Diritto d'autore tra sfruttamento delle idee e censura. Come limitare la circolazione del sapere

AGCOM E IL SUO NUOVO REGOLAMENTO

di Paolo Basurto

Il 31 marzo è entrato in vigore il Regolamento che permetterà alla Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom), di avere mano abbastanza libera sui contenuti del web, consentendole di ottenere dai providers lo spegnimento di quei siti o l'oscuramento di quelle pagine nelle quali si presuma che si stia consumando l'efferato delitto di violazione del copyright.

Qualcuno ha protestato, persino qualcuno di pesante come Sky, il Fatto Quotidiano è tra i giornali quello che più se ne è occupato, naturalmente moltissimi bloggers e operatori dell'informazione on line. Ma l'AGCom è passata subito al contrattacco e, forte della facoltà di poter spendere quattrini per pubblicizzare il suo operato grazie anche allo stesso Regolamento, manda in onda via radio, molte volte al giorno, una suadente comunicazione informando con entusiasmo l'entrata in vigore del Regolamento e invitando tutti a farne lettura amena per convincersi quanto faccia bene all'anima e al corpo godere dei contenuti legali presenti sulla rete. Perché questa Autorità, come si legge nell'art.2 del Regolamento, opera autorevolmente, nel rispetto dei diritti e delle libertà di comunicazione, di manifestazione del pensiero, di cronaca, di commento, di critica e discussione, nonché delle eccezioni e delle limitazioni imposte dalla Legge sul diritto d'autore. Legge questa, formulata ed emanata nel 1941 (e ancora oggi rintracciabile sul sito dell'AGCom con le sconcertanti norme a favore del partito fascista, come fa notare con umorismo Fulvio Sarzana sul Fatto Quotidiano). Il lupo si traveste da nonnina, e i cappuccetti rossi smanettoni rimarranno con un palmo di naso quando le fauci si apriranno sotto le pressioni delle lobbies dell'editoria (ma anche delle forze politiche dominanti) e li trangugeranno beffardamente in nome dei diritti e delle libertà di comunicazione.

 

Com'è possibile che un potere così grande sia finito nelle mani di questa Autorità, c'è proprio da domandarselo. Così ha fatto Sky, per ragioni non proprio chiare ma tuttavia sufficienti per consentirgli di denunciare il Regolamento come incostituzionale, sostenendo che emanandolo, l'Autorità a ecceduto i suoi poteri. Che lo abbia fatto in virtù di una Legge dell'ultimo Governo Berlusconi sposta solo il difetto di incostituzionalità dal Regolamento a quella Legge birichina.

Comunque la lettura di questo benedetto Regolamento, anche se non fa bene né all'anima né al corpo, è certamente necessaria, se non altro per rendersi conto come sia sempre più insidiosa la strategia che traveste da strumenti altamente democratici provvedimenti che sono tutt'altro e che vengono preparati al di fuori delle istituzioni legislative vere e proprie e attraverso istanze che possono essere troppo sensibili alle priorità suggerite da interessi di parte.

In sintesi, il Regolamento consentirà a chiunque si senta leso nel suo diritto d'autore o di sfruttamento economico di un prodotto intellettuale, di attivare l'iniziativa repressiva dell'Autorità e arrivare al punto da ottenere l'inaccessibilità dello spazio web nel quale si pretende che la violazione sia stata commessa.

Va subito detto che le nuove norme hanno voluto tatticamente escludere gli utenti finali che fruiscono di opere digitali in modalità downloading o streaming, nonché le applicazioni e i programmi per elaboratore attraverso i quali si realizza la condivisione diretta tra utenti finali [art.2-n° 3]. Gli appassionati di E-Mule o Bit-Torrent, non dovrebbero temere sanzioni e dovrebbero continuare a poter scaricare tutto quanto queste piattaforme di condivisione tra utenti (o peer-to-peer come ormai si usa dire) attualmente offrono. Questo ha consentito di evitare una reazione di massa che forse avrebbe potuto compromettere, in questo primo momento, l'effettiva entrata in vigore del Regolamento. Ma l'interpretazione delle norme avverrà secondo i risultati offerti dall'esperienza che si andrà accumulando. Questo principio a doppio taglio, pubblicizzato come prudente procedura in un terreno minato, viene rafforzato dalla creazione di un organo, chiamato Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di opere digitali (art.4). Il Comitato ha funzioni consultive, è piuttosto affollato (40 membri, per ora) perché si è voluto dimostrare che tutte le categorie interessate vi parteciperanno con un loro rappresentante; perfino la categoria dei consumatori sarà presente (non è chiaro come avviene la scelta del suo rappresentante) i cui interessi saranno però in netta minoranza rispetto al maggior numero di rappresentanti del mondo dell'editoria, dell'industria audiovisiva e della stessa Autorità. Una Segreteria Tecnica, si presume finanziata dall'Autorità, provvederà, secondo una consolidata tradizione, a  manovrare il Comitato. Il Comitato si è riunito per la prima volta il 10 aprile e innanzitutto si è detto molto soddisfatto di esistere. Ha anche fornito l'indirizzo web del sito dove renderà pubbliche le sue attività, ma al momento in cui si redige questa nota la pagina non è disponibile.

