SULEIMANI - ARMI AFFARI ASSASSINII

di Paolo Basurto

E’ trascorso piu’ di un mese dall’assassinio del Generale iraniano Suleimani. L’Amministrazione USA ha ammesso senza batter ciglio di aver ordito questo omicidio. L’Europa (ma non tutta) ha storto la bocca mostrando una molto prudente disapprovazione. Qualche giornalista si è domandato quali potevano essere i veri motivi, mentre l’opinione pubblica rimaneva abbastanza fredda incapace di mostrare interesse per un avvenimento distante, apparentemente misterioso, e apparentemente marginale. Oggi l’avvenimento è completamento dimenticato in Europa.

La complessa e confusa macchina delle elezioni presidenziali americane ha cominciato a scaldare per bene i suoi motori. Trump si sente sempre più forte grazie al buon andamento dell’economia ma grazie soprattutto allo scadente dibattito in campo democratico per la scelta del candidato che si misurerà con l’attuale Presidente, candidato indiscusso per il suo secondo mandato.

L’uccisione di Suleimani non è stata giustificata, come se non ce ne fosse bisogno. L’Iran è un nemico indiscusso, per l’attuale Amministrazione americana e Trump sembra essere un ottimo interprete del desiderio che l’anima dell’America profonda ha di sentire un uomo forte (e perchè no? prepotente) come massima guida politica.

Una mossa elettorale, dunque? Forse. Ma forse c’è dell’altro. Nella sua prima campagna, Trump aveva criticato apertamente l’eccesso di spese militari. La sua strategia annunciata dell’America first, implicava una forte simpatia per l’isolazionismo, abbandonando amici e alleati a giocare i propri giochi sullo scacchiere internazionale. In questo quadro sembrava rientrasse la dichiarata e praticata simpatia per Putin. L’insofferenza per il Patto atlantico. Il disprezzo per l’amicizia europea e la soddisfazione per l’irreversibile deterioramento dell’Unione europea. Ultima, non per importanza, la prospettiva dichiarata di un ritiro delle forze americane dall’Iraq e, finalmente, dall’Afganistan. Il Pentagono non avrebbe dovuto gioire per queste prospettive.

Ma Trump non è affatto la colomba pacifista che sembrava promettere alla sua prima elezione. Le spese militari sono aumentate di un bel po’ durante il suo mandato (almeno 130 miliardi di dollari, secondo alcuni analisti) e, grazie, alle forti tensioni con l’Iran, tutti prevedono che aumenteranno ancora.

Non a caso quasi tutti quelli che hanno pubblicamente approvato l’uccisione di Suleimani, sono legati all’industria degli armamenti. Un giornalista del The Intercept, Lee Fang, si è preso la briga di raccogliere le dichiarazioni di alcuni dei più importanti managers e consulenti della prima industria USA, quella appunto delle armi. Colpisce la visione cinica di questi personaggi dalla quale appare senza mezzi termini la soddisfazione per un aumento delle probabilità di un nuovo intervento militare in medio oriente. “Fa bene agli affari”, hanno sfacciatamente ammesso alcuni di loro.[Chi volesse ascoltare queste dichiarazioni può riferirsi all’articolo di Fang, che le ha raccolte in un apposito video].

A parte qualsiasi giudizio morale (i repubblicani hanno diffidato i giornalisti a chiamare quello di Suleimani, un assassinio bell’e buono, mentre i Democratici insistono sull’aspetto illegale di quest’azione non essendo gli USA in guerra dichiarata con l’Iran e dovendosi dunque escludere che Suleimani potesse essere considerato obbiettivo militare), noi europei dovremmo valutare seriamente la pericolosità di certe decisioni americane, prese senza alcuna consultazione e considerazione delle conseguenze disastrose che una nuova sanguinosa guerra in Medio Oriente potrebbe avere per noi.

Non sono pochi i politici italiani che hanno espresso a suo tempo il loro compiacimento per le politiche dell’attuale Amministrazione americana. E se i Leghisti non sono più al Governo i Grillini invece ancora hanno incarichi di grave responsabilità nella conduzione della politica estera dell’Italia. Non uno di loro ha finora levato la voce per esprimere un dissenso, foss’anche timido, da quanto è accaduto e continua ad accadere in Medio Oriente a causa della incontrollabile azione americana.

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