LE VERGOGNE EUROPEE

 

di Marco Borsotti

In molti abbiamo seguito con interesse e, mi permetto scrivere, trepidazione l'evolversi della vicenda greca a partire dal risultato del voto di fine gennaio di quest'anno con la vittoria prevista della coalizione di sinistra di Syriza. Il perché di tanto interesse risiedeva tutto nel fatto che i vincitori del voto avevano presentato un chiaro programma elettorale ai cittadini greci: se avessero vinto avrebbero posto fine alle politiche d'austerità economica che dal 2010 erano state imposte al paese da un gruppo d'istituzioni che rappresentavano gli interessi dei creditori della Grecia. Queste istituzioni, conosciute come la Troika, erano il Fondo Monetario Internazionale (IMF), la Commissione Europea (EU)e la Banca Centrale Europea (BCE). Per chi non fosse al tanto della questione, tratterò di riassumere in poche frasi come si fosse giunti a questa situazione.

OXI !

 

Dalla Grecia una lezione di democrazia

di Marco Borsotti

 

Tra le tante cose lette in rete subito dopo aver conosciuto l'esito del referendum di domenica 5 luglio, mi ha colpito in modo particolare il testo del discorso che Pericle avrebbe diretto ai suoi concittadini chiamati a dimostrare nei fatti in che cosa si basasse la forza delle loro istituzioni riportato da Tucidide nel secondo libro delle Storie. Lo cito a seguito perché mi pare che questo discorso abbia valore ancora oggi, oserei dire, ancora di più oggi alla luce di quanto successo dopo il voto in Grecia di fine gennaio per il rinnovo del Parlamento e le vicende dei negoziati tra il nuovo esecutivo greco espressione di quel voto ed i rappresentanti della BCE, del Fondo Monetario Internazionale e della Commissione Europea e come risposta all'insultante intervento in Aula al Parlamento europeo di ieri del Presidente della Commissione Juncker.

 

Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

SULLA ELIMINAZIONE TOTALE DEI PARTITI POLITICI

di Paolo Basurto

L'eliminazione dei partiti sarebbe un bene quasi puro [S.Weil]. Nel frattempo possiamo solo sperare che le prossime consultazioni elettorali adottino un sistema di voto che non pregiudichi sistematicamente il candidato che si sente responsabile di fronte ai suoi elettori a vantaggio di quelli che solo devono render conto ai dirigenti del proprio partito. (A.Bréton).

La nascita di Podemos in Spagna è stata subito coronata da successo. Lo ha alimentato la speranza, finora frustrata, di avere finalmente un'alternativa all'ingannevole simulacro di democrazia che l'attuale sistema partitico e rappresentativo aveva messo in scena. In Italia è successo lo stesso fenomeno con il Movimento 5 Stelle, che apparve sullo scenario politico ostentando un rifiuto più volte proclamato ad essere un partito. Gli Indignati hanno avuto vita breve, ma in tutto il mondo hanno marciato contro la casta arroccata nei loro inespugnabili fortini, chiamati 'partiti'. Sembra che i partiti incarnino quello che di peggio vi sia nel sistema democratico rappresentativo. La struttura gerarchica piramidale attraverso la quale si snoda il controllo del potere e si delimitano gli spazi nei quali utilizzare al riparo da qualsisasi vigilanza della base (cioè del cittadino) la delega che il voto filtrato e organizzato dai partiti, assicura agli eletti. Eppure i partiti sono riconosciuti dalla Costituzione e senza di essi la politica sfocia rapidamente nella demagogia individualista di qualche personalità carismatica e suggestiva che rende ancora più problematica e sospetta la dinamica democratica basata sulla rappresentanza popolare.

L'EUROPA DEVE MORIRE !

