PAURA E DEMOCRAZIA
 
di Marco Borsotti
Quasi tutti i commenti e titoli di giornali letti dopo il voto in Francia del 6 dicembre, associano il risultato del Fronte Nazionale con i fatti di sangue che solo poche settimane prima avevano insanguinato Parigi. Certamente, questi fatti hanno avuto la loro rilevanza, ma non dobbiamo scordarci che il Partito di Marine Le Pen raggiunge risultati di rilievo da molti anni. Come non ricordare quando, a sorpresa, Jean-Marie Le Pen, padre dell'attuale presidentessa del partito e fondatore dello stesso, riuscì a candidarsi per il ballottaggio per le presidenziali in Francia del 2002 scavalcando nei favori popolari il candidato del Partito Socialista. In queste elezioni regionali, concluso il secondo turno, con una crescita di poco meno del 10% di votanti, il FN pur sconfitto in tutte le regioni da una coalizione impossibile, fatta da persone senza nulla in comune se non il voler impedire che il FN ottenesse il controllo di una regione, rimane pur sempre il primo partito per maggioranza relativa nel paese con oltre 6,7 milioni di voti aumentando i voti in relazione a quanto ottenuto il 6 dicembre. Nel 2010, alle precedenti elezioni regionali, il FN aveva ottenuto il 9,7% dei voti, oggi sfiora a livello nazionale il 30%, un francese su tre vota chi propone alla Francia d'abbandonare l'Europa.
 
Figure simili, promotrici d'idee fondamentalmente xenofobe e nazionaliste, esistono in quasi tutti i paesi europei. In genere, si tende a semplificare tacciando tutti costoro ed i loro sostenitori come forze reazionarie di destra, fenomeni di un risorgere d'ideologie di stampo fascista. Certamente, nella retorica e nei programmi le idee che costoro portano avanti ricalcano temi che erano bagaglio dell'ideologia fascista, ma nel farlo mi pare si sottovaluti la componente di risposta al senso di malessere che da anni colpisce strati sempre maggiori della popolazione europea, particolarmente quella più giovane, frutto della decadenza del sistema economico e politico del vecchio continente.
L'aspetto fascista di questi partiti si percepisce soprattuto nel cercare di scaricare verso obiettivi esterni il crescere di tensioni sociali interne al sistema economico e politico dei singoli Stati, proponendo capri espiatori che a loro dire sono la causa principale dei mali della società. Pur con profonde differenze ideologiche su questioni importanti come la globalizzazione o l'anti-sionismo, tutti questi partiti associano i mali nazionali con la partecipazione del loro paese all'Unione Europea e, più recentemente, al crescere delle pressioni migratorie da aree sia periferiche dell'Europa, particolarmente orientale, sia esterne come l'Africa, il Medio Oriente o l'Asia.
Il loro messaggio é efficace perché semplice: additano uno o più responsabili basandosi su narrative che sono inconsistenti e spesso false, ma proposte in modo veritiero. L'Euro é incolpato per il calo degli investimenti e la perdita di posti di lavoro, cosa in parte vera, ma non si incolpano gli imprenditori che, per accrescere ancora di più i loro margini di profitto, delocalizzano le loro fabbriche in luoghi dove spesso esistono condizioni di quasi schiavitù della mano d'opera locale. Gli immigrati ruberebbero posti di lavoro ai nazionali, quando nessuno dice che spesso i lavori degli immigrati sono quelle mansioni che nessuno, anche gli europei che sono senza lavoro, sarebbero disposti ad accettare, soprattutto alle condizioni di sfruttamento cui sono sottoposti gli immigrati.
