CI STIAMO RIMANGIANDO IL ‘900?
Aborto in Polonia: il tempo marcia all’indietro
di Andreina Russo
K. tornando dall’ufficio si affaccia sorridendo in cucina, dove sto preparando la cena, e mi saluta con un ciao mentre prosegue per la sua camera. Sicuramente va a liberarsi del tailleur d’ordinanza dal colore serioso e a mettersi addosso qualcosa di informale, come piace ai giovani in tutto il mondo. Questa amica polacca, da poco funzionaria dell’Unione europea, mi stupisce sempre per il contrasto tra il suo aspetto esteriore caratterizzato da una bellezza delicata e fragile (è una quasi sosia della Venere botticelliana, le manca solo la conchiglia sotto i piedi!) ed una personalità forte, una capacità di impegno incredibile, una determinazione che l’aiuta a superare ostacoli e fatiche. Quando torna in cucina sembra un’altra, indossa un paio di fuseaux e una maglietta a maniche corte, sul cui fondo nero spicca, stilizzato a linee bianche, una specie di fiore, (un giglio?), che attira la mia curiosità. Si mette a ridere e mi dice: Hai visto? Non è che ti scandalizzi? Mi scandalizzo? Per un fiore? Seppure, a guardarlo bene, un fiore strano, con due appendici laterali, di cui una si avvolge su se stessa come un pampino. Poi finalmente “vedo” il soggetto: è un utero di donna, completo delle sue tube, ma quella di destra è disegnata in modo da trasformarsi in un braccino che termina in una manina con le dita piegate tranne il medio, provocatoriamente ben teso verso l’alto. Nessuna sigla o parola accompagna l’immagine. Ovviamente la spiegazione è d’obbligo.
K., ritornata seria, mi racconta una vicenda della primavera scorsa, che mi è sfuggita, non so se per mia disattenzione o perché i media italiani le hanno dato poco risalto. La cosa mi interessa perché conferma, assieme a tante altre analoghe, un’idea che mi tormenta da un po’ di anni, quella che ci stiamo, un po’ alla volta, rimangiando il novecento.
Ecco i fatti: dall’ottobre del 2015 governa in Polonia il partito di maggioranza Diritto e Giustizia, che ha vinto le elezioni grazie al sostegno della Chiesa cattolica ma anche alla promessa di voler realizzare una serie di riforme a favore della “famiglia tradizionale”. Mentre quindi il governo fresco di nomina si metteva all’opera alacremente per aumentare il proprio controllo sul Tribunale Costituzionale, sugli enti anti-corruzione, sui servizi segreti e sui mezzi di comunicazione, nella primavera 2016 alcune organizzazioni cattoliche hanno lanciato una campagna per raccogliere 100.000 firme allo scopo di chiedere al governo una proposta di legge di iniziativa popolare che modifichi profondamente la legge sull’aborto attualmente vigente, che risale al 1993. Questa, che è una delle leggi più restrittive in Europa, prevede tre casi in cui l’aborto è legale: serio pericolo di vita della madre, grave malformazione del feto, stupro. La proposta che il governo dovrebbe presentare al parlamento ridurrebbe i casi al primo, cassando gli altri due e rendendo quindi quasi impossibile l’aborto legale in questo paese. I dati ufficiali dicono che ogni anno in Polonia vengono eseguiti meno di 1000 aborti legali, mentre organizzazioni femminili denunciano che più di 100.000 donne polacche abortiscono clandestinamente o vanno nei paesi limitrofi per farlo. La prima ministra polacca, Beata Szydlo, pur negando che questo disegno di legge fosse già scritto, ha dichiarato ufficialmente di essere favorevole all’iniziativa delle organizzazioni promotrici, mentre il portavoce del governo si è espresso in modo ancora più esplicito: “dobbiamo e vogliamo restaurare il primato dei valori cristiani di difesa della vita e distanziarci dal comodo main stream dell’Europa secolarizzata.” La Chiesa polacca si è mossa immediatamente ed il 3 aprile in tutte le chiese del paese i sacerdoti hanno letto durante la messa un comunicato emesso dalla conferenza episcopale dei vescovi polacchi, che chiedeva al governo di tutelare la vita del feto fin dal giorno del concepimento, senza dubbi e senza eccezioni. Ed è scattata, violenta, la protesta dei cittadini, che hanno dato vita a grandi manifestazioni di piazza, innalzando due simboli opposti: migliaia di stampelle di ferro come riferimento ai pericoli degli aborti clandestini e, più esplicito e irriverente, l’utero femminile che campeggiava su manifesti, striscioni, magliette fieramente indossate. Le mogli di tre ex presidenti polacchi, tra le quali Danuta Walesa, hanno preso posizione contro l’iniziativa dei cattolici ed hanno scritto “Ogni aborto è una tragedia. Ma non vogliamo aggravare la tragedia delle donne obbligandole a dare alla luce i figli di uno stupro o obbligandole a rischiare la loro vita e la loro salute o quelle dei loro figli.” La protesta femminile si è espressa anche attraverso i social network: la pagina Facebook della prima ministra è stata inondata da migliaia di messaggi di donne che, tra ironia e violenza verbale, l’hanno accusata di voler controllare da vicino uteri, ovaie e gravidanze. Un esempio per tutti: “Caro primo ministro, grazie del suo interesse per la mia salute e per il mio utero e della sua disponibilità a voler controllare il mio corpo e le mie abitudini. Vorrei informarla che sono al mio terzo giorno di mestruazioni, il sanguinamento è normale ma i dolori sono molto forti.”
