Petrolio in America Latina. Si torna a nazionalizzare

Argentina-Spagna, un'altra tappa nella

guerra per il petrolio ?

di Gisella Evangelisti

"Non è un buon momento per la monarchia",

titolano i giornali spagnoli in questi giorni. Elegante eufemismo per dire che é parecchio, ma parecchio inzaccherata. Beh, cos´é successo? Ci chiediamo . E´successo che il Re,  presidente onorario del WWF  iberico è stato contestato per un’inopportuna battuta di caccia di elefanti in Botswana, organizzata da una principessa tedesca sua amante, e costata sui 37mila euro, centesimo piú centesimo meno.  Intanto la figlia Cristina di Borbone e suo marito Iñaki Urdangarin sono indagati per l'utilizzo per interessi privati ​​di fondi pubblici ricevuti sul conto di una fantomatica Ong "non profit" che hanno creato, l’Istituto  Noos . Ossia, con fondi pubblici hanno pagato per esempio la pulizia dei candelabri d'argento, o l’acquisto di decine di bottiglie di vino pregiato, nonostante che per queste

delizie dovrebbero bastare i pingui stipendi che gli vengono corrisposti come membri della Casa Reale. Lo scandalo ha colpito di striscio  anche il Re, che era al corrente dell’imbroglio. La critica e le burle dei cittadini indignati si sono diffuse a tappeto in Internet, e qualcuno inizia a chiedersi per quale peccato originale aggiuntivo a quello adamevitico, i poveri spagnoli del secolo XXI , con un paese in bancarotta, devono continuare a sopportare i costosi capricci di una monarchia, come se si trattasse di una malattia genetica, piuttosto che promuovere una buona volta un referendum e decidere democraticamente il destino dell'istituzione. Il Re ha chiesto genericamente "scuse" al popolo spagnolo, (senza nominare l’inopportuna battuta di caccia, verificatasi proprio mentre  si impone il ticket sulle medicine anche ai malconci pensionati), per evitare guai peggiori. Nel frattempo, il suo erede quarantaquattrenne, il principe Felipe delle Asturie, nella cerimonia inaugurale dell’ampliamento di una raffineria della Repsol a Cartagena, ha difeso l’impresa contro la nazionalizzazione di cui é stata oggetto in Argentina, definendola "un esempio della moderna azienda spagnola".

Una dichiarazione, come vedremo, piena di errori. Il governo di centrodestra di Rajoy sta facendo un notevole sforzo diplomatico in difesa della multinazionale, e minaccia di smettere di acquistare soia, carne bovina, e biocombustibili argentini.

Mentre diversi paesi del G20 hanno condannato il provvedimento della nazionalizzazione, la maggior parte dei giornali spagnoli,  come "El Pais", affermano che questa azione unilaterale in Argentina viola "le regole del gioco " esistenti  in campo internazionale e costituisce un pericolo per le aziende multinazionali, che potrebbero ritirare i loro investimenti nei paesi del Sud.
“Ma di che “regole del gioco” stiamo parlando? E 'davvero spagnola la Repsol? E quanto i tartassati  cittadini spagnoli saranno colpiti da questo
provvedimento?” , ho chiesto a Monica Vargas, ricercatrice  e attivista dell 'Osservatorio del Debito nella Globalizzazione (ODG), che insieme ad altre organizzazioni come "Ecologisti in azione", "ACSUR-Segovia", la "Associazione Catalana di Ingegneri Senza Frontiere" "Le multinazionali di monitoraggio in America Latina" (OMAL) e "Repsolmata", tra gli altri, hanno diffuso nella rete informazioni più realistiche sulle attività della compagnia petrolifera.

Esaminiamone alcune:

-Un pessimo affare. L'acquisto da parte di Repsol dell’argentina YPF è stato realizzato nel 1999, dopo un’intensa pressione della diplomazia spagnola sul presidente  Menem, a un prezzo inferiore al suo valore effettivo. Ossia, le riserve di petrolio esistente sono state sottostimate e  l'azienda é stata risanata con fondi pubblici prima di venderla per 13.158 milioni di dollari  a Repsol.
Naturalmente, dopo la vendita  di YPF, il Tesoro argentino ha perso una parte importante dei proventi del petrolio, mentre la Repsol, un’impresa relativamente piccola di origine spagnola, si é internazionalizzata, arrivando ad operare nel giro di dodici anni in molti paesi dell'America Latina, Asia e in Africa. Ora la Repsol, quando si ritirerá dall’ Argentina, ne uscirá con un saldo positivo di 8.813 milioni di dollari, senza contare l’indennizzo che riceverá dal governo argentino.

