L'unica alternativa democratica seria per uscire dal facile populismo è aumentare in modo significativo la partecipazione reale della cittadinanza. La scelta della nuova Legge elettorale sarebbe una splendida occasione

SCALFARI SPINELLI E...GRILLUSCONI

di Americo Placido

Barbara Spinelli litiga con Scalfari. Il fondatore di 'Repubblica' non le perdona due cose: una certa simpatia per il M5Stelle e l'intervista rilasciata a Travaglio (riportata nel suo libro 'Viva il il Re' e 'recitata' in video nella trasmissione di Santoro 'Servizio Pubblico'), nella quale rilascia giudizi severi nei confronti di Napolitano. La Spinelli non ci sta e reagisce con forza accusando Scalfari di farle addirittura violenza strumentalizzando il ricordo di suo padre il grande Altiero Spinelli. Per ora lo scontro sembra concluso con poche righe affettuose e paterne con le quali Scalfari ha dichiarato di non voler proseguire il confronto.

Eppure se da un lato fa male vedere due personaggi di alto livello culturale, fino a ieri grandi amici, non riuscire a mantenere la differenza di opinioni su un piano costruttivo, dall'altro è proprio questa differenza che dimostra la complessità delle questioni e l'interesse di vederle approfondite attraverso un dibattito intelligente e corretto.

 

Napolitano è diventato il bersaglio preferito di Berlusconi e del M5S. Una convergenza che inquieta e che la risorta Forza Italia non perde occasioni di rinforzare. Grillo dal canto suo, fa l'indifferente ma di fatto non nega nessuna eventualità come sicuramente avrebbe fatto in altri tempi, nel suo stile aggressivo e derisorio nei confronti del 'Nano'. Ma perché prendersela tanto contro il Presidente della Repubblica? Il movente principale sembrerebbe essere quello di spingerlo a sciogliere le camere e indire nuove elezioni. Mattarellum o Porcellum poco importa. E' il momento che è favorevole e consentirebbe sia a Berlusconi che a Grillo di rafforzare la loro posizione in Parlamento. La rabbia cresce; la gente scende spontaneamente nelle piazze e i professionisti della demagogia sperano di adottare con profitto queste ondate di scontento che si profilano sempre più forti ed emotive e che non hanno ancora un padre. Quando Grillo proclama il suo slogan: 'né di sinistra nè di destra ma OLTRE', in realtà si riferisce alla furia montante degli scontenti, che non sono di destra o di sinistra ma sono semplicemente scontenti e infuriati. Berlusconi non ci aveva potuto pensare ad un simile slogan, tanto seducente, perché fino a poco fa era maggioranza di Governo e anche se tentava astutamente il doppio gioco, manovrando i suoi ministri da un lato e criticando il Governo dall'altro, difficilmente avrebbe potuto sconfessare la sua tradizione di autocrate moderato di destra (responsabile principale della situazione disastrosa che tanta frustrazione procura). Ma l'idea di cavalcare anche lui il malcontento gli conviene molto, servirebbe, se non altro, ad appannare la memoria delle sue colpe e a trarre il massimo profitto  dalla nuova immagine di vittima e martire nonché di vendicatore dei diritti dei poveri e dei tartassati. Una campagna elettorale in queste condizioni è l'ideale per entrambi i capipartito. Un'alleanza formale tra loro è ovviamente impensabile ma la convergenza tattica è già un fatto. Eppure, se Berlusconi ci ha quasi abituati al suo cinismo politico e alla sua tenace e smisurata fiducia nella sua capacità di manipolare la verità, Grillo invece è un giocatore relativamente nuovo nella scacchiera delle promesse elettorali e la sua strategia sembra più emotiva che calcolata. Non che di promesse non ne abbia fatte già da tempo rivolte soprattutto a chi aderiva o aveva aderito al M5S (alcune di queste promesse erano veri e propri tormentoni: non si sarebbe mai creato un partito; tutti avrebbero votato tutto; ognuno conta uno; mai più deleghe; gli eletti portavoce degli elettori; nessun capo a nessun livello; totale assenza di strutture gerarchiche ecc.) Bugie che hanno svuotato il Movimento di molte teste pensanti e brillanti che indubbiamente vi militavano, richiamando invece fans devoti se non fanatici pronti a chiudere tutti e due gli occhi pur di non intaccare la sacralità del loro mito, ormai indiscusso e indiscutibile capo politico.

Ma Grillo ha ottenuto un risultato sorprendente alle ultime elezioni. Non era una promessa e nemmeno una previsione, però è avvenuto e manco lui è stato capace di valutare appieno l'efficacia della sua campagna elettorale, fatta senza risparmio, nelle piazze di tutta Italia, alla faccia del web che avrebbe dovuto rivoluzionare la politica e portarci finalmente in una democrazia più partecipativa. Il fatto è che nessuno si aspettava, neppure Grillo, che il malcontento fosse così esteso e la rabbia così pronta a scoppiare che bastava solleticarla un poco per raccogliere consensi. Figuriamoci poi se invece del solletico si metteva in azione la potenza provocatrice di un attore esperto e bravissimo, un artista nell'uso della satira. Sono entrati cosi in Parlamento 109 deputati e 54 senatori del M5S, scelti con metodi assai eterodossi, miracolati della rabbia e del caso. Delegati senza alternativa, illusi di avere una base con la quale colloquiare, costituita da quelle poche decine che intervengono sui loro blog con apprezzamenti di vario tipo. Come che sia, sono tanti e sono la seconda forza politica del Paese.

