SE ANCHE NAPOLITANO SCIVOLA

di Roberto Villani

Il Tribunale di Milano, nel corso del processo contro Berlusconi per le vicende collegate alla ragazza marocchina Ruby, ha chiesto di verificare se, per una malattia agli occhi, fosse legittimo l’impedimento dell’imputato a presenziare all’udienza della quale gli avvocati della difesa avevano chiesto il rinvio. Il Tribunale ha disposto quindi la visita dell’imputato da parte di medici accreditati presso il Tribunale stesso, seguendo quella procedura che quotidianamente è attuata in tutte le aule di giustizia per le parti in causa o per testimoni che chiedono rinvio per legittimo impedimento. L’iniziativa dei Giudici, ripetuta poi ogni volta che è stato eccepito il legittimo impedimento, ha suscitato una reazione politica senza precedenti, portando i rappresentanti parlamentari di un intero partito (equivalente ad oltre un quarto degli elettori)  ad una simbolica occupazione delle aule del Tribunale con coinvolgimento del Capo dello Stato a salvaguardia del potere politico e del diritto di Berlusconi a svolgere la sua attività di leader che evidentemente avevano ritenuto pregiudicata dalla necessità di presenziare alle udienze.

 

Il Presidente della Repubblica ha ascoltato i delegati del PDL e si è poi espresso deprecando l’inopportuna manifestazione dei parlamentari PDL contro i giudici ma invocando anche la necessità che il leader politico sia messo in condizione di svolgere il suo mandato. L’episodio, che di per sé non dovrebbe avere grande interesse per un Paese che ha problemi ben più pressanti, porta segnali molto inquietanti per le reazioni che ha provocato e per le riflessioni che inevitabilmente suscita. Il primo aspetto che colpisce è l’umoristica strumentalizzazione del discorso del Presidente, per cui una parte politica ha colto solo lo sdegno per la manifestazione e l’altra solo la preoccupazione che Berlusconi non sia libero nella sua azione politica. Ovviamente le due cose non sono scindibili, perché accostandole in un unico giudizio si deve dedurre che l’una (la manifestazione) è giustificata dall’altra  (il pericolo per il diritto di esercitare il mandato politico).

Purtroppo credo che l’esternazione del Capo dello Stato sia dovuta a una errata interpretazione del ruolo di pacificatore fra i poteri dello Stato e di arbitro imparziale  fra le parti in causa (destra politica e magistratura). Il ruolo di arbitro è ben eseguito se si tutela chi ha ragione contro chi ha torto e non mediando a tutti i costi e attribuendo ragioni a chi non le ha.

Nel caso specifico Berlusconi e i suoi non hanno alcuna ragione giuridica, poiché pretendono un trattamento diverso da quello previsto dalla legge per gli altri cittadini, una violazione del principio di uguaglianza innanzi alla legge in nome del consenso elettorale. Berlusconi è coinvolto in una serie considerevole di procedimenti penali dovuti all’attività privata e non a quella istituzionale.

Come qualsiasi privato deve quindi sottostare alle regole del processo, compresa la valutazione sulla legittimità delle ragioni che gli impedirebbero la presenza in aula. Le sue difese deve svolgerle nel processo e con gli strumenti che la legge attribuisce all’imputato. Va precisato che non è in atto un conflitto fra poteri dello Stato, perché Berlusconi non è giudicato come titolare di un potere pubblico ma come cittadino. Per questo motivo era irricevibile la lamentela dei parlamentari al Capo dello Stato contro il potere giudiziario e comunque il Presidente della Repubblica non ha il compito di dirimere conflitti fra poteri dello Stato, né ha poteri per interferire nei processi giudiziari.

Significativa della pretesa di ottenere un trattamento privilegiato è la circostanza che  nessuno dei sostenitori di Berlusconi ha mai indicato quale sia la norma che la magistratura avrebbe violato nel procedere nei suoi confronti. Il “numero esorbitante di procedimenti” o l’”accanimento” lamentato dal PDL non rientrano fra le violazioni di legge, non sono categorie che abbiano qualche rilevanza giuridica. La legge o è osservata o è violata, tertium non datur.

Anche a voler vedere la questione sotto un profilo di opportunità politica (della quale la Magistratura non si deve curare), la pretesa lesione che avrebbe subito Berlusconi nella sua attività politica è un evidente ennesimo tentativo di condizionare i giudici per impedire o comunque intralciare il loro lavoro. Per svelare il bluff basterebbe riflettere sulle volte che Berlusconi ha presenziato ai suoi processi (credo una o due) per capire come tutto questo polverone sia stato sollevato pretestuosamente e non perché desideri effettivamente partecipare ai procedimenti che ha in corso. Per di più il caso che ha scatenato l’indignazione del PDL nasceva da un negato legittimo impedimento per motivi di salute, non ritenuti validi dai medici del Tribunale, non da impedimenti per ragioni connesse al mandato parlamentare. Purtroppo hanno abboccato alle pretestuose lamentele non solo i suoi seguaci, che ne avevano la convenienza politica, ma anche il Capo dello Stato, che avrebbe dovuto semplicemente respingere ogni appello contro la magistratura in nome del fondamentale principio della separazione dei poteri e dell’autonomia del potere giudiziario.

Napolitano invece, accostando la “legittima preoccupazione” di Berlusconi di esercitare liberamente il proprio mandato politico, con la pur deprecata manifestazione al palazzo di giustizia di Milano, ha implicitamente affermato che i diritti di Berlusconi sono minacciati e che in qualche modo la manifestazione ha avuto una sua giustificazione. Credo infine che Napolitano non otterrà nemmeno l’effetto voluto di pacificare le parti, perché la magistratura, come auspicabile, proseguirà nel suo compito e la parte politica, fedele all’imputato, ringalluzzita dalla comprensione del Presidente, reagirà in modo sempre più violento.{jcomments on}

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