LE VERGOGNE EUROPEE

 

di Marco Borsotti

In molti abbiamo seguito con interesse e, mi permetto scrivere, trepidazione l'evolversi della vicenda greca a partire dal risultato del voto di fine gennaio di quest'anno con la vittoria prevista della coalizione di sinistra di Syriza. Il perché di tanto interesse risiedeva tutto nel fatto che i vincitori del voto avevano presentato un chiaro programma elettorale ai cittadini greci: se avessero vinto avrebbero posto fine alle politiche d'austerità economica che dal 2010 erano state imposte al paese da un gruppo d'istituzioni che rappresentavano gli interessi dei creditori della Grecia. Queste istituzioni, conosciute come la Troika, erano il Fondo Monetario Internazionale (IMF), la Commissione Europea (EU)e la Banca Centrale Europea (BCE). Per chi non fosse al tanto della questione, tratterò di riassumere in poche frasi come si fosse giunti a questa situazione.

 Lo scoppio dello scandalo finanziario greco

Nella primavera 2009, il Partito Socialista greco (PASOK) aveva vinto le elezioni politiche ponendo fine ad un periodo di governo del partito di centro destra rivale, Nuova Democrazia. Arrivati al potere, i socialisti avevano però scoperto che per anni i governi precedenti avevano contraffatto i bilanci dello Stato per nascondere disavanzi negativi gravi tra le entrate e uscite del bilancio pubblico. Il deficit di bilancio reale superava infatti il 12%, cifra quattro volte superiore a quella richiesta per poter essere ammessi nell'unione monetaria europea e quindi nell'Euro. Gran parte del deficit era da imputare al pagamento di interessi elevati sul debito pubblico del paese, interessi pagati in gran parte a banche private europee che in passato avevano prestato fondi alla Grecia. Con l'aiuto e la complicità di Banche internazionali come Goldman Sachs i governi greci precedenti, per poter essere ammessi all'Euro, avevano occultato la vera entità del deficit di bilancio con espedienti che si suole definire di “creatività finanziaria”, cioè trascrivere le perdite in conti sospesi per occultarle mentre si immettevano a bilancio come utili netti attivi di speculazioni sul mercato finanziario internazionale. A mettere in crisi tutto questo schema ci aveva pensato la crisi finanziaria internazionale del 2007 (crisi del subprime mortgage) che aveva provocato un'improvvisa svalutazione del valore nominale di molti fondi d'investimento, svalutazione che però non era stata riflessa nei conti pubblici appunto perché le perdite venivano occultate.

Confesso nutrire serie perplessità sul fatto che nessuna tra le istituzioni europee sia del EU che della BCE avesse compreso quanto appena descritto come invece sostenuto nelle informazioni ufficiali che accreditano l'estraneità di tutte le istituzioni a partire da quelle europee nell' avere coperto queste falsificazioni contabili di bilancio. Non riesco infatti ad accreditare che simili raggiri siano potuti passare inosservati quantomeno alle verifiche della BCE al momento in cui certificarono che i conti greci erano in ordine per poter entrare da subito nell'Euro, a meno che non ci fosse un'indicazione politica proveniente dai vertici del Consiglio e della Commissione europea che volesse permettere a tutti i costi l'adesione all'Euro del numero maggiore possibile dei paesi dell'Unione Europea a prescindere dallo stato dei loro conti pubblici.

Comunque, il governo del PASOK vide immediatamente la drammaticità della situazione e nell'autunno del 2009 ammise l'incapacità del paese nel continuare a ripagare il debito pubblico accumulato negli anni svelando anche la reale entità del deficit pubblico di bilancio. Da questo momento, la Grecia chiese aiuto all'Unione europea per poter risanare i suoi conti e questo diede inizio ad una spirale che ha portato il paese a perdere in cinque anni più di un quarto del prodotto interno, ha fatto crescere il debito pubblico ad oltre il 175% del PIL, ha creato livelli di disoccupazione superiori al 25% del totale della forza lavoro del paese, valore questo superiore a quello registrato negli Stati Uniti dopo la crisi del 1929, ha creato le condizioni per fare entrare in uno stato di recessione economica cronica la Grecia, recessione che ormai si é incancrenita in stagnazione.

