{jcomments on}‘IO TI ODIO !

riflessione breve sulla violenza

di Paolo Basurto

‘La situazione dell’umanità, oggi, è troppo seria, per consentirci di dar retta ai demagoghi –soprattutto quelli che sono attratti dalla distruzione- o ai leaders che usano soltanto il cervello, perché il loro cuore ormai si è indurito. Il pensiero critico e radicale darà i suoi frutti soltanto quando si unirà alla più preziosa qualità umana: l’amore per la vita.” [E.Fromm, Anatomia della distruttività umana]

Certo, ‘Io ti Odio’ è un brutto titolo. Parole tristi e rabbiose che non si vorrebbe mai usare. Eppure l’odio è un sentimento che si alimenta delle relazioni umane e quando dalla sfera privata si infiltra in quella sociale diventa una peste, un male contagioso, un bubbone avvelenante che quando scoppia produce la violenza distruttiva della vendetta.

Ma l’odio ha sempre una radice e imparare a distinguerne le cause può aiutare molto a esorcizzarlo, o, perlomeno, a contenerne il contagio.

Le bombe negli uffici di Equitalia sono una violenza inammissibile. Lo hanno detto tutti i big politici intervistati, preoccupatissimi di prendere le distanze da una modalità di manifestazione sociale, scorretta, anzi delittuosa e senza scusanti. Nessuna forma di violenza –è stato detto e ripetuto- può essere mai tollerata in un paese che si ritenga democratico.

Chi invece non ha perso l’occasione per dissentire dal coro e farne un pretesto di ulteriore provocazione, è stato Grillo. Si è permesso di scrivere, nel suo seguitissimo blog, “Se Equitalia è diventata un bersaglio bisognerebbe capirne le ragioni oltre che condannare le violenze.”(1) Insinuando che, forse, certe procedure di Equitalia andavano riviste anche e proprio per comprendere meglio  come potessero essere controproducenti e divenire causa di reazioni violente e, probabilmente, organizzate.

Per una volta il tono di Grillo sembrava addirittura pacato e persuasivo e non urlato e aggressivo come al suo solito. Eppure, la reazione del mondo politico è stata scandalizzata fino all’ipocrisia. Non sembrava vero. Grillo scopriva finalmente le sue carte e si mostrava per quello che è: un populista provocatore e sostenitore della violenza.

La violenza….La parola violenza ripetuta e rifritta, con smorfie di disgusto e di orrore.

Ora, il punto non è difendere Grillo, che se la cava molto bene da solo, e nemmeno, come è ovvio, ammiccare in qualche modo all’uso della violenza in politica. Il punto è capire che viviamo immersi nella violenza. La violenza è parte del sistema la cui incontenibile degenerazione nutre quotidianamente il terreno già fertile che produce la violenza stessa.

Certo c’è violenza e violenza. C’è la violenza apparentemente garbata delle parole ben scritte ma taglienti come rasoi; quella sgarbata delle ingiurie; quella velenosa delle calunnie; c’è poi quella delle bugie dei politici; dei loro soprusi arroganti; quella del disprezzo dei ricchi; degli abusi dei preti; del carcere preventivo….Poi, ci sono le violenze pesanti, quelle sulle donne; degli assassini e dei ladri; delle polizie che sparano sulle folle; dei fanatici dello stadio; dei fanatici religiosi;  dei fanatici politici… , dei fanatici tout court. Ci sono anche le piccole esasperanti violenze quotidiane, della moto che romba in piena notte, del bullo che non rispetta nessuno, delle file interminabili e inutili; inezie apparenti capaci di spezzare i nervi dei più deboli e portarli anche ad uccidere. Ma la più subdola è la violenza formalmente legale: lo Stato che non ti paga; il processo interminabile; le tasse occulte; lo spreco impunito e senza mai responsabili; la multa come una trappola; la burocrazia inefficiente; il veleno industriale…..; e, finalmente, l’esosità delle tasse e l’irrispettosa modalità con cui talvolta si esigono.