Quando la Spinelli afferma che il M5S va ascoltato,  non fa che constatare una realtà. Una realtà che numericamente conta quanto e più del cavaliere. Ma per ascoltare c'è bisogno di un dialogo, di un incontro.  Bersani ci aveva tentato e sappiamo com'è andata a finire. La stessa Spinelli aveva firmato un appello che scongiurava i 5Stelle perché trovassero un'intesa con il PD ed evitassero quanto poi è accaduto: un Governo di centro-destra, fortemente instabile e decisamente contrario agli umori della gente comune e soprattutto contrario al senso dei voti che lo stesso PD aveva ottenuto e che premiava un'alleanza di centro-sinistra, includendo Sel nella partita. Scalfari insinua che la Spinelli non sia del tutto consapevole della complessità del contesto italiano perché vive all'estero. Ma non è solo alla Spinelli che sfugge un aspetto della realtà politica italiana. Molti parlano del Movimento5Stelle come se fosse una forza organizzata. L'errore di Bersani è stato credere di avere degli interlocutori rappresentativi nei due portavoce che hanno animato con la loro arroganza il famigerato incontro. Avrebbe dovuto pretendere un incontro con Grillo, perché il M5S è un partito personale, ancora più personale di quelli di Berlusconi (che bene o male una struttura l'hanno sempre avuta). In virtù della bandiera ammazza-partiti, le strutture nel M5S non ci sono, e questo è stato il pretesto per giustificare la concentrazione nelle mani di Grillo della guida reale del Movimento. Allora che cos'è il M5S? E' Grillo! Cosa vuole Grillo? Tutto! Lo ha detto lui stesso: tutti a casa! Saremo noi (cioè lui) a governare e senza bisogno di alleanze. "Tutti a casa!" è divenuto oggi lo slogan dei 'Forconi' e lo ripetono con gusto veemente anche i manipoli di Casa Pound che non gli pare vero che qualcuno aizzi le folle con quella presa che (per fortuna) loro non hanno ma Grillo sì. Allora ha ragione Scalfari a inquietarsi per quel tanto di simpatia che la Spinelli sembra dimostrare per Grillusconi, come qualcuno ha voluto chiamare questa strana coppia (non perdetevi il pezzo di Dagospia sul suo blog).

D'altro canto, simpatia o non simpatia, chi ha capitalizzato otto milioni di voti va tenuto in conto, se non altro per darsi una regolata; per capire che alcuni cambi radicali vanno davvero fatti. Non c'è bisogno di attendere le riforme di cui solo si parla e che questa classe politica non riuscirà mai a fare bene. Dopo sette anni di chiacchiere e di promesse, dopo una sentenza della Corte Costituzionale ferma ed umiliante, questo Parlamento non è riuscito ancora a trovare una formula per una Legge elettorale migliore di quello sconcio ripudiato da almeno il 40% degli aventi diritto al voto. Ancora adesso il disaccordo è pieno e se si dà retta a Renzi ne uscirà fuori un altro pateracchio con il pretesto di far contenti tutti. Ma quei tutti comprendono tutti tranne i maggiori interessati, che sono i cittadini, che siamo noi, chiamati a scegliere una classe politica che finora ha dimostrato essere disastrosamente incapace e corrotta. E se questa è la classe politica che abbiamo scelto noi e non ci è mai piaciuta vuol dire che il sistema di scelta qualche problema deve pure averlo avuto. Allora perché non darci la parola, perché non chiedere ai cittadini che sistema di voto preferiscono? Un referendum a tempo di record su due o tre proposte e si uscirebbe dall'impasse. Del resto è evidente quale dovrebbe essere la strada maestra per un cambio radicale. Finalmente sta affiorando alle coscienze che la crisi attuale è una crisi di 'rappresentanza'. Non ci voleva molto a capirlo anche prima ma ormai c'è pure sui muri e a chiare lettere: questo Parlamento non ci rappresenta più. L'unica alternativa democratica seria per uscire dal facile populismo di cui vanno pubblicamente fieri Grillo e Casaleggio, è aumentare in modo significativo la partecipazione reale della cittadinanza. E non si tratta di consultazioni ma di decisioni. L'adozione di una nuova legge elettorale sarebbe una splendida e concreta occasione per cominciare a percorrere questa strada. Potrebbe anche scuotere lo scetticismo e il disgusto del più grande Partito d'Italia, quello degli astensionisti, degli indifferenti che non credono che qualcosa potrà mai cambiare fino a quando questa oligarchia che ci governa resterà libera di fare e disfare secondo quello che più le conviene.

DESIGN BY WEB-KOMP