In sintesi, le cure imposte dalla Troika hanno praticamente ucciso l'economia del paese. Va poi sottolineato che in questa situazione, per quanto paradossale possa apparire, i creditori hanno agito in modo tale da favorire il ritorno al potere di coloro che erano stati i primi responsabili interni per questo stato delle cose, cioè quel partito Nuova Democrazia che aveva falsificato i conti, ottenuto prestiti che sapeva di non poter ripagare e generato le premesse per la rovina del paese.

Nel 2012, il governo socialista riconoscendo di aver perso l'appoggio popolare necessario per governare in una situazione così delicata per il paese, decise indire nuove elezioni politiche anticipate. In una prima tornata elettorale a maggio di quell'anno, i risultati delle urne videro crollare il sostegno degli elettori ai partiti tradizionali, ma nessun gruppo riuscì ad ottenere una maggioranza stabile per poter governare per cui si tornò a votare a giugno e questa volta prevalse di poco Nuova Democrazia che facendo un accordo con PASOK per un governo di così detta “Unione Nazionale” di fronte all'emergenza, permise al suo leader Antonis Samaras di diventare Primo Ministro. Analisti concordano nella quasi totalità dei casi nel riconoscere che l'esito del voto di giugno fu fortemente influenzato dalle prese di posizione di governi di paesi dell'Unione europea e di rappresentanti di rilievo delle istituzioni di Bruxelles e Francoforte, interventi tutti a favore della continuazione delle politiche d'austerità auspicando la vittoria di Nuova Democrazia alle urne. In questa situazione giocò un ruolo non indifferente la Germania controllata dal governo della Grande Coalizione, Cristiano Democratici e Socialdemocratici, guidato da Angela Merkel. Erano stati infatti i tedeschi, alleati con la Francia di Sarkozy e i vari governi del Nord Europa che avevano imposto alla EU e BCE la visione neo-liberista dell'austerità come unico modello accettabile di politica economica, modello che pretendeva risolvere i problemi di disavanzo di bilancio greco o di qualunque altro Stato membro, con tagli lineari sempre più severi alla spesa pubblica per far rientrare il deficit di bilancio nei parametri richiesti dagli accordi di Maastricht. La posizione dell'altro elemento della Troika, IMF, da sempre fu a favore di questo tipo di politiche per cui non fu necessario nessuno sforzo di convinzione per farli allineare da subito con questa visione del problema e della sua possibile soluzione. Non entro in discussione su questo punto perché mi discosterebbe troppo dal tema che voglio trattare, ma per chi fosse interessato raccomando la lettura di articoli e saggi scritti da economisti di rango internazionale come Stiglitz, Krugman, Galbraith, Piketty i cui contributi sulla materia sono facilmente reperibili in rete e che, a mio giudizio, dimostrano in modo convincente perché queste scelte furono e siano sbagliate.

 

La prima vergogna europea

Una caratteristica molto importante di questi piani d'aiuti previde la concessione di prestiti che permisero alla Grecia di saldare il debito che aveva con le banche private, prevalentemente banche francesi e tedesche, facendogli però accollare nuovi debiti sia con istituti finanziari internazionali come IMF e BCE, ma anche con governi di paesi dell'Unione Europea, in particolare Germania, Francia, Italia e Spagna. L'obiettivo reale dei primi piani d'aiuto fu la liquidazione del debito con le banche private che negli anni precedenti avevano assunto rischi che non avrebbero dovuto, per mire speculative, per passarne l'onere al sistema internazionale ed ai contribuenti che con le loro tasse pagano i bilanci dei loro paesi d'appartenenza.