Sembra di tornare indietro nel tempo: mi torna vivida la memoria sgradevole del periodo in cui in Italia si azzuffavano abortisti e antiabortisti. Erano i primi anni 70’ e le donne italiane prendevano lentamente coscienza che esiste un modo di essere donne diverso da quello imposto loro per millenni, come corollario di una società in cui la visione maschile predominava in assoluto. Questa, da sempre, lasciava all’altro sesso un ruolo gregario rispetto a quello dell’uomo, incentrato sulla gestione della casa, dei figli, dei beni familiari. Ruolo sicuramente importante (la donna “regina della casa”!), ma funzionale al mantenimento del divario tra i due sessi e finalizzato ad assicurare al maschio un ambiente protetto e tranquillo, alleggerendolo dalle occupazioni e dalle preoccupazioni del vivere quotidiano e permettendogli di dedicarsi liberamente a professioni, attività (e passatempi!) di più ampio respiro. Una parte importante della nuova consapevolezza delle italiane, influenzate dalle esperienze analoghe delle donne dell’Europa del Nord, riguardava la riflessione sulla loro vita sessuale e riproduttiva, capace, finalmente, di abbattere molti miti che per secoli avevano contribuito a definire naturali ruoli e tabù derivanti da posizioni ideologiche e culturali. Quando iniziarono le lotte per il riconoscimento dei diritti della donna, anzitutto quello della parità giuridica ed economica con l’uomo, la mia generazione abbracciò appassionatamente le ragioni delle donne, ma io, giovane madre, come tante altre coetanee, sentii nascere in me un conflitto insanabile tra la valutazione dei problemi derivanti da gravidanze indesiderate o piene di pericoli e l’orrore istintivo che mi procurava la sola idea di troncare una vita che pulsava e cresceva dentro di me. Non era, per molte di noi, uno scrupolo religioso o morale, era semplicemente l’espressione dell’istinto di protezione di una creatura fragile e senza difesa. Da una parte, quindi, mi forzavo a riflettere sulle tremende difficoltà che molte donne affrontano a causa dei problemi familiari, relazionali, economici, ambientali che si oppongono alla prosecuzione di una gravidanza e alla nascita di un bambino che non avrebbe le garanzie minime per una crescita sana e serena, dall’altra guardavo i miei bambini così piccoli e così fiduciosi nel nostro amore di genitori e mi chiedevo se avessi mai avuto il coraggio di troncare il loro futuro. Temevo che la legalizzazione dell’aborto avrebbe reso tale pratica più frequente, in qualche modo più “normale”. Pensavo che se anche un solo bambino non fosse nato senza una ragione più che valida, anzi drammaticamente necessaria, per negargli la vita, si sarebbe trattato davvero di un atto inaccettabile. Poi mi arrabbiavo con me stessa e mi dicevo che ero la classica ragazza borghese, cresciuta in un ambiente ovattato, che non sapeva uscire dal comodo ambito della propria esistenza ed accettare l’idea che la realtà per moltissime donne era ben diversa. Insomma votai per l’aborto, e stetti male per mesi. Oggi in Italia l’aborto legale è sempre più ostacolato, nella pratica, dall’obiezione di coscienza che dilaga tra il personale medico, dovuta più che ad un vero problema etico/religioso, al rifiuto della minoranza dei non obiettori di farsi carico di tutti gli aborti richiesti, con relativi danni economici e di carriera. Ma il numero degli aborti non è aumentato, anzi, è fortemente diminuito ed il 70% di essi riguarda donne immigrate. Questo dimostra che col passare dei decenni l’educazione sessuale e la prevenzione, diffuse largamente nella popolazione femminile italiana nonostante opposizioni e ritardi, hanno dato i loro frutti.
Ma torniamo alla Polonia: mentre le proteste continuavano, la Gazeta Wyborska a seguito di un’indagine statistica affermava che il 69% dei polacchi considera l’aborto immorale e inaccettabile, ma l’87% sostiene l’interruzione di gravidanza in caso di pericolo per la donna, mentre solo il 14% è a favore di un divieto totale. Forse questi risultati, e la persistenza delle proteste nel paese, hanno convinto il governo a recedere dal suo appoggio alla proposta di legge dei cattolici. Il fatto è particolarmente importante perché è la prima volta che il governo di Diritto e Giustizia ascolta le proteste e si dimostra sensibile alle reazioni dell’opinione pubblica. Si può dunque sperare in un adeguamento delle sue posizioni alle istanze democratiche dei cittadini? In realtà negli ultimi mesi ha suscitato aspre polemiche anche a causa delle riforme approvate in altri campi, tendenti ad affermare un maggior controllo sui media e in genere sulla vita politica, tanto da spingere la Commissione Europea ad avviare un’indagine preliminare senza precedenti, tesa a verificare se le nuove leggi polacche violino i principi democratici dell’Unione.
Il problema dell’aborto in Polonia non è certamente risolto ma solo rimandato: la prima ministra e il capo del partito di maggioranza hanno dichiarato che la proposta di legge dovrà essere riconsiderata e discussa, ma che comunque si terrà conto anzitutto della salute e della dignità della donna. Si vedrà quale peso politico avranno sui piatti della bilancia da un lato la posizione della Chiesa polacca, dall’altra la maturità di una popolazione che dimostra di aver fatto tesoro dei grandiosi rivolgimenti politici, sociali ed economici seguiti alla fine del regime comunista.
Mentre torno in cucina a preparare la cena, K. accende il computer e si dedica alla sua ora di pilates, collegata con il suo trainer che risiede negli Stati Uniti. C’è solo una generazione tra me e lei, eppure che differenza abissale. Merito forse di una crescita accompagnata da meno favole sentimentali e più consapevolezza della realtà.