ASTENSIONISMO

DEMOCRAZIA A RISCHIO TRA PROTESTA E DISGUSTO

di Marco Borsotti

Domenica 22 marzo si sono svolte elezioni amministrative/regionali in Francia ed in Andalusia, regione autonoma spagnola. Molto si sta scrivendo sui risultati del voto che, agli occhi dei più, avrebbero una valenza politica maggiore di quella normalmente attribuita a questo tipo di consultazioni elettorali. Da un lato, perché tra i contendenti molti non hanno fatto mistero di voler dare voce a tutti coloro che non si identifichino più con l'obiettivo dell'Unione Europea, e dall'altro perché in Spagna si presentavano per la prima volta due raggruppamenti, Podemos e Ciudadanos, che si proponevano come alternativa ai partiti politici tradizionali. Invece il mio interesse per questo voto esula da questi schemi e guarda alla questione della rappresentatività del voto, al valore che gli stessi cittadini votanti gli attribuiscono e per farlo mi sono concentrato sul fenomeno di coloro che hanno deciso di non votare, qualunque sia stata la loro motivazione.

 

Penso di non essere smentito quando affermo che il voto é lo strumento principale della democrazia, soprattutto oggi da quando votare é diventato un diritto assicurato a tutti i cittadini adulti in grado d'intendere e di volere. Il voto é universale, non esistono discriminazioni di sorta per tutti coloro che siano registrati come cittadini adulti.

Votare é un diritto, ma anche un dovere civico anche se nella realtà é tecnicamente impossibile che il vota venga espresso da tutti coloro che ne avrebbero diritto, almeno sulla carta. Infatti, le liste elettorali sono preparate con anticipo e certificate con tempo per cui succede che persone iscritte possano aver cambiato residenza, o possano essere decedute, o possano soffrire un impedimento di salute, o infine possano essere assenti dal luogo in cui dovrebbero esercitare il proprio diritto per le più svariate ragioni. La somma di tutte queste circostanze rende improbabile, ma penso sia persino giusto asserire impossibile, raggiungere il quorum del cento per cento d'adesione degli aventi diritto. A volte questo succede in piccole comunità o in alcune circoscrizioni elettorali, ma a livello aggregato il 100% di partecipazione non si é mai verificato.

Il livello fisiologico d'astensione dal voto non é facile da certificare in valori assoluti, ma mi pare si possa asserire senza il rischio d'essere smentiti, che tra l'otto ed il quindici per cento degli aventi diritto non votino per una qualsiasi delle ragioni precedentemente esposte. Quando i risultati d'adesione superano l'85% degli aventi diritto, mi pare lecito pensare che la popolazione abbia partecipato in massa alle votazioni e quindi ne abbia riconosciuto l'importanza civica, cioè il votare come simbolo di partecipazione popolare al processo democratico.

Molto diversa, invece, é la situazione quando il numero totale delle astensioni o dei voti nulli o bianchi superi di molto la soglia che ho definito fisiologica, fenomeno che ormai sta diventando una caratteristica delle elezioni di questi tempi. In Andalusia  circa il 38,5% degli aventi diritto non ha votato o espresso un voto utile. Costoro sono stati i vincitori delle elezioni visto che il primo partito per appoggio elettorale ha ottenuto il 35,4% dei voti, quindi il 3% in meno di coloro che non hanno voluto o potuto partecipare. In Francia, le cose sono andate ancora peggio visto che ben il 49,8% si é astenuto. In questo caso, il risultato é ancora più sconfortante visto che il primo partito avrebbe ottenuto il 29% dei suffragi, cioè quasi il 21% in meno di coloro che non hanno votato.

Riflettevo prima sul fatto che una percentuale d'astensione debba essere considerata fisiologica, cioè inevitabile. Come conseguenza non si può attribuire un chiaro significato politico al numero di persone che per una ragione o l'altra si sono trovate nella condizione di non poter esercitare il proprio diritto di voto. Ma nel caso spagnolo oltre il 25% di coloro che non hanno votato lo hanno fatto perché non hanno voluto votare. In Francia, quella percentuale tocca e supera il 35%.  Le ragioni di costoro possono essere di certo varie, ma rimane il fatto che costoro non hanno trovato nella ragione civica per votare una motivazione sufficiente per farli andare al seggio.

