IL PIACERE PERVERSO DELLE TASSE

(V)

di Marco Borsotti

Il Ministro Padoa Schioppa fece notizia quando nella puntata del 7 ottobre 2007 di “Mezz'ora” su RAI3 affermò: “...le tasse sono una cosa bellissima, un modo civilissimo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili quali salute, sicurezza, ambiente e salute”. L'affermazione, subito ripresa dagli altri organi di stampa, non fu ben accolta in ambiente politico dove le sue connotazioni misero in non poca difficoltà vari esponenti del governo di centro sinistra cui aderivano molti della sinistra istituzionale italiana che non si trovarono a loro agio nelle parole del loro collega e venne ampiamente utilizzata dall'opposizione di centro destra per dimostrare come il governo Prodi non fosse capace di trovare altra soluzione ai problemi del paese che aumentando la pressione fiscale. Il Ministro non aveva voluto dire questo, ma in politica le parole sono spesso distorte per rispondere ad altri fini. Certamente, la frase non sortì l'effetto positivo sperato anche tra la popolazione dove invece prevaleva e continuò a prevalere la convinzione che in Italia si pagassero troppe tasse, che il denaro così raccolto fosse il più delle volte sprecato o rubato e che le tasse le pagassero veramente soltanto i poveracci che non avevano modo d'evaderle.

Pochi mesi dopo il governo cadde in Parlamento per un voto di fiducia. Non cadde sulla questione fiscale, ma il malumore che questa frase aveva sollevato indicava chiaramente la debolezza dell'appoggio parlamentare e di quello ancora più importante dell'elettorato che questo governo godeva. Il Ministro Padoa-Schioppa, ministro tecnico anche se in un governo politico, con al suo attivo un carriera di alto livello tra organizzazioni internazionali e mondo accademico, dimostrava di non capire o non voler capire che i problemi del paese richiedevano visione e coraggio per denunciare quanto di sbagliato continuasse ad essere pratica di governo a destra come a sinistra nel riscuotere tasse e gestire la spesa pubblica. Infatti visione e coraggio erano indispensabili per convincere la gente che se sacrifici dovevano essere fatti pagando tutti più tasse, ebbene questi sarebbero stati realizzati colpendo prima di tutto il malcostume politico, le rendite finanziarie ed i grandi patrimoni, il provincialismo del settore imprenditoriale del paese, fatte ovviamente alcune eccezioni d'eccellenza che continuavano e continuano ad esistere, ed iniziando un risanamento della gestione pubblica. Le timide riforme prospettate dall'allora governo, come quella sulle liberalizzazioni, l'attenzione direi quasi ossessionante dimostrata dai partiti al potere nel non voler toccare i poteri forti, i bisticci interni alla coalizione di governo davano invece il segnale opposto e per questo, dopo la caduta del governo Prodi nel gennaio 2008, alle successive elezioni l'opposizione di centro destra forte di facili promesse ottenne una maggioranza schiacciante nei due rami del Parlamento.

Alla fine della scorsa estate, la Ministro Anna Maria Cancellieri, anche lei ministro tecnico di un governo suppostamente tecnico voluto dal Presidente Napolitano dopo il fallimento dell'esperienza di governo del centro destra che aveva disatteso le promesse fatte in campagna elettorale e stava letteralmente portando il paese alla bancarotta, riprese lo stesso concetto in una lunga intervista concessa a Sky Tg24 dove, trattando di vari temi caldi del momento, fece riferimento alla frase del Ministro Tommaso Padoa-Schioppa, mancato circa due anni prima, per asserire lo stesso concetto dicendosi in accordo con quanto da lui detto ed aggiungendo:” ….Aveva ragione, perché ciò esprime un compito etico, che é appunto bello, anche se nel senso comune spesso questo gesto non é inteso così”.

Ma é veramente bello pagare le tasse?