Questa, a mio vedere, é la prima vergogna europea, aver permesso che perdite d'istituti finanziari privati che avevano speculato in modo dissennato venissero pagate dai contribuenti di paesi dell'Unione Europea. Nel mondo della finanza chi presta deve assicurarsi che chi richiede prestiti possa poi anche ripagarli. Per assumere il rischio di prestare il creditore richiede pagamenti d'interessi che sono in genere proporzionali al livello di rischio stimato. Qualora il debitore non sia poi in grado di pagare, il creditore dovrà far fronte alle perdite anche se potrà rivalersi giudizialmente con il debitore nei limiti previsti dalla legge. In genere, in queste situazioni il debitore dichiara insolvenza e chiede di rinegoziare i termini del debito. Trattandosi di debito contratto da Stati sovrani, si finisce sempre per trovare soluzioni congrue dove però i creditori debbono quasi sempre accettare delle perdite. Proprio per non dover accettare queste perdite, le banche esposte ottennero l'avvallo dei loro governi nazionali, soprattutto Francia e Germania, che usarono della loro influenza per ottenere l'intervento della EU e BCE affinché predisponessero lo schema che permise di trasformare debiti con enti privati in debiti con enti pubblici. Nella visione franco-tedesca, i profitti delle loro banche appartengono solo agli azionisti, mentre le perdite, quando ci siano, sono invece dei contribuenti, ma non soltanto dei loro due paesi, ma di tutta l'Unione Europea visto che a Bruxelles si eseguì quanto viene considerato congruo a Berlino e, in misura minore, a Parigi. Mentre questo scandalo avveniva, le stesse istituzioni imposero al debitore politiche recessive che provocarono la caduta del Prodotto Nazionale e la conseguente ascesa del valore percentuale del debito rispetto al PIL con tutte le conseguenze che ho già sommariamente descritto in termini macroeconomici, ma a cui si deve poi aggiungere la sofferenza reale di chi in Grecia perso il lavoro precipiti nella miseria senza casa, con difficoltà a reperire il necessario per la sussistenza, senza aiuti pubblici se non la carità e le opere di solidarietà sociale che sono sorte.

L'Europa per proteggere gli interessi miliardari della finanza non esitò a condannare centinaia di migliaia di persone alla povertà assoluta, cercando poi giustificazioni morali per questa ignominia asserendo che la colpa non fosse di chi richiedesse l'austerità, ma di chi avesse prima vissuto al di sopra dei propri mezzi, inanellando per appoggiare questa tesi asserzioni non provate dai fatti che dipingevano il popolo greco come popolo di fannulloni capaci soltanto di sfruttare gli altri, in questo caso i probi lavoratori del nord europa che si erano dovuti fare carico dei loro debiti.

Nessuno oggi riconosce che la scelta di rendere pubblici debiti che erano di privati la presero a Bruxelles su indicazioni che venivano da Berlino e Parigi e che assolvevano i veri responsabili, la dirigenza delle banche private che quei prestiti avevano erogato, da ogni responsabilità penale e morale. I Greci furono vittime prima di tutto perché le banche permisero ai loro governanti di falsificare i conti. Poi perché si trasformò il loro debito con privati in debito pubblico che non ammette facilmente rinegoziazioni come sarebbe successo se fosse rimasto nelle mani di privati. Non solo i governanti ed i burocrati europei queste cose non le dissero né le dicono oggi, ma non le scrive neppure la grande maggioranza dell'informazione televisiva e cartacea, lasciando gran parte delle popolazioni europee all'oscuro sulla vera natura del problema perché così sia più facile convincerli che la colpa per quanto successo sia soltanto dei greci e non di chi li governa nelle loro capitali e a Bruxelles.

 

Il ruolo della Germania in questo contesto

La Germania Cristiano Democratica e Socialdemocratica é di certo la prima responsabile per avere imposto la propria visione d'Europa e di gestione dell'economia al resto della Comunità. Questa constatazione é irrefutabile. Manca però, sempre a mio avviso, anche tra coloro che criticano l'operato tedesco, una maggiore riflessione su quanto é mancato tra gli altri attori di questo dramma. Infatti, non basta dire che la Francia non é stata in grado d'arginare la Germania o che il semestre italiano che a detta di Renzi avrebbe dovuto superare l'Europa delle Austerità si é dimostrato di una assoluta desolante irrilevanza o che la maggioranza dei paesi dell'Unione a gestione conservatrice sono allineate con le politiche tedesche. La verità é che la Germania ha dimostrato d'avere una strategia politica ed economica d'imporre a tutti, strategia che la vede al centro dell'Europa, unica in grado di controllarne i movimenti, mentre tutti gli altri sono stati inconcludenti e in ultima analisi succubi della visione germanica dell'Europa.