La maggior parte delle norme del Regolamento è dedicata alle procedure. In grande sintesi va detto che tutto si gioca fra quattro soggetti: 1. il denunciante della violazione; 2. il presunto violatore; 3. il Direttore dei Servizi media dell'Autorità; 4. La Commissione per i Servizi e i Prodotti (detta anche 'Organo Collegiale') facente parte della struttura dell'Autorità. Tralasciando i dettagli dei termini e delle scadenze che articolano tanto la procedura normale che quella di urgenza, va subito detto che l'Autorità non sostituisce gli organi giudiziari. Se si adisce alla Magistratura, l'Autorità blocca le sue procedure e trasferisce gli atti. Ed è proprio così che faranno i pesci grandi (tipo Rai, Mediaset, SIAE ecc.) maggiori ispiratori di questo Regolamento, perché nel nostro Paese, è noto, il ricorso al giudice è un lusso e per lo più è rischioso. La conseguenza è che chi patirà di più per queste norme sono i blogger e i gestori di siti informativi home made, in sempre maggiore aumento dovunque, e che rappresentano la grande novità nel mondo della comunicazione veramente libera. A costoro anche una piccola pretesa violazione può costare l'oscuramento del loro spazio web, con scarse possibilità di avere le risorse per preferire difendersi attraverso un giudice naturale.

Il fatto che proprio siti come questi, con relativo uso dei socialnetwork, spesso, negli ultimi tempi, protagonisti di avvenimenti informativi di massa prima impensabili, saranno domani meglio controllabili dalle "Autorità", dovrebbe davvero preoccupare. Nonostante tutte le buone apparenze, il controllo del controllore che, in una democrazia, dovrebbe saldamente essere nelle mani dell'utente finale, cioè del cittadino, specialmente in una materia così delicata come la libertà di espressione, non appare affatto chiaro in questo Regolamento e vedremo come e se sarà possibile difendersi dagli abusi e dalle eccessive limitazioni.

Ma il problema del diritto d'autore è più ampio dei casi specifici posti dalla rete, anche se l'avvento delle comunicazioni web ha riproposto con decisione il tema, che ormai sembrava definito e risolto secondo le consuetudini proprie della cultura mercantilistica del capitalismo liberale.

L'Autore non è più un autore, che pensa idee nuove e le diffonde, orgoglioso di farne partecipi quante più persone è possibile. E' un proprietario; al punto che quasi mai le due figure, autore e proprietario delle idee, coincidono. Perché le idee, prima ancora di essere idee sono considerate cose. Prodotti intellettuali, vengono chiamate con ipocrita eleganza, che non riesce a cancellare la spontanea assimilazione ai prodotti ortofrutticoli e simili che si vendono nei mercati.

Ma l'Autore non è un proprietario. Lui le idee le crea, le partorisce. Il suo è un rapporto di paternità non di proprietà. Nessuno si sognerebbe di chiamare un figlio un 'prodotto'. E come i figli, le idee, una volta partorite, viaggiano in piena autonomia e chiunque dovrebbe poterne beneficiare. Il diritto d'autore, di conseguenza, dovrebbe soprattutto difendere la paternità delle idee, cioè quella speciale relazione tra le idee e chi le ha avute per primo. Ma poiché anche le idee, una volta trasformate in cose, sono divenute suscettibili di speculazione commerciale e quindi possono essere economicamente sfruttate, ecco che il diritto d'autore è divenuto 'proprietà intellettuale'. E il diritto alla copia, che un tempo era senza limiti e favorito dall'autore, è divenuto un'esclusiva nelle mani di chi meglio è in grado di trarne profitti finanziari, con buona pace dell'autore che spesso, di quei benefici, non vede che una piccola parte.

Piccola o no, si dirà, gli autori, gli inventori, i ricercatori, devono in qualche modo vivere anche loro e questa parte forma quel costo che lo speculatore professionista inserisce nel prezzo aggiungendogli la quota di profitto che è capace di ricavarne dalle manipolazioni del mercato del quale è normalmente esperto.

Gli interessi che si muovono attorno al mondo dei brevetti sono giganteschi e a livello mondiale. La competitività è feroce e c'è chi sostiene che è proprio questo che sta consentendo i progressi scientifici e tecnologici che trasformano così profondamente il nostro mondo. Nel suo spot pubblicitario l'AGCom sostiene proprio questa tesi: difendere il diritto d'autore vuol dire progresso economico.

Ma non tutti sono d'accordo, per fortuna. In un loro articolo del 2010, J. Stiglitz e C. Henry sostenevano che l'utilità economica dell'attuale rigido sistema in difesa della proprietà intellettuale, non è affatto dimostrata. Al contrario, sono numerosi i campi nei quali la libera diffusione delle conoscenze è essenziale al raggiungimento di risultati utili all'intera comunità umana: dai cambiamenti climatici a quelli genetici, dalla salute all'uso sostenibile delle risorse globali. Non c'è vero sviluppo senza ampia diffusione e disseminazione delle conoscenze. I vantaggi che provengono dalle barriere poste alla libera circolazione delle idee e del sapere riguardano quasi sempre un ristretto gruppo di interessi e sono questi interessi che andrebbero attentamente vigilati e moderati. E' compito dei Governi favorire e finanziare la ricerca. Spetta a loro creare fondi adeguati capaci di difendere l'attività intellettuale dall'aggressione speculativa dei mercanti. Toccherebbe a loro garantire i mezzi adeguati per la giusta remunerazione di chi dedica l'intero suo tempo a creare sapere, a ricercare e inventare soluzioni, a offrire a tutti la rigenerazione spirituale e il godimento di un'opera d'arte. In questa prospettiva il regolamento dell'AGCom è soltanto un miope strumento in più a favore degli speculatori delle idee.

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- REGOLAMENTO IN MATERIA DI TUTELA DEL DIRITTO D’AUTORE

- COMITATO PER LO SVILUPPO E LA TUTELA DELL’OFFERTA LEGALE DI OPERE DIGITALI

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