Non giudico di proporre del populismo di bassa lega, affermando che certamente in Italia pochi, pochissimi sarebbero disposti a sottoscrivere l'affermazione dei due ministri e quasi tutti risponderebbero alla domanda provocatoria con cui ho intitolato questo mio intervento con un sonoro: no! Questo vuol forse dire che gli italiani mancano di senso civico, sono tutti o quasi degli individualisti che non colgono il valore e l'importanza della connivenza civile nello Stato? Forse nelle ragioni che vedono una generale ostilità della popolazione per il sistema fiscale ci saranno anche componenti di qualunquismo, ma c'é anche e, direi, soprattutto, la consapevolezza che pagando il dovuto al fisco non si riceve in cambio quell'attenzione che sarebbe congrua, quei servizi che ci si aspetterebbe e che in altri paesi sono considerati normali oltre a sapere, come dimostrato quasi giornalmente dalla cronaca, che i soldi dati allo Stato sono oggetto di rapina da parte di una classe politica corrotta e  spesso collusa con il crimine organizzato. Questa consapevolezza é, a mio vedere, la ragione forte per cui molti non solo non considerano bello pagare le tasse, ma non considerano neppure criminale evaderle avendone l'opportunità. Appunto, come sottolineato dal Ministro Cancellieri, il senso comune assegna un altro valore al pagamento delle imposte, un valore che per i più é fortemente negativo.

Mi chiedo quindi polemicamente come non dar ragione al senso comune quando le cronache dei giornali sono pieni di scandali politici per la malversazione di denaro pubblico? Populismo o qualunquismo non é dare credito a quest'espressioni di senso comune, ma e´non voler riconoscere che senza una catarsi profonda del modo di far politica e gestire la cosa pubblica in Italia non si può chiedere ai cittadini contribuenti di continuare a pagare il conto per il malcostume dilagante. Questa semplice constatazione non sembra essere tra le priorità dell'attuale classe politica che pur al cospetto di una serie senza precedente di scandali tutti associati con la malversazione di denaro pubblico, scandali che sono emersi negli ultimi mesi, continua a lasciare soltanto alla magistratura il compito di perseguirli, mentre loro che spesso ne sono responsabili o quanto meno complici passivi, non hanno esitato a farsi e far scudo  con l'immunità parlamentare per sfuggire la legge.

Quante e quali sono le entrate fiscali?

Cerchiamo perciò di analizzare in maggior dettaglio di che si parla quando si discute di sistema fiscale. Metto subito le mani avanti per spiegare che non intendo in pochi paragrafi condensare gli insegnamenti che corposi trattati mettono a disposizione di chi voglia diventare uno specialista del tema anche solo per approvare un esame universitario di diritto od economia tributaria. La mia pretesa é cercare d'individuare se alla base di questo senso comune così diffuso tra i contribuenti italiani, ci siano forse elementi che ne convalidino il giudizio. Infatti, spesso anche se non sempre, dietro al senso comune si annida la verità che afferma più o meno pacatamente che il re é nudo.

Tutti ricorderanno lo scalpore che sollevò poche settimane or sono la notizia che l'attore Gérard Depardieu aveva deciso di rinunciare alla cittadinanza francese in protesta per la recente approvazione parlamentare di una legge, poi annullata dall'equivalente della Corte Costituzionale francese,  che imponeva un'aliquota del 75% sui redditi personali superiori al milione di Euro. Bene non ricordo aver letto od ascoltato un commento che sia uno affermare che l'attore in questione dava un gran brutto esempio dal momento che pagare le tasse era un dovere etico e perciò doveva essere percepito come un fatto bello da compiere. In fondo, per ogni milione che guadagnava, il fisco francese gli avrebbe lasciato usufruire ben 250.000 Euro, una cifra non da poco che per esempio corrisponderebbe al reddito annuo medio di ben 54 italiani appartenenti al 33% più povero della popolazione. Se poi volessimo guardare ad un caso simile in Italia dove l'aliquota massima é di molto inferiore, soltanto il 43%, ci sarebbe voluto il reddito di ben 123 italiani per uguagliare quanto rimarrebbe nelle tasche di chi guadagni più di un milione oltre al reddito di 75.000 Euro.