Politici poco scrupolosi a capo di queste associazioni si fanno portavoce di queste menzogne. La stampa e la televisione evitano di portare avanti campagne educative per far notare la sostanziale falsità ed mancanza di basi di queste informazioni. Anche gli altri partiti politici si accodano cavalcando sempre di più posizioni inaccettabili che però a questo punto sono considerate come un dato di fatto dalla popolazione che é alla ricerca di responsabili per il proprio malessere. Questo modo di fare politica correndo dietro alle opinioni prevalenti e non contrastandole con argomenti e proposte alternative, é tipico non solo dei partiti conversatori che in questi raggruppamenti vedono competitori elettorali, ma anche nei partiti progressisti che ormai dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso hanno abbandonato il bagaglio culturale ed ideologico che contrassegnava quell'area politica che andava dalla socialdemocrazia al comunismo in chiave non assolutista per uniformarsi ad una comune visione liberista del mondo basata su democrazie rappresentative formali, difesa della proprietà privata e della globalizzazione e progressiva marginalizzazione dello Stato dalla sfera economica e sociale. Queste furono le idee di Reagan e Thatcher, ma divennero anche il modo di fare politica di Clinton, Blair, Schroeder ed ultimamente Obama che invece avrebbero dovuto essere alfieri di un modo diverso d'intendere la vita pubblica e lo Stato.
La crescita del ceto medio
Nei primi anni di sviluppo dopo la rivoluzione industriale del secolo XVIII e XIX, era stata la grande produzione siderurgica a promuovere lo sviluppo dell'industria. Si producevano e vendevano grandi macchine mentre l'industria per espandersi ricorreva ad investimenti che richiedevano molta manodopera a bassa qualificazione ed ingenti capitali di rischio sia per le infrastrutture che per le materie prime. Il consumo minuto era di sussistenza e non intaccava la capacità produttiva sempre se garantiva la sopravvivenza della forza lavoro.
La produzione industriale cresceva nel lungo periodo anche se nel medio periodo conosceva il ricorrere di crisi di scompenso tra la domanda effettiva di beni e la loro produzione con il risultato che il processo si caratterizzasse come un movimento a singhiozzo con tendenza positiva nell'arco degli anni, ma con frequenti ricadute e crisi.
Non entro nel dettaglio di questi fenomeni dei primi anni del capitalismo, ma mi limito a ricordare che l'entità e gravità delle crisi metteva a rischio la stabilità politica e sociale, fatto questo che spesso si esprimeva in violenti scontri sindacali o in grandi conflitti armati tra nazioni in fondo soltanto interessate a favorire attraverso la guerra la crescita della propria economia e quindi della propria stabilità interna a scapito di quella della concorrenza. La guerra era già allora una grande occasione di consumo e permetteva anche di tenere sotto controllo la crescita della popolazione e le tensioni sociali interne. Fenomeno analogo furono le guerre per la conquista di colonie oltre oceano, terreni sottomessi con la forza delle armi per sfruttarne le risorse ed offrire sfogo alla necessità di crescita delle economie dei paesi colonialisti. La fortuna economica inglese fu certamente favorita dal successo della corona nell'espandere i propri domini e questo é vero anche per la Francia, Germania, Belgio, etc.
In parallelo, nelle società di quasi tutti i paesi che si stavano industrializzando sorgeva anche una forza nuova nella manodopera operaia che con il crescere delle dimensioni degli impianti e quindi del personale impiegato si trovava a ricoprire un ruolo progressivamente più rilevante nell'insieme del processo produttivo. All'inizio i livelli di sfruttamento erano molto elevati, ma presto i lavoratori iniziarono ad organizzarsi e far valere la forza della loro unione nelle controversie con i datori di lavoro e lo Stato che li proteggeva, per conquistare miglioramenti sia nelle condizioni di lavoro che nelle loro retribuzioni. Agl'inizi del XX secolo, emergevano problemi sociali crescenti che portavano a conflitti interni tra le maestranze da un lato ed i loro datori di lavoro e lo Stato dall'altro.
Vari pensatori di area socialista avevano teorizzato che gli scontri tra classi sociali divise da interessi contrastanti ed antagonistici avrebbero portato a sommosse ed a possibili rivoluzioni con cambi radicali del quadro politico. Come le rivolte dei contadini affamati avevano scosso l'Europa ed altri continenti nei secoli passati sino alla Rivoluzione francese del 1789 che aveva segnato la conclusione del predominio del sistema feudale ed il sorgere su scala globale del capitalismo e l'iniziativa privata come nuovi motori della società, così si pensava che gli scontri sociali sempre più frequenti tra operai e capitalisti avrebbero finito per sfociare in una rivoluzione che avrebbe segnato nuovamente un cambiamento nel sistema di produzione, dalla proprietà privata dei mezzi di produzione alla proprietà collettiva degli stessi.
