LA FABBRICA DELLA PAURA

di Gisella Evangelisti
 
                                 "Vale piú accendere una candela che continuare a lamentarsi del buio"  [proverbio diffuso in tanti paesi]
 
La crisi umanitaria que affronta l'Europa in questo momento non rappresenta solo un'enorme sfida logistica e organizzativa,  ma suscita e rimuove emozioni profonde, mettendo allo scoperto la nostra vulnerabilitá di fronte alle masse di persone che si accalcano ai nostri confini, con bimbi e fagotti. Ci stanno invadendo!  E sono musulmani, e parlano lingue strane. Gli Sconosciuti che entrano nel nostro giardino.  Mamma, li Turchi!
Questo articolo è l'introduzione dello studio condotto da Luciano Carpo assieme a Gisella Evangelisti sul tema dell'emigrazione e i suoi stereotipi. Chi avesse interesse a leggerlo lo può scaricare in versione word oppure e.book dall'area download di questo sito
Sono la stesse emozioni che un individuo sperimenta quando l'avvisano che gli resta pochissimo tempo di vita, osserva lo psicoanalista e filosofo sloveno Slavoj Zizek: all'inizio risponde con la Negazione:  (faccio finta di niente, finché possibile), poi con la Rabbia, (perché proprio qui, a me, a noi?), poi col  Negoziato (si spera di posticipare il problema),  poi con la Depressione, (siamo perduti!) e finalmente con l'Accettazione: é parte della vita, ( o della storia ): cosa si puó  fare? 
Per ora, nel confuso panorama europeo sembrano prevalere Rabbia, Paura e Incertezza, anche se a metá di settembre, la foto del bimbo sirio annegato nel mare fra Turchia e Grecia parve scuotere  le coscienze e portó  migliaia di persone nelle strade a manifestare Solidarietá ed Empatia verso i rifugiati, moltiplicando le iniziative di volontariato un po' dappertutto.  Dai, almeno un po' di pasta e qualche coperta possiamo raccoglierle, per tutta questa gente che deve dormire all'aperto, no?
Ma fino a quanto é giusto accogliere queste masse straniere con bimbi e fagotti, per non perderci NOI?  Continuano a chiedersi in molti. Chi siamo NOI?  All'improvviso pare che tutti abbiamo bisogno di definire la nostra identitá nazionale. Mentre i mass media continuano a martellare sull'opinione pubblica ingigantendo la Paura, lo  scrittore Houellbeck in Francia pronostica una futura cupa Francia islamizzata (ma con segreto godimento dei maschi poligamici...finalmente! ), i neonazisti  incendiano centri di accoglienza in Germania, i governi di alcuni  paesi dell'Europa Orientale (dove, secondo  la scrittrice Herta Mueller, per il loro prolungato isolamento politico gli stranieri erano visti con diffidenza), alzano  fili spinati ai loro confini. Un po' per volta, anche i paesi piú aperti, come Svezia e Germania, pongono limiti alle entrate.
 
Quanto alla giovane Italia dai mille campanili, la sua labile identitá, (fin dai tempi di Dante) pare consolidarsi quasi solo davanti a un boccale di birra e qualche partita vittoriosa ai Mondiali di calcio, ma si perde nelle nebbie dell'arraffa-arraffa di tante amministrazioni locali, dove il Bene del Paese vada pure a farsi fottere. E si cade nel ridicolo quando i “nobili” padani, con tanto di ampolla sacra con l'acqua del Po, dopo aver lottato per separarsi e distinguersi  dall'”ignobile” Italia, attraversano la Terronia (ossia tutta l'Italia a sud di Bologna) per andare alla conquista elettorale  non solo di Roma Ladrona, ma anche di quei vituperati meridionali, figli degli immigrati, a cui appunto certi padani non affittavano casa nei tempi grami del dopoguerra. Chi é il piú Italiano in questo bel vicinato?
 
Il fascismo, afferma la filosofa statunitense Judith Butler, rappresenta un insieme di pulsioni e concetti non ben digeriti che adesso rispuntano con la crisi migratoria. La politica di austeritá in Europa ha portato a estremizzare le Paure, e l'Odio verso i Diversi.  L'identitá nazionale é qualcosa di costruito nella storia, sempre in relazione con gli Altri, e sempre in movimento. Quando ha bisogno di consolidarsi e definirsi come pura, espelle le minoranze. Certo, di fronte a chi arriva nel nostro paese, dobbiamo spiegare quali sono i  nostri diritti e doveri come cittadini.   Ma non dimentichiamo il contesto. 
 
Dagli anni Ottanta, grazie alla Tatcher e a Reagan, siamo entrati nell'era del capitalismo globalizzato, dove tutti, in teoria, possono cercare migliori opportunitá di vita e di lavoro, ovunque. Beautiful!  In realtá, vediamo che  il sistema funziona meglio per chi ha capitali da trasferire nelle isole Caimane o vuole vendere gioielli ai ricchi arabi a Dubai, piuttosto che per i giovani,  armati di un diploma e di un biglietto aereo low cost, (nel migliore di casi), o, invece, di un carissimo biglietto in un barcone arrugginito, se sono profughi in cerca di fortuna in un paese del Nord. E´ vero,  le nostre imprese piú creative possono comprare enormi estensioni di terreno in Patagonia per allevare pecore merinos e rifornirsi di  lana per confezionare bei maglioni of all colours, che verranno cuciti da donne in Bangla Desh con salari miserrimi. E pazienza se molti dei lavori svolti dai nostri operai spariscono per l'automazione delle macchine o perché le lavorazioni vengono trasferite  in paesi poveri. Peró, tutti  beneficeremo del libero mercato, ci é stato ripetuto per anni  come un mantra. Ma le leggi migratorie sono spesso un labirinto per chi emigra in cerca di lavoro. Cresce la disuguaglianza sociale, e mentre si gonfiano di zeri i patrimoni dei  Paperoni di tutto il mondo, anche nei paesi industrializzati  aumenta chi perde casa e lavoro e finisce col dormire per strada. Cosí non funziona, brothers. Non si puó anteporre il culto al denaro alla vita delle persone, ha sostenuto il Papa nel suo forte discorso al Congresso degli Stati Uniti.“Terra, Libertá e Lavoro” sono un diritto per tutti gli esseri umani, ha affermato poi nelle Nazioni Unite, chiedendo che si affrontino la disuguaglianza e la povertá create da questo sistema economico, che si risolvano i conflitti col dialogo, che non si inventino nemici per fare guerre, che i paesi del Sud del mondo abbiano maggiore rappresentanza in una ONU riformata. Un sogno che ha bisogno di moltissimi sognatori e sognatrici per realizzarsi.
 
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Non sappiamo se sono la maggioranza, ma molti europei di fronte all'attuale dramma dei rifugiati si sentono ANCHE a Disagio. O addirittura, sentono Vergogna. Se è vero che le migrazioni sono parte della storia umana, negli ultimi secoli  sono stati gli europei a emigrare, occupando il continente sudamericano, africano e in parte asiatico, alimentando il mercato di schiavi. E piú recentemente, non esitiamo  a vendere armi a parti e paesi in conflitto, a dittatori che non rispettano i diritti umani, o a portare in Africa residui tossici, rovinare il delta del Niger con l'estrazione del petrolio, o praticare allegramente il land grabbing (accaparramento di grandi estensioni di terre in Asia ed Africa, per aziende e governi stranieri, espellendo i piccoli agricoltori locali) ovviamente per motivi speculativi, in barba alla fame altrui. E le nostre gloriose auto europee, come la Volkswagen, ma non solo, quante balle gigantesche ci raccontano, nascondendoci la quantitá dei gas di scarico con effetto serra realmente  emessi: quelli  che danneggiano soprattutto, vedi caso, i paesi poveri dei tropici. Non abbiamo di sicuro da dare lezioni di moralitá a nessuno. Nel dopoguerra molti europei si sono rifugiati anche in Africa, e nessuno parlava di crisi migratoria, ci dicono gli africani.  Adesso le migrazioni, dovute a guerre e cambiamenti climatici, colpiscono soprattutto Africa e Medio Oriente. Cinque anni di siccitá hanno preceduto la rivolta popolare contro Al Assad in Siria. In un futuro che dovremmo scongiurare, si prevede che il cambio climatico manderá sott'acqua le terre dove vivono 280 milioni di persone. Non ci sará da meravigliarsi se le crisi umanitarie continueranno a premere su paesi come i nostri (anche se disugualmente), abbastanza  prosperi.  
Dopo gli attentati di Parigi, perpetrati da islamisti europei, Hollande parla di  Vendetta, spietata, e intensifica i bombardamenti sullo Stato Islamico. Ma la guerra contro ISIS  non é una guerra  tradizionale, ricorda Loretta Napoleoni. Dopo 15 mesi di bombardamenti della coalizione occidentale, ISIS non dá segni di indebolimento, perché alle sue consuete fonti di finaziamento, dai sequestri al petrolio, al contrabbando, recentemente si é aggiunto anche il traffico sui rifugiati che devono passare il confine tra Siria e Turchía, pagando dai 5000 ai 7000 dollari. E riesce ad attrarre e reclutare a costo zero, attraverso le reti sociali, anche con videogiochi,  tanti  giovani scontenti di mezzo mondo, in crisi di identitá, e credono trovarla magari in un suicidio esplosivo che concluda un'orgia di sangue. Sentendosi eroi, dopo aver ucciso decine di persone inermi che invece, amavano la vita. Le cellule jhadiste sono libere di organizzarsi e agire come meglio credono, senza gerarchie, e questo facilita il diffondersi degli attentati.
 
Imam arabi e rabbini ebrei pregano adesso insieme davanti al Bataclan, il locale dove furono uccisi 89 giovani, per scongiurare l'odio fra le comunitá religiose. Junker avvisa di non confondere terroristi con rifugiati, cosa che le destre europee si affrettano a fare. La battaglia é culturale, contro l'esasperazione dei nazionalismi, contro l'idea che ci sia una lotta fra civiltá, che ci siano i Buoni e i Cattivi a seconda del nome che dai o non dai al tuo dio.
 
E allora? La lezione più importante, secondo molti attenti studiosi internazionali, come Stiglitz, Baumann, Zizek ecc. è che l'umanità deve prepararsi a vivere in un modo più flessibile e nomade, la "sovranità nazionale" dovrebbe essere ridefinita e si devono inventare nuove forme di cooperazione con i paesi di dove la gente é costretta ad emigrare.  L'Europa deve decidere se accettare il suo declino, economico e demografico, rinunciando ai valori su cui si fonda, (come la libertá di movimento e la solidarietá sociale), ritirandosi in una fortezza assediata e sempre pericolante, o accettare la sfida che lancia un mondo in ebollizione,  arrivando a scoprire prima o poi, che il mix culturale è una ricchezza. Anche perché la volontà e il desiderio di eccellere, che dimostrano  la maggior parte degli studenti immigrati, è qualcosa che gli insegnanti vorrebbero vedere anche negli studenti locali.
 
Intanto, cominciamo con l'affrontare, senza negarle, le nostre Paure, e analizzare quanto  vi é di reale e quanto di immaginario. E ascoltiamo,  in questo Dossier,  anche l'esperienza di chi queste Paure ha cercato di superarle, e si é rimboccato le maniche per accendere una candela, invece di continuare a lamentarsi del buio.  E´sempre piú necessario, lo crediamo.  
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