovvisti di documenti di viaggio e di visto d'ingresso, quasi sempre persone di colore scuro, divennero con la complicità di tutti la causa percepita della progressiva decadenza di molti paesi. A rendere ancora maggiore la percezione di rischio si iniziò ad insinuare che queste masse di gente erano una vera e propria invasione che spesso offriva copertura all'infiltrazione del terrorismo islamico, quello responsabile per gli attacchi dell'undici settembre a New York ed altri gesti estremi di violenza in varie capitali nel mondo. Il loro obiettivo era islamizzare l'occidente scalzando la sua radice cristiana per sostituirla con la fede in Allah. Quindi non era soltanto il rischio terrorismo a dover essere temuto, ma quello di trovarci tutti soggetti alla Sharia, la legge coranica menzionata da tutti anche da quelli che non ne conoscono affatto il significato e le prescrizioni in un mondo, il nostro, che era stato trasformato da quelle masse per diventare assoggettato alla fede mussulmana. Non era necessario dimostrare con prove inequivocabili una simile tesi, bastavano alcuni “specialisti” che con articoli ed interviste basate sul nulla diffondessero il panico tra le persone ricordando che la fede mussulmana era fede militante che aveva alla sua radice la missione di convertire. Ovviamente, costoro non facevano menzione del fatto che il cristianesimo fosse una religione con gli stessi principi che invitavano tutti i credenti a promulgare la buona novella, altra forma di dire convertire, presso i non cristiani perché anche loro potessero vedere la luce salvifica del Cristo.
 
Non voglio dilungarmi molto nel contestare queste asserzioni false. Mi limito soltanto a ricordare che spesso gli attentatori o erano entrati legalmente nel paese come nel caso dell'attacco alle Torri Gemelle, oppure erano cittadini del paese in cui commettevano i loro massacri. Sino a casi molto recenti come quello commesso prima di Natale a Berlino in Germania, non si era mai verificato prima che profughi avessero compiuto atti di terrorismo ed anche in questo caso, chiuso a mio dire troppo frettolosamente con l'uccisione del terrorista, rimangono molte ragioni di sospetto tenendo conto che l'accusato aveva trascorso un periodo di detenzione in Italia prima di fare la sua apparizione a Berlino dopo aver sequestrato un TIR. Per quanto riguarda poi i paesi da cui provengono la maggioranza dei profughi, si tratta di zone dove a volte da decenni come in Somalia si combattono guerre feroci soprattutto per la popolazione civile, guerre che spesso vedono nei paesi occidentali coloro che le hanno provocate e sostenute con contributi in armi e denaro.
Comunque, conta poco come stiano i fatti. Grazie a personaggi politici senza scrupolo e ad un sistema informativo complice quanto meno per non aver contestato dal primo momento le informazioni false e tendenziose che costoro facevano circolare, una vasta opinione pubblica ha accettato che le cause principali dei loro problemi sono imputabili all'immigrazione.
 
Basta ascoltare un comizio di Salvini o Meloni in Italia e persone simili nel resto del mondo occidentale, per ascoltare la ripetizione delle stesse idee: gli immigranti rubano il lavoro, rappresentano un rischio mortale perché portano con loro il terrorismo, aggrediscono le radici cristiane delle nostre società per imporre il loro credo religioso. Queste le poche idee che costoro hanno presentato, tutte facilmente confutabili con i fatti, ma che nessun politico o giornalista (mi riferisco qui alle maggiori testate giornalistiche italiane) ha mai voluto veramente mettere in discussione. Al contrario, i politici “dell'area riformista” hanno iniziato a cavalcare le stesse paure con il risultato che adesso questo modo di pensare é ormai predominante tra gli elettori anche se palesemente falso. Questi politici progressisti, lupi liberisti travestiti da agnelli dicono e dicevano di farlo perché convinti che non adeguandosi a queste menzogne avrebbero compromesso la loro tenuta elettorale. A riprova del contrario cito il caso di Graz, la seconda città dell'Austria, dove in controtendenza con il resto d'Europa il Partito Comunista locale nelle recenti elezioni amministrative é risultato essere il secondo partito con più del 20% dei voti, questo grazie ad un programma progressista che non faceva concessioni sulla questione dell'immigrazione e alla presenza dei propri militanti nella vita della città. Il Partito della Libertà, l'equivalente austriaco della Lega Nord, invece ha perso voti a riprova che la destra estrema si può battere non rincorrendola, ma proponendo alternative vere ai suoi programmi. Un altro chiaro esempio, viene dalla Spagna dove Podemos nuovo raggruppamento politico sulla scena da pochissimi anni anche loro senza fare concessioni sulla questione immigrazione hanno ottenuto alle ultime elezioni politiche il 21% dei suffragi, un risultato di tutto rispetto. Un altro esempio sempre nella penisola Iberica viene dal Portogallo dove una coalizione di sinistra sta dimostrando come sia possibile portare un paese fuori dalla crisi senza misure d'austerità semplicemente tassando chi dispone di ricchezze maggiori.
 