Molti vollero vedere nella rivoluzione d'ottobre in Russia nel 1917 quella svolta che avrebbe progressivamente portato ad un cambio nel sistema di proprietà a livello globale. Non sarebbe stato un cambio lineare come non lo era stato quello promosso dalla rivoluzione francese, ma la tendenza avrebbe dovuto essere quella. Infatti, tentativi di rivoluzione si ebbero in quasi tutti i paesi d'Europa alla fine della Prima Guerra Mondiale ed ovunque i movimenti sindacali e i partiti rivoluzionari si stabilirono definitivamente nella vita politica e sociale d'Europa a dimostrazione di come ci si muovesse in quella direzione.
La risposta fu quasi ovunque una repressione violenta dei tentativi rivoluzionari accompagnata dall'ascesa di ideologie totalitarie che cercavano di spostare l'attenzione dai problemi veri della sperequazione sociale ad obiettivi che dovevano distrarre le masse. La colpa per la povertà crescente era a turno dei massoni, degli ebrei, dei francesi se eri tedesco, dei tedeschi se eri francese o britannico. Insomma, si offrivano alle masse colpevoli da odiare perché ciò occultasse il messaggio dei vari partiti di ispirazione socialista che asserivano invece che la miseria, la fame, le guerre erano tutte colpe dei padroni e dei governi che li avevano protetti e ancora li proteggevano.
Mentre tutto questo avveniva e si affermava, in parallelo si mettevano anche in movimento operazioni per migliorare il tenore di vita generale della popolazione. Si era infatti capito che repressione violenta e misure di distrazione non sarebbero bastate da sole a calmare gli animi se le condizioni di miseria non si fossero affievolite.
Ciò non impedì comunque il sorgere di una nuova e profonda crisi economica che con tempi diversi si sviluppò in molti paesi d'Europa, prima come conseguenza della guerra mondiale appena conclusa e successivamente come contraccolpo per la crisi finanziaria che aveva colpito gli Stati Uniti a partire dal 1929. Il modello di sviluppo del secolo XIX non funzionava più. Non vi era sufficiente domanda per sostenere l'industria pesante, bolle speculative avevano cancellato fortune finanziarie in pochi mesi per cui bisognava trovare nuove forme di produzione e di consumo ed era necessario porre limiti a quella che oggi, eufemisticamente, si considera “finanza creativa”.
Divenne evidente che migliorare le condizioni di vita se non di tutti almeno di grandi porzioni della popolazione potesse essere la risposta che si cercava perché le classi che prima vivevano al limite della sopravvivenza quando avessero iniziato a disporre di maggiori risorse sarebbero divenute anche consumatori non più marginali di quanto il sistema industriale produceva.
Il sistema produttivo nazionale cessò d'essere quasi esclusivamente generatore di beni per l'industria pesante, vieppiù accrescendo la produzione d'oggetti di consumo immediato, diciamo beni frivoli, che grazie alla loro larga diffusione potevano essere posti sul mercato a prezzi sempre minori divenendo accessibili a settori sempre maggiori della popolazione.
La vera causa di vittoria contro il rischio di rivoluzioni di tipo socialista fu il diffondersi di un modello economico e sociale che vedeva nella classe media un gruppo crescente di persone il cui tenore di vita continuava a migliorare e che, non vedendo nel cambio del sistema di proprietà beneficio per loro, dal momento che ciò avrebbe distrutto il modo di produzione che gli stava assicurando una vita migliore di quella vissuta dai loro genitori, servivano come argine di contenimento delle domande di cambi radicali auspicati dai partiti di area socialista. Impiegati, piccoli commercianti, funzionari pubblici, liberi professionisti divennero presto uno strato sociale unito dal fatto di disporre di un reddito più elevato di quello operaio, orientati dallo Stato, da gran parte dell'informazione e dalla religione a pensare che il loro accresciuto benessere fosse strettamente vincolato al sistema economico e politico vigente.
