La partecipazione nel mondo cattolico
Riflessione breve
di Cesare Frassineti
Siamo nel contesto di una delle religioni più diffuse nel mondo: notoriamente il suo fondatore è l'artigiano galileo Gesù di Nazareth.
I fedeli di questa religione si sono venuti distinguendo in due grandi aggregati: consacrati (monache, sacerdoti, vescovi, cardinali, papa) e laici: è una struttura oligarchica – patriarcale: potremmo dire che è una delle ultime monarchie.
Credo di non esagerare, ma dato il contesto, una delle esemplificazioni più
tipiche della “partecipazione” nel mondo cattolico è la messa domenicale, di cui una costante è un sacerdote che legge e spiega il vangelo ai fedeli che ascoltano in silenzio.
Trattasi, in sé di un'ottima esperienza rispetto alla quale, però, non può non evidenziarsi che il flusso comunicativo è unidirezionale: certamente ci sono poi momenti e sedi di approfondimento e libera discussione sui testi evangelici, ma come conseguenza abbastanza naturale della struttura gerarchica della Chiesa ufficiale, non può non derivarne una relazione in qualche modo di dipendenza sia tra consacrati e laici, sia fra i vari livelli di autorità vigenti tra i consacrati.
A mio giudizio, quello della partecipazione, è uno dei problemi più seri che l'istituzione ecclesiastica sta avendo: dal Santo Uffizio ad oggi, si è fatta tanta strada, ma in particolare, in termini di strutture organizzative, una profonda accelerazione in senso democratico / partecipativo, ritengo sia indispensabile.
Sarà che con l'andare del tempo, specie in vecchiaia, ho assistito all'affermarsi in me di un sentimento di profonda empatia e coinvolgimento vitale nei confronti del messaggio e della testimonianza di vita di Gesù di Nazareth.
Solo per dire grazie, richiamo di seguito alcune delle coordinate di vita donateci dal Nazareno:
a) l'affermazione della assoluta uguaglianza di tutti gli esseri umani che, fattualmente, si traduce in questo luminoso invito evangelico: “chi vuole essere il primo, si metta il grembiule e lavi i piedi ai fratelli (Gv, 12.5)
b) In coerenza con l'affermazione di uguaglianza il principio di non violenza quale unica modalità di composizione dei conflitti: “tutti quelli che mettono mano alla spada, periranno di spada” (Mt. 26.52)
c) quale condizione fondante per una vita di pace il rifiuto radicale dell'accumulazione della ricchezza “non potete servire a Dio e a Mammona (Lc. 16.31)
d) l'affermazione / realizzazione della giustizia quale identità di quella Energia vitale che alimenta il mistero dell'infinità del Tutto: Gesù lo chiama Padre e ne rivela il profilo nei seguenti versetti del Vangelo (Lc. 1/51-53).
“Ha disperso i superbi nei pensieri
del loro cuore,
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili,
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote”.
Quelli appena richiamati non sono forse valori capaci di dare senso all'avventura della vita? Se la risposta è positiva, alle istituzioni ecclesiastiche e al popolo cattolico oltre ogni compromesso e nostalgia dell'antico potere, non resta che l'impegno massimo per la realizzazione concreta di quei valori.{jcomments on}