Guardiamo i numeri per capire

Ora, la tassa che deve pagare chi in Italia abbia un reddito accertato, dopo le deduzioni di legge, di 4.631 Euro, il reddito medio per il 33,8% dei contribuenti, é di ben 1.065 Euro. Il  che lascia nelle mani del contribuente, 3.566 Euro. Pur ammettendo che ci siano state delle evasioni nel denunciare il proprio reddito e che in realtà la cifra sia maggiore, si parla comunque di poche centinaia di Euro al mese, cifra appena sufficiente per sfamarsi se si è soli a doverne beneficiare. Di questo stiamo parlando quando ci lasciamo andare ad affermazioni avventate come quella che pagare le tasse sia bello. Per chi vive al fondo della piramide sociale, sono sicuro che non vi é nulla di bello. Il Ministro Padoa-Schioppa, la Ministro Cancellieri non sembrano capirlo e con loro molti, troppi politici e commentatori.  Continuando a scorrere i dati pubblicati dall'Agenzia delle Entrate nel rapporto del 2012,, che riporto nella tabella sottostante, si scopre che soltanto il 2% dichiarava redditi superiori a 75.000 Euro con una media, nel gruppo, di 130.337 Euro.

Per restare in linea con l'esempio analizzato prima, chi guadagnasse , al netto delle deduzioni, 130.337 Euro, la media per il gruppo a più alto reddito in Italia, dovrebbe pagare di tasse sulla persona fisica, 49.235 Euro, il che gli lascerebbe in mano un reddito di 6.758 Euro al mese, reddito che corrisponde a quello di 23 persone che guadagnassero soltanto la media di quanto dispongono coloro che appartengono allo scaglione più basso. La domanda che mi sorge spontanea é: come possiamo parlare d'equità di fronte a queste cifre? E stiamo discorrendo soltanto di tassazione diretta, ma esistono anche le tassazioni indirette che invece sono uguali per tutti qualunque sia il reddito, tasse queste che alla fine della giornata si aggiungono all'IRPEF prelevando altri contributi dal cittadino, ma di questo tratteremo di seguito.

Infatti per completare l'analisi della tassazione diretta dei contribuenti si deve guardare il gettito complessivo per lo Stato per tutte le forme di tassazione diretta come riportato nella seguente tabella.


Classi di reddito complessivo

Numero di contribuenti

Reddito complessivo

Media del reddito

dei Contribuenti

Deviazione Standard

Fino a 10.000

14.054.753   33,8%

4631

4854

Da 10.000 a 26.000

18.835.615   45,3%

17490

4367

Da 26.000 a 55.000

7.067.633     17,1%

34425

7225

Da 55.000 a 75.000

760.255          1,8%

63661

5736

Oltre 75.000

828.972          2,0%

130337

173439

Totale

41.547.228 100,0%

19251

32073


Fonte: Agenzia delle Entrate Rapporto 2012 su Distribuzione della Proprietà e del Reddito dei Proprietari per classi di Reddito Complessivo pag. 106

Quanto ricava lo Stato dall'IRPEF e chi sono i contribuenti?

Iniziamo con alcune considerazioni aggiuntive sull'IRPEF. Utilizzando gli scaglioni contributivi come criterio di classificazione della popolazione dei contribuenti, nel 2010 questi erano circa 41,5 milioni, notiamo che si distribuiscono nel seguente modo : il 33,8% dei cittadini più poveri di reddito possiedono collettivamente l'8,19% del reddito ; il 41,48% nel gruppo sino a 26.000 Euro; il 30,63% nel gruppo centrale sino a 55.000 Euro; il 6,1% nel gruppo sino a 75.000 Euro ed, infine, il circa 2% del totale dei contribuenti che dichiarano redditi superiori a 75.000 Euro dispongono di un reddito che rappresenta il 13,6% del totale del reddito dei contribuenti italiani. Ottengo questo risultato moltiplicando il reddito medio di ogni gruppo per il numero totale degli appartenenti al gruppo medesimo, sommando tutti i risultati per ottenere il valore totale del reddito dichiarato dagli italiani e riportarne i valori in percentuale del totale calcolato.

Guardiamo adesso come contribuiscono questi stessi gruppi collettivamente al gettito dell'IRPEF di quell'anno. Il primo gruppo contribuisce per il 6,77% del totale, il secondo con il 36,81%, il terzo con il 30,69%, il quarto con il 7,21% e l'ultimo gruppo con il 18,52%.  Quando si vuole discutere d'equità del sistema fiscale, si sta appunto discutendo di questo, di come il carico sia distribuito tra le varie categorie di contribuenti. Torno a ripetere che quest'analisi é soltanto possibile per la tassazione diretta del reddito delle persone fisiche dal momento che per tutte le altre tasse, soprattutto quelle indirette che gravano in maniera uguale qual sia il reddito del contribuente, non vi é modo di disaggregare l'informazione seguendo gli stessi parametri.