La diminuzione delle disparità sociali tra gli inizi e la fine del secolo scorso
In economia si conosce un indicatore, l'indice Gini, che misura la distribuzione di ricchezza tra la popolazione. Ebbene, con l'avvento del periodo delle lotte sociali della fine del XIX secolo, l'indice Gini iniziò a registrare nel mondo occidentale una riduzione nella sperequazione sociale, con ceti sempre maggiori della popolazione che vedevano crescere la propria quota di ricchezza nazionale. Questa situazione conobbe un'accelerazione dopo la fine della Prima Guerra Mondiale ed il trionfo rivoluzionario in Russia. Politiche repressive continuarono per mantenere sotto controllo le classi subordinate, ma furono sempre più affiancate da politiche tendenti a riconoscere la necessità di migliorare le condizioni di segmenti sempre maggiori della popolazione come strumenti di pacificazione sociale e come fattori decisivi per accrescere la domanda di beni industriali.
Il modello era semplice. Da una parte l'accresciuto benessere veniva presentato ed era percepito come diretta conseguenza del sistema economico. Negli Stati Uniti, per esempio, la retorica prevalente continua a proporre ancora oggi quello che viene denominato come “il sogno americano”, ossia la possibilità per chiunque di avere successo ed arricchirsi contando soltanto sul proprio ingegno e la propria perseveranza perché tutti possono diventare proprietari di qualche cosa e trarne beneficio. Nessuno spiega che questa serie di circostanze favorevoli si concretizza molto, ma molto raramente, e che per ogni Steven Jobs esistono decine e decine di migliaia di persone che non ce la fanno. D'altra parte, una maggiore disponibilità finanziarie a livello dei nuclei famigliari permette alla società d'espandere il consumo sia di prodotti essenziali che di beni voluttuari. Se la popolazione é sufficientemente grande e se la disponibilità di risorse per spese che eccedano la sussistenza cresce, il sistema produttivo trova possibilità maggiori d'espansione e di guadagno.
La classe media divenne quindi la fonte principale di consumo del sistema economico a partire dagli anni tra le due guerre mondiali. Al contempo, la classe media si convertì nel principale difensore dello status quo perché convinta che questa fosse la situazione che offrisse ad ognuno le migliori prospettive, mentre si trasformò anche in quel mercato di consumo che permise al sistema di smerciare quantità sempre maggiori di merci e, quindi, di assicurare una crescita continua dei profitti.
Mentre questo processo si materializza, la ripartizione della ricchezza tra i vari gruppi sociali si modificò a favore soprattutto della classe media che acquistò, nel mondo occidentale dove esiste il sistema democratico rappresentativo, un peso sempre più rilevante sia nella politica rappresentativa dove il loro voto contava per ottenere la maggioranza e quindi governare, che nell'economia dal momento che fu la capacità di consumo della classe media che assicurò la crescita dell'economia centrata sempre di più nella produzione di beni a costo relativamente basso.
Il modello di vita della classe media si basava e si basa per masse sempre crescenti sulla proprietà acquistata attraverso prestiti della casa, di uno o più mezzi di trasporto individuale, di una serie di elettrodomestici e sul consumo di una quantità crescente di beni sia essenziali che voluttuari. La classe media non è ricca, almeno la grande maggioranza di coloro che la compongono non lo sono. Costoro dispongono di un reddito decoroso che gli da accesso ad un certo livello di proprietà di beni durevoli di cui posseggono però soltanto una quota avendo acquistato quasi tutto grazie a mutui concessi dalle banche. Questa ricchezza gravata d'ipoteche é anche garanzia che le persone non possano facilmente permettere cambi nel sistema economico in cui vivono pena il proprio fallimento individuale dal momento che ognuno di loro dispone di risorse liquide che possono garantire al massimo soltanto alcuni mesi di sussistenza se la fonte principale del loro reddito, generalmente un lavoro dipendente od autonomo, dovesse cessare.