La miopia degli sfascisti

di Paolo Basurto

Siryza ha appena cominciato a governare la Grecia. Tsipras e il suo ministro per l'economia hanno subito intavolato conversazioni per capire fino a che punto la rigidità della politica cosiddetta dell'austerità avrebbe ancora una volta respinto qualsiasi prospettiva di ammorbidimento in nome dell'inviolabile principio che i debiti si pagano sempre. Un accordo minimo è stato raggiunto tra i governi. Dunque, potremmo essere ottimisti. Forse la Grecia si salva e l'Europa non verrà mutilata, almeno per ora. Invece no. Nessuno applaude. Tsipras aveva promesso fuoco e fiamme, si dice. Basta con le troike, basta con la Germania e con gli altri strozzini del continente. Niente accordi con nessuno. Il popolo greco soffre troppo e non potrà mai pagare i suoi debiti. La Russia, la Cina,  la aiuteranno e al diavolo il crudele Occidente... Perché Tsipras ha ceduto? Ha negoziato? Si è accordato con i nemici? Che delusione! In Italia non sembra vero a molti, che si possa dire: vedete? non c'è altro da fare. Questi sono i poteri forti ed è inutile promettere vittorie impossibili. Dall'Europa non si esce e i debiti bisogna pagarli. Le altre alternative sono tutte peggiori, altrimenti perché Tsipras avrebbe ceduto?. Naturalmente questi sono i 'moderati'. Per gli euroscettici viscerali e sfascisti la conclusione è senza mezzi termini: l'Europa deve morire!

SI', PODEMOS !

YES, WE CAN !

SI'… POSSIAMO ?

Un nuovo esperimento di partecipazione politica si sta svolgendo in Spagna. Somiglia al M5S di Grillo ma è molto meglio

di Paolo Basurto

L'indignazione non basta

Il nome non brilla per originalità, ma lo slogan portò bene ad Obama e sta portando bene anche a Podemos se gli autorevoli sondaggi de El Mundo lo dànno sorprendentemente al primo posto tra tutti i partiti di Spagna. Si dice che i suoi fondatori provengano dal movimento degli Indignados, che pure tante speranze aveva fatto nascere grazie alla sua dimostrata capacità di mobilitazione. Ma ormai le grandi illusioni provocate dai movimenti spontanei (Occupy Wall Street; Democracia ya; Indignados; per non parlare delle primavere arabe) sono diventate tutte grandi delusioni. Delusione per molti, è stata anche quella prodotta dal Movimento 5 Stelle, che pur non essendo mai stato un movimento di base aveva fatto tanto sperare che lo diventasse.  Quelli di Podemos sembrano ben consapevoli dei limiti degli esperimenti movimentisti e fin dal primo momento hanno dichiarato che l'indignazione non basta, bisogna saperla trasformare in un cambio politico (intervista di P. Iglesias al Diario- 14 genn.2014). Questo è del resto il tema del Manifesto politico firmato da una trentina di intellettuali, scrittori, professori di Università e altre personalità del mondo culturale, politico e sindacale; manifesto che prelude alla fondazione di Podemos, che avviene poco dopo, nella seconda metà del gennaio 2014 e che consente alla nuova formazione politica di presentarsi alle elezioni europee.

L'ABISSO DIGITALE E LA SCUOLA

a colloquio con Pierluigi Antonetti, a cura di P. B.

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Pierluigi Antonetti è un giovane imprenditore che crede in quello che fa. Il suo campo è quello della didattica digitale ma il suo scopo trascende quello commerciale per addentrarsi nella sfida quasi ideologica della rivoluzione nell'insegnamento scolastico sostenuta dalle grandi potenzialità dei nuovi strumenti della tecnologia elettronica. In un momento in cui si torna nuovamente a parlare di riforma della Scuola italiana e un documento ufficiale su La Buona Scuola è stato offerto on line dal Governo al fine di raccogliere buone idee, questa conversazione può essere di qualche utilità.

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La Scuola, tema ricorrente nella problematica sempre più complicata di un Italia che non sa più da che parte cominciare per fermare la spirale perversa della sua decadenza. La Buona Scuola si chiama il documento messo on line dal Governo per acquisire pareri e sentimenti dei cittadini. Perché anche il Governo Renzi afferma che si tratta di una priorità che non può più aspettare, e con mossa un tanto demagogica -o velleitaria, dipende dai punti di vista- ha cercato sul web un consenso sui suoi criteri di riforma con il buon movente di volerli condividere.

Naturalmente sono andato a cercare il capitolo, nel documento, che più mi interessava: quello sulla digitalizzazione. Ho trovato ben poco. Eppure la digitalizzazione dovrebbe essere un obbiettivo fondamentale da raggiungere presto per modernizzare l'apprendimento e l'insegnamento e fornire alle nuove generazioni una formazione confrontabile con quella di altri Paesi e consentire loro un inserimento professionale che esige la piena padronanza degli strumenti elettronici ma soprattutto una conoscenza e una metodologia di apprendimento che sono la chiave della competitività produttiva e della flessibilità laborale.