Comunque, questi numeri, mi pare, indichino con sufficiente chiarezza che, pur essendo vero che coloro che dispongono di un reddito maggiore, i detentori di redditi superiori ai 55.000 Euro annuali, contribuiscano in proporzione di più di quanto sia la loro quota di ripartizione della ricchezza totale, questo di più si mantiene ancora su valori tutto sommato modesti che non riesco a considerare come esempio d'equità nel contribuire al mantenimento della spesa pubblica.

L'Italia solidale di cui tanto si parla e si scrive, faccio fatica a vederla riflessa nella logica impietosa dei numeri. Noto con rammarico che questo tema che avrebbe dovuto essere al centro della campagna elettorale non è stato praticamente accennato. Non mi stupisce che non lo facciano i gruppi che si ispirano ad una visione neo-liberista e conservatrice, mi sorprende per non scrivere di più che questo tema non sia al vertice dei programmi delle forze di sinistra se non in formulazioni vaghe ed alla fine confuse perché nessuno, fatta eccezione per il M5S, afferma chiaramente che si deve mettere mano al distribuzione della ricchezza e che certe sperequazioni non possono essere più accettate.

Privarsi di mille Euro quando se ne posseggono soltanto quattromila seicento non é, e questo penso lo possano capire tutti, la stessa cosa di doversi privare di 49,000 Euro quando però se ne hanno ben 130,000 di Euro. I sacrifici richiesti agli appartenenti al primo gruppo non possono e non devono essere comparati con quelli che non mi pare persino corretto chiamare sacrifici, richiesti all'ultimo gruppo. Per questo mi pare che la questione equità debba essere ripresa a partire da queste considerazioni.

Le altre entrate erariali dello Stato

Sempre nel 2010 con dati forniti dal Ministero dell'Economia e delle Finanze nel bilancio semplificato dello Stato, il gettito delle persone fisiche IRPEF rappresenta il 72,9% del totale delle imposte dirette, il gettito del reddito di società rappresenta il 19,8% del totale, mentre il restante delle entrate per imposte dirette é del 7,3%. A loro volta le imposte dirette contribuiscono per 60,4% del totale delle entrate di quell'anno, mentre le imposte indirette rappresentano il 39,4% ed il restante lo 0,2%. La seconda voce d'entrata é costituita da quello che generalmente si conosce come reddito di società o di studio, intendendo con questo l'attività lavorativa del libero professionista sia esso avvocato, medico o ingegnere. L'acronimo che identifica questo tipo di tassazione é cambiato varie volte negli ultimi anni passando da essere riconosciuto come IREF, poi IRES ed infine il recentemente approvato dal governo Monti la scorsa primavera come IRI. L'aliquota per questa imposta é nel frattempo diminuita in modo sostanziale dal 37% dell' IREF all'attuale 27,5% dell'IRI. Bisogna poi considerare che a questi valori si deve aggiungere l'IRAP che é una tassa regionale che grava su questa stessa categoria di contribuenti che oscilla attorno al 3,9% con alcune regioni più esigenti ed altre meno.

Ora la riduzione di questo tipo d'imposta é la conseguenza del pensiero neo-liberista che predica di ridurre le tasse alle imprese per aumentare gli investimenti. Il titolare di una attività da libero professionista o di una impresa che decida di non prelevare gli utili vedrà questi tassati ad un'aliquota di molto inferiore di quella che dovrebbe pagare se li avesse prelevati come reddito personale, per intenderci, quest'aliquota é quasi uguale a quella praticata a chi disponga di redditi inferiori al massimo di 26.000 Euro. Ricordo a questo proposito il commento tra l'ironico ed il sorpreso fatto da un miliardario americano, Warren Buffett, che notava come la sua segretaria pagasse più tasse di lui e per questo si diceva d'accordo con i piani proposti dal Presidente Obama di aumentare la tassazione per i più ricchi.