Vivendo in queste condizioni, come é naturale, la maggioranza delle persone vede in soluzioni politiche di moderato conservatorismo la soluzione ideale per loro. I governi devono in ordine d'importanza assicurare i servizi sociali essenziali (salute, educazione, trasporti), garantire il corretto funzionamento dell'economia perché questa continui ad garantire alla quasi totalità delle persone lavoro, assicurare la sicurezza personale e collettiva con le forze di polizia e la magistratura perché tutti coloro che sono proprietari vogliono vedere protetti i beni di cui dispongono ed, infine, permettere al paese di collocarsi nel contesto di quegli Stati che assicurino la protezione della proprietà individuale.
Spesso si afferma che le persone siano manipolate e portate a scegliere politici che non facciano i loro interessi. Penso invece che le persone scelgano a ragion veduta quelle persone e le loro idee politiche perché convinte che questa scelta sia la migliore per loro.
A voler osservare i sistemi politici sviluppatesi sia in Europa che negli Stati Uniti e negli altri pochi paesi sviluppati del pianeta, si nota che per molte decadi ovunque prevalga il bipartitismo, con due partiti in conflitto tra loro sui modi di gestione della cosa pubblica, ma in totale accordo, al meno sul piano sostanziale, sul quadro generale e sugli obiettivi che questa politica debba garantire nel corto, medio e lungo periodo con ai margini piccole frange politiche più radicali che però insieme non riescono mai ad esprimere proposte che possano, non dico essere maggioritarie, ma anche soltanto raggruppare percentuali dell'elettorato che abbiano due cifre.
In quasi tutti i paesi i sistemi elettorali esistenti e le Costituzioni garantivano e garantiscono il perdurare di questo sistema bipolare dove forze fondamentalmente analoghe nella visione politica d'insieme si alternavano periodicamente nel potere senza mai generare cambiamenti sostanziali di politica. L'Italia, tutti sappiamo, fino agli anni duemila fece sempre eccezione a questo schema generale in parte perché ebbe il maggior partito comunista d'Europa ed in parte perché il Vaticano riuscì sempre ad influenzare la politica interna appoggiando candidati che gli risultavano vicini.
L'inversione di tendenza, l'inizio della decadenza della classe media
Alla fine della Prima Guerra Mondiale, il mondo trovò al posto di un impero ancora quasi feudale, una repubblica che si proclamava comunista, diretta dai Soviet (assemblee) degli operai e dei contadini sotto la tutela del Partiti Comunista Sovietico. Il corrotto e sanguinario regime degli Zar si era sgretolato ed il potere dopo alterne vicende era saldamente in mano al Partito bolscevico. Tutti gli altri paesi, con l'Inghilterra alla guida iniziarono subito azioni militari, economiche e politiche per isolare questa nuova realtà e sconfiggerla restituendo il controllo del paese a coloro che la rivoluzione aveva spodestato.
La crisi economica rese però difficile gestire in modo efficace l'alleanza di tutte le Nazioni contro la Repubblica dei Soviet (URSS) anche perché molti paesi erano molto più interessati a lottare per rivalersi di quanto la Prima Guerra Mondiale aveva lasciato loro. Questo portò alla Seconda Guerra Mondiale dove l'URSS svolse un ruolo molto importante nello sconfiggere la Germania di Hitler, al punto che nello schema di pace che pose fine al conflitto, l'URSS ottenne un ruolo centrale uguale a quello delle altre potenze vincitrici, Stati Uniti, Francia ed Inghilterra con la Cina come co-partecipante di rango inferiore. Presto, proprio la Cina vide il trionfo di una nuova rivoluzione e l'ascesa al potere di un secondo regime controllato dal partito comunista locale, da un lato aggravando i timori per una possibile rivoluzione comunista globale e dall'altro mantenendo viva la speranza che il capitalismo fosse al termine.
A Yalta Stalin e Churchill avevano negoziato sotto banco una ripartizione del mondo, principalmente l'Europa, alla fine della guerra in aree d'influenza. Valendosi di questo patto, l'URSS prese rapidamente il controllo dei paesi europei orientali che le erano confinanti, mentre negli altri andarono al potere governi alleati con gli Stati Uniti che nel frattempo avevano scalzato l'Inghilterra dalla posizione di paese guida del mondo capitalista. Per il controllo del resto del mondo iniziò una guerra, spesso non guerreggiata con l'uso delle armi convenzionali, che fu denominata guerra fredda.
