Quando Tocca alle Donne Riassestare un Paese

di Gisella Evangelisti

La storia dell’Islanda é di quelle che potrebbero essere studiate nelle universitá e ampiamente discusse nelle tv, come un esempio di superamento della crisi finanziaria, eppure  la maggioranza dei mass media europei non le ha dato che scarso rilievo, non sia mai detto che a qualcuno salti in mente di imitarla. Per esempio a quegli sciuponi di paesi del sud Europa, e non solo,  che si dibattono nel rigore dell’aggiustamento del bilancio, improvvisamente diventato l’unico dogma, e base reale di crescita. Certo, ridimensionare gli sprechi e dare nuove prioritá alle spese é imprescindibile, ma che crescita possiamo aspettarci con meno possibilitá di spesa dei cittadini e con la diminuzione dei crediti per le aziende?

Ce lo dicono e ce lo ripetono premi Nobel dell’economia come Paul Krugman e lo stesso Obama, che tagli piú tagli non fa uguale crescita, ma l’Europa diretta dalla ragionería tedesca continua imperterrita per la sua strada. Per questo fa bene leggere notizie come quella che riguarda quest’isola di ghiacci e vulcani, che cerca vie nuove per uscire dalla crisi.

Ricordiamo che tre anni fa era al bordo dell’abisso,  in bancarotta per colpa di alcuni banchieri che, annoiati  del placido benessere proveniente da baccalá ed alluminio, si erano improvvisati maghi della finanza dedicandosi con impegno alla speculazione. Dopo una breve euforia, ecco il crac finanziario, con relativo scaricamento dei danni provocati da un gruppetto di ambiziosi, sulle spalle della cittadinanza: un debito di 3500 milioni di euro accumulato dalle banche con Gran Bretagna e Olanda, che avrebbe dovuto essere pagato dai  320 mila abitanti dell’isola in 15 anni, al tasso del 5,5%.

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La crisi era tale che nel 2008  il governo nazionalizzó la principale banca del paese, e fin qui niente di straordinario, perché nazionalizzazioni di banche in rovina sono state fatte anche da presidenti degli USA, tra i quali Reagan. Le novitá cominciano quando  le proteste popolari fanno dimettere il governo, quando il nuovo governo apre un’investigazione sui conti delle banche e vengono incarcerati alcuni banchieri, (poi finiti in esilio dorato)  e quando, nel marzo del 2010 il 93% della popolazione decide  in un referendum che non avrebbe pagato il debito causato dall’ambizione smodata di alcuni banchieri.

Immaginarsi se tutti i paesi , invece di pagare in silenzio debiti contratti da governi corrotti,  pretendessero auditorie sul debito, come ha fatto per esempio l’Equador alcuni anni fa, riuscendo a negoziare con successo parte del suo debito estero.

Ancora piú innovativo il processo di democrazia diretta per dar vita a una nuova Costituzione, (che dev’essere approvata dall’attuale parlamento),   a partire dalle raccomandazioni consensuate nelle varie assemblee del paese, e raccolte da un comitato di 25 “saggi” non politici, eletti fra 522  candidati.

Certo, l’Islanda ha solo 320000 abitanti, si dirá, come una cittadina dell’hinterland milanese, ma esistono e si possono mettere in atto altri meccanismi di consultazione.

Il risultato di questi cambiamenti é stato un netto miglioramento della situazione economica, che ha meritato il riconoscimento del Fondo Monetario Internazionale. La moneta é stata svalutata per favorire le esportazioni, i conti pubblici sono stati  riordinati, la disoccupazione é diminuita.  Eppure  non tutti i mass media che hanno seguito le vicende islandesi, hanno osservato, come ha fatto per primo l’inglese Financial Times, e poi  lo spagnolo El Pais,  un dettaglio sostanziale:  che  dopo l’ubriacatura di testosterone dei  banchieri, che si son creduti onnipotenti, venne affidato alle donne il compito di spazzare i residui dell’orgia e tornare a far brillare di pulito le finestre del paese. Il primo ministro fu sostituito dalla prima donna  a carico di un governo nella storia d'Islanda, Johanna Sigurdardottir (1), gay e sposata, e  le donne costituiscono la maggioranza dell’attuale  gabinetto, con 5 ministre e 4 ministri.  Sono stati licenziati i consiglieri delegati delle banche che avevano fallito, (tutti maschi), si é cambiato nome alle entitá finanziarie e si sono poste al comando le donne;  idem nei consigli di amministrazione delle imprese, per es. la famosa Rio Tinto Alcan, la prima nel settore dell'alluminio.

Quali le parole chiave della leadership femminile? La prima, secondo la ministra della Cultura, (una giovane donna svelta e minuta con tre figli, Katrin Jacobsdottir), é sostenibilitá. Basta col miraggio dell’arricchimento rapido, bisogna  pensare al futuro, con uno sviluppo su basi solide. E poi attenti all’equitá: che i sacrifici necessari per rimettere in carreggiata l’economia non ricadano sulle spalle dei piú deboli e delle donne.  Altro tema cruciale: quale produzione conviene all’Islanda? Mentre gli uomini danno importanza a settori “pesanti” come le miniere, le donne scoprono che settori creativi, come arte, musica e letteratura, possono  apportare, conti alla mano, all'economia islandese come e piú che l'alluminio... e questa é veramente una sorpresa per tutti.

In Islanda, nel campo dell’uguaglianza di opportunitá fra uomini e donne, anche prima della rivoluzione pacifica di questi ultimi anni, le donne hanno occupato il primo posto nel mondo,  secondo il Fondo Economico Mondiale sull’ uguaglianza di genere, ma  é solo adesso che hanno acquisito autoritá, entrando nel cuore del potere.  Finalmente si puó rovesciare l’idea, diffusa da Margareth Tatcher in poi, che le donne con ruoli importanti devono pensare e agire come gli uomini. Qui gli uomini stanno riconoscendo che è preferibile seguire un altro modo di ragionare, quello femminile, assicura la ministra.

Anche se non tutti i problemi sono stati risolti,  e il livello di vita é inferiore a quello precedente la crisi,  la ripresa é in atto. Prova di  ció, é il proseguimento dei lavori di costruzione di una grandiosa sala di concerti, interrotti con la crisi. Un edificio che porta giochi di colori  a illuminare  le lunghe notti artiche, e di nuovo  musica e speranza nei cuori degli  islandesi.(2)

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(1)    Johanna Sigurdardottir, ex hostess della compagnia aerea di bandiera islandese, ministro degli affari sociali per il governo uscente e membro del partito socialdemocratico, è stata nominata premier del governo di transizione in Islanda. A 66 anni, la Sigurdardottir risulta essere oggi il politico più popolare in Islanda. Detiene il 73% delle preferenze, nonostante la crisi che ha travolto il governo di cui anche lei faceva parte, e potrebbe essere riconfermata dalle prossime elezioni.

(2) Altri articoli nel sito di Partecipagire: Parlare d'Islanda- Dove il Popolo Conta, di Lorenzo Basurto

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