In conclusione, emerge in modo univoco che il reddito delle persone fisiche, che é in gran parte legato al contributo dato dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, contribuisce del 53,1% in più di quanto corrisposto congiuntamente da tutte le attività industriali, agricole, più quelle di commercio, di libera professionalità e di servizi del paese. Tenendo conto che senza lavoro dipendente nessuna delle altre attività potrebbe sussistere, ci si rende conto che le parole dell'articolo primo della Costituzione che attribuiscono un profondo valore sociale ed un riconoscimento speciale al lavoro come base della fabbrica dello Stato non sono basate su di una visione retorica o ideologica, ma sulla constatazione che lo Stato non avrebbe risorse e quindi probabilmente non esisterebbe neppure se non fosse per il contributo che il lavoro genera. Questo punto così importante, mi pare sia assente dalla discussione politica in Italia ormai da molto tempo, fatta forse eccezione per il contributo che certe forze sindacali continuano a dare per ricordare a tutti che se non fosse per i lavoratori dipendenti ed i pensionati il paese non andrebbe avanti.

Questo risulta evidente da quanto realizzato dal governo Monti con l'appoggio della stragrande maggioranza delle forze politiche e di larga parte dei sindacati, fatta eccezione per la FIOM, unico gruppo che vi si é sempre opposto vigorosamente. Pur avendo promesso equità nella presentazione del piano di governo, l'esecutivo di Mario Monti ha lavorato sistematicamente per demolire i meccanismi che nel paese difendevano i diritti dei lavoratori dipendenti e dei pensionati per poi caricare su questi gruppi l'onere di manovre di risanamento dei conti pubblici senza chiedere nulla a chi era invece direttamente responsabile di quella situazione. Monti ha tutte le ragioni quando afferma che il paese era in crisi profonda, sulla soglia del baratro del fallimento, ma lui ed i partiti che lo hanno appoggiato hanno cercato le risorse per uscire dal baratro chiedendole al lavoro dipendente ed ai pensionati, non certo al settore finanziario o alla politica.

Parliamo anche di IMU

Continuando nell'analisi dei dati pubblicati dall'Agenzia delle imposte, bisogna a questo punto ricordare che sin qui ho soltanto preso in considerazione i dati ufficiali sul reddito dichiarato ed accertato per il 2010, l'ultimo anno per cui esistono serie compatibili di dati ufficiali. Quest'informazione non tiene conto di ogni altra ricchezza che sia a disposizione dei vari gruppi di persone, come proprietà immobiliari, beni di lusso od altre fonti di ricchezza. Dati accertati sull'ammontare del patrimonio complessivo degli italiani non esistono anche se é possibile conoscere qualche cosa sulla consistenza del patrimonio immobiliare, per cui é praticamente impossibile valutare in modo rigoroso la ripartizione della ricchezza. Intuitivamente, si può desumere che le frange più ricche di reddito siano anche quelle che detengono il controllo di gran parte del patrimonio, ma francamente non ho trovato nulla di convincente che mi permettesse di dare anche solo un valore stimato a alla ricchezza che si trova nel paese, intestata a persone fisiche, società, enti di varia natura, prestanomi, banche ed altro. Comunque, dati presentati dall'agenzia delle entrate dicono che per quanto riguarda le stime fatte per l'IMU, si é giunti alla conclusione che dell'oltre 24,6 milioni d'immobili intestati a persone fisiche, il 5% sia di proprietà di persone appartenenti allo scalone di coloro che dichiarano un reddito inferiore ai 10.000 Euro annuali, il 37% sia di proprietà di coloro che appartengono al secondo scalone, il 34% a quelli del terzo scalone,il 7% a quelli del quarto ed infine il 17% a quelli del quinto ed ultimo scalone, quello di coloro che dichiarano redditi superiori a 75.000 Euro annui e che rappresentano il 2% del totale dei contribuenti.