Conclusi i miei studi ho voluto seguire, come tanti altri della mia età, la mia curiosità dominante, quella dell'evoluzione tecnologica in campo elettronico. È stato così che ho scoperto le prime lavagne elettroniche. Uno strumento formidabile le cui potenzialità nel campo della didattica erano davvero affascinanti. A che serve una lavagna? A rendere visibile a un piccolo gruppo, a una classe di 20/25 studenti  il testo, i segni e le immagini che l'insegnante ritiene utili per chiarire e facilitare l'apprendimento del suo insegnamento. La lavagna tradizionale, quella in ardesia, quella che cominciò ad essere usata nel secolo XIX, con tanto di gessi colorati stridenti e polverosi, aveva uno spazio limitato e dunque una visibilità limitata e tutte le volte che veniva riempita andava cancellata a dovere per continuare la lezione. L'opera dell'insegnante spariva con l'apposito aggeggio per cancellare e i poveri studenti che non erano riusciti a prendere nota avrebbero dovuto pregare i compagni più rapidi per ottenere i loro appunti. L'intervento degli studenti poteva solo essere puntuale perché insomma la storia della lezione non poteva essere registrata o ripetuta. Un miglioramento fu introdotto con le lavagne a più fogli di carta e più tardi l'uso del pennarello consentì una maggiore vivacità espressiva a quanto veniva scritto dall'insegnante, ma anche se i limiti delle lavagne tradizionali erano stati in assai minima parte superati, essi rimanevano comunque. La lavagna elettronica annulla questi ostacoli. Un numero illimitato di studenti vi si può collegare dentro e fuori la classe e la scuola. La lezione rimane nella memoria elettronica della lavagna e dei computer individuali degli studenti. Gli studenti possono interagire con la lavagna ed essere coinvolti in tempo reale. L'insegnante può godere sul momento della multimedialità offerta da internet e collegarsi alle fonti web a beneficio di tutti gli studenti. Immagini e video vi si possono proiettare, sostando per gli opportuni interventi didattici dell'insegnante.

STRAGI DI DEMOCRAZIA

Il degrado delle istituzioni nei sistemi democratici occidentali. Il caso della Polizia in Messico e in Italia

A colloquio con Sonia Garcia Garcia - a cura di P.B

Il 26 settembre 2014 un centinaio di studenti percorre le strade di Iguala, capitale dello Stato di Guerrero, in Messico, allo scopo di raccogliere tra la gente, fondi per le loro attività politiche. Sono gli stessi che l'anno prima avevano denunciato il Sindaco della città come colpevole, in complicità con la Polizia e i narcotrafficanti dell'assassinio del sindacalista Arturo Cardona. Quarantatré di questi studenti scompaiono e poco tempo dopo vengono trovati in una discarica i loro resti martoriati. Anche questa volta il ruolo giocato dalla polizia è decisivo e inequivocabile. Al di là dei numeri e delle modalità più o meno efferate, gli abusi della polizia e il coinvolgimento di corpi istituzionali armati in attività criminose rappresentano un fenomeno sempre più presente in Italia ma anche in molti altri Paesi che pure vantano sistemi democratici secolari, a cominciare dagli USA. Questo fenomeno non può essere considerato nè episodico nè marginale e pone un gravissimo problema: come arrestare il processo di degenerazione che colpisce le istituzioni e apre la strada al dilagare della corruzione e all'invasione politica della delinquenza organizzata. Sonia Garcia è una scrittrice e una giornalista messicana. Da vari anni in Europa, la sua analisi di quanto è accaduto in Messico si inserisce in un contesto globale che trascende la lettura esclusivamente locale e rende le sue conclusioni molto interessanti per meglio riflettere sulla fase di profonda transizione che i sistemi politici democratici stanno attraversando.

La strage di studenti da parte della polizia, nella città di Iguala non sembra che sia un caso isolato. Come si spiega questo fenomeno di degenerazione istituzionale in un Paese come il Messico, formalmente pienamente democratico?

Ebbene, non è un caso isolato nemmeno la morte impunita di Stefano Cucchi tra le mani della polizia italiana e nemmeno le morti recenti di afroamericani da parte della polizia in vari Stati degli USA, il Grande Paese, emblema della Democrazia in tutto il mondo. Eppure, la polizia, alla quale, in un Paese democratico, viene concesso l'uso esclusivo delle armi, dovrebbe essere la garanzia più efficace dei diritti fondamentali dei cittadini. Tuttavia è protagonista di una corruttibilità che mina alle basi la credibilità delle istituzioni democratiche. Si arriva al punto di non capire se la complicità tra polizia e forze criminali e politiche sia la causa della degenerazione o se ancora una volta sia la vulnerabilità del sistema politico che impedisce il necessario controllo delle forze armate per evitarne le infiltrazioni criminali e autoritarie.

Prendiamo il caso del Messico, che conosco meglio. Messico è il Paese degli assurdi, pieno di contraddizioni; diceva un mio amico che Kafka avrebbe potuto nascervi benissimo. Il fatto è che la nostra stessa geografia è contraddittoria. A Nord abbiamo gli Stati Uniti, che determinano un aspetto della nostra identità, perché sono in qualche modo il nostro sogno americano, e a Sud abbiamo la coda centro-americana che ci segue nel nostro tendere verso il Nord. Una situazione un po' surreale. Octavio Paz individuò molto bene l'identità messicana. Un'identità che si nasconde dietro molte maschere, che ancora risente profondamente della violazione perpetrata dalla conquista spagnola. Nello stesso tempo il messicano vuole forgiarsi un'altra identità; un'identità di uomo nuovo basata su qualcosa che, francamente, non saprei definire, soprattutto quando questo sforzo lo porta poi a dimenticare la sua realtà indigena. Le grandi tradizioni culturali preispaniche sembrano appartenere ad un lontano passato, invece esse soggiacciono ed emergono inavvertite o inaspettate. Il mio aspetto, il mio viso, hanno chiaramente l'eredità dei miei antenati indigeni. Eppure ho preso coscienza del segno sociale che questo può rappresentare, venendo in Europa, mentre nel mio paese mi sono sempre sentita omogenea perché è la classe di ricchezza che discrimina più di quella dell'appartenenza etnica. In questo, Messico è diverso dagli altri Paesi latinoamericani. Il fenomeno del Chiapas, dove il Sub-comandante Marcos è riuscito a ridare coesione e dignità di popolo alla cultura indigena, si sviluppa senza maggiori violenze; sfila e manifesta perfino nelle strade della Capitale, applaudito dagli intellettuali di sinistra di tutto il mondo.

INDIPENDENZA CATALANA: ELOGIO DEL NONSENSO

di Paolo Basurto

Lo scorso 9 novembre (il 9N, come lo chiamano gli spagnoli), la Catalogna è stata teatro di uno spettacolo che lascia a dir poco, perplessi. I giornali italiani hanno chiamato l'avvenimento: referendum sull'indipendenza. E ne hanno parlato, quasi tutti in toni sorprendentemente elogiativi, come una manifestazione democratica di massa. In realtà, nelle intenzioni dei massimi promotori, e cioè la coalizione dei partiti attualmente al governo nella regione, avrebbe dovuto essere un referendum sull'indipendenza. Ma il Governo centrale non lo ha permesso ed è ricorso alla Corte Costituzionale che ha dichiarato l'iniziativa inammissibile perché contraria alle norme abbastanza chiare della Costituzione. Il Presidente della Regione, Arturo Mas, ha allora astutamente aggirato i 'no' del Governo e della Corte, e il 9 novembre ha fatto svolgere una consultazione sondaggio, formalmente voluta e organizzata, non più dalle istituzioni locali, ma da alcune delle tante organizzazioni private collegate ai partiti indipendentisti.

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I PARTITI POLITICI SONO MORTI. VIVA I MOVIMENTI ?

di Marco Borsotti

Da molti anni il Movimento Cinque Stelle nelle parole del suo portavoce più conosciuto, Beppe Grillo, ha annunciato la morte dei partiti politici in Italia. Non vi era spettacolo o comizio dove Grillo non ripetesse il suo mantra che i partiti politici non esistevano più, si erano estinti anche se nessuno lo ammetteva. Quest'autunno, francamente con certa sorpresa, leggo che ormai il tema non é più prerogativa del M5S e dei comizi o proclami in rete di Beppe Grillo, ma invece é diventato argomento di discussione sui giornali di maggiore tiratura, in testate che non possono essere sospettate di sponsorizzare anche se indirettamente il Movimento Cinque Stelle.

