CHI REPRIME HA SEMPRE RAGIONE

di Roberto Villani

In seguito ai disordini verificatisi ultimamente nelle strade italiane durante le manifestazioni studentesche di protesta contro il governo, si è innestata una polemica sulla necessità che gli agenti di polizia siano identificabili dai manifestanti anche attraverso il solo numero di matricola.

 

Immediatamente c’è stata la sollevazione di quella parte di opinione pubblica che sostiene le forze di polizia in maniera acritica, per cui chi manifesta ha sempre torto e chi reprime, ha sempre ragione.

Questa mi sembra una conseguenza di una visione distorta degli equilibri fra diritti e doveri in una democrazia e maschera una crescente voglia di autoritarismo.

In definitiva verrebbe chiesto ai componenti delle forze di polizia di assumersi le responsabilità individuali che si assume qualsiasi cittadino che è stato investito dallo Stato di un potere coercitivo nei confronti degli altri connazionali.

Dato per scontato che la possibilità di dare una manganellata in testa a qualcuno o di ammanettarlo e portarlo in questura è un “potere” che gli viene dato dallo Stato per l’”utile” della collettività, si deve paragonarlo agli altri poteri attribuiti a cittadini che esercitano funzioni che incidono sui diritti degli altri: il professore che boccia lo studente, il vigile che dà la multa all’automobilista , il dirigente che sanziona l’impiegato, il giudice che condanna l’imputato ecc. .

Sono tutte funzioni che vengono esercitate a servizio della collettività e assumendo in pieno la responsabilità con la propria immagine, con il nome e cognome.

I sostenitori dell’anonimato eccepiscono che, se riconoscibile, il poliziotto sarebbe soggetto a rappresaglie. Esattamente, dico io, come tutti quelli prima ricordati che, esercitando un potere, si assumono il rischio di ritorsioni: tanto che molti ci hanno lasciato la pelle ( basta ricordare tutti i magistrati che senza alcun anonimato si sono assunti rischi rilevatisi poi mortali) .

Vale la pena segnalare una contraddizione significativa della destra italiana, che da una parte vuole accrescere la responsabilità individuale del giudice  e dall’altra vuole garantire una sorta d’impunità al poliziotto. Il giudice a sua volta potrebbe pretendere di giudicare incappucciato e firmare con uno pseudonimo (nella storia cose simili si sono già viste)

Mi sembra poi infantile l’altra eccezione sollevata dal partito dell’”anonimato”, per cui anche il manifestante non è identificato. Basterebbe replicare che le forze di polizia possono identificare il cittadino e portarselo via se questi rifiuta l’identificazione; non mi pare che il cittadino possa fare altrettanto con l’agente di polizia.

In conclusione credo che dovrebbero essere le forze di ordine pubblico le prime a pretendere trasparenza, proprio per evitare che le solite “mele marce” portino discredito a tutto il corpo.

Ma come in tutte le corporazioni la colpa è sempre delle poche mele marce ma queste devono essere tenute ben nascoste.{jcomments on}

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