PROSPETTIVE CINESI

(II)

 

Gisella Evangelisti a colloquio con Eleonora Infuso

Capelli lunghi castani, giacchetta nera, pantaloni e tacchi alti, lo sguardo serio concentrato sui documenti della Giornata di Donne imprenditrici asiatiche e spagnole. La típica giovane professionista globalizzata, penso, che nella sua scalata al tetto di cristallo,   ha sempre meno tempo per le conversazioni gratuite. Invece no. Davanti a una tazza di té, mi racconta per ore come ha vissuto i suoi due anni di lavoro in Cina, un paese dalla cultura millenaria, immerso in un processo tumultuoso di crescita.  E la piacevole  conversazione, potrebbe continuare ancora. Dei suoi 26 anni, Eleonora Infuso ne ha passati almeno 6 fuori dall’Italia, cominció con un Erasmus a 16 anni, in una cittá del Colorado, in USA,  perché i genitori riuscirono a

trattenerla  all’ultimo momento dallo scegliere la Nuova Zelanda, per lei piú lontana e affascinante. Suo padre, immigrato dalla Sicilia al  Nord per lavorare alla Fiat,  aveva convinto la figlia a studiare inglese. Dopo l’universitá a Bologna e a Salamanca,  Eleonora, emozionata, spiccò il salto a Pechino  con una borsa di studio, per imparare il cinese, e cercare di “entrare” nella Cina quotidiana, a differenza degli occidentali che passano  da un ufficio all’altro parlando solo inglese, limitandosi ai rapporti burocratici.

 

“La lingua é difficile ma affascinante”, racconta, “coi suoi caratteri pieni di simboli, e  le 4 tonalitá che fanno cambiare il senso di una frase. Ma vale la pena.

“A Pechino ho lavorato in un’impresa che vende vino Bordaux da 400 dollari alla bottiglia a ricchi imprenditori e a papaveri del Governo. Loro lo tracannano come se fosse vodka, dato che hanno scoperto il vino da pochi anni, e per loro piú che altro rappresenta un simbolo di promozione sociale. Quando sono a Pechino, vivo in un appartamento condiviso con altri giovani, in un quartiere tradizionale, Caochangdi, dove ci sono molti locali simpatici di musica e sale d’arte. Sono anche riuscita a fare amicizia con alcune ragazze. Sì, vi meraviglia? Forse per qualcuna l’amica occidentale è piú che altro un trofeo da esibire, ma vi diró che ho sentito anche affetto. I cinesi all’estero danno l’impressione di voler stare fra di loro e non fare molte amicizie. Questo puó essere vero se non sai il cinese, ma appena dici qualche parola, quasi ti saltano al collo. Per esempio, nei treni, nelle strade, é come un circo, tu sai quando parti, ma non quando torni, se ti fermi a parlare con la venditrice di frittelle o l’ometto con il carrettino che si é inventato un lavoro. Perchè sono cosi felici che parli la loro lingua, che spesso ti invitano da mangiare, ti fanno entrare a casa loro, e ti raccontano la loro storia. La loro cucina, devo dire, é ottima, con tutte quelle tazze fumanti di delizie, certamente migliori di quelle che ti presentano nei ristoranti cinesi standardizzati in Europa. Per strada mi sento molto sicura, nessuno ti dá fastidio con occhiate o gesti di eccessivo  apprezzamento, come puó succedere fra latini. Questo si deve, credo, all’insegnamento buddista e confuciano, che favoriscono una mentalitá non aggressiva.  Ció non toglie che  non esistano mafie in alcuni segmenti della popolazione, come da noi e altrove.

Negli ambienti che ho frequentato, ho osservato che gli italiani sono apprezzati, e considerati come “i cinesi d’Europa”, mentre loro si considerano  come “gli  italiani in Asia”.  Insospettabile! Curiosamente, attribuiscono la nostra affinitá al fatto che entrambi hanno creato imperi grandiosi. Peró, bisogna dire che a noi studenti italiani non ci hanno insegnato ad ammirare altrettanto i cinesi. Eppure, chissá perché, fin  da piccola mi  affascinava l’Asia, e quando ci sono arrivata mi sono sentita a casa. Nella gente sento un’energia diversa, piú calma. Ha a che vedere, credo, con un’accettazione piú ampia della vita.

