L'Europa solidale non è nata e quello attuale è un pasticcio sempre più ingovernabile. Se ne può uscire solo recuperando le grandi prospettive del progetto originario

EUROPA SCETTICA

II

di Marco Borsotti

Dobbiamo continuare a fidarci dell'Euro?

In Italia, come in quasi tutti i paesi dell'area a moneta unica europea, l'avvento dell'Euro fu presentato come un'opportunità da non mancare perché avrebbe tutelato tutti dalle turbolenze finanziarie che nel passato avevano generato crisi, anche severe, delle economie nazionali. In Italia, tutti ricordano le norme anti crisi dalle misure per ridurre il consumo privato d'energia con le domeniche a targhe alterne o il limite imposto al riscaldamento domestico per poi arrivare ai prelievi forzosi dei risparmi direttamente dai conti correnti per permettere allo Stato di fare cassa. Per questa ragione, l'esistenza di una moneta forte sostenuta dall'insieme delle economie di tutti gli Stati associati, rappresentava e rappresenta senza dubbio un passo avanti. Superato il periodo iniziale con l'adeguamento a volte truffaldino dei prezzi tra paesi membri della zona Euro, l'avere avuto una moneta unica ha rappresentato indubbi vantaggi non solo per chi commerciava con il resto d'Europa o viaggiava nel vecchio continente, ma anche per chi restando a casa riscontrava nella stabilità dei prezzi e del costo della vita, assicurate entrambe da valori bassi d'inflazione, un utile rispetto ai tempi in cui l'inflazione erodeva costantemente i redditi delle famiglie.

Quindi, perché oggi molti rimpiangono, sia pure solo a parole, i tempi prima dell'avvento dell'Euro? La ragione economica é relativamente semplice. La moneta é strumento di scambio che per poter funzionare adeguatamente richiede che le politiche economiche praticate dai paesi dell'area siano quanto meno coerenti tra loro. Ma questo da solo non basterebbe perché dietro ad ogni moneta esiste sempre un'entità responsabile per la sua emissione che ne gestisce anche la circolazione. La combinazione di politica economica e di calmieranti della circolazione insieme garantiscono una certa stabilità. Nell'Europa dell'Euro mancano entrambe le condizioni e, almeno per il momento, non sembra che esista una volontà politica per porvi rimedio. Ogni paese dell'area decide la politica economica autonomamente, almeno sin tanto che non si trovi in stato di crisi e debba ricorrere agli aiuti strutturali europei, senza veri limiti che impongano quanto meno norme per compensare e coordinare le scelte fatte dai singoli Stati. La BCE emette la moneta e ne controlla il volume circolante perché responsabile di limitare il rischio d'inflazione, ma oltre questo non ha potere per intervenire con i vari Stati. La BCE può prestare alle banche, ma non agli Stati rendendoli così succubi delle volatilità del mercato finanziario privato, l'unico presso cui possano attingere liquidità. A mio parere, entrambe queste limitazioni sono peccati capitali che condannano l'Euro ad essere esposto al rischio di speculazioni per farne salire o scendere il valore. In queste condizioni l'Euro non é la moneta sicura che era stata promessa e che tutti, più o meno, avevano accettato come una conquista da attribuire all'Unione Europea pur se l'adesione all'Euro avvenne quasi ovunque per decisione del potere esecutivo sancita poi dalla ratifica di quello legislativo. Le persone non vennero consultate con referendum perché si argomentò che la materia era troppo tecnica e complessa per poter essere ridotta al semplice sì o no del quesito referendario. Questa posizione ha certamente molti elementi a suo favore, con l'aggravante, però, che i cittadini non sentono come realmente loro questa scelta e, quindi, accettano di scaricare sulla moneta che non hanno scelto le colpe di quanto non funzioni nell'economia e nel paese, anche quando questo non sia del tutto vero. L'esempio con l'Euro é il più semplice e di maggior impatto per capire lo scollamento tra tutto quanto associato all'Unione Europea da un lato e la massa dei cittadini europei dall'altro. Ragionamenti simili si possono fare per quasi tutto quanto é associato al funzionamento della Commissione europea, ente come già scritto in precedenza formato da persone nominate per dirigerla o da burocrati che non risulta chiaro a chi debbano rispondere per le conseguenze delle loro scelte. Ormai, tutto il gettito dell'IVA finisce nelle casse della Commissione che decide come spenderlo. Politici come Margaret Thatcher fecero e stanno facendo la propria fortuna politica nazionale mettendo in discussione questi assiomi europei, ma vediamo alcuni esempi per capirne meglio la portata e le possibili implicazioni che mi pare siano gravemente sottostimate.