Lo studio consultato presenta molti dati aggregati e disaggregati secondo varie tipologie che rendono la sua consultazione utile per chi volesse approfondire ulteriormente il tema che sto trattando. Al fine che mi sono proposto che é quello di valutare le ragioni, se esistono, della disaffezione del contribuente italiano per il pagamento delle tasse, mi limito quindi a proporre, come potenziale parametro per la stima della ricchezza totale, i dati aggregati proposti per il valore medio IMU (Valore Imponibile Potenziale) e OMI (Valore Stimato di Mercato) per le proprietà catastali siano esse abitazioni, uffici e studi privati, negozi e botteghe, pertinenze di abitazioni principali, immobili destinati ad uso collettivo, altre pertinenze ed immobili ad uso produttivo. Per il primo gruppo il valore medio IMU é di 73.364 Euro e quello OMI di 159.157 Euro, per il secondo gruppo il valore IMU é 81.074 Euro e quello OMI 175.167 Euro, per il terzo gruppo 119.018 Euro e 252.180 Euro rispettivamente, per il quarto  184.626 Euro e 388.755 Euro; infine per l'ultimo gruppo, quelli che dichiarano reddito complessivo superiore ai 75.000 Euro, il valore medio IMU é di 271.525 Euro e quello OMI di 571.716 Euro.

Questi numeri attestano che il valore patrimoniale medio delle proprietà aumenta di valore in proporzione con la crescita del reddito dichiarato a conferma che anche la proprietà di beni materiali nelle sue varie forme deve essere concentrata principalmente tra i ceti più abbienti del paese. Queste indicazioni che non posso quantificare in stime monetarie mostrano comunque che la piramide della distribuzione della popolazione per classi di reddito e quella del valore aggregato del patrimonio siano inversamente proporzionali, a riprova che per poter sostenere l'equità del prelievo fiscale tra le varie categorie di contribuenti ci si dovrebbe aspettare che coloro che si trovano in cima e rappresentano circa il 20% dei contribuenti (quelli con redditi dichiarati superiori a 55.000 Euro sono soltanto il 3,8% del totale) essendo detentori di almeno il 60% del patrimonio complessivo della Nazione (secondo i dati ufficiali, il 2% dei più ricchi possiede almeno il 20% di tutta la ricchezza), paghino quote superiori d'imposte alleviando così il carico fiscale per gli altri gruppi, particolarmente quello di coloro con i redditi più bassi.

La Tassazione Indiretta

Sin qui, ho esaminato i dati disponibili sulla tassazione diretta del contribuente, ma come già accennato precedentemente circa il 40% delle entrate dello Stato si devono ai contributi pagati da tutti i cittadini indistintamente come tassazioni indirette, cioè non relazionate con la persona fisica in quanto tale e, ancora più rilevante per quanto stiamo analizzando, non relazionate con il reddito del contribuente. Le imposte indirette, generalmente, interessano i beni di consumo , la voce più rilevante nel prelievo di queste imposte, ma accanto a queste esistono anche imposte sugli affari, produzione, dogane nonché imposte di monopolio come quelle sul sale o il ricavato per l'erario nazionale dal lotto, lotterie ed altre attività legali di gioco d'azzardo. L'imposta sul valore aggiunto (IVA) che grava su qualunque cosa sia in commercio e che si accumula ad ogni nuovo passaggio di proprietà di questi beni sino a che arrivino al consumatore finale, rappresenta il 52,8% degli introiti. Altre imposte sugli affari, la produzione e le accise doganali apportano il 31,9%, mentre i monopoli contribuiscono con il 7% e gli incassi per lotto. Lotterie e gioco d'azzardo per l'8,3%.

