PARLA SOLO CHI HA UNA BUONA CONDOTTA

La questione morale risolta…all’antica!

 

di Andreina Russo

Dico subito che lo spunto nasce da uno scritto di Eschine, oratore ateniese meno celebre del suo grande avversario Demostene, vissuto nel IV secolo avanti Cristo. Parliamo quindi di vicende e problematiche di duemila e quattrocento anni fa, mica uno scherzetto. Eppure, leggendo la sua orazione "Contro Timarco", scritta per sostenere in tribunale l'accusa di prostituzione fatta ad un chiacchierato personaggio dell'epoca, mi sono imbattuta in un passo che può far riflettere anche noi,

cittadini di società molto più grandi e complesse dell'Atene di allora, una polis che si permetteva il lusso di applicare, almeno in parte, l'istituto della democrazia diretta. Grazie ad essa, tutti i cittadini potevano partecipare alla gestione della cosa pubblica, e far sentire la loro opinione, senza mediatore alcuno, nelle assemblee popolari. Davvero tutti? Qui sta il problema. Anzitutto ricordiamo che ne erano esclusi a priori donne, stranieri residenti e schiavi (e già abbiamo eliminato una bella fetta di popolazione), ma Eschine fa riferimento all'attenzione particolare che il legislatore ha prestato alla qualità morale del cittadino, facendone un criterio selettivo di massima importanza ai fini della  partecipazione alla vita pubblica.. Leggendo il passo di cui  riporto qui  di seguito una sintesi, sembra già di sentire le voci che si levano, oggi, da più parti, a stigmatizzare il degrado morale che caratterizza la nostra classe politica e a richiedere provvedimenti tesi ad impedire, o almeno a diminuire la portata  di un   fenomeno ormai intollerabile: la gestione dello Stato è gravemente affetta dalla corruzione, dall'affarismo, dalla collusione con la criminalità organizzata, uniti ad un'arroganza ed un cinismo ostentati più che, come un tempo, velati di ipocrita perbenismo. La differenza tra l'allora e l'oggi sta nel fatto che il legislatore ateniese, dopo aver constatato l' esistenza di un problema etico nell'ambito dell'azione politica, ha stabilito tempestivamente una serie di regole che proibiscono la partecipazione attiva nelle assemblee popolari a tutti coloro che si sono macchiati di reati veri e propri o tengono una condotta moralmente riprovevole. Certo, alcuni dei criteri di discriminazione sono molto lontani dalla nostra sensibilità di oggi, e non possiamo condividerli, ma quello che conta è il pensiero che ne sta alla base: se un cittadino è un farabutto nella sua vita privata, come può essere onesto nella sua attività pubblica? Beata semplicità degli antichi: attraverso i secoli successivi il pensiero umano si è evoluto, articolandosi in riflessioni sempre più ampie e complesse, ma leggere i testi dell'antichità ci riporta la freschezza di un pensiero che nel suo apparente semplicismo costituisce il frutto dell'esperienza e della riflessione di generazioni e generazioni e come tale risulta acuto e convincente.

 

[Dall'Orazione di Eschine contro Timarco]

Questi sono i provvedimenti  che il Legislatore ha stabilito riguardo a chi può e chi non  può intervenirea parlare nelle Assemblee dove si deliberano le questioni più gravi. Il criterio principale è quello della Buona Condotta. Alle Assemblee popolari possono partecipare tutti, anche quelli che non hanno santi in paradiso né generali tra i loro antenati, ma non possono prendere la parola quelli la cui condotta sia palesemente riprovevole. Quindi non sarà ammesso se si presenta a parlare un cittadino che percuote il padre o la madre, o che nega loro gli alimenti, o che non dà loro un tetto. E, per Zeus, mi sembra più che giusto  dico io! Perché? Perché se un uomo si comporta tanto ignobilmente verso coloro ai quali si deve un onore e un rispetto che sono sacri nella nostra società , in che modo,  questo signore sarà capace di trattare i membri di una famiglia che non è la sua e, quindi, l’intera comunità? Lo stesso giusto divieto si oppone a chi non ha preso parte alle spedizioni militari a lui prescritte, o a chi, per meglio sfuggire ai suoi doveri ha gettato via lo scudo scappando. Così ha voluto il Legislatore e con ragione! E che? Se tu, mio caro, non imbracci le armi in difesa della Patria, se non sei capace, per la tua codardia, di difenderla, non devi stimarti degno neppure di darle il tuo consiglio. Ma non potrà essere ammesso a prendere la parola nelle pubbliche Assemblee nemmeno chi si prostituisce,  perché  chi ha venduto il proprio corpo all'igno­minia, non esiterà a fare mercato  anche  degli interessi dello Stato. E dovrà essere escluso  anche chi ha scialacquato il suo patrimonio,  perché chi ha ammini­strato male i propri beni farà lo stesso con quelli dello Stato. Insomma sembra abbastanza chiaro che se un  individuo è un farabutto nella vita privata non sarà poi un galantuomo in quella pubblica e chi prende la parola in Assemblea dovrà preoccuparsi assai più della sua condotta di vita che non del suo modo di parlare. Le parole di un uomo onesto e per bene, per quanto disadorne e semplici, sono sempre utili per chi le ascolta, mentre quelle di uno spudorato, che ridicoleggia se stesso o che ha scialacquato vergognosamente il suo patrimonio, non potranno giovare affatto al popolo, fossero anche un modello di eloquenza.

 

(ESCHINE,Contro Timarco, 22-31, sintesi del redattore dall’ediz. Classsici UTET, Torino 1995)

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