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Il danno sociale. La  Repsol non ha creato posti di lavoro: al contrario, li ha distrutti. YPF aveva oltre 55.000 dipendenti, che sono stati ridotti a circa 6.000 dopo la privatizzazione. Inoltre, per essere piú competitiva ha diminuito la sicurezza degli impianti, e si é verificato un grave incidente, con la morte di 9 lavoratori, nella raffineria di Puertollano.

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Il dannoalla salute. La Repsol ha mostrato un assoluto disprezzo per i diritti dei popoli indigeni in America Latina. In Argentina, nel Bandera Cerro, i diritti della comunità Mapuche Lonko Purrán (Provincia di Neuquén) sono stati sistematicamente violati. Gli abitanti della zona circostante il campo  di Loma de la Lata, anche loro Mapuches,  si ritrovano fino a 17 metalli pesanti nel sangue, soffrono disturbi nervosi e  malattie della pelle e si sono verificati persino casi di anencefalia del feto. I Mapuches hanno chiesto nel 2002 a Repsol  un risarcimento  di 445 milioni dollari, ma non hanno avuto risposta. Per questo e altri casi simili, la società è stata giudicata e condannata dal Tribunale Permanente dei Popoli dal 2006, ma non ha mosso un dito per riparare i danni inferti alle comunità.

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Il danno ambientale. Le attivitá della Repsol  causano una forte perdita della  biodiversitá, per svolgersi in aree molto sensibili dal punto di vista ambientale, come il Parco Nazionale Madidi, la Riserva della Biosfera Pilon Lajas, il Parco Nazionale Isidoro Secure, e l’Aguaragüe National Park (tutti in Bolivia), il Parco Nazionale Yasuni (in Ecuador) e Llancanelo Reserve (in Argentina); in Perù,la Repsol fa parte del Consorzio Camisea, nell’Amazzonia centrale. Nel bel mezzo della crisi ambientale globale, il business del petrolio, che emette gas serra, contribuisce al cambiamento climatico in modo grave e irreversibile.

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Quali sono le motivazioni possibili del provvedimento preso dall’ Argentina?
Repsol aveva programmato di sfruttare le risorse del campo Vaca Muerta scoperto di recente. Questo campo di scisti bituminosi contiene una riserva di 22.807 barili di petrolio, secondo le stime della Repsol. Per estrarre questo tipo di petrolio  bisogna iniettare nel terreno grandi quantitativi di sostanze chimiche, avvelenando la terra per sempre. Mentre  altri paesi come la Francia, hanno vietato questa pratica per i suoi gravi impatti ambientali, Repsol aveva deciso di proseguire. Il governo argentino, costretto a importare petrolio perché non puó controllare tutto ciò che produce, si é impegnato a raggiungere l'indipendenza energetica, con un sostegno massiccio da parte della cittadinanza: da qui il polemico provvedimento, che era nell'aria da qualche tempo.

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La Repsol é un esempio di modernità?
Se  essere moderni corrisponde ad evadere le tasse, sì. E 'una delle multinazionali con sede in Spagna che ha più presenza in paradisi fiscali, dove dispone di 13 filiali, attraverso le quali minimizza il pagamento delle tasse.  In Bolivia ha dovuto aumentare le royalties dovute allo Stato boliviano, ma nonostante ció é rimasta ad operare nel paese, visti gli alti profitti.  La maggior parte dei suoi azionisti vivono all'estero, non in Spagna, quindi è un eufemismo definire la compagnia petrolifera come "azienda spagnola".  Inoltre, Repsol è un esempio di un modello energetico che ha i giorni contati, como lo é quello basato sulla produzione di idrocarburi.  L’ Argentina aveva raggiunto il picco della produzione del petrolio nel 1999 e da allora ha continuato a scendere. Né lo sfruttamento del giacimento di Vaca Muerta, o di altri come quello delle Canarie, o della costa brasiliana, puó allontanare piú di tanto il prevedibile esaurimento dei combustibili fossili in qualche decennio.