Per anni la classe media fu la garanzia di stabilità che permise al blocco occidentale di conservare con relativa facilità il controllo della sua area d'influenza europea. Per questo, le politiche si caratterizzarono nel promuovere un modello che venne denominato in inglese “welfare”, benessere in italiano, dove la società dei consumi permetteva a molti tenori di vita agiati, assicurando che anche le classi meno agiate usufruissero di miglioramenti significativi del loro modo di vivere. Il benessere garantiva stabilità politica e permetteva al sistema bi-partitico di rimanere al potere.
Per anni la guerra fredda si guerreggiò in quelle parti del mondo dove le due ideologie venivano a scontrarsi per il controllo di un paese. I conflitti di questo tipo soprattutto in Africa ed Asia furono innumerevoli. In altre aree, invece, era sottinteso che chi avesse il potere lo difendesse e reclamasse anche con l'uso della forza senza che l'altra potenza facesse nulla di concreto per ostacolarlo. Questo successe, in America latina ed in Europa. Ci furono alcune eccezioni come quella di Cuba, ma in generale le cose rimasero come erano sino agli anni ottanta quando Reagan e Thatcher decisero di usare la supremazia economica dell'occidente per mettere in difficoltà gli URSS. Per una combinazione di fattori, non tutti dovuti alle loro azioni, già alla fine di quella decada riuscirono a causare prima pericolose incrinature nel blocco dei paesi socialisti dell'est europeo e poco dopo il crollo dell'Unione Sovietica, che si smembrò in 15 repubbliche tra loro indipendenti.
Le guerra fredda era vinta ed il pericolo comunista, ossia che paesi passassero sotto il controllo dell'altra potenza, era scomparso. Come conseguenza di questo nuovo stato delle cose, i super ricchi, coloro cioè che controllavano e controllano l'economia a scala globale, non videro più ragione per porre un freno all'aumento della loro ricchezza. La classe media non era più essenziale politicamente e, con l'apertura di mercati quasi vergini, nei continenti dove le due grandi potenze si erano misurate per decenni, stava diventando sempre meno rilevante anche economicamente come mercato di consumo. Gli zelanti difensori dell'ordine costituito iniziarono quindi a perdere posizioni, conoscendo una progressiva diminuzione della quota di ricchezza che gli veniva attribuita. Non divennero poveri, ma persero peso e quindi il modello economico che avevano rappresentato e difeso andò in crisi.
Il potere economico e finanziario non vide più ragioni per concedere margini alla classe media, di certo per la sua naturale disposizione ad accaparrarsi di quanto più possibile, ma anche perché negli anni la classe media oltre ad esigere infrastrutture efficienti capaci di garantire servizi sociali in gran parte pubblici a prezzi sussidiati e salari ben al di sopra del livello di sussistenza, aveva anche aderito a campagne ambientaliste di varia natura domandando al sistema produttivo d'accollarsi i costi addizionali necessari per permettere che la produzione rispettasse standard di sicurezza ambientale sempre più stringenti.
Spostare la produzione in paesi dove i controlli sono minori o inesistenti, introdurre vincoli al potere politico locale nel limitare i livelli di polluzione, come previsto dai testi dei trattati internazionali che sono al momento in discussione (TTP, TTIP), sono alcune delle norme che, chi controlla la ricchezza, ha messo in atto per ridimensionare il ruolo della classe media. I Parlamenti che avranno eletto non avranno voce su questioni rilevanti perché l'ultima parola sarà data a tribunali arbitrali dove i ricchi contano e tutti gli altri sono comparse.
In conseguenza di questa inversione di tendenza, in pochi anni, il sistema di controlli dell'economia é stato smantellato. Le norme prudenziali per evitare catastrofici collassi finanziari sono state abolite. La divisione tra banche commerciali e banche d'affari é stata eliminata e nella crisi mondiale del 2007 se ne sono viste tutte le deleterie conseguenze. Al rispetto, faccio notare come sia l'informazione che la politica abbiano sottaciuto che queste cose non sarebbero potute succedere se tutta una serie di decisioni non fossero state prese in primo luogo dalla Casa Bianca che cancellò il legame tra il dollaro e l'oro per poi togliere i vincoli che impedivano alle banche d'agire sia sul mercato dei depositi e prestiti che su quello della finanza speculativa, misure successivamente adottate da tutte le altre autorità politiche e finanziarie del mondo sviluppato.
