IL MIO TERRAZZO

di Gisella Evangelisti

Il mio terrazzo é come la mia vita. Sostenibile, riciclabile, multiculturale, senza sprechi, approfittando di ogni centimetro di bellezza. Pieno di ricordi che diventano futuro. Gli ex pezzettini di gerani  e malvarosa che presi in Sardegna anni fa sono diventate due splendide piante che a primavera fioriscono generosamente, proteggendo la casa dai mosquitos. Poi c'é la varieta di piante grasse che vengono, pezzetto dopo pezzetto, dalle pendici di La Palma delle Canarie, in una passeggiata in cui Luigi Pistillo ci trascinò per barranchi e saliscendi che si sarebbero potuti evitare facendo una comune strada carrozzabile, ma vuoi mettere? Su quei barranchi a ogni pié sospinto c'erano boschetti di piante grasse , quelle specie di palmette piccole a rosellina, e ne presi qualcuna da mettere sul terrazzo, e adesso sono lì, crescendo senza fretta. Anni fa presi in Sardegna un pezzetto di quelle piante grasse che fano grandi fiori color fucsia, e vengono giù a cascata a volte dagli scogli. C'erano nella villa dei nonni Fronzaroli ai tempi della mia infanzia. Quei pezzetti  sono cresciuti lentamente.  Finalmente quest'anno, ecco la cascata di fiori che però godranno i vicini, in quanto pendono dal mio terrazzo ma verticalmente.

Intanto in Sardegna crescono accarezzati dal vento i quindicimila pinetti che i ragazzini di Posada e dintorni hanno piantato con amore dopo che con Luciano abbiamo dato il via alla Campagna "Mille alberi per Montelungo". Tra poco andremo a trovarli, e a mettere le basi per altre riforestazioni.

Últimamente si sono inseriti nel terrazzo i contributi di altre culture. Abbiamo i pomodorini coltivati con amore dal nostro marinero cileno, Andres, insieme a una melanzana che cresce piano piano e chissá se algún dia si unirá al parmigiano. E poi ci sono due misteriose bottiglie di plástica con terra, che la ragazza russa nostra compagna di casa, dal cognome impronunciabile, ha messo su, con dei semini di fiori forse anche loro impronunciabili, vedremo cosa spunterá.  Poi, per ricordare la mia epoca di locandiera, ho un piccolo limone che portai via da Consell de Cent, forse l'aveva piantato Giovanna? e dopo qualche anno di dormiveglia, ha ripreso vigore. Peró il colpo grosso l'ho fatto un mese fa. Partendo dalla splendida selva  atlantica di Sinal do Vale, a 50 km da Rio de Janeiro, non ho potuto fare  a meno di portar via un rametto di quelle foglie striate che formano parte del comunissimo sottobosco selvático, e anche da noi  si vendono a poco prezzo in qualsiasi fioreria, ma vuoi mettere un rametto autentico brasileiro, che poteva strapazzarsi  e seccarsi anche solo nel viaggio? Tornata dal Brasile, metto il rametto in un bicchiere d'acqua e vado in Ungheria. Se al ritorno troveró ancora la piantina in vita, vuol dire che il Brasile e l'America Latina mi vedranno ancora, se no, pazienza. Una specie di rito mágico, come le promesse e gli scongiuri da bambini. quelli che finiscono facendo una croce sulla bocca

Quando torno dall'Ungheria di mia figlia, mi commuove una foglia. NUOVA, che si sta lentamente srotolando nel bicchiere uscendo dalla piantina.Si. il sortilegio ha detto che l'America Latina mi vedrá ancora. Scuse per andare, non mi mancheranno mai, questo é certo. Perché la felicitá autogestita o partecipativa, multiculturale  e sostenibile si puó ricreare in qualsiasi modo e momento. Anche partendo, o tornando, a un terrazzo mediterraneo.  

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