A Berlino vogliono stabilire in Europa un sistema neo-liberale che faciliti il trarre vantaggio dal proprio sviluppo tecnologico e da un sistema che gli permetta di contenere il costo del lavoro interno esportando verso paesi ad economia più debole all'interno dell'Unione stessa, paesi incapaci di difendersi con aggiustamenti valutari perché in questo sistema di commercio internazionale tutti usano la stessa moneta. Questa situazione genera trasferimenti di ricchezza dai paesi ad economia più debole verso il paese più forte senza che, in assenza di una politica economica comune, esistano meccanismi di compensazione. Non mi inoltro nell'argomento, ma la critica al sistema attuale dell'Euro é cosa nota e non richiede ulteriori delucidazioni.

 

Le debolezze della Grecia

Il problema é proprio questo, arrivata al potere ad Atene, spinta dal voto popolare, Syriza avrebbe osato sfidare il sistema tedesco, senza prevedere che cosa fare se, come prevedibilissimo, i difensori dello status quo si fossero rifiutati di accettare le concessioni che loro speravano avrebbero accettato. Mi si spieghi perché chi controlla l'Euro avrebbero dovuto mostrarsi magnanimo, visto che sapeva che lo schema propugnato da Syriza non prevedeva l'abbandono di questa moneta considerata un tabù intoccabile, un vero dogma da accettare per fede senza poter presentare nessuna giustificazione razionale per la sua adozione? Al rispetto della questione dell'Euro si favoleggia anche che la Germania ed altri paesi del nord Europa vorrebbero che i paesi del sud del continente abbandonassero la moneta unica. Forse qualche sprovveduto lo può anche pensare tra coloro che vivono a quelle latitudini, ma chi sa l'importanza che riveste per l'economia tedesca l'esportazione all'interno dell'Unione sa che il prezzo da pagare per una situazione simile già nel breve periodo sarebbe molto, troppo alto per il sistema economico tedesco. Qualunque trattato di commercio internazionale spiega infatti in modo esauriente il perché questa scelta finirebbe per danneggiare i paesi esportatori. Quindi per loro la convenienza é difendere la zona Euro, anzi allargarla se possibile prestando fondi perché chi si trovi a dover gestire deficit nella bilancia commerciale possa compensarli. Alla fine, i debiti condanneranno il debitore ad accettare programmi d'aiuto da strozzinaggio che li obbligheranno a svendere a prezzi da saldo fallimentare quei pochi gioielli di cui disponga il paese più debole. Infatti oggi non é esagerazione asserire che ormai la Grecia si trova con le spalle al muro costretta a vendere le proprie isole e finanche il Partenone per poter trovare i 50 miliardi di euro richiesti dal Fondo di Garanzia.

Tutte queste cose sono note, non ci vuole un dottorato in economia per saperle, pur tuttavia il governo greco ha affrontato i negoziati augurandosi che il loro punto di vista fosse ascoltato pur non disponendo d'alternative se i creditori non avessero ceduto sulla riduzione del debito. Varoufakis ha certamente ragione quando argomenta che nel lungo periodo le scelte del tipo di quelle imposte dalla Germania finiranno per uccidere comunque il paese sfruttato e conseguentemente anche il paese sfruttatore che si troverà così senza sfoghi per la propria economia, ma queste sono considerazioni di lungo periodo, cose che nel gioco del grande capitale riscuotono poca attenzione perché non merita attenzione preoccuparsi per possibili perdite se queste si prevede avvengano tra quindici o vent'anni. Quelli saranno problemi per il domani dove sarà necessario trovare altri meccanismi di sfruttamento per rimpiazzare quelli che non funzioneranno più. L'esperienza con le colonie insegna che questo modo di ragionare, in fondo, si é sempre dimostrato vincente