Insomma, si deve cambiare il paradigma energetico, investendo in altri tipi di energia. Se il governo spagnolo prende davvero l'impegno a combattere il cambiamento climatico non deve difendere una compagnia petrolifera, ma dare maggior impulso all'energia verde. E soprattutto, vanno cambiate le regole del gioco tra imprese del Nord e paesi del Sud, che sono sleali.

- Come agisce l'Osservatorio del Debito? http://www.quiendebeaquien.org/spip.php?article2217

Pochi volontari
che nel 2000, si sono uniti a una piattaforma di 50 organizzazioni,  riuscendo a a mobilitare un milione di persone in Spagna (500.000 in Catalogna) intorno alla "Campagna per l’'Abolizione del debito estero". Hanno denunciato l'ingiustizia del debito che soffoca i paesi del sud del mondo grazie a interessi elevatissimi, e l’obbligo di privatizzare e consegnare agli stranieri le proprie risorse energetiche e minerarie, per pagare il debito. Hanno scoperto che nella cooperazione spagnola c’'era un fondo,  il FAD (Fondo di Assistenza allo Sviluppo), che nella pratica favoriva le imprese spagnole, promuovendone l'internazionalizzazione. Si dava credito al Sud, ma obbligando gli stati ricettori a usare metá del credito per l'acquisto di beni e servizi alle imprese spagnole.

Con la campagna "Chi deve a chi?" hanno denunciato questo meccanismo che aggravava  invece di migliorare il problema del debito, e premendo sui deputati  hanno ottenuto che nella Legge della Cooperazione del 2006, i due elementi (le donazioni verso i paesi e il finanziamento occulto per le aziende spagnole), venissero separati. Ora stanno aiutando a diffondere, in Internet, una serie di notizie sull'impatto della produzione petrolifera sulla vita delle persone e dell'ambiente, spesso in contrasto con la "verità ufficiale" .
Quando si parla dei profitti derivati dalla produzione di petrolio, ci si dimentica sempre di detrarre i costi ambientali e sociali. Non troverete conteggiati nelle relazioni di Repsol o negli indici della Produzione Nazionale Lorda, il costo dei danni subiti dalla terra, l’acqua, la gente  avvelenata.
Quando  la Repsol si ritira da un paese, chi paga per la natura distrutta e la gente malata?

In conclusione, l'Osservatorio del debito, insieme a Ecologisti in Azione, OMAL, l'ODG, ACSUR-The Segovia e la ISF considera che nel difendere Repsol, il governo NON difende gli interessi dei cittadini spagnoli, ma solo gli interessi di pochi, che agiscono impunemente a livello sociale, ambientale e fiscale.  E’  tempo di profondi cambiamenti nel mondo, conclude Monica Vargas, e la decisione del governo argentino è la prova evidente che la correlazione delle forze a livello internazionale sta cambiando. In effetti, il dominio delle Sette Sorelle, (guidato da Shell e Mobil), le famose multinazionali petrolifere occidentali che hanno a lungo condizionato la politica dei paesi del sud del mondo, imponendo o rimuovendo governi, oggi si vede limitato dall’ingresso nel mercato globale dei paesi emergenti. Mentre nel 1996 si contavano solo 4 compagnie petrolifere nazionali tra le 20 top, nel 2011 sono 9,  tra cui due compagnie cinesi, (la Sinopec e la CNPC), la Petrobras del Brasile, la russa Gazprom, la Pemex del Messico, la PDVSA del Venezuela, la Petronas Malesia, la Indian Oil India. Anche se non tutti i paesi hanno imitato il Messico, dove Pemex ha il monopolio nella produzione del petrolio, sempre più paesi cercano di ottenere il controllo delle loro risorse energetiche. La Cina ha vinto in molti casi la concorrenza occidentale, offrendo prezzi migliori ai paesi produttori come Libia, Iran Algeria ecc.. In un momento in cui le riserve mondiali di petrolio crescono pochissimo, gli Stati tendono a voler decidere liberamente dove investire, quali prezzi si applicano al mercato nazionale o all'estero.
Anche aziende come Shell e Exxon Mobil stanno vendendo le loro reti di distribuzione, dovendo far fronte ai crescenti costi di produzione mentre diminuiscono i margini di profitto. In questo momento le compagnie nazionali controllano il 77% delle riserve accertate, e la Cina ha una presenza crescente nella produzione del petrolio..

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