 

Ungheria, il lato oscuro.

Il caso della repubblica magiara mi sembra molto rilevante per presentare un quadro delle conseguenze del non voler confrontarsi con il problema della legittimità dell'Unione Europea. Iniziamo con lo scrivere che gran parte della stampa presenta la situazione ungherese come un rigurgito di fascismo. Il partito di Victor Orbán, Fidesz é stato eletto con una larga maggioranza che gli ha permesso di avere i numeri per modificare la Carta Costituzionale del paese come promesso in campagna elettorale. La nuova Costituzione permette al governo di controllare la Corte Costituzionale, la Banca Centrale e gli fornisce strumenti per poter facilmente controllare anche la Stampa. La legge modifica la legge elettorale rendendo di fatto più difficile entrare nel contesto elettorale visto che i requisiti per la presentazione di candidature richiedono un numero molto alto di firme. Per finire, nella Costituzione si menziona persino il Dio cristiano violando quindi il principio che vorrebbe lo Stato neutrale con relazione alla questione religiosa, garante della libertà individuale di avere o non avere una fede. Il governo, poi, ha approvato misure di ordine pubblico che puniscono l'accattonaggio, discriminano le minoranze etniche e rendono anche più stringenti i controlli sulle possibili forme di protesta pubblica nelle strade e nelle piazze del paese. Non vi sono dubbi che simili misure giustificherebbero l'uso dell'appellativo fascista quando ci si riferisca a quanto messo in atto dal governo magiaro attuale. Il governo ha reso anche possibile riaprire il contenzioso con eventi avvenuti durante il periodo di dominazione del partito comunista autorizzando procedimenti penali contro esponenti dell'allora governo ed ha modificato la legge sulla cittadinanza dei magiari viventi all'estero mettendo in questione niente meno che il Trattato di Trianon, quello che alla fine della Prima Guerra Mondiale aveva privato l'Ungheria di quasi due terzi del suo territorio, lasciando vasti gruppi di etnia magiara come minoranze in paesi limitrofi.

Ungheria, il risvolto della medaglia.

Fino a questo punto il lato oscuro della medaglia, quello di cui i giornali si sono occupati e che ha provocato le attenzioni minacciose della Commissione Europea e di altre entità internazionali come il FMI o il Dipartimento di Stato statunitense. Meno conosciute sono però altre misure adottate da questo stesso governo, misure che hanno portato il britannico Economist, ma persino The Guardian a non accettare la bollatura di questo governo come fascista e basta. Per entrambi, l'esperienza magiara é una miscela che coniuga attenzione allo stato sociale con misure di stampo nazionalistico e conservatore, spesso più verbali che sostanziali. In primo luogo, il governo ha approvato misure che proteggono il paese da scelte economiche prese all'estero affinché non possano essere imposte nel loro territorio senza che prima abbiano ottenuto l'approvazione qualificata dei due terzi del Parlamento. Di conseguenza, molte delle norme dei Trattati europei non hanno attuazione in Ungheria. Per questo, tra l'altro, si decise di mettere la Banca Centrale sotto il controllo del Parlamento per fermare qualunque decisione presa a Francoforte dalla BCE. Per preservare la propria autonomia, il governo ha anche deciso di liquidare il debito contratto nel passato con il IMF e chiedere a questo organismo di chiudere gli uffici e lasciare il paese. Guardando a quanto fatto dal IMF in Grecia, non ci si può stupire che una simile decisione abbia incontrato il plauso degli elettori magiari. Il governo ha quindi proceduto ad adeguare le pensioni con aumenti, al momento già tre sono stati messi in atto, che ne elevano gli importi per portarli a valori dignitosi per le persone. Queste misure sono state anche accompagnate da interventi tesi a migliorare le prestazioni dello stato sociale e ridurre le spese per le famiglie e le imprese imponendo alle imprese energetiche che operano nel paese prima un taglio del 10% su tutte le tariffe per luce, gas e riscaldamento, seguito poi da un'ulteriore riduzione del'11,1%. L'Economist ricorda che pur dopo l'approvazione di queste misure, il 31% della popolazione rimane a rischio di povertà e che settori economici vicini al partito di governo godono di una situazione di privilegio che permette loro ampi margini di profitto su tutte le loro attività. Rimane comunque rilevante che l'Ungheria invece d'adottare le misure d'austerità che l'UE impone, segue un cammino differente e questo assicura al governo ed al suo capo un ampio margine nelle previsioni per l'elezioni che si terranno l'anno che viene.

La Germania.

Siamo tutti abituati ad ascoltare lezioni di comportamento corretto che arrivano da Berlino che per bocca dei politici di quasi tutte le tendenze spiegano ai cittadini di altre Nazioni dell'Unione che per meritare il posto in questo club privilegiato di paesi bisogna aver svolto bene i propri doveri, nel caso contrario i cittadini debbono “fare i loro compiti”, espressione che significa accettare misure anche draconiane d'austerità, per riportare ordine nei loro conti pubblici. Paradossalmente, la Germania da anni non sta facendo con rigore i suoi di compiti e continua a sforare il limite del 6%, limite veramente alto e generoso, della propria bilancia dei pagamenti. Che cosa significa questo limite e perché questo può accadere dal 2007 sino ad oggi. La Germania da anni attua una politica di contenimento dei costi di produzione interna con vari metodi che vanno da forme di sussidio associate con riduzione delle spese energetiche o con tariffe preferenziali per le tassazioni sul lavoro dipendente. Tutte queste misure hanno permesso all'industria tedesca di competere con successo non solo sul mercato esterno all'Unione, ma anche e soprattutto nel mercato interno a scapito principalmente dei paesi del sud Europa, quelli che oggi si trovano in difficili situazioni debitorie. Normalmente, questo non sarebbe successo perché la teoria del commercio internazionale insegna che paesi in surplus vedrebbero la loro moneta rivalutarsi sino ad equilibrare la situazione di scambio con gli altri paesi. Questo non può succedere in Europa perché tutti usano la stessa moneta, quindi non esiste il meccanismo della rivalutazione, mentre l'Euro, per il successo tedesco sui mercati esterni all'Unione rimane sopravalutato con rispetto ai costi e alle capacità dei paesi più deboli. La Germania, quindi, beneficia della moneta unica per continuare una politica di contenimento dei costi interni di produzione a scapito degli altri paesi membri. La Banca Centrale tedesca riconosce questo stato di cose, ma si affretta a precisare che, per risolvere il problema, gli altri paesi dell'Unione debbono porre ordine nei loro conti perché così facendo permetterebbero alla Germania di allineare la propria eccedenza ai parametri richiesti. Insomma, il cane che vuole mordersi la coda.

La mappa dell'Euro scetticismo.

I casi appena illustrati spiegano le cause dei problemi interni all'Unione e come risposte differenti trovino differenti atteggiamenti da parte del pubblico. Però, comunque si voglia guardare il problema, i cittadini stentano a vedere nell'Unione la risposta alle loro difficoltà, in un caso perché le politiche d'austerità imposte da Bruxelles impoveriscono senza risolvere nulla, nell'altro perché chi rifiuta d'accettare la ricetta dell'Unione ne risulta beneficiato e, per ultimo, gli intransigenti incapaci di prendere in considerazione misure di solidarietà tra Stati membri sono i primi a trarre beneficio dalla situazione. Questa situazione sta portando vantaggio a partiti e movimenti popolari che fanno della contestazione all'Europa un emblema della loro battaglia politica, mentre partiti tradizionali sia conservatori che riformatori si sono tutti appiattiti nella difesa dell'ortodossia liberista che é l'unica presa in considerazione a Bruxelles. Conseguentemente il rifiuto per l'Europa incontra favore presso tutti i paesi della zona meridionale, ma ormai sta spandendosi anche in vaste zone del centro ed anche del nord Europa. Alcuni esempi, Alba Dorata, partito d'estrema destra ellenico risulterebbe vincitore se si andasse a votare adesso. Solo pochi anni fa, questo stesso partito non riusciva a raccogliere i voti necessari per passare lo sbarramento e portare deputati in Parlamento. In Francia sembrerebbe che il Fronte Nazionale stia ottenendo un risultato simile e potrebbe divenire il partito più votato alle prossime elezioni europee. Una situazione simile esiste in Austria, Olanda, Portogallo, Cipro. In Ungheria il partito anti europeo é già al potere. In Italia, sia la Lega Nord che il M5S assumono posizioni critiche con l'Unione. In Inghilterra, il partito conservatore sta giocando la carta di chiamare a referendum i cittadini sull'opportunità di continuare ad essere parte dell'EU perché in calo di consensi e consapevole che questa misura potrebbe rilanciare la sua popolarità. Posizioni simili si stanno riscontrando anche tra paesi di più recente adesione come la Repubblica Ceca.