Il peccato capitale di questa storia, la ragione per cui una grande speranza é andata in fumo, é il fatto di non aver considerato tra le opzioni anche quella di far saltare il banco e lasciare il sistema monetario comune. La situazione interna alla Grecia, se una scelta simile fosse stata intrapresa, sarebbe stata all'inizio drammatica, ma mi chiedo se quella che si verrà a creare ora sarà poi molto migliore. Di certo, in alternativa al memorandum firmato la scorsa domenica, un governo di sinistra potrebbe aver provato ad introdurre una patrimoniale molto pesante per il dieci per cento più ricco del paese per ridurre l'impatto della crisi sui più deboli nel caso si fosse optato per l'abbandono dell'Euro. Penso anche che se si fosse arrivati a tal punto, probabilmente le voci contrarie nel resto d'Europa all'imposizione dell'austerità avrebbero trovato un poco di coraggio per farsi sentire in maniera più rilevante.

 

La seconda vergogna europea

Questa ultima considerazione mi fa riflettere su di un altro aspetto molto importante in questa vicenda, i greci sono stati lasciati soli ad affrontare i creditori e la forza associata di tutto il sistema finanziario internazionale rappresentata dal IMF. A parte i messaggi di solidarietà, nessuna azione vera é stata intrapresa per contrastare quanto stavano decidendo i creditori a Bruxelles e Francoforte. Possibile che nessuno sia riuscito a capire che quello che avveniva avrebbe generato un pericoloso precedente per tutti? Ossia che quanto fatto adesso contro la Grecia umiliata in quest'ultimo accordo, sarà fatto contro chiunque si venga a trovare domani in una situazione simile. Se non altro per prevenire il peggio dopo, si sarebbe dovuto mettere in campo una vera protesta con prese di posizione pubbliche, tentativi per obbligare i propri governi nazionali a riconsiderare la questione. Nulla é avvenuto se non, nel caso italiano e di alcuni altri paesi del mediterraneo, gli inconcludenti viaggi ad Atene per dimostrare solidarietà. La lezione, quindi, non é soltanto quanto mostrato dal lato del vincitore, ma anche su come i tanti perdenti abbiano sbagliato durante tutti questi mesi. Varoufakis ha ragione quando evoca Versailles. Adesso come allora ha prevalso lo spirito di vendetta, la bramosia per il guadagno, l'ingordigia, l'ottusità politica. Allora, poco più di vent'anni dopo scoppiava una grande guerra, adesso la storia potrebbe ripetersi visto che questi scenari danno ragione a coloro che si oppongono all'Europa in nome del nazionalismo.

Questa é a mio vedere la seconda vergogna europea, nessuno ha saputo dimostrare solidarietà, né gli Stati né le organizzazioni della società civile degli altri paesi. Le proteste sono state a dir poco così insignificanti che penso nessuno se ne sia mai veramente preoccupato. Erano parole vuote, dette per circostanza, lo si capiva subito e quindi non ci si preoccupava neppure di rispondere. I greci sono stati lasciati soli. Questo dimostra oltre ogni dubbio che non esiste uno spirito europeo che travalichi i confini nazionali. Hanno ragione Salvini, Farange, Le Pen. Gli europei non esistono, esistono gli italiani, magari padani, gli inglesi, i francesi, i tedeschi, gli olandesi e l'elenco tristemente include tutte le nazionalità dell'Unione. Per questo l'Europa non sa accogliere chi fugge dalla guerra e dalla fame, perché non sa neppure proteggere i suoi all'interno dei propri confini quando sono afflitti dalla miseria e dall'ingordigia di chi vede soltanto il profitto come valore da perseguire.

