COSA TI E' SUCCESSO, EUROPA?

di Luciano Carpo

A pochi giorni dalla desolata domanda posta da papa Francesco alle autorità dell’Unione Europea drammaticamente senza una risposta unitaria (morale, culturale e politica) circa la gestione dei flussi migratori e in tema di sicurezza, “ Che ti è successo, Europa…?”, La Stampa di Torino ha – e non a caso-  pubblicato un articolo di Robert Kaplan dal titolo: L’Europa disegnata dall’Islam deve cambiare per sopravvivere. ” L’autore ricorda che l’impero romano, pur con i suoi lati negativi, aveva una grande abilità nel governo dei grandi spazi multietnici attorno al Mediterraneo. Poi, nel VII secolo, le religioni divisero e tracciarono barriere nell’ormai ex mare nostrum. Oggi un’immigrazione epocale cancella i confini, scavalca e aggira ogni punto di confronto e di verifica. In questo contesto, che può fare l’Europa nel campo di quella civiltà di cui tanto si è gloriata nel passato?
Kaplan sostiene: " L’Europa ora deve trovare qualche altro modo di incorporare dinamicamente il mondo dell’Islam senza smarrire la sua adesione al sistema di diritto nato nel Nord Europa, un sistema che mette al vertice dell’agenda dei bisogni essenziali i diritti individuali."
A suo giudizio, l'Europa non deve smarrire la bandiera dei diritti individuali, ma -contemporaneamente- ( pena l'affermarsi delle "ideologie e dei più biechi nazionalismi"), deve " evolvere nella direzione dei valori universali".
 Riuscirà ad evolvere?   No certo, se continuerà ad essere l'Islam quello che definisce culturalmente l’Europa, mostrandole ciò a cui è contraria, con il risultato di una identità europea costruita, in larga misura, su un senso di superiorità rispetto al mondo arabo.
No certo, se non diventa chiaro che l'attuale sconvolgimento arabo si inquadra nella lotta ( anche culturale) post-post-colonialista e nella ribellione alla subalternità denunciata da Gramsci nella sua analisi del rapporto cultura-potere.
No certo, se l'Europa spera di incorporare-assimilare una cosmovisione come l'Islam, che pur nelle diverse articolazioni e concretizzazioni storiche, mette comunque al vertice dell'agenda dei bisogni essenziali "Allah-noi", in una dialettica contraddizione con l'"io" individuale europeo.
 
Quali potrebbero essere allora questi "valori universali" che l'Europa dovrebbe... acquisire e "mettere nel campo della civiltà?"
 
Forse, quelli che Habermas auspica come condizione sine qua non per un nuovo rapporto "egemonia culturale-potere; vale a dire, quelli che lo stesso Habermas sintetizza nel termine " patriottismo costituzionale", che è il sentimento di appartenenza ad una cittadinanza inclusiva e partecipativa in un contesto di globalizzazione. Questo esige una identità post-nazionale, cioè include valori di carattere universale che trascendono la propria cultura.
Stiamo parlando di un modello di "ideario normativo" e di un "processo comunicativo" che trovano impreparata quella parte di Europa aggrappata alla razionalità strumentale e allo status quo; Europa talmente impreparata da giustificare l’angosciato interrogativo di papa Francesco.
 
Ma esiste anche un'altra parte di Europa, composta da giovani nativi digitali Erasmus. Da una recente inchiesta di Ilvo Diamanti, risulta che la maggioranza dei giovani europei è decisamente contraria ai “muri”; anzi, dà per possibile, auspicabile e scontato che anche l’Europa deve cambiare.
Solo da loro può venire la definizione dei principi ispiratori di questo cambio in vista di un'Europa più " evoluta" e, di conseguenza, di una nuova governance dei grandi spazi multietnici attorno al Mediterraneo.
DESIGN BY WEB-KOMP