LA TAZZINA DI CAFFE'

Barcellona e la crisi quotidiana  - Storie dal Consell de Cent

di Gisella Evangelisti

Chi é stato a Barcellona sa che il famoso appartamento gestito dalla  Locandiera Dos, (alias Gisella in una delle sue polifacetiche versioni, )   in Consell de Cent, sta sopra un glorioso locale , il bar Ristorante Casa Agustì, che sorse negli anni 50 dalle fatiche di un ragazzo che portava al mercato  carretti di verdure, finché, carretto oggi e carretto domani, mise su un ristorantino dove una laboriosa moglie cominció a trasformare in piatti divini quello che la terra e il mare producevano, dai funghi ai pesci ai cipollotti e asparagi, alle costole di agnelletti e cosi via. I clienti si leccavano i baffi e facevano la fila per prenotare una cena al ristorante, tanto che dovettero ampliarsi e prendere più camerieri, fino ad arrivare a 11 dipendenti.

FRAMMENTI DI STELLE

Conversazione di Salvatore Mazzeo sul M5S

Fare politica

Parlare del Movimento 5 Stelle mi fa un po' soffrire. Ho investito molto in questa esperienza e ci ho creduto. In un certo senso ci credo ancora. Una fede disperata e pessimista di chi non crede ai miracoli ma spera lo stesso che ce ne possa essere uno. Non sono un 'appassionato' della politica ma me ne sono sempre interessato. La politica è un dovere. La nostra vita è regolata dalla politica. Non possiamo sfuggire anche quando pensiamo di non farci coinvolgere. Purtroppo nel nostro Paese la situazione è sempre stata senza spazi per chi, come me, aveva voglia di contribuire e partecipare ma in modo responsabile e pulito. Quattro o cinque anni fa mi iscrissi all'IDV. Si presentava come il Partito dell'onestà e della trasparenza e sembrava che aprisse le porte a chi volesse davvero dare una mano. Non è stata un'esperienza felice. Come tutti abbiamo visto, il minimo che si possa dire è che Di Pietro non è stato capace di scegliere i suoi collaboratori e l'IDV è divenuto una specie di Comitato d'affari, altro che partito della trasparenza. Eppoi il verticalismo imposto dalla personalità di Di Pietro soffocava ogni possibilità di sviluppo partecipativo. Lo stesso verticalismo che oggi affligge il M5S.

Il fascino del M5S

L'esperienza con l'IDV mi aveva addirittura angosciato. L'italia andava a rotoli e a me e a tanti altri come me, non rimaneva che assistere impotenti soffocando nel nostro terribile senso di frustrazione. Sono relativamente fortunato. Abbastanza giovane, ho la fortuna di avere una bella famiglia e un buon lavoro. Faccio il cameraman alla Rai e credo di saperlo fare bene. Ma forse è proprio il mestiere che faccio che mi dà la misura quotidiana della degenerazione della nostra società e ho sempre sentito una forte responsabilità per il futuro che si sta preparando per i nostri figli. Quando il M5S nasce, la proposta era chiara e, per me, estremamente attraente: cambiare il sistema della democrazia rappresentativa, ormai esaurito e insufficiente e completamente dominato dalle oligarchie delle caste, e avviarsi sulla strada di una democrazia, aperta alla partecipazione diretta dei cittadini.

BONJOUR BEIRUT

Realtà e sovrascrittura libanese

di Federico De Matteis

Nel 1986 il gruppo pop argentino G.I.T. pubblicò, nel suo terzo album, la canzone Buenas noches Beirut, ballata dai toni apocalittici dedicata al conflitto che già da dieci anni stava devastando la capitale libanese e tutto il resto del paese mediorientale. Difficile, oggi, immaginare come nell’era prima di Internet l’eco di eventi che si svolgevano al capo opposto del pianeta potesse percolare, seppure filtrata, fino all’immaginario collettivo di un’altra         [Il Lungomare di Hamra-Fig.1]

nazione tormentata dalla violenza, anche se di diversa matrice e visibilità. Le immagini televisive bastavano per convogliare la distruzione causata dai bombardamenti israeliani del 1982, realtà evocata anche dai CCCP in Emilia paranoica di due anni dopo: «Brucia Tiro / Sidone il roipnol fa un casino se mescolato all’alcool / Bombardieri su Beirut».

Ma quello che è stato il primo conflitto ampiamente visualizzato dai mass media, prima che nel 1991 con Even better than the real thing gli U2 raccontassero la Guerra del Golfo come un’embrionale esperienza di “realtà aumentata” per i piloti degli aerei americani, ha prodotto uno scollamento tra la realtà fisica di Beirut e la sua immagine, divaricazione quanto mai evidente oggi, a più di venti anni dalla conclusione del conflitto. Benché la configurazione odierna di quello che un tempo veniva chiamato Balad, il centro storico, sia pesantemente orientata dall’azione speculativa della grande public company fondiaria, Solidere (Société libanaise pour le développement et la reconstruction de Beyrouth), creata nel 1994 dall’allora premier Rafic Hariri, nonché dagli interessi economici di costruttori decisi a trasformare Beirut in una nuova Dubai o Abu Dhabi, lo spazio urbano rappresenta un interessante ballon d’essai per la lettura dei processi di stratificazione e sovrascrittura della città. Che cosa c’è di “vero”, oggi, a Beirut? In che misura l’anastilosi delle forme urbane del passato può riuscire a rendere giustizia di uno spessore ulteriore, dell’ineffabile peso del “reale”?

TRA MIMOSE E GELSOMINI

Voci dal Forum Sociale Mondiale in Tunisia

di Gisella Evangelisti

Ce l’hanno fatta, le associazioni della societá civile tunisina, a organizzare con pochissimi fondi  il dodicesimo Foro Sociale Mondiale a Tunisi, dove si prevedeva l’arrivo, tra il 25 e il 30 marzo, di 70 mila persone da tutto il mondo  (con 2700 organizzazioni)  per condividere  esperienze alternative per "un altro mondo possibile". Il Foro si é svolto in un campus moderno, con edifici bianchi e finestre blu, tra alberi di mimosa. Vi circola una gioventú vivace e appassionata, che discute in gruppi, distribuisce opuscoli, suona tamburi. Questa gioventú ha dato un gran tributo di sangue alla “rivoluzione dei gelsomini” del 2011,  ma non ha ricevuto ció che si aspettava: lavoro e democrazia.

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