Non facciamo come gli struzzi; i problemi bisogna guardarli in faccia.

La crisi iniziata nel 2007 é stata certamente il fattore che ha generato quest'ondata di scetticismo ed in alcuni casi di aperta opposizione, ma i presupposti esistevano anche prima perché la gente aveva perso la comprensione di quanto stava succedendo con la percezione, spesso motivata, che le decisioni prese a Bruxelles fossero frutto di scelte prese da burocrati senza tenere in dovuto conto l'opinione della gente. Mi pare che soprattutto la fretta politica, giustificata dal desiderio d'isolare la Russia, d'associare quanti più Stati possibili di quella che era stata l'Unione Sovietica ed il Patto di Varsavia si sia dimostrata una fuga in avanti che nessuno ha veramente accettato. La scelta dettata da considerazioni di natura tecnica di privilegiare l'adozione di una moneta unica é stata quanto meno precipitosa a scapito del rigore che avrebbe dovuto richiedere. Molti pensano che l'Europa Unita sia cresciuta troppo e troppo in fretta. Avere una politica monetaria comune a tanti paesi senza avere strumenti adeguati, senza una politica interna ed estera comune, si sta rivelando un rischio con costi sociali imprevisti e senza controllo. Il Parlamento dovrebbe diventare il vero organo legislativo dell'Unione così come la Commissione dovrebbe diventare vero organo esecutivo con un mandato riconducibile direttamente agli elettori europei. I governi nazionali ed i Parlamenti nazionali dovrebbero cedere il potere che ancora conservano limitandosi ad operare per quelle materie che siano di esclusivo interesse locale. In altre parole, ci si dovrebbe muovere con rapidità verso una vera Federazione Europea lasciando l'ibrido in cui ci troviamo, ma questo pare impossibile. Infatti, la politica istituzionale europea ha fatto quadrato attorno alle scelte che lei stessa aveva fatto, pur quando era divenuto chiaro a tutti che i costi sociali erano non solo enormi, ma per molti insostenibili. Così facendo, ha aperto spazio ed opportunità a chiunque abbia proposto di cambiare tornando indietro, spesso velleitariamente, a situazioni precedenti l'avvio dell'Unione. Personalmente, non mi pare che si possa continuare ad ignorare il malcontento popolare perché questo potrebbe portare ad una rottura traumatica dell'impianto dell'Unione. Mi pare indispensabile rivedere le politiche d'aggiustamento strutturale abbandonando i parametri liberisti sin ora seguiti per adottare politiche che permettano una ripresa della spesa sociale e misure atte a stimolare l'occupazione. Per far questo, é necessario che si arrivi anche ad accettare il principio di solidarietà tra Nazioni consociate. Probabilmente, nuove adesioni debbono essere congelate e il processo d'integrazione dei paesi già ammessi deve essere dilazionato nel tempo. L'Europa é certamente stata condizionata dagli interessi della grande finanza, la City di Londra, ma soprattutto le grandi banche europee che sono state quasi le sole a trarre beneficio dall'austerità imposta. Il loro ruolo nella BCE deve essere ridotto, la BCE deve invece iniziare ad operare come la Federal Reserve o la Banca Centrale del Giappone. Mi rendo conto di quanto sia difficile muoversi in questa direzione, ma il non farlo potrebbe causare un ritorno a quello stato di rivalità interna che nei secoli aveva portato l'Europa a dilaniarsi in lunghe guerre. Ma su tutto, mi pare prema una priorità, bisogna riprendere il dialogo con le popolazioni, spiegare, convincere, ma anche ascoltare e saper riconoscere gli errori commessi trovando l'umiltà per correggerli e chiedere scusa per il danno apportato. Per farlo ci vorrebbero persone di visione e carisma che oggi mi pare manchino nel contesto europeo, nuovi Schumann capaci d'ispirarci. Il voto di Maggio s'avvicina senza che, almeno in Italia, si sia aperta una discussione seria sull'Europa per capire dove si stia andando e che cosa convenga fare a noi italiani per non rischiare di vedere buttato via il sogno di un'Europa simbolo di pace interna e con le altre Nazioni, ma al tempo stesso simbolo di collaborazione e solidarietà tra i popoli che l'abitano, araldo di un modello di vita che ponga al centro il rispetto per le persone.

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