 

La terza vergogna europea

Per concludere voglio scrivere della terza vergogna dell'Europa. Quando in Europa gli elettori esprimono pareri che discordano con la visione di chi controlla gli apparati, allora quel voto non conta nulla ed é lecito cospirare neppure velatamente per scalzare quel governo o almeno invertirne il risultato. In questi sei mesi dal voto di fine gennaio, le dichiarazioni rese da persone che, pur svolgendo funzioni istituzionali di rilievo in governi ed istituzioni europee, non esitarono a mostrare disdegno per l'indirizzo che l'elettorato greco aveva voluto imprimere al suo governo si sono susseguite in crescendo. Il ministro delle finanze tedesco lo aveva detto subito a pochi giorni del voto che per lui quel risultato non contava nulla. Da quel momento le cose non hanno fatto che peggiorare sino ad arrivare ad avere figure pubbliche come la signora Merkel o il Commissario Junker o il Presidente del parlamento europeo Schultz non vedere nulla di scorretto quando incitavano gli elettori greci a votare a favore dell'accordo che loro avrebbero voluto fosse approvato. Nessuno si é vergognato affermando che il governo greco non meritava credito perché avrebbe osato chiedere il parere del suo elettorato prima di prendere una decisione importante che avrebbe comportato per tutti i greci nuovi gravi sacrifici. Si arrabbiarono, arrivarono persino a sbattere i pugni sul tavolo in conferenza stampa come fece l'olandese Jeroen Dijsselbloem accusando di tradimento ed d'abbandono del tavolo negoziale chi aveva avuto l'ardire di aver pensato che la democrazia fosse una cosa seria e che in democrazia si chiede ai cittadini direttamente che cosa si debba fare, soprattutto quando ciò che si sta discutendo non sia stato incluso nel programma di governo con cui ci si era presentati al voto.

Mi pare che nessuno possa negare che sin dall'inizio del processo negoziale l'obiettivo degli interlocutori del governo greco diretto da Tsipras fosse quello di metterlo in condizione di non onorare quanto avesse promesso, negandogli anche quelle concessioni che gli stessi organismi tecnici delle loro organizzazioni consideravano indispensabili. Il taglio del debito, per esempio, tutti sanno che é inevitabile, eppure nessuno ha voluto ammetterlo. Mi pare che al di là di altre considerazioni, chi sedeva al tavolo dei negoziati dalla parte dei creditori avesse sin dal primo momento un solo piano, una sola scelta strategica, forzare il governo a nuove elezioni, ma solo dopo aver cucinato a fuoco lento i rappresentanti dell'esecutivo greco perché si presentassero all'elettorato screditati.

Il no del 5 luglio, che per molti fu una sorpresa, dimostra molta lucidità nell'elettorato greco, ma non riesco ad immaginare che questa determinazione sia così forte da permettere a questo popolo orgoglioso di continuare ostinato nel loro cammino anche in futuro dal momento che gli stessi vincitori di questo referendum, il Primo Ministro Tsipras ed il suo governo abbiano poi ignorato le indicazioni ricevute ed accettato un programma d'aiuti, preferirei definirlo di strozzinaggio, in totale disaccordo con il voto espresso. Purtroppo, quella che personalmente considero una delle peggiori classi politiche europee dalla fine della seconda guerra mondiale, agendo in modo vergognoso, almeno dal mio punto di vista, ha seriamente compromesso le basi fondanti del disegno di una Europa unita. I burocrati delle istituzioni europee hanno poi fatto il resto.

Per il momento non vedo nulla che dimostri l'esistenza di forze sufficienti a livello dell'Unione per resistere questa deriva e ricreare le basi prima di tutto etiche che, dopo secoli di guerre tanto distruttive quanto inconcludenti, avevano portato a vedere in una Europa Unita la svolta necessaria per superare gli egoismi nazionali per garantire benessere e pace a tutti i cittadini europei. Il caso greco é stato soltanto un esempio vergognoso di grettezza ed avidità su cui non si può pensare di fondare un'unione complessa come quella che metta insieme tutte le tradizioni, i popoli, le culture, le risorse che appartengono al vecchio continente. Gli eventi del luglio 2015 suonano come campana a morto per il futuro della costruzione degli Stati Uniti d'Europa, il programma in cui molti credevamo.

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