FINANZA E POTERI TRASNAZIONALI

(IV)

di Marco Borsotti

La manipolazione occulta

Nel 1941 usciva in America una pellicola, “Citizen Kane”, conosciuta in Italia con il titolo “Il Quarto Potere”. Questa storia diretta ed interpretata da un giovane Orson Wells per la prima volta portava all'attenzione di tutti un fenomeno che ormai si stava imponendo come modo di realizzare la politica non solo in America. Oggi nessuno contesta che accanto ai tre poteri statali identificati da Montesquieu, legislativo, esecutivo e giudiziario, si sia aggiunto il potere dell'informazione organizzata, potere dotato di una forza tale che a volte può, se lasciato senza controllo, assoggettare a sé gli altri tre poteri dello Stato. Ora, chi controlla i mercati capisce l'importanza del quarto potere come strumento per controllare gli altri tre e per questo negli ultimi decenni chi disponeva di ampi mezzi economici si é anche ingegnato a controllare fette importanti dell'industria dell'informazione e dell'intrattenimento.

Riconoscendo i rischi associati con l'affermarsi di queste tecniche di mercato applicate alla politica, in vari paesi sono state introdotte norme molto precise per garantire il più possibile la diversità nell'informazione, ma soprattutto per impedire che chi controllasse i mezzi di comunicazione potesse anche occupare ruoli di potere nell'ambito politico. L'Italia, come ben sappiamo, é molto indietro in questo rispetto non solo per colpa di Berlusconi, ma precedentemente a causa del dominio politico della Democrazia Cristiana, cui progressivamente si associarono tutti i partiti rappresentati in parlamento, che volle, alla fine con l'acquiescenza di tutti gli altri gruppi, mantenere sempre un controllo quasi assoluto sulla televisione di Stato perché così poteva assicurare la propria posizione di predominio nel panorama politico italiano.

Oggi, nel mondo occidentale, l'informazione e l'intrattenimento sono controllati da pochi magnati dell'economia come Murdoch o lo stesso Berlusconi, ma é bene capire che con loro e spesso dietro di loro si annidano coloro che controllano i mercati, in primis il grande sistema finanziario.

Le corporazioni transnazionali

Solo le grandi corporazioni transnazionali si sono adattate alla nuova realtà della globalizzazione. I depositari del potere politico sono infatti incapaci di portare la loro influenza ovunque come invece sanno fare queste grandi imprese. Mentre esiste un mercato globale che adotta ed opera secondo logiche funzionali alle necessità delle grandi corporazioni internazionali, non esiste un equivalente nel campo della politica. Neppure gli Stati Uniti, unica super potenza politica e militare, può vantare un vero controllo del pianeta. Manca un sistema di regole internazionali che possa essere comparato ai principi costituzionali su cui si fondano tutti gli Stati di diritto. Il diritto internazionale é un insieme di norme al più orientative, valide per chi non possa difendersi, ma certamente non valide per tutti alla stessa maniera. Il risultato di questa mancanza di una “governance” internazionale legittimata dall'adesione di tutti sono le molte zone d'ombra dell'attuale sistema internazionale, zone d'ombra che chi controlla i mercati utilizza per assicurare il proprio predominio.

Secondo i dati dell'OECD, Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, nel mondo esistono poco più di 43.000 corporazioni transnazionali. Un gruppo di studiosi svizzeri (Stefania Vitali, James B. Glattfelder, Stefano Battiston) ha circa un anno fa pubblicato uno studio intitolato: La Rete del Controllo Globale Corporativo (The Network of Global Corporate Control) che analizza con un modello econometrico le relazioni esistenti all'interno di queste società. Il testo si può trovare al seguente indirizzo elettronico: http://arxiv.org/abs/1107.5728v2.

In sintesi lo studio dimostra che queste imprese sono tutte interconnesse tra di loro dal momento che un numero ristretto di loro (737) possiede oltre l'ottanta per cento del controllo di tutto il gruppo e di queste il nucleo centrale é formato da un gruppo di sole 147 imprese. Le prime cinquanta imprese di questo gruppo ristretto sono tutte istituti bancari o finanziari che hanno in mano il controllo delle attività di tutte le imprese multinazionali siano esse manifatturiere o minerarie o energetiche o dell'agro-industria o della distribuzione. La finanza che deve provvedere a rendere disponibili i capitali necessari affinché le imprese possano investire e produrre e che dovrebbe esserne quindi indipendente per poterne giudicare l'affidabilità prima dell'erogazione dei prestiti, é di fatto comproprietaria di tutte queste imprese , con un chiaro conflitto d'interessi.

I signori dei mercati

Guardando questi numeri si capisce che l'economia mondiale, quel mercato di cui tanti parlano e scrivono, é di fatto controllato da un piccolissimo gruppo di persone che da sole partecipando nei vari consigli d'amministrazione possono definire le sorti del mondo, al meno dal punto di vista economico. Si tratta di un cartello oligopolistico che non risponde a nessuno per le sue decisioni e, che ancora più importante, è completamente sganciato dal sistema giuridico internazionale. Infatti, i Consigli d'Amministrazione di tutte queste società sono generalmente composti da poche persone che spesso siedono allo stesso tempo in vari consigli di altre multinazionali a diverso titolo. I mercati sono aspetti anonimi di un'economia senza faccia, come i due famosi quadri di Magritte che ritraggono un uomo ed una donna ben vestiti, ma con il volto occultato da oggetti insignificanti come una mela od un mazzo di fiori. Questi due dipinti rappresentano una realtà dove gli autori di gravi decisioni possono occultarsi dietro la menzogna che vuole attribuire la responsabilità di quelle decisioni che essi prendono a scelte collettive frutto soltanto del caso e del gioco combinato d'interessi di miliardi di persone.

