IL MISTERO DEL TTIP

Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti (TTIP)

(II)

di Marco Borsotti

La Statistica per Trilussa

Ascoltando il 15 maggio scorso il dibattito tra i cinque candidati a capo delle maggiori coalizioni europee, quasi non potevo prestare fede alle miei orecchie quando ho ascoltato Jean-Claude Juncker (Ppe) affermare che il TTIP (Trans-Atlantic Trade and Investment Partnership) avrebbe portato nelle tasche degli Europei più denari citando a conferma quanto scritto sul sito della Commissione Europea dove si millanta una crescita del reddito per ogni famiglia che vive nei 28 paesi dell'Unione di oltre 500 euro annuali in conseguenza di un supposto guadagno globale di 119 miliardi di euro. Per rispondere a simile sciocchezza, non devo scomodare nessun altro che Trilussa che in un suo famoso sonetto dava la spiegazione più esauriente all'errore logico di chi presume che un supposto guadagno globale si riparta equamente tra tutti, io mangio un pollo e tu nulla, ma per la statistica abbiamo mangiato mezzo pollo a testa. Quello che preoccupa nel cercare di capire che cosa sia il TTIP, che cosa prospetti per i cittadini europei, per le grandi, medie e piccole imprese, per le leggi vigenti nei vari paesi europei, non é soltanto la segretezza che copre tutto quanto riguardi i negoziati: contenuti, modalità, conseguenze derivanti dalla firma dell'accordo, ma anche la forma direi quasi volgare e priva di rispetto per l'intelligenza di chi legge, di quanto viene reso pubblico, soprattutto nell'informazione a larga diffusione, quella indirizzata ai cittadini europei perché possano farsi un'idea di questa proposta. Come ho già scritto in precedenza, delle bozze d'accordo non si sa nulla d'ufficiale. I documenti sono segreti, visibili soltanto ai pochi che sono parte delle negoziazioni.

 

I governi dei 28 paesi sono aggiornati periodicamente alle riunioni del Consiglio Europeo sui progressi nei negoziati perché, secondo la Commissione, avrebbero derogato la loro presenza al tavolo negoziale con gli Stati Uniti in quanto certi che la Commissione avrebbe non solo rappresentato tutti i loro interessi, ma anche ottenuto risultati migliori e più coerenti, perché i Commissari avrebbero potuto meglio di chiunque altro sintetizzare scelte che massimizzassero i desiderata di tutti,. (Neppure a loro é comunque permesso accedere ai documenti originali e debbono quindi accontentarsi di quanto é loro detto). In quanto ai cittadini, si spera che non siano interessati a sapere e comunque che si fidino del fatto che i loro interessi stiano a cuore ai loro rappresentanti istituzionali, quindi se proprio vogliono sapere qualche cosa debbono accontentarsi di una pagina del portale della Commissione dove alla voce TTIP si trovano risposte alle domande che si presume siano più frequenti. Per un organismo che si erge a paladino della trasparenza, debbo riconoscere che quanto stanno facendo in questo caso rappresenta il massimo dell'incoerenza.

Dove si trovano le informazioni

Ovviamente, come sempre succede, si possono leggere su alcuni giornali, non molti in verità, commenti ed anticipazioni su quanto si starebbe discutendo al tavolo del TTIP. Circolano, anche, sulle pagine di varie organizzazioni non governative commenti e persino bozze di quello che sarebbe il contenuto dell'accordo. Non avendo elementi di verifica per accertare se, quanto scritto da voci di seconda o terza mano, corrisponda o no al vero, ho quindi deciso, almeno per ora, di non farne uso per portare avanti il mio lavoro d'analisi e limitarmi, quindi, al poco d'ufficiale che é accessibile, a chiunque voglia consultarlo, sul portale della Commissione Europea. Infatti, dopo aver letto quel poco, mi pare ci siano già sufficienti elementi per poter avviare un'analisi critica del progetto sia nel metodo che nei contenuti. Informazioni sul TTIP si trovano a questo indirizzoall'indirizzo.

Il portale, é disponibile in varie lingue. Ho personalmente verificato i contenuti in alcune delle lingue che conosco e constatato che le traduzioni sono accurate e consistenti. Presumo che i documenti originali siano in inglese, visto che i negoziati sono con gli Stati Uniti, ma non escludo che possano esistere anche versioni di lavoro per lo meno in francese. Comunque, i documenti riportati nella pagina sono disponibili in tutte le lingue dell'Unione, ma questo non é valido per i documenti di riferimento che invece sono disponibili soltanto in inglese. Esiste anche un questionario in tutte le lingue ufficiali per una consultazione pubblica dove sono ammessi a rispondere sia imprese o associazioni che cittadini interessati. Per concludere, la Commissione organizza anche consultazioni pubbliche che si svolgono a Bruxelles e che sono trasmesse in contemporanea sul web. Il formato di queste consultazioni prevede presentazioni realizzate da funzionari della Commissione a cui seguono domande da parte degli spettatori presenti a cui é chiesto esplicitamente di non esprimere commenti, ma limitarsi a richiedere, chiarimenti su quanto hanno ascoltato o letto. Questi incontri durano in genere circa due ore.

L'Operazione Trasparenza della Commissione europea

Voglio far notare che da parte della Commissione esiste un grande sforzo per dare l'apparenza di assoluta trasparenza del processo in corso, ma , a mio giudizio, il processo è condotto in modo da assicurare a chi lo gestisce il costante e totale controllo per impedire che possano svilupparsi discussioni in direzioni non volute dagli organizzatori. Si inizia con il non accedere ai documenti originali, ma con il conoscere soltanto quanto gli oratori vogliono svelare del loro contenuto. Si limita poi l'accesso alle consultazioni ad un numero relativamente ristretto di partecipanti, circa duecento, lasciando a tutti gli altri accesso soltanto attraverso il questionario che possono compilare in linea e presentare all'attenzione della Commissione. In questo modo, gli organizzatori mantengono un controllo assoluto che permette, quanto meno, di evitare situazioni potenzialmente imbarazzanti provocate da domande o commenti considerati inopportuni. Basti poi ricordare che dimostrazioni di piazza anche pacifiche di dissenso, sono state trattate, dai Governi coinvolti, come gravamente lesive dell'ordine pubblico, comportando il fermo dei dimostranti per la loro identificazione, anche in assenza di esplicite violazioni della legge. Questi comportamenti sono volutamente intimidatori e repressivi. La trasparenza voluta dalla Commissione Europea é una trasparenza di facciata, che va bene sin tanto che non si arrivi a mettere in questione la legittimità stessa del processo negoziale, fatto che non é contemplato come accettabile dagli organizzatori e, quando si cerchi di esprimere dissenso con manifestazioni pubbliche, questo viene represso con la forza.

Le mie prime riflessioni

Esposti questi chiarimenti che spiegano il metodo che ho seguito nell'impostare la mia analisi, entro adesso nel vivo della discussione. Parto dall'affermare che dopo aver consultato quanto disponibile, ho sviluppato una serie di obiezioni all'intero processo, delle quali quella più di fondo è che i negoziatori vedono soltanto nella continua crescita dell'economia la risposta ai problemi dello sviluppo. Questa obiezione richiede ampio spazio per poter essere spiegata e non é soltanto pertinente con la questione dell'opportunità o meno di firmare questo trattato. Altre, invece, sono più puntuali, come riflessioni sul perché la riduzione delle barriere al commercio vada fatta solo con l'eliminazione degli ostacoli non tariffari e non invece con la diminuzione, ed in certi casi persino abolizione, di accise o altre forme di tassazione. Altre volte, mi sono soffermato a commentare le differenze d'approccio tra l'EU e gli USA, per esempio nel campo giuridico, mettendo in luce quanto possa essere complesso trovare punti di confluenza tra i due sistemi.

Gli Obiettivi del TTIP secondo la Commissione

Ma iniziamo con il lasciare alla Commissione la spiegazione della necessità del TTIP. L'obiettivo é, cito dalla fonte, “eliminare gli ostacoli commerciali (tariffe, normative inutili, restrizioni agli investimenti, ecc) in una vasta gamma di settori economici, semplificando l'acquisto e la vendita di beni e servizi tra l'UE e gli USA. L'UE e gli USA desiderano inoltre facilitare gli investimenti delle proprie aziende in entrambe le economie.” Subito dopo, per spiegare come questa idea sia nata, continuano “L'idea di un accordo commerciale tra l'EU e gli USA non é nuova. In realtà governi, imprese e rappresentanti del mondo accademico ne discutono da molto tempo. Negli ultimi anni l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno cominciato a percepire che é giunta l'ora di realizzare questa idea.

