SIAMO IN GUERRA
"Pour eux, la mort c'est la vie"(*)

   della Redazione di Partecipagire

'Quello che voglio dire ai francesi è che noi siamo in guerra e poiché siamo in guerra le misure che prenderemo saranno eccezionali. Colpiremo il nemico per distruggerlo,
            WE ARE AT WAR
'What I want to tell the French is that we are at war and we are at war because the measures that we will take will be exceptional'.
            [English version-read more]

qui in Francia, in Europa, ma anche in Siria e in Iraq'. Queste le parole di rabbia e di vendetta del Primo ministro francese Manuel Valls, a 24 ore dal massacro di Parigi. Tutti siamo commossi dai tanti morti e feriti che il sanguinoso attentato ha provocato, ma c'è da domandarsi se le parole di Valls, un Primo ministro di una grande nazione, abbiano davvero senso in queste circostanze. La stessa parola 'guerra' sembra avere solo una valenza emozionale che dà subito spazio a molte perplessità. Da un lato dare dignità di guerrieri a degli assassini che hanno agito con vigliacca premeditazione può apparire un tanto inopportuno, dall'altro una guerra non è solo un'operazione di polizia e richiede almeno una definizione chiara del nemico.
"The attacks in Paris and Beirut were designed to shake the very foundations of all our societies. They are an assault on our sense of connection and shared humanity, our tolerance, liberty and respect. [...]This was more than a monstrous act of hatred." 
Una Riflessione di Francesco Bonagura: "Sconvolto dalla strage degli innocenti, come tanti di noi, ho inseguito le notizie come potevo. Narravano dei buoni , partiti con i cavalli bianchi alati verso il covo del male per distruggerlo a suon di bombe, poche ore dopo la strage di Parigi.Poi ho saputo che i ‘cavalieri del bene’, ci stavano vendicando (e tutti esultavano) bombardando dei punti sensibili (città? mercati? abitazioni? Ogni luogo potrebbe essere un punto strategico sensibile, in questa guerra, persino un ospedale). Così ho pensato che non c’era tanta differenza tra i civili  innocenti morti per strada a Parigi e i civili innocenti morti per strada in Siria e dintorni sotto i "nostri" bombardamenti. Si parla assai poco di loro, nessuno racconta le loro storie. Ma se si conoscessero un po’ di più scopriremmo che non tutti sono nostri acerrimi nemici da sterminare; anzi la maggioranza di loro sono innocenti e vittime come e forse di più dei poveretti di Parigi. Tanto clamore per i nostri, nessuna considerazione per gli altri. Intanto ciò che fa la differenza tra noi e i nostri nemici diventa sempre meno chiaro."                                    
  Questo quanto si legge nel messaggio circolare spedito dalla 'comunità' di AVAAZ a tutte le sue mailing lists. «C'est notre civilisation qu'ils veulent détruire» scrive con sdegno lo scrittore Pascal Bruckner (*)'Le Figaro' " Depuis la Seconde Guerre mondiale, la France n'avait pas connu une attaque de cette ampleur sur son territoire…Ceux qui ont tué voulaient mourir. Ces kamikazes ont dit à leurs victimes: regarde-moi. Pour eux, donner la mort et mourir, c'est un même geste. Il faut reconnaître que nous sommes complètement démunis devant cette rage nihiliste.-.... La jeunesse est l'âge de l'absolu», disait Nietzsche. Ces jeunes sont dans une dimension apocalyptique, une eschatologie messianique du bain de sang. Pour eux, la mort c'est la vie."    Per loro, i terroristi, i guerrieri della jihad, gli assassini en cachette, i kamikaze, i giovani arrabbiati e nichilisti, la morte è la vita.
E' difficile evitare la retorica dello sdegno, della rabbia (non nichilista?), dell'emozione compassionevole e frustrante che tutte queste vittime di strage bellica provocano. Eppure un po' di sangue freddo non ci farebbe male; per cercare di capire; per non abbandonarci alle facili spiegazioni basate sulla follia collettiva che ha sposato il fanatismo religioso fino all'eccidio ma anche al suicidio. Dopo l'attentato a Charlie Hebdo, l'ISPI (Istituto di Politica Internazionale) ha pubblicato un libro, Twitter e Jihad, che vale veramente la pena leggere (in formato e-book lo si può scaricare gratuitamente dal sito dell'ISPI). In particolare è interessante il capitolo scritto da Harit Hasan al-Qarawi, Il modus operandi dell'Isis. "Lo slogan di Isis è presto divenuto ‘consolidarsi ed espandersi’, sottolineando la promessa divina di un futuro prossimo in cui l’Islam sarebbe prevalso sul mondo", scrive al-Qarawi.[...] "La propaganda diretta nei confronti delle popolazioni locali si è focalizzata nel promuovere la legittimità del controllo di Isis presentando lo Stato Islamico come il ”modello che meglio rappresentava gli ideali della popolazione. «Non vi prometto lusso e abbondanza (...), ma ciò che Allah promise ai credenti: la creazione del califfato in Terra», sono le parole di Abu Bakr al-Baghdadi, pronunciate nel corso della sua prima apparizione pubblica nella moschea Hadbaa di Mosul." Il Califfato in Terra non sarà il Paradiso (quello viene dopo), ma è comunque qualcosa di molto molto meglio di qualsiasi altro modo di organizzare la società. Niente corruzione, niente abusi, niente immoralità, niente ingiustizie. Una società basata non più sulle leggi degli uomini ma su quelle di Dio, non ammette infelicità e disuguaglianze, sfruttamento e schiavitù. E per chi pensasse che si tratta di frottole, c'è chi è pronto a dimostrare con i fatti che nei territori amministrati dall'Isis, si vive finalmente la dimensione dell'armonia e dell'equilibrio. "La casa è gratis, niente più affitti. Così pure il gas e l'energia elettrica. Nessuno muore di fame, perché l'alimentazione è garantita. Non si pagano tasse ma la famiglia può contare sull'assistenza statale. Non c'è razzismo e chiunque obbedisca al Corano può contare sulla solidarietà pubblica." Che sia o no così, quello che importa è quanti giovani nichilisti siano disposti a crederci e a morire per questo. Se qualcuno pensa che la propaganda dell'Isis sia ingenua e poco credibile, legga attentamente lo studio dell'ISPI e forse potrà spiegarsi perché decine di migliaia di persone continuano ad essere attratte dalla sua proposta.

Il Califfato è una vera e propria ideologia, e non ha nulla da invidiare alle ideologie occidentali che, come quella socialista, o anarchica, o comunista hanno sedotto intere generazioni di giovani e meno giovani. Anzi la società califfatica è garantita da Dio e i suoi dogmi, è in lui che trovano legittimità. Uno Stato teocratico è una proposta politica, una proposta forte e non serve scandalizzarsi o metterla in ridicolo. Soprattutto non serve farsene terrorizzare. Questo mostro ideologico, come è stato chiamato, non si è generato per caso. Ogni giorno ci lamentiamo di quanto corrotti, insufficienti e incompetenti siano i nostri sistemi politici, che ci immergono fino al collo nell'ipocrisia di una democrazia che non esiste e che solo rappresenta gli interessi, spesso criminali, di caste, lobbies, oligarchie inamovibili, e gruppi multinazionali di potere. Sempre meglio di uno Stato teocratico, si dirà. Ebbene, non per tutti. Non per quei giovani nichilisti le cui speranze di società giusta sono state brutalmente tradite da sistemi di governo che le nostre democrazie hanno ispirato, sostenuto, finanziato e difeso a tutto vantaggio di interessi di pochi incontrollabili. Oriana Fallaci è tornata improvvisamente di moda, precursore di Salvini in bello stile, le sue terribili critiche all'Islam e all'invasione di emigranti musulmani, vengono recuperate con soddisfazione per dimostrare che sì, siamo in guerra. Perché "l'Islam è il Corano, cari miei. Comunque e dovunque. E il Corano è incompatibile con la Libertà, è incompatibile con la Democrazia, è incompatibile con i Diritti Umani. È incompatibile col concetto di civiltà." (chi volesse godere della forza appassionata e acuminante della prosa della Fallaci può trovare una bella collezione sul tema, in questa pagina dell'Huffington Post). Ma il nocciolo della questione, del quale nessuno si preoccupa, è che il nostro modello di società non può in nessun modo essere considerato una garanzia nè per la Libertà, né per la Democrazia (quella autentica), né per i Diritti umani. Il pensiero occidentale ha teorizzato ed applicato l'uso della violenza come forza rivoluzionaria indispensabile alla lotta di classe; indispensabile al sovvertimento proprio di quel modello che oggi ci diciamo orgogliosi di difendere con una guerra senza esclusioni di colpi contro la barbarie terrorista; la violenza nazista aveva lo stesso obbiettivo. Non ci rendiamo conto che questa barbarie l'abbiamo allevata in casa e che l'unico modo per sconfiggerla è toglierle la ragione di esistere; il nostro sistema politico è marcio da tempo ed ha infettato il mondo, è ora di modificarlo purificarlo aprirlo alla partecipazione decisionale e responsabile dei cittadini. E' ora di porre le fondamenta di una convivenza sociale intelligente, dove non si perseguono valori dogmatici e velleitari ma scopi pratici di benessere collettivo nella consapevolezza che questo benessere appartiene a tutti, perché l'interdipendenza incontrollata rischia di soffocarci confermando che da soli non ci si può salvare né individualmente né socialmente, come già diceva Mounier.

 --------------------------------------------------------------------------------------------------------

DESIGN BY WEB-KOMP