DIFFAMA CHI PUO'

Riflessioni di Roberto Villani sul caso Sallusti

Leggendo la notizia della imminente esecuzione della condanna al carcere del giornalista Sallusti la prima reazione è stata di sdegno, sull’onda dei commenti di tutta la stampa nazionale di ogni schieramento politico.

D’altra parte non si può avere reazione diversa quando sono invocate la libertà di stampa, la libertà di pensiero, la preoccupazione che la libertà di critica venga condizionata o che qualcuno venga punito per le proprie opinioni.

Esaminando meglio il merito della vicenda sorgono però  alcuni dubbi sulla sincerità della sollevazione dei

media e sull’esattezza delle critiche.

 

Riporto quanto scritto da Il Sole 24 Ore, che a sua volta riprende una nota della Cassazione, sull’articolo per il quale Sallusti è stato condannato:

la falsità della notizia contenuta nell'articolo anonimo attribuito a Sallusti. «Emerge, dalle sentenze dei giudici di merito, che: a) la notizia pubblicata dal quotidiano diretto dal dott. Sallusti - scrive la Cassazione - era falsa (la giovane non era stata affatto costretta ad abortire, risalendo ciò ad una sua autonoma decisione, e l'intervento del giudice si era reso necessario solo perchè, presente il consenso della mamma, mancava il consenso del padre della ragazza, la quale non aveva buoni rapporti con il genitore e non aveva inteso comunicare a quest'ultimo la decisione presa)».

A questo punto mi sembra necessario fare alcune considerazioni.

Tutte le libertà invocate in questi giorni a tutela del giornalista c’entrano poco, perché l’articolo incriminato dava una notizia falsa sulla quale poi erano stati fatti commenti offensivi. Non mi pare che esista il diritto di raccontare falsità.

Il fatto poi che Sallusti non avesse scritto materialmente l’articolo cambia anche poco perché, in mancanza della firma dell’autore, lo scritto va attribuito al direttore del giornale che l’ha pubblicato. Se così non fosse, grazie all’anonimato, ogni giornale potrebbe scrivere le peggiori falsità impunemente.

L’articolo del codice che prevede per questo reato (diffamazione a mezzo stampa) la detenzione, esiste da prima della nascita della nostra Repubblica ed è forse giusto cambiarlo; ma solo oggi si è avuta una sollevazione così compatta da parte di giornalisti e politici da farla sembrare una sommossa di ”casta”.

Viene poi da chiedersi, se la diffamazione sarà depenalizzata e (come si è sentito dire) ridotta a illecito civile, quindi punita solo con il risarcimento danni alla vittima, chi ha denaro a sufficienza avrà licenza di diffamare e così anche chi non ha nessun bene con cui rispondere?

Sallusti infine non vuole chiedere la grazia né affidarsi ai servizi sociali, per evitare la reclusione, volendo, evidentemente persuaso di aver esercitato un diritto, immolarsi sull’altare della libertà di stampa. Non riesco proprio a convincermi che la pubblicazione di quell’articolo sia stata l’esercizio di un diritto e tanto meno un’espressione della libertà di stampa.{jcomments on}

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