Con gli italiani, condividono l’importanza data alla famiglia, che si ritrova per mangiare insieme, quando puó. Tutto si svolge intorno al tavolo. Anche il gesticolare e il toccarsi é simile a quello degli italiani, mentre i giapponesi sono piú riservati.

Ci sono ancora molti tabú, certo. Uno di quelli é il sesso, su cui sembrano ancora molto pudichi, non si fanno battute sul tema. Neanche tra amiche se ne parla, almeno nella mia esperienza. Le ragazze sono rispettate come se fossero piccole bambole,  ma se una esce a bere nei bar puó essere considerata una poco di buono. Invece gli uomini possono bere, fumare, andare a donne. Tra i maschi va di moda apprendere il sesso dai porno giapponesi, che sono esageratissimi, tutti urli, in netto contrasto con il riserbo tradizionale.  Nelle grandi cittá si vedono, anche se non sono molte,  delle donne emancipate come le intendiamo noi. Ho osservato che anche le grandi businesswomen amano portare i pupazzetti di Hallo Kitty ( decorazione giapponese) attaccati all’Iphone di ultima generazione.

Ho ottimi rapporti con le colleghe, senza invidie o forme sottili di boicottaggio. Aspirano ad avere successo nella carriera, e solo dopo averlo raggiunto, a farsi una famiglia. Il 30% degli imprenditori in Cina sono donne. Esiste una cultura imprenditoriale molto piú sviluppata che da noi. In USA devi essere il migliore, in Cina devi galoppare perché se dormi sugli allori arriverá qualcun altro a prenderti il posto. Il cinese deve far soldi a tutti i costi, e risparmiare piú che puó. Per questo le formichine cinesi adesso che possono prestano milioni di dollari alle cicale statunitensi. Perché tutti questi risparmi? Per la vecchiaia. Dato che le pensioni e i servizi pubblici di salute sono limitati, le formicuzze devono darci dentro col lavoro, per prepararsi una buona vecchiaia. Non hanno neanche il tempo per divertirsi. Altro che le pizze serali, le infinite chiacchere con una buona birretta o un bicchiere di vino dei popoli mediterranei…. il mio capo ufficio smetteva di lavorare a tarda notte, e la mattina prima dell’alba era lí.

In compenso, la vecchiaia é ancora una buona stagione per gli anziani cinesi impregnati dello spirito umanitario confuciano, che include la pratica della pietá filiale. Non vengono relegati in pensionati piú o meno tristi, o affidati a una badante,  come puó succedere da noi, al contrario mantengono la loro casa e sono i figli ad andare ad abitare da loro, all’inizio per potergli  affidare i nipotini, e poi, comunque, riconoscendogli autoritá morale.  Il maschio  é obbligato a prendersi cura dei genitori, la figlia dei suoceri, per questo la nascita delle bambine é considerata da molti quasi una disgrazia. I nonni di campagna sono incaricati di allevare i bambini quando i genitori sono emigrati verso la cittá, attratti dai salari che sono sette volte maggiori di quelli rurali. I wai mi min gong, gli emigranti,  riescono a malapena a visitare i bambini una volta all’anno, a volte aspettando giorni e giorni alla stazione, che passi un treno.

Il bambino, (per legge) figlio unico, delle classi medie, é un piccolo imperatore a cui si instilla fin da piccolo il dovere dell’eccellenza, e cresce stressatissimo, fra corsi di música, inglese, e quant’altro,  senza tempo per giocare e fare amicizie. L’insegnamento é mnemonico, non crea un pensiero critico. Cosí, poi li trovi negli uffici, pronti a lavorare senza tregua, e a dire sempre sí, e anche quando magari non sono abbastanza  preparati per quel compito, ci provano lo stesso. A 17 anni studiano per l’esame di accesso all’universitá. Fa impressione vedere queste lunghissime file di banchi, dove i candidati si scervellano sulle prove d’esame con una flebo di vitamine al braccio, per tenersi su. Se raggiungono un buon punteggio, vanno all’Universitá  di Pechino, se no  in altre sedi provinciali.