Oggi capitali possono essere spostati in pochi istanti da una zona all'altra del pianeta. Un imprenditore, come successo varie volte in Italia recentemente, può approfittare della pausa estiva per smantellare la sua fabbrica e trasferire i macchinari all'estero senza che la manodopera ne fosse stata informata preventivamente. Multinazionali possono chiedere rimborsi miliardari a paesi che hanno imposto controlli sulla nocività di quanto fanno. A pagare non sono gli inquinatori, ma le loro vittime che hanno introdotti controlli perché loro non potessero più inquinare. Tutto avviene nel nome del “mercato”, nuovo feticcio che deve essere accettato come unica garanzia d'obiettività. Il mondo é uno e l'unica regola da accettare é il volere del mercato. Questa é la nuova definizione di democrazia che il potere economico sta cercando d'imporre. In questo mondo, la classe media non svolge più un ruolo e quindi non é più necessario abbonirla con concessioni e privilegi.
A partire dalla fine degli anni ottanta, la distribuzione del reddito é cambiata e l'un percento più ricco ha visto crescere in forma esponenziale la propria quota mentre coloro che hanno sofferto le perdite maggiori sono state le classi del medio.
Oggi la stabilità si garantisce non più offrendo benessere a larghe fasce della popolazione, ma convincendo tutti che esistano diabolici poteri interessati ad invadere il nostro mondo imponendoci stili di vita che non vogliamo. La paura d'ipotetici nemici che disporrebbero di capacità militari e logistiche eccezionali sono presentati come i nemici del nostro presente e del nostro futuro. Per lottare contro di loro dobbiamo tutti unirci rinunciando a molti dei nostri privilegi, ma più importante a molte delle nostre libertà e dei nostri diritti. Recentemente un ex ministro della difesa italiano sosteneva in televisione che l'acquisto di un centinaio di caccia bombardieri estremamente costosi fosse giustificato per l'Italia perché esisterebbero rischi di conflitto tra la Cina ed il Giappone su dispute territoriali e l'esercito italiano dovrebbe essere in condizione d'operare in quei contesti.
In aggiunta alle orde di militanti fondamentalisti pronti ad invadere il vecchio continente, i conflitti solo diplomatici, almeno per ora, nell'altra parte del mondo sono ragione sufficiente per giustificare spese militari sempre crescenti quando poi si tagliano fondi per la salute, le pensioni, la scuola, i trasporti. La paura dell'ignoto resa possibile dall'ignoranza e dalla pessima informazione giornalistica sono oggi i nuovi strumenti per garantire il consenso. Il voto ormai é un rituale visto che i politici faranno poi non quello che i votanti avrebbero voluto, ma quello che il potere economico dice loro di fare. Non si tratta neppure più di corruzione visto che nel frattempo essa é stata legalizzata permettendo il funzionamento delle “lobby”, gruppi con interessi economici disposti a pagare con contributi cifre milionarie perché la politica attui nel loro solo interesse.
A chi asserisce che il sistema delle lobby é legale e benefico, ricordo che anche la schiavitù, la segregazione razziale, l'uso della tortura negli interrogatori furono un tempo legali e difesi perché considerati benefici per il sistema.