Il Neo-liberismo genera miseria, ma la colpa é dell'immigrazione clandestina
 
Gli spostamenti d'attività produttive verso altri paesi, una delle cause principali per il decadimento progressivo di vari ceti sociali, é legata all'interesse delle multinazionali di massimizzare il proprio profitto riducendo i costi della manodopera. L'immigrazione non ha nulla a che vedere con queste decisioni. Questi posti di lavoro non vengono occupati da altri che accettino in loco di lavorare con salari minori come eventualmente potrebbero aver fatto immigrati pagati in nero, ma invece sono stati trasferiti con macchinari e tecnologia in un paese terzo. I posti di lavoro occupati da immigranti sono in genere quelli più precari e peggio pagati, quelli che resterebbero vacanti se non ci fossero quelle migliaia di persone in disperata ricerca di una qualsiasi fonte di reddito. Lo sanno i proprietari delle varie coltivazioni stagionali come lo sanno i così detti padroncini che impiegano pochi addetti, loro che possono guadagnare di più nel poter ingaggiare in nero persone non in regola con i visti e quindi incapaci di far valere i propri diritti lavorali. Però anche a costoro conviene far pensare che il lavoro manchi a causa degli immigrati. Alle vittime occidentali della globalizzazione bisogna infatti far pensare che non siano i loro politici né i loro datori di lavoro i responsabili dei loro mali, devono vedere in altri la causa delle loro disgrazie.
 
Il successo di questa strategia d'informazione é davanti ai nostri occhi. Il Fronte Nazionale francese supera il 35% dei consensi elettorali e si afferma come primo partito in Francia, Brexit vince alle urne in Inghilterra, Trump é eletto presidente degli Stati Uniti, in Germania l'estrema destra nazista riesce ovunque a superare gli sbarramenti ed entrare nei vari parlamenti locali. Che cosa accomuna questi risultati elettorali ottenuti in lande molto distanti fra loro e con cultura politica molto differente? Gli artefici di quelle vittorie hanno tutti usato gli stessi messaggi elettorali: la colpa delle vostre ristrettezze, della diminuzione del vostro tenore di vita, della mancanza di lavoro soprattutto per i più giovani é tutta dell'immigrazione. Tutti hanno voluto lanciare una campagna per difendere i valori dell'occidente dall'Islam. Bisogna chiudere le frontiere, questo proclamano e, tragicamente, questo ormai sta avvenendo in paesi come l'Ungheria, la Repubblica Ceca e quella Slovacca, con le missioni di respingimento in mare italiane e della Commissione europea, con gli accordi con regimi totalitari come quello Turco o persino con la Libia che di governo vero non ne ha ombra da quando bombardata per scopi umanitari nel 2011. Nulla di quanto costoro proclamano é vero. Le statistiche provano il contrario, ma leggere le statistiche, informarsi é cosa da intellettuali, meglio dare credito a chi dice, anzi urla in modo sguaiato cose che tutti in cuor loro vogliono sentire. Il problema non é nel nostro mondo, ma in un altro mondo che ci sta invadendo. La Storia con la esse maiuscola non insegna proprio nulla. Per simili menzogne dette per coprire le colpe delle classi dirigenti locali, nel secolo scorso si combatterono due guerre mondiali ed decine di conflitti locali. Nella storiografia quasi non esiste dissenso nel riconoscere che tutte quelle guerre furono possibili perché le popolazioni si lasciarono abbindolare con narrazioni false per cercare altrove i responsabili dei loro problemi. Oggi, il neo-liberismo sta riuscendo con successo a far passare lo stesso messaggio.
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