Gli anni della mia “militanza” nella scuola. Si, militanza, così sentivo allora il mio ruolo di insegnante. Giovanissima, ero entrata assai presto nel mondo del lavoro e, nei tempi della contestazione, mi ero ritagliata il mio spazio di lotta all’interno della scuola, una scuola elementare di quartiere, zona “Forcella”, a Napoli, dove i fermenti e la voglia di cambiamento era sentita da insegnanti e genitori che lavoravano insieme, credendo con fiducia che dalla scuola potesse partire la svolta anche per il riscatto di un quartiere da sempre degradato economicamente, socialmente, culturalmente, e dove l’economia del vicolo e le attività illegali erano l’unica possibilità di sopravvivenza.
Sono stati anni di grandi fervori: assemblee, corsi di aggiornamento, cortei per i vicoli del quartiere, anche con i bambini, sperimentazioni, tempo pieno, scuola aperta e dialogo con le istituzioni locali. Allora a Napoli grandi speranze venivano dalla giunta Valenzi , capace di far leva sulle risorse umane, professionali e intellettuali presenti nella città, e di mobilitarle con proposte concrete.
E intanto nel resto d’Italia, nelle scuole di ogni ordine e grado, fino all’università, accadeva quanto descrive Mad: Il mondo dei giovani capovolgeva valori, cancellava stereotipi, modificava prospettive, spesso anche con degli eccessi che spaventavano gli adulti, ma con una forza e una fiducia nel cambiamento che riusciva anche a contagiare le altre generazioni.
“L’immaginazione al potere”, si urlava nelle piazze, sventolando i testi di Marcuse, e l’esplosione della vitalità giovanile dava l’illusione che prima o poi questo potesse accadere, mentre avveniva un mutamento dei costumi, dei gusti, degli stili e dei modelli di riferimento, di cui ancora oggi esistono le tracce.
Cos’è accaduto da allora?