I cinesi con cui ho parlato sono orgogliosissimi della loro cultura, e finalmente, dicono, si stanno rifacendo dell’umiliazione storica della “guerra dell’oppio” scatenata dagli Inglesi, per questo hanno dato tanta importanza alle Olimpiadi, presentandosi al mondo con orgoglio. In Cina non si usano piú termini come capitalismo o comunismo, e i Mc Donalds spuntati come funghi dappertutto,  sono visti come simbolo di modernitá. Negli ultimi anni sono entrate in Cina moltissime imprese straniere, mentre quelle cinesi estraggono minerali in America Latina ed Africa, includendo spesso nei contratti la costruzione di infrastrutture di cui certi paesi hanno bisogno.  A Pechino, tu passi in una strada dove un mese fa c’era un locale e vedi che al suo posto é sorto un gran edificio. Puó succedere che una squadra di 500 uomini riesca addirittura a costruire un grattacielo in una notte, montando i pezzi dell’edificio con nuove tecnologie, come se fosse un puzzle. Normalmente si costruisce in poche settimane. Forse la costruzione é un mezzo per creare lavoro, indipendentemente dalla sua utilitá, dato che nelle 10 cittá che si costruiscono all’anno, molti edifici sono disabitati. Una delle cittá piú industrializzate del mondo  é Guanggzhou, dove esistono molti laboratori sotterranei, dove si lavora 10 ore al giorno, con un giorno alla settimana di riposo. Peró, mentre nel  '78 era il 64 % della popolazione a vivere con meno di un dollaro al giorno, nel 2009 la percentuale è scesa a circa il 10% (secondo il PPA -Programma Pluriennale di Attuazione), , e l'aspettativa di vita è salita a 73 anni.

I prezzi degli affitti sono cresciuti moltissimo: vivere in centro a Pechino costa adesso come in Europa, mentre i salari sono piú bassi, quindi la maggioranza della gente fa ore di bus per raggiungere il posto di lavoro dalle periferie. Il governo ha stabilito dei limiti all’aumento degli affitti per frenare la speculazione. Questa crescita economica tumultuosa, con l’arricchimento rapido di alcuni settori, ha portato in pochi decenni a uno sconvolgimento dei valori tradizionali (moderazione, austeritá, attenzione a  buon governo, ecc.),   che il governo ha affrontato puntando sul nazionalismo,  per mantenere la coesione sociale. Il paesaggio, bellissimo, sta facendo le spese di questo sviluppo galoppante, e si trova in Cina una delle cittá più inquinate del mondo, Linfen, con le sue terrificanti polveri di carbone che penetrano nei polmoni dei suoi abitanti. E'infatti il carbone a produrre il 70% dell’energia elettrica del paese, anche se il governo sta promovendo fonti di energía piú pulite,  e la Cina é al secondo posto nel mondo, dopo gli Stati Uniti, nella produzione di energia eolica.

C’é censura, come sappiamo, la tv é pura propaganda, internet viene continuamente interrotto. Qualcuno afferma che il primo diritto umano é superare la povertá, il resto si vedrá. Ho visitato quella che chiamano la Terza repubblica del Turkmenistan, colonizzata da Mao dando incentivi agli Han (l’etnia di gran lunga maggioritaria in Cina), che purtroppo considerano con disprezzo la popolazione locale. Altro problema irrisolto é l’indipendenza del Tibet.

Ho vissuto per 5 mesi anche nello Yunnan, nella Cina dei villaggi tradizionali, che  vengono utilizzati soprattutto per fare turismo étnico, con il biglietto di entrata al villaggio e la gente vestita con i colorati abiti locali. Puro e semplice folklore. Ma la Cina riserva molte sorprese tra le quali una davvero insospettabile: la sopravvivenza di una comunità con struttura sociale matriarcale, una delle poche in questo mondo dominato da culture patriarcali. Ma di questa, se volete,  vi parleró un’altra volta”.{jcomments on}

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