Questo gruppo ristretto di poche centinaia d'individui ha il potere di decidere le sorti di tutti gli altri esseri umani senza altra legittimità che il fatto di essere stati capaci di assurgere alla cupola di poche società multinazionali o per diritto di nascita, o per una fortunata coincidenza di fattori casuali, o a volte per competenza amministrativa. Ben pochi di costoro arrivano a questi posti di potere per aver concepito qualche cosa di totalmente innovativo, essendo in genere non costruttori d'idee, ma piuttosto amministratori di patrimoni che appartengono a milioni e milioni d'individui che a loro ne hanno affidato la gestione. Infatti, lo studio citato ha dimostrato che il cuore del sistema di connessioni tra tutte le imprese che operano a livello multinazionale controllando l'economia mondiale é interamente formato da istituti finanziari, cioè i depositari dei risparmi che i restanti sette miliardi di persone riescono a mettere da parte.

Prendendo ad esempio il caso della Grecia, é risaputo che i governanti del paese hanno fatto uso di quello che eufemisticamente si definisce “finanza creativa” per occultare i debiti presenti nel bilancio dello Stato per poter accedere all'Euro. Si sa anche che, per farlo, si sono valsi della consulenza di alcune multinazionali finanziarie che sono quindi, o meglio detto, dovrebbero essere considerate corresponsabili nella costruzione di meccanismi contabili per occultare perdite e debiti e rendere quindi i parametri finanziari del paese compatibili con i requisiti richiesti per l'adesione all'Euro. Fatti come questi sono considerati attività criminale dalla maggioranza delle legislazioni rendendo punibili con il carcere chi le realizza e chi le suggerisce. Queste società finanziarie non solo non dovettero rispondere del loro operato, ma hanno persino fatto uso dell'informazione privilegiata di cui disponevano per confezionare titoli finanziari speculativi. Questo ha permesso loro un'ulteriore speculazione appostando sul rischio che la Grecia si potesse trovare prima o poi nell'impossibilità di ripagare i debiti che aveva contratto e gli interessi maturati e facendo di tutto affinché ciò avvenisse. Queste società fanno parte del nucleo più compatto delle imprese che controllano il mercato mondiale, in tutto soltanto diciotto imprese, la maggioranza statunitensi, con però anche la presenza di banche tedesche, svizzere, inglesi e francesi.

Ma non c'é nulla da fare?

Si vorrebbe far pensare che controllare i mercati sia impossibile vista la loro frammentazione. Questo studio dimostra invece che il numero degli attori significativi é invece molto ridotto, talmente ridotto che controllarlo e renderlo responsabile per le decisioni prese sarebbe o, almeno, dovrebbe essere azione che qualunque Stato dovrebbe poter realizzare senza problemi.

Come accennato anteriormente, Adam Smith il fondatore dell'economia come disciplina scientifica, aveva già indicato che, a suo giudizio, l'economia di ogni Nazione per poter svolgere al meglio le proprie funzioni aveva bisogno di uno Stato che si facesse garante del mercato per impedirne la manipolazione da parte di pochi soggetti interessati soltanto a massimizzare il proprio profitto a scapito dell'interesse generale. Quando Adam Smith pubblicava  il risultato delle sue ricerche,  i mercati erano null'altro che attività che si svolgevano nell'ambito nazionale e quindi ogni Stato aveva la possibilità di esercitare il controllo richiesto. Oggi, invece, nessuna Nazione, per potente che sia, ha la capacità di controllare il mercato globale. Per questo, ci vorrebbe collaborazione a livello di tutti gli Stati per la definizione di regole comuni, valide ovunque, che rendessero governabili e trasparenti i mercati.

Queste strutture esisterebbero già dal momento che il consesso delle Nazioni dispone di organismi internazionali che potrebbero servire all'uopo come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale o l'Organizzazione Mondiale del Commercio. Volendo, si potrebbe anche ampliare il mandato della Corte Penale Internazionale per renderla competente a perseguire crimini internazionali di natura economica tenendo conto che spesso questi crimini sono tra le cause primarie dei tanti conflitti armati che ci angustiano e della miseria di centinaia di milioni d'individui che ne consegue. Per farlo ci vuole la volontà politica che sin oggi é mancata probabilmente perché quelle poche centinaia di persone che dominano i mercati mondiali sono anche quelle che hanno il controllo, attraverso i loro contributi elettorali, sulle classi politiche dei paesi che maggiormente contano. Fin tanto che questo nodo politico non verrà al pettine, dovremo aspettarci che i mercati decidano per noi, che poi dovremo pagare i danni arrecati.

Testi accademici che trattino del mercato ne esistono moltissimi. Di fatto si potrebbe affermare che quasi tutti gli economisti, compreso Adam Smith, e particolarmente coloro che scrivevano di politica economica, si sono occupati sia di teoria generale del mercato che di aspetti particolari associati con esso. Nei paragrafi anteriori ho tentato di dare un'illustrazione generale del tema per poi proporre la tesi che i mercati sono nelle mani di una ristrettissima cerchia di persone, tutte associate tra di loro per interessi incrociati, e tutte legate al mondo della grande finanza internazionale. Questa verità sta emergendo con vigore sempre maggiore e mi auguro che diventi presto predominante per riuscire a mobilitare forze sufficienti a dare la risposta politica necessaria a fermare questo tentativo dei “signori dei mercati” di ottenere dominio assoluto sui fatti del mondo.{jcomments on}

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