La tassazione indiretta é congegnata in modo da gravare qualunque operazione in cui, in cambio di denaro, si acquistino beni o servizi. Per questo, lo Stato ha dovuto stipulare regole sempre più precise per poter documentare l'avvenuta transazione e richiedere il pagamento dell'importo corrispondente di tassazione. Tutti sanno che in mancanza di fattura, quando il pagamento avviene in contanti, non rimane nulla di tangibile che possa comprovare l'esistenza di una compra-vendita o il suo importo. Per questo, è stato disposto in tempi recenti che i  pagamenti superiori ai mille Euro devono obbligatoriamente essere effettuati con assegno, carta di credito o di addebito; strumenti questi che lasciano traccia contabile del pagamento. Da tempo, in molti punti di consumo, come i bar o i ristoranti, esiste l'obbligo di poter esibire all'uscita la ricevuta dell'effettuato pagamento qualora un rappresentante della legge ne faccia richiesta. La legge indica persino sino a che distanza dal locale il consumatore debba portare con se la ricevuta per non rischiare d'incorrere in una multa. Ora quest'ultima modalità funziona principalmente per la mancanza di spirito del consumatore che, soprattuto se fermato ad una certa distanza dal locale potrebbe sempre negare di avere avuto una consumazione, lasciando all'agente il compito di dimostrare il contrario. Se questa pratica si diffondesse, si moltiplicherebbero le ricevute di contravvenzione contestata con ovvie conseguenze per il sistema d'accertamento e riscossione che potrebbe presto andare in crisi. Comunque, questo tipo d'operazioni di verifica e repressione dell'evasione sono più che altro spettacolari per dare l'impressione che lo Stato vigili, costringendo prestatori di servizi e consumatori a temere una sanzione nel caso in cui siano colti in flagrante violazione della legge. In realtà il costo associato a queste pratiche e il ritorno in evasione riscontrata non ne giustificano un uso ampio, fatta eccezione in momenti particolari, come successo recentemente, dove l'Agenzia delle Imposte doveva dimostrare impegno nel combattere l'evasione.

I giornali e gli organi di governo preposti fecero molto chiasso su quanto stavano realizzando, lo stesso chiasso che fanno periodicamente quando si parla del numero di evasori smascherati, dei falsi pensionati, invalidi scoperti o altro. Se volessimo comparare i risultati con il valore delle imposte raccolte, per esempio nel 2010, la cifra di oltre 405.000 milioni di Euro, ci renderemmo subito conto di come queste notizie che tanto risalto trovano nei mezzi di comunicazione non siano altro che operazioni tese a dare l'impressione che lo Stato vigili e reprima coloro che le tasse le evadono rassicurando con questo la grande maggioranza dei contribuenti che le tasse le devono pagare perché lavoratori dipendenti, pensionati o semplicemente consumatori finali di beni che vengono con l'IVA già incorporata nel prezzo che si paga alla cassa. Chi si occupa dell'argomento sa che l'evasione fiscale, un fenomeno in larga scala che costa all'erario cifre rilevanti (ho letto articoli che arrivano a quantificare questo fenomeno con cifre sino ad undici zero) é certamente composta da tante piccole evasioni associate con il lavoro in nero, vendite sottobanco od altro del genere che, accumulate, arrivano anche a rappresentare cifre di rispetto, ma la vera evasione, quella con molti zeri, é quasi soltanto associata con il crimine organizzato e le attività finanziarie. Per scovarle e reprimerle bisognerebbe concentrare l'attenzione sul sistema finanziario, sulle banche creando non pochi malumori tra coloro che, in molto pochi, rappresentano il gota della finanza; gruppi di grande potere che quasi mai lo Stato riesce ad intimorire ed ancor meno a reprimere.

Lasciando da parte questo tema che richiederebbe una lunga discussione e che comunque é stato trattato in modo molto esauriente da vari autori che si sono occupati della criminalità finanziaria, torniamo a discorrere di tassazione indiretta. L'IVA che il cittadino paga sul pane, sul latte, su qualunque bene compri é la stessa per chi ha a sua disposizione poche centinaia di Euro al mese o chi invece ne possieda migliaia. Purtroppo, l'illusione di poter introdurre principi d'equità in quest'area non trova riscontro nella pratica. Molti dicono che si dovrebbe tassare con percentuali molto elevate il commercio dei beni di lusso. Di fatto lo si sta già facendo nel limite del possibile, ma l'impatto é per sua natura molto modesto proprio perché questi beni, già cari di per sé, sono praticamente irraggiungibili per larghe porzioni di consumatori anche perché le tasse che li gravano li rendono ancora più cari. Di nuovo, gli organi d'informazione parlano del sequestro di barche di grosso cabotaggio o altro, ma chiariamoci subito le idee, queste non sono altro che operazioni d'immagine. Potrebbero essere qualche cosa di diverso se si arrivasse alla detenzione delle persone scoperte in queste situazioni, ma questo, almeno in Italia secondo le leggi vigenti, non può accadere. In America, Al Capone finì i suoi giorni in galera per evasione fiscale. In Italia, nessuno corre questo rischio.

