STRAGI DI DEMOCRAZIA
Il degrado delle istituzioni nei sistemi democratici occidentali. Il caso della Polizia in Messico e in Italia
A colloquio con Sonia Garcia Garcia - a cura di P.B
Il 26 settembre 2014 un centinaio di studenti percorre le strade di Iguala, capitale dello Stato di Guerrero, in Messico, allo scopo di raccogliere tra la gente, fondi per le loro attività politiche. Sono gli stessi che l'anno prima avevano denunciato il Sindaco della città come colpevole, in complicità con la Polizia e i narcotrafficanti dell'assassinio del sindacalista Arturo Cardona. Quarantatré di questi studenti scompaiono e poco tempo dopo vengono trovati in una discarica i loro resti martoriati. Anche questa volta il ruolo giocato dalla polizia è decisivo e inequivocabile. Al di là dei numeri e delle modalità più o meno efferate, gli abusi della polizia e il coinvolgimento di corpi istituzionali armati in attività criminose rappresentano un fenomeno sempre più presente in Italia ma anche in molti altri Paesi che pure vantano sistemi democratici secolari, a cominciare dagli USA. Questo fenomeno non può essere considerato nè episodico nè marginale e pone un gravissimo problema: come arrestare il processo di degenerazione che colpisce le istituzioni e apre la strada al dilagare della corruzione e all'invasione politica della delinquenza organizzata. Sonia Garcia è una scrittrice e una giornalista messicana. Da vari anni in Europa, la sua analisi di quanto è accaduto in Messico si inserisce in un contesto globale che trascende la lettura esclusivamente locale e rende le sue conclusioni molto interessanti per meglio riflettere sulla fase di profonda transizione che i sistemi politici democratici stanno attraversando.
La strage di studenti da parte della polizia, nella città di Iguala non sembra che sia un caso isolato. Come si spiega questo fenomeno di degenerazione istituzionale in un Paese come il Messico, formalmente pienamente democratico?
Ebbene, non è un caso isolato nemmeno la morte impunita di Stefano Cucchi tra le mani della polizia italiana e nemmeno le morti recenti di afroamericani da parte della polizia in vari Stati degli USA, il Grande Paese, emblema della Democrazia in tutto il mondo. Eppure, la polizia, alla quale, in un Paese democratico, viene concesso l'uso esclusivo delle armi, dovrebbe essere la garanzia più efficace dei diritti fondamentali dei cittadini. Tuttavia è protagonista di una corruttibilità che mina alle basi la credibilità delle istituzioni democratiche. Si arriva al punto di non capire se la complicità tra polizia e forze criminali e politiche sia la causa della degenerazione o se ancora una volta sia la vulnerabilità del sistema politico che impedisce il necessario controllo delle forze armate per evitarne le infiltrazioni criminali e autoritarie.
Prendiamo il caso del Messico, che conosco meglio. Messico è il Paese degli assurdi, pieno di contraddizioni; diceva un mio amico che Kafka avrebbe potuto nascervi benissimo. Il fatto è che la nostra stessa geografia è contraddittoria. A Nord abbiamo gli Stati Uniti, che determinano un aspetto della nostra identità, perché sono in qualche modo il nostro sogno americano, e a Sud abbiamo la coda centro-americana che ci segue nel nostro tendere verso il Nord. Una situazione un po' surreale. Octavio Paz individuò molto bene l'identità messicana. Un'identità che si nasconde dietro molte maschere, che ancora risente profondamente della violazione perpetrata dalla conquista spagnola. Nello stesso tempo il messicano vuole forgiarsi un'altra identità; un'identità di uomo nuovo basata su qualcosa che, francamente, non saprei definire, soprattutto quando questo sforzo lo porta poi a dimenticare la sua realtà indigena. Le grandi tradizioni culturali preispaniche sembrano appartenere ad un lontano passato, invece esse soggiacciono ed emergono inavvertite o inaspettate. Il mio aspetto, il mio viso, hanno chiaramente l'eredità dei miei antenati indigeni. Eppure ho preso coscienza del segno sociale che questo può rappresentare, venendo in Europa, mentre nel mio paese mi sono sempre sentita omogenea perché è la classe di ricchezza che discrimina più di quella dell'appartenenza etnica. In questo, Messico è diverso dagli altri Paesi latinoamericani. Il fenomeno del Chiapas, dove il Sub-comandante Marcos è riuscito a ridare coesione e dignità di popolo alla cultura indigena, si sviluppa senza maggiori violenze; sfila e manifesta perfino nelle strade della Capitale, applaudito dagli intellettuali di sinistra di tutto il mondo.