Le misure del disincanto per il voto

Da tempo si parlava e scriveva diffusamente della crisi dei partiti del centro destra dove ormai neppure gli eletti in quelle liste, sembrerebbe, siano disposti a pagare contributi per il loro funzionamento. Di questi giorni la notizia che Silvio Berlusconi ha dovuto provvedere di tasca propria i fondi necessari a sanare il sempre più preoccupante deficit finanziario del Partito che lui dirige. Rimaneva, però, ancora l'impressione che nel centro sinistra almeno il Partito Democratico conservasse una sua solidità, unico partito di massa sopravvissuto al crollo della Prima ed, ormai direi, anche Seconda repubblica. Invece, dati non ufficiali diffusi da Repubblica, il quotidiano diretto da Ezio Mauro, fanno capire che ormai la militanza di base del partito si sta rapidamente squagliando, quasi meno ottanta percento d'iscrizioni tra il 2013 ed il 2014.

IL MISTERO DEL TTIP

Partenariato per il Commercio e gli Investimenti-Libertà di Strozzinaggio

Chi sono il ‘Mercato’

(VI)

di Marco Borsotti


Indicatori Finanziari

Oltre agli indici di crescita, siamo ormai abituati leggere sui giornali ed ascoltare in televisione continui riferimenti ad altri tipi d'indicatori che, leggendo e sentendo quanto ci dicono gli esperti, hanno grande importanza perché forniscono orientamenti utili a decidere come debba svilupparsi il futuro dell'Europa. Si tratta degli indicatori finanziari, quelli che illustrano la reazione dei “mercati” a decisioni prese o a comportamenti adottati nel contesto sia europeo che di ogni singolo paese. Si tratta di una lunga serie di indicatori ormai divenuti d'uso comune anche se alla fine rimangono sempre pochi quelli che li comprendono e quindi ne sappiano fare un uso appropriato. Cercherò di elencarne i principali: SPREAD (differenziale sul rendimento dei titoli pubblici), Tasso di cambio $ vs. €, Tasso d'inflazione, Stock Exchange (Indicatori di Borsa Valori:in questo caso l'elenco é molto lungo, ma quelli più citati oltre al nostrano FTSE MIB, sono il Down Jones americano, il DAX tedesco, il London Stock Exchange britannico, il NIKKEI giapponese e  il NASDAQ misura dello stato di salute dell'industria informatica, mi fermo perché elencarli tutti sarebbe troppo lungo ed alla fine poco rilevante), il Rating (valutazione) delle tre principali agenzie Standard & Poor's, Moody's e Fitch, gli indicatori del mercato delle materie prime, quello dei principali beni dell'agricoltura, quello dell'industria che a sua volta si differenzia per grandi settori produttivi, manifatturiero, tessile, ecc., la Bilancia dei Pagamenti, il Tasso d'Interesse della Banca Centrale. Spiegarli tutti porterebbe via troppo spazio e non penso sarebbe alla fine veramente utile ai fini di quest'analisi, quindi mi limito ad illustrare brevemente il senso di quelli che reputo principali perché più utilizzati nella volgarizzazione giornalistica e televisiva.

IL MISTERO DEL TTIP

Partenariato per il Commercio e gli Investimenti-Parametri e Bugie

(V)

di Marco Borsotti

Avendo appena dimostrato come nel mondo ed in Europa crescano soprattutto le diseguaglianze sociali con i ricchi sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri, cerco adesso d'esplorare che cosa s'intenda per crescita economica ed, in un secondo momento, se di crescita di ricchezza reale effettivamente si tratti. La crescita economica é al centro di tutte le discussioni. Tutti, o meglio quasi tutti dal momento che da varie decadi sta prendendo piede una linea di pensiero economico che prefigura la decrescita come la giusta soluzione ai problemi economici del pianeta, gli economisti concordano nel riconoscere nella crescita del sistema economico l'aspirazione cui ambire, il traguardo che permette giudicare se le politiche economiche in atto siano giuste o sbagliate. Su tutto il resto possono discordare, ma la necessità di crescere é una certezza che quasi nessuno discute. Tutto deriva dalla cognizione che l'essere umano deve il suo assurgere alla testa della piramide ambientale al fatto che nel tempo ha saputo con il suo lavoro forgiare quanto gli ha permesso di passare dall'essere uno dei tanti bipedi della savana sino a diventare uno dei mammiferi con miglior esito nella lotta per la sopravvivenza e la propagazione della specie, almeno sino al momento attuale. Meglio degli esseri umani, per ora, stanno facendo soltanto gli insetti.

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