Come stupirsi se il cittadino non partecipa alla vita politica della collettività? Con tutta questa violenza la paura è latente. E’ meglio nascondersi. Il basso profilo lascia passare l’onda, poi si potrà riemergere e tornare a respirare, almeno un poco. Però c’è un limite. Anche il Maghreb se n’è accorto dopo molti decenni, che quel limite c’era ed era stato abbondantemente superato. E quando la rabbia diventa furia emerge la violenza. Ma è una violenza che risponde alla violenza. Certo non si può fare di tutt’erba un fascio. C’è violenza e violenza. La provocazione è un’attenuante ma non può giustificare pienamente la reazione omicida. Ma forse va anche detto che c’è provocazione e provocazione. L’operaio cinquantenne che perde il lavoro, non ne troverà più uno nuovo. Intanto il termine per andare in pensione si prolunga sempre di più. Lo hanno licenziato per far posto ai precari e a tutti quei giovani che si accontentano di qualsiasi cosa pur di avere un salario, per infimo che sia. I nuovi schiavi. Gli sfruttati del 2000, come nell’’800. Giustificata o no, la sua rabbia è ormai un disturbo psichico, una pressione emotiva che aspetta solo l’occasione per esplodere.

L’ultimo libro di Grillo s’intitola cupamente: ‘Siamo in Guerra’(2). Ma non è vero. Siamo in una pentola a pressione, invece. Il terribile fatto che l’attuale classe politica non si accorga dell’abisso verso il quale ci sta portando è un segnale in più di quanto poco i nostri rappresentanti capiscano i loro rappresentati.

Se ne accorgono molto di più gli impiegati di Equitalia, gente come tutti, che cerca di fare al meglio un lavoro difficile ed essenziale e che mette del proprio per attutire i guasti di un meccanismo freddo e indifferente. Un giorno come tanti di quelli in cui la ressa rende il clima soffocante e intolleranti le persone, uno di loro, mi disse: “questo lavoro mi consuma l’anima. Le leggi sono spesso fatte male. Le interpretazioni vanno e vengono. La gente non sa che  fare, i commercialisti nemmeno ( con quello che costano…) e a volte nemmeno io. Allora dò dei consigli come posso, per trovare scorciatoie e raggiungere il traguardo nel modo più rapido e indolore per tutti. Ma qui siamo sempre di meno e non c’è il tempo per parlare alla persone con pazienza”. Me lo sarei abbracciato; eppure, dieci minuti prima, tra la folla vociante e inviperita, ero pronto ad aggredirlo con la mia rabbia e il mio disgusto, dopo un’ora d’attesa.

In una società senza spazi per poter partecipare e incidere nella realtà, con la speranza di poterla cambiare, la tentazione di sfogare la frustrazione –divenuta ormai odio- con la violenza è sempre più grande.

Ma forse qualche gruppo oscuro di potere questa violenza la potrebbe anche volere. Giustificherebbe così una reazione oppressiva e una concentrazione più salda del potere nelle sue mani. Ho detto ’ forse’, perché la Storia ci insegna che, per provare ipotesi simili, bisogna che prima passi molto tempo e che magari scompaiano quelli che alla verità sarebbero più interessati. Comunque c’è solo da augurarsi che non sia vero. Come c’è da augurarsi che non ci sia più gente che creda che se la pressione fa scoppiare la pentola, le cose poi cambieranno davvero in meglio.

I giovani terroristi degli anni di piombo avevano fatto un’ideologia di questo modo di pensare. Vale la pena ricordare che hanno fallito su tutta la linea e che quello che ne è seguito è stata una sempre maggiore riduzione di libertà e di partecipazione e un dilagare della criminalità organizzata negli ambiti della politica.

Se la tolleranza è una virtù squisitamente democratica, la sopportazione è un’arma a doppio taglio. Essa comporta una rimozione del desiderio di protesta e di reazione per le ingiustizie da sopportare; rimozione che ha sempre un limite oltre il quale l’odio prende corpo e la violenza, immancabilmente, emerge.

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(1)    http://www.beppegrillo.it/2012/01/i_botti_di_fine_anno_di_di_equitalia.html

(2)    Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo ‘Siamo in Guerra’, ed. Chiarelettere, 2011

 

 

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