Manipolazione di Stato e Passività di Popolo

PAURE E BUGIE

di Marco Borsotti

I peana della politica

Come sempre a fine d'anno, arriva una ricorrenza ineluttabile cui siamo tutti abituati, non parlo delle feste di fine d'anno, ma della legge finanziaria e delle litanie che la politica professionale propina per giustificare il proprio operato passato, ma soprattutto futuro. Ecco, quindi, i peana intonati dai politici nostrani per gloriarsi, a dir loro, dei successi raggiunti e per suggerire trionfi ancora maggiori nel futuro, sempre, ci si intenda, se loro resteranno saldamente in controllo del potere e della cosa pubblica. Usualmente, i discorsi esaltano l'operato dei governanti scaricando le colpe di eventuali difficoltà passate o difficili da ignorare nel futuro prossimo su fattori esterni impossibili da controllare o su chi, all'interno, si opponesse al “buon governo” di chi siede nei palazzi del potere. La parola d'ordine, anche nei momenti più bui, é l'ottimismo per quello che avverrà assicurando il pubblico che, se anche ci fossero stati tempi scuri, presto questi apparterranno al passato.

 

La crisi italiana come la politica l'ha sempre presentata.

Da alcuni anni, oggettivamente, le cose in Italia sono andate male, questo ormai lo sanno anche i sassi, ma la constatazione del reale non ha generato un cambiamento nel modo d'operare della politica ufficiale. Sino al 2011, l'evidenza era semplicemente negata affermando che il mondo poteva anche essere in una delle crisi peggiori degli ultimi cinquant'anni, ma l'Italia ne era immune, bastava guardare i ristoranti ed i negozi per rendersene conto. Dopo il 2011, la crisi venne riconosciuta per quello che era, ma in quanto alle sue cause ci si affrettò a catalogarla, invece, come una realtà da imputare ai mercati finanziari (tesi questa giusta, anche se mai veramente spiegata nelle sue sfaccettature ed implicazioni nostrane) ed alla politica spendacciona ed improvvisata del passato governo (anche questo era vero, ma ad essere stato spendaccione ed incompetente non era stato soltanto il passato governo, ma una generazione di politici che si erano alternati nella stanza dei bottoni a partire almeno dagli anni settanta). Ci si affrettò anche a rassicurare i cittadini elettori che coloro che erano appena assurti al potere erano dei tecnici, fatto questo che non gli impediva d'avere un cuore, infatti sapevano piangere di compassione quando annunciavano che si poteva rimediare al problema con sacrifici per tutti (dimenticandosi sempre di chiarire che tutti erano solo coloro che erano nessuno) e rigore nella spesa pubblica (soprattutto con tagli per i servizi sociali essenziali), politiche che, se realizzate, avrebbero evitato il peggio e permesso miglioramenti in tempi molto brevi. L'agenda Monti era il condensato di questa visione proposta a tutti come ineluttabile perché richiesta dai mercati e dall'Europa, presentati come osservatori distanti ed inflessibili che esigevano, come persino affermato da alcuni politici non nostrani, che si facessero i compiti per correggere gli errori del passato.

Votare serve ancora a qualche cosa?

All'inizio di quest'anno, gli italiani hanno detto abbastanza chiaramente che non volevano più quei sacrifici, ma soprattutto che non volevano più quei compromessi politici cha avevano sostenuto il governo negli ultimi sedici mesi. Bene, fatte le elezioni, la politica del Palazzo decise per il bene di tutti che l'opinione degli elettori era stata certamente abbastanza chiara, ma le esigenze del momento chiedevano altro e quindi non ci si poteva esimere dal chiedere nuovi sacrifici, imporre più austerità e soprattutto continuare con la stessa forma di governo che le urne avevano bocciato. Ci sarebbe da chiedersi perché molestarsi a fare delle elezioni, per altro molto costose, se poi quanto affermato dal popolo sovrano conta nulla. La risposta risiede nei rituali della politica, fatta di formalismi che contano poco e di molto cinismo che permette di mentire sapendo di farlo e sembrerebbe anche per il piacere di farlo. Sempre nelle ultime elezioni , quasi la metà degli aventi diritto decise di non votare o di mettere scheda bianca, un segnale che dovrebbe aver fatto tremare i polsi ai cultori della democrazia perché, quando i cittadini perdono fiducia nel voto, scelte autoritarie sono alle porte come la storia insegna, ma invece non turbarono minimamente i sonni del potere contento così di poter continuare a praticare le stesse scelte del passato senza nessuna remora o timore di poter essere chiamato a risponderne visto che per almeno cinque anni era possibile scappare al voto.

La politica in Italia vista da Marte.

Vivo all'estero e spesso ascolto commenti di persone incapaci di darsi ragione del comportamento della politica italiana, adagiata in questