LA PARTECIPAZIONE E' DONNA

di Andreina Russo

Incontro sulla  partecipazione: ci riuniamo in un  salotto qualsiasi, abbiamo età e idee politiche diverse  ma nessuna di noi è professionista della politica, e nemmeno ha fatto un mestiere nel campo del sociale. Alcune hanno lavorato o lavorano  nella scuola, che al sociale, sotto molti aspetti, si avvicina, ma  niente di più specifico. Si prende l’avvio da un questionario sul tema del giorno, che ciascuna deve riempire appena arrivata. Le domande sono semplici e vertono, appunto, sui concetti  generali che riguardano la partecipazione politica: utilità, modalità, aspetti, ecc.. Nessuna ha tentennamenti nel mettere crocette nelle apposite caselle. Nell’intenzione di chi ha organizzato, il questionario doveva servire ad entrare in argomento, a sciogliere il ghiaccio, ma quando si arriva alla conversazione (non voglio nemmeno definirla discussione) sul tema già preannunciato al momento degli inviti (telefonici), ecco all’improvviso nascere i problemi, le ritrosie, le difficoltà espressive. Il clima si fa nervoso, c’è chi si lancia in modo più semplice e disinvolto e dice quello che pensa  senza paura di essere giudicata, c’è chi apertamente si rifiuta di intervenire, soprattutto quando Paolo, che è l’unico uomo presente (in veste, almeno all’inizio, di tecnico delle videoriprese), chiede alle intervenute la disponibilità a farsi intervistare brevemente sul tema dell’incontro (anche quest’attività era stata preannunciata all’atto degli inviti). La cosa si fa interessante: se fosse presente un psicologo potrebbe analizzare la dinamica di gruppo che si è instaurata. Più Paolo insiste nel  voler ascoltare idee e proposte, più il nervosismo aumenta. Una si ricorda all’improvviso di un nipotino da andare a prendere e se ne va. Le altre, a  parte le tre più disinvolte,  esprimono il loro disagio alzandosi e sedendosi, andando in altre  stanze e ritornando, come belve prese in trappola (mi diranno, il giorno dopo, di aver temuto di dire cose banali!). Sembriamo bambine pavide davanti ad una maestra troppo esigente, eppure io so, perché le conosco tutte, che si tratta di donne intelligenti,  di buona cultura, di ampi interessi. Che cosa succede? E’ come se la sola parola “politica” ci mettesse in imbarazzo, ci introducesse in un campo troppo vasto per noi, o troppo difficile. Eppure quando si trattava di parlare di Berlusconi & C. eravamo tutte pronte a condannare o ad osannare, ma quando ci pregano di esprimere il nostro parere sull’educazione alla partecipazione cominciamo a  balbettare come se ci chiedessero la formula della relatività. Eppure molte delle donne presenti hanno dichiarato  che abitualmente  esternano le loro proteste, partecipano a manifestazioni, scrivono lettere  ai giornali e commenti sui blog dei quotidiani on line. Come se questa non fosse già, più o meno esplicitamente, partecipazione.

Forse abbiamo un’età in cui le parole ci sembrano ormai inutili, ripetitive. In cui vogliamo solo fatti. Da noi stesse e dagli altri. Forse pensiamo che approfondire i temi della vita civile sia responsabilità dei giovani, di menti più fresche di noi, cui spetta il compito di  creare lo scenario di un futuro che non ci appartiene. Ma i giovani, quelli che dovrebbero partecipare di più, non hanno tempo, sono troppo presi dal costruirsi una carriera, una famiglia. I nostri figli, maschi e femmine,  esigenti, ambiziosi, abituati a contare sul nostro aiuto in ogni momento: sono loro, in teoria, che dovrebbero essere impegnati a costruire il mondo, ma il loro orizzonte è angusto perché è strettamente  privato, solo il nostro può allargarsi perché non riguarda più l’avvenire personale, ma quello di tutti.

Invece dentro di noi, sedute oggi in circolo e chiamate ad esplicitare i nostri pensieri, agiscono in senso negativo, nascosti da qualche parte della mente, la sensazione di aver già dato, il sollievo che ci procura il pensiero che ora tocca ad altri. Forse, nemmeno tanto nascosta, c’è la stanchezza di una vita vissuta da donne, a combattere per tenere insieme la famiglia, a fronteggiare le fragilità dei nostri uomini,  a tirar su figli in armonia con se stessi e col mondo, a prenderci cura di vecchi e bambini, ad affrontare le malattie e la morte, e, in aggiunta a tutto questo, a cercare di tenerci informate per non far avvizzire il cervello, ma anche  di tenerci in forma, mantenere un aspetto decente, non perdere del tutto i requisiti di una femminilità i cui modelli ci vengono prepotentemente imposti da altri. Non si vogliono sottovalutare qui le fatiche e le responsabilità degli uomini, ma una tale summa di fatiche, di responsabilità e di obblighi come quella cui ho appena accennato grava, generalmente, solo sulle spalle femminili. Noi, la partecipazione, ce la siamo giocata dentro casa, sul lavoro, tra pentole e pratiche, tra compiti da correggere e pannolini, tra ospedali e colloqui con gli insegnanti, tra parrucchiere e quotidiani e libri letti di notte, nei ritagli di tempo, o accantonati con l’illusione di averlo, prima o poi, un ritaglio di tempo.

Le nostre energie si sono logorate negli anni occupati da un compito immane, qualsiasi sia stato l’esito dei nostri sforzi, sia che abbiamo creato, nella microscopica parte di mondo cui ci è toccato dare forma, un’oasi di pace, di equilibrio  e di amore, sia che  non siamo riuscite a difenderlo dai venti avversi che soffiano sulla comunità umana. Credo comunque che si possa affermare che ogni singola donna che è vissuta sulla terra, anche se non è mai stata su una piazza, anche se non ha mai aperto bocca in un mondo di gente urlante, nel corso della sua vita ha agito  nel tessuto sociale  e – indirettamente -  politico, in modo determinante.

“Possiamo noi donne oggi, alla nostra età, realizzare ancora qualcosa? Qualcosa di concreto, che possa davvero fare la differenza? Quante di noi lo credono? Quante hanno ancora voglia di provare? Di mettersi in gioco? Di donare tempo e impegno per il futuro degli altri?” E’, oggi, la domanda che ci poniamo tutte, cui cercheremo di dare una risposta meditata ed articolata, ognuna a suo modo, ognuna con i suoi tempi.

Una cosa certa è scaturita da questo incontro: niente parole vuote, niente programmi grandiosi e fumosi, niente bla-bla-bla cui non segua qualcosa di concreto. La concretezza, la chiarezza, l’utilità sono le istanze cui tenta di ispirarsi, da sempre, l’agire femminile.

DESIGN BY WEB-KOMP