VENTI NUOVI GONFIANO LA GERMANIA

di Andreina Russo

Nel settembre scorso alle elezioni del consiglio comunale di Berlino un risultato che ha sorpreso anche i più attenti osservatori è stato l’incredibile successo della Piratenartei, il Partito dei pirati che, nato in Svezia  nei primi anni del nostro  secolo, approda in Germania nel 2006 e si diffonde rapidamente su tutto il territorio nazionale. Ma il risultato berlinese, vicino al 10%, è un fenomeno inaspettato  per gli stessi membri del giovane partito, al punto tale che alcuni dei seggi conquistati non solo a Berlino centro, ma anche nelle circoscrizioni più periferiche, non possono venire coperti per esaurimento delle scarne liste di candidati presentate.

Per capire meglio il fenomeno  e coglierne gli aspetti più innovatori e le analogie con fenomeni emergenti nel mondo politico italiano, ho pensato di fornire anzitutto, in questa prima parte, i dati essenziali che possono fornirci un quadro chiaro del fenomeno, sia in termini numerici che attraverso la traduzione (delle cui eventuali inesattezze chiedo preventivamente scusa) dei principi generali dell’interessante  programma del partito. Esso si presta a numerose osservazioni che svilupperò nella seconda parte di questo lavoro, che sarà  pubblicato prossimamente.

[segue il programma del Partito]

LA RIUNIONE A FERRARA DEL MOVIMENTO 5 STELLE

SPERIMENTAZIONE, EFFICIENZA ED ENTUSIASMO

di Paolo Basurto

Ferrara. Ore 9 del mattino del 27 novembre. Il nebbione di ieri sera si è un po’ diradato e la speranza del Sole si affaccia timidamente. La mia ansia per Roberto G. diminuisce alquanto. E’ partito da Monterotondo alle 4 e mezza, e se la nebbia fosse stata quella di ieri sera ….

In Via Savonarola, 3 c’è una porticina ben chiusa. Non mi hanno dato il giusto indirizzo. Brutto segno, penso con rassegnazione, infastidito dalle due crostate di contributo pranzo e dal peso della valigetta-computer completa di penne chiavette e prolunghe come hanno prescritto gli organizzatori.

La vecchia chiesa di San Francesco è tutta dei grillini. Dunque si entra dalla porta principale.  Nella piazzetta antistante non manca qualche manifesto. Un bel po’ di persone sono già in coda per registrarsi. Gente allegra, puntuale e con molte crostate come le mie… Mi rassereno al solo guardarli in faccia. Accoglienti e disponibili alla chiacchiera che inevitabilmente mi coinvolge per le mille domande che ho sempre voglia di fare. Ma non c’è il tempo di far troppo il curioso. Alle 9,30, come previsto dal programma, iniziano i lavori. La registrazione è avvenuta con un’efficienza sorprendente (mi ricorda i tempi della grande riunione della Rete regionale del Lazio. Sospiro di nostalgia, tristezza e un po’ di invidia). Alle 9,30 arriva anche Roberto, felice di avercela fatta.

Siamo in 220, ci informa Paolo Michelotto, che ha ricevuto il dato a tempo di record dall’ottimo team della registrazione. La

Crisi, finanza e lavoro: tutte le politiche che si possono fare

Di Joseph Stiglitz

[Questo testo è apparso come prefazione al volume dell’Istituto Sindacale Europeo-ETUI Exiting from the crisis: towards a model of more equitable and sustainable growth (ETUI, 2011) scaricabile dal sito. Scritta prima del precipitare della crisi dell’estate, l’analisi di Stiglitz presenta le alternative di politica economica per affrontare la crisi. Il testo è riprodotto grazie a: www.sbilanciamoci.info]  

Il sistema che ha portato alla crisi è un “surrogato del capitalismo” fondato sull’ideologia del libero mercato. Le risposte che sono state date alla crisi hanno cambiato assai poco, il sistema resta fondamentalmente ingiusto. Ma ci sono politiche economiche che possono cambiare le cose, aumentare l’uguaglianza, l’occupazione e i salari.

Forme diverse di economia di mercato esistevano anche prima della crisi attuale, e ad esse erano associati differenti modelli di policy. Per molti aspetti il “modello nordico” – quello dei paesi del Nord Europa – è riuscito a ottenere nel lungo periodo risultati migliori rispetto ai modelli alternativi, incluso quello americano, e il dibattito di politica economica si è chiesto se il “modello nordico” potesse essere applicato a paesi con condizioni differenti: potrebbe funzionare anche altrove e portare ad alti livelli di innovazione per un lungo periodo di tempo?

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