Voglio far notare come gli interessi dei cittadini non siano mai menzionati. A questo commento, mi si potrebbe obiettare che gli Stati rappresentano gli interessi dei cittadini e che menzionarli sarebbe pleonastico. Se é per quello, gli Stati rappresentano anche le imprese, quindi perché menzionarle? Il fatto é che la teoria politico-economica che sottende tutto questo discorso é quella che vuole che quanto risulti conveniente per il “mercato” sia poi anche la cosa più conveniente per tutti. Si menziona il mondo accademico, ma restando sul generico, perché il mondo accademico é diviso su molte di queste affermazioni con alcuni che arrivano a mettere in questione l'intera teoria del mercato come il miglior elemento di regolazione dell'attività produttiva umana. Per certo, alcune scuole di pensiero propongono questo modello di scelta come l'opzione ideale per la collettività. Ma si deve riconoscere che, al momento, dopo la crisi del 2007, questo modo di pensare é considerato il maggior responsabile di quanto successo, per aver permesso il formarsi di bolle speculative ed il successivo tracollo dell'economia mondiale. Quindi, con il dovuto rispetto per il parere della Commissione, quello del mondo accademico non é necessariamente in sintonia con il loro.

Aggiungo a questo un'altra considerazione di principio. In democrazia, ed in Europa e negli Stati Uniti dovremmo vivere in regime di democrazia, le idee innovative dovrebbero essere discusse ed approvate dal popolo che per questo é definito sovrano, unico depositario del potere supremo. Non trattandosi, nel caso del trattato in oggetto, di questione marginale, le linee fondamentali dovrebbero essere discusse, sottoposte ad una votazione che desse mandato per la conduzione delle negoziazioni e quindi il tutto dovrebbe essere approvato con almeno un voto parlamentare che sottoscrivesse i termini dell'accordo. Questi dettagli di forma sono ovviamente scappati alla burocrazia europea che continua a macinare migliaia di leggi, trattati e regolamenti senza un vero mandato popolare e senza consultazioni appropriate per sostenere che i cittadini approvino quanto la burocrazia non elettiva sta realizzando. L'intero apparato dell'Unione europea é in crisi, ignorarlo é dannoso e pericoloso prima di tutto per la sopravvivenza della stessa Unione dal momento che il disfavore pubblico é ormai palpabile e senza un recupero di legittimità da parte degli organismi dell'Unione, Parlamento, Commissione europea, Consiglio, si rischia che il tutto possa crollare con conseguenze difficili da prevedere.

Che cosa non ci dicono

Ma ci sono altre gravi omissioni in queste affermazioni iniziali che la Commissione elabora per spiegare la natura e l'opportunità del TTIP. Non si parla infatti dei negoziati nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale del Commercio OMC. Infatti, da anni i paesi membri di quest'organismo internazionale sono bloccati su negoziati che tra l'altro toccano aspetti che dovrebbero essere parte del TTIP. Le ragioni dello stallo sono molteplici e contrappongono i paesi altamente industrializzati, dove EU e USA rappresentano la quasi totalità di loro, con i paesi emergenti e quelli ancora in via di sviluppo. Sorge legittimo il dubbio che il TTIP voglia mettere tutti di fronte ad un fatto compiuto che definisca un precedente a cui gli altri paesi debbano poi allinearsi pena la loro possibile emarginazione nell'economia mondiale. Infatti, é ormai evidente che gli equilibri economici stiano modificandosi come riconosciuto in un recente rapporto del 2014 della Banca Mondiale Purchasing Power Parities and Real Expenditures of World Economies.

Sino a pochi anni fa, gli Stati Uniti, l'Europa ed il Giappone coprivano una quota maggioritaria dell'economia mondiale sia come produzione di beni e tecnologia, sia di mercato. Per questo, i G5, poi diventati G8 (oggi meno 1 visto che la Russia é in disgrazia), potevano riunirsi e prendere decisioni che poi avevano ripercussioni su tutto il pianeta. Da alcuni anni, al G8 si é dovuto, sottolineo dovuto, allargare il campo ai paesi emergenti, costituendo il G20, semplicemente perché stava diventando sempre più complesso imporre al mondo le decisioni di un gruppo d'élite. Oggi, i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) stanno generando strutture economiche alternative a quelle del FMI, della WB e dell'OMC, tutte istituzioni sotto il controllo americano, che tra breve potrebbero cambiare l'orizzonte economico del pianeta.

Da questo, l'urgenza di arrivare ad un accordo tra l'EU e gli USA che possa nel migliore dei casi deragliare quel tentativo o quanto meno contenerlo. Di questo non si parla, ma dovrebbe essere al centro della discussione perché, per esempio, non sono per nulla convinto che la risposta migliore al cambiamento economico in corso, sia portare in rotta di collisione grandi interessi economici. Le ultime due guerre mondiali derivarono proprio da quel tipo di politiche. Mi chiedo se di questo siano consapevoli i negoziatori del TTIP e coloro che nel mondo della finanza internazionale ne sponsorizzano la rapida approvazione. Di certo, di questo non sanno nulla o quasi i diretti interessati all'accordo, i cittadini dell'Unione europea e degli Stati Uniti.

 

 

 

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