Conclusione ed una nota di speranza
Il ruolo e la rilevanza della classe media sono certamente calati negli ultimi venticinque anni. Tutto questo é stato reso possibile dal fatto, come scritto precedentemente, che le forze politiche sino ad ora non hanno mai espresso reali divergenze su questioni di fondo come queste. In fondo, non vi sono state differenze di rilievo tra Clinton, Bush figlio od Obama, la politica estera é rimasta sostanzialmente la stessa, l'appoggio alle banche é continuato, il clima di violenza interna non é cambiato e nessuna misura di rilievo é stata adottata per affrontare i problemi di fondo che ne sono la causa, certe retoriche sull'ambiente possono sembrare differenti, ma nella sostanza anche su questo fronte non ci sono stati cambiamenti di rotta significativi. In Inghilterra Blair, Gordon o Cameron si sono susseguiti e le cose che contano sono rimaste inalterate. In Francia Chirac é stato sostituito da Sarkozy e poi da Hollande, ma anche qui nulla é veramente cambiato come ben spiegato nel Gattopardo, per cambiare nulla bisogna cambiare tutto. In Italia Berlusconi é stato rimosso in modo poco ortodosso per sostituirlo con persone, Monti, Letta, che nella sostanza hanno fatto le cose che faceva lui per poi arrivare a Renzi che é riuscito, almeno per ora, non solo a continuare le stesse politiche, ma a realizzare quella parte del programma di Berlusconi che grandi mobilitazioni popolari degli anni scorsi avevano fermato.
Queste considerazioni sembrerebbe tutt'altro che ottimistiche ed infatti non lo sono. Esse ci dicono che permane il rischio che nulla cambi. Ma mentre negli Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Italia nulla cambiava nel governo, stanno emergendo persone che incarnano ideali veramente alternativi e si propongono come vero cambiamento. In Inghilterra Jeremy Corbyn ha ottenuto la direzione del Labour con una piattaforma che é agli antipodi di quella di Blair o Gordon. Nella campagna per le presidenziali statunitensi é emersa una voce, Bernie Sanders, che pur senza contare su grandi finanziatori o l'appoggio della Stampa sta emergendo come la persona da battere per la Casa Bianca. Costoro sono alfieri di un programma che vuole ridimensionare il ruolo del grande capitale nel mondo, mi viene da scrivere rimettergli la museruola che incautamente gli fu tolta a partire dagli anni settanta. Al momento, entrambi hanno prospettive di poter vincere le prossime elezioni nei loro rispettivi paesi generando l'occasione per un vero cambio di rotta nella politica internazionale.
In Grecia, in Portogallo e mi auguro anche in Spagna, hanno vinto le elezioni gruppi che si propongono politiche diverse. Anche se l'attuale governo greco é stato forzato a sottomettersi al giogo delle richieste europee (uno scandalo che a mio giudizio ha compromesso più di molte altre cose la credibilità europea) queste forze godono di vero appoggio elettorale e sono portavoce di programmi antagonistici al potere del capitale e della finanza e dei politici che li rappresentano.
Warren Buffett, uno dei maggiori finanzieri statunitensi, disse non molto tempo fa che “...la lotta di classe esiste e noi la stiamo vincendo....”. Certamente, molto di quanto sta succedendo dalla caduta dell'URSS gli da ragione. Ugualmente, ci sono anticorpi che stanno facendosi strada proprio in quei paesi che più di tutti rappresentano il grande capitale. Probabilmente, l'accresciuta sperequazione sociale e la perdita di prestigio sofferto da tutte le classi lavoratrici ed in maggior misura dai giovani (uno studio recente della Princeton University realizzato da Ann Case e Angus Deaton sull'aumento della mortalità tra la popolazione bianca degli Stati Uniti, unico caso nel mondo occidentale, offre spunti importanti per capirne le motivazioni) ci dicono che la grettezza capace di giudicare tutto soltanto con il parametro di quanto abbia potuto guadagnare in più, sta producendo l'effetto di mettere a nudo, ma anche a fuoco la natura dello scontro sociale in atto. Infatti, eliminare gli scudi protettivi, le classi cuscinetto del passato, toglie credito alle menzogne per deviare chi ne paga le conseguenza dal capire chi siano i veri responsabili dei loro mali, mettendo a nudo chi sia il responsabile e che cosa si debba fare per impedirgli di continuare.
Forse oggi anche la classe media capisce come aveva già chiaramente asserito Étienne de la Boétie nel 1554 che il potere del tiranno é soltanto permesso dal popolo che lo accetta. Basta che tutto o gran parte del popolo neghi il suo assenso, ed il tiranno non ha più mezzi per esercitare le sue nefandezze.
Siamo maturi per questo? Me lo auguro.
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