Per tutti costoro, il non aver votato ha un significato politico. In alcuni casi, non hanno trovato sulla scheda una proposta che potesse soddisfare le loro aspettative, in altri così facendo hanno voluto esprimere la propria insoddisfazione per la situazione del paese, in altri infine non hanno incontrato una ragione sufficiente per votare, convinti che la politica sia una cosa avulsa che non faccia differenza per la loro vita. Questi ultimi sono coloro che maggiormente mi preoccupano perché per loro tutto é uguale, non vi sono differenze ideologiche o di proposta di gestione della cosa pubblica che reputino possano incidere sulla loro vita; per costoro, in realtà, non farebbe differenza vivere in un regime democratico o sotto una dittatura.

Questo modello di comportamento elettorale é da tempo normale in quella che si proclama la più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti d'America. Quando a votare si reca più del 50% degli aventi diritto, si considera che la partecipazione sia stata alta. Ovviamente, le cose non sono così semplici ed é impossibile confrontare sistemi per altro molto dissimili per esempio nelle modalità in cui le persone possono iscriversi nelle liste elettorali, un atto amministrativo in alcuni casi, una scelta deliberata in altri. Rimane fermo comunque il fatto che il voto sta perdendo interesse e che cresce il numero di coloro che pensano che avere ed esercitare il diritto di voto non abbia alcun significato per loro.

Guardando alla situazione italiana, il fenomeno dell'astensionismo é stato certamente molto elevato alle ultime elezioni europee dello scorso anno. Ho voluto valutare che cosa ci si potrebbe aspettare se si andasse al voto in questi giorni. Per questo ho consultato le ultime inchieste sulle aspettative elettorali condotte nella scorsa settimana. In tutti i casi dove ci fosse anche l'alternativa d'indicare la decisione di non votare a fianco dell'eventuale preferenza per un partito politico od un altro, le cifre si assestano sempre attorno al 40%. Gli studi condotti da tre differenti istituti di ricerca danno questi risultati, IPR Marketing, Euromedia Research, EMG Acqua, studi realizzati per il TG3, Ballarò e La7. In questo caso, il numero di coloro che sembrerebbe orientato a non votare é molto alto perché costoro non debbono essere scontati dal numero delle astensioni fisiologiche, che anzi dovrebbe essere aggiunto per arrivare ad una stima realistica di quello che potrebbe succedere, cioè che oltre il 50% degli aventi diritto non voterebbe alle prossime elezioni.

Mi pare che questi numeri, più di ogni altra cosa, siano un termometro della salute del processo democratico. Il dibattito politico continua a centrarsi soltanto sui voti dati ai vari partiti ed ai vari candidati da questo deducendone la loro legittimità. Ovviamente, il voto dello scorso anno come quello del 2013 sono legittimi anche se le percentuali di persone che non hanno votato sono state molto alte. Consciamente o inconsciamente chi decide di non votare, decide anche di accettare il risultato delle urne. Da tutti i punti di vista, in questo senso, un voto non espresso é un voto dato al vincitore che é riuscito a vincere con un numero inferiore di voti di quelli che avrebbe dovuto ottenere se molti di coloro che non hanno votato si fossero presentati alle urne ed avessero votato.

In questo stato delle cose, comunque, rimane irrisolto lo scollamento del paese dalla sua rappresentanza politica aprendo spazi perché alla fine possano essere le piazze e non le urne a decidere. Non penso che soluzioni non democratiche siano imminenti, ma se il perdurare dello scollamento tra elettori, processo elettorale ed eletti dovesse continuare ancora, soprattutto di fronte ad una situazione economica e sociale molto difficile per larghe fasce della popolazione, allora il malcontento che non si esprime nel voto, diventerebbe un potenziale terreno per pratiche destabilizzanti, dai tumulti di piazza a veri e propri tentativi di colpo di stato. Su di una cosa mi pare Beppe Grillo non possa essere smentito: per il momento, il M5S ha offerto uno sbocco istituzionale al malumore diffuso. Non sono sicuro che il sorgere di altre forze come la rinnovata Lega Nord di Salvini che pescano nello stesso malcontento offrano le stesse garanzie. Per questo, una riflessione e risposte diverse mi sembrano urgenti.

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