Ma allora, sono eque le tasse attuali?

Dal momento che lo Stato raccoglie una percentuale molto significativa delle sue entrate attraverso la tassazione indiretta, ci si deve rassegnare al fatto che il sistema sia intrinsecamente non equo, cioè molto più oneroso per i ceti poveri e relativamente irrilevante per quelli più ricchi. Per cambiare questo stato delle cose, si deve poter mettere in discussione la grande sperequazione di reddito tra i cittadini, ma questo tema aprirebbe un capitolo molto controverso che mi pare al momento non troverebbe favore persino in gran parte di coloro che si trovano al fondo della piramide sociale. Meccanismi di società rette secondo principi d'equità si trovano soltanto in piccole comunità o in casi rarissimi di gestione sociale della proprietà. Casi come questi esistono in Italia in imprese dove la proprietà ha voluto associare la manodopera alla gestione e compartecipazione degli utili. Interessante notare che queste imprese in questi momenti di crisi del sistema sono anche quelle che meglio si sono adeguate ed hanno saputo superare le difficoltà senza tagli del personale o perdite di mercato e produttività. Per questo giudico che questi esempi molto sporadici e remoti(recentemente il programma Reporter di RAI3 ha trasmesso un servizio che ne illustrava caratteristiche e vantaggi), potranno rappresentare una risposta al futuro dell'economia introducendo principi d'equità vera nella raccolta delle entrate dello Stato. Ma per ora, queste sono quasi utopie e si deve quindi riconoscere che il sistema fiscale é più gravoso con i ceti poveri e meno con quelli ricchi.

Tornando quindi alla domanda che mi ero fatta all'inizio, mi pare ragionevole giustificare che i cittadini non trovino “bello” il dover pagare le tasse. Scrivendo questo non intendo avallare l'evasione fiscale, anche se personalmente giudico con molta severità l'applicazione inflessibile della legge a solo scapito dei più deboli lasciati soli a confrontare momenti di crisi economica. Una applicazione della legge incapace di vedere il caso umano e che spinge alcuni al suicidio ed altri alla miseria totale, non é degna di un paese civile. La classe politica italiana e gran parte della burocrazia pubblica non vedendo e capendo queste realtà di degrado, a volte colpevole, ma spesso involontario, non sono a mio parere degni di rappresentare un sistema di valori e di civiltà come quelli inscritti nella Costituzione del paese. E' certo che l'evasione fiscale contribuisce a rendere tutto il sistema più vulnerabile e grava soprattutto sui ceti più poveri che si vedono privati dei servizi che lo Stato dovrebbe garantire a tutti. Ma é anche certo che l'evasione con la 'e' maiuscola non é quella di chi non raccoglie lo scontrino al bar o non fattura piccoli lavori in nero con cui cerca di quadrare il proprio bilancio familiare. L'evasione é altra cosa e quasi sempre si avvale delle banche e del sistema finanziario internazionale per operare. Questa evasione usa i paradisi fiscali dove può occultare ricchezze immense. Si scrive che non si può far nulla contro costoro perché manca un accordo tra tutti gli Stati per poterlo fare. Tecnicamente questo é vero, ma scriviamo anche che quest'accordo non si trova per l'operato dei gruppi di pressione che in tutti i paesi del G20 controllano la politica. Un movimento di cittadini che anche solo a livello di questo gruppo di paesi fosse capace di scardinare il sistema delle influenze sarebbe sufficiente per scardinare la base su cui la finanza criminale, che é anche evasione fiscale, opera. Però, come ho già notato in precedenza, di questi temi si preferisce non discutere a livello politico, mentre si dà risalto, o a proposte che vogliono continuare a gravare i più deboli , proposte che il modello neo-liberista, che oggi prevale in Europa, suggerisce, o ci si rifugia dietro a proposte demagogiche, come quelle di restituire l'IMU, proprio perché fatte da chi l'IMU lo ha istituito.

Sono perciò convinto che soltanto quando ci sarà vera equità nel sistema fiscale e tutti godranno di servizi pubblici efficienti e gratuiti, allora ci si potrà aspettare che tutti vedano con gioia il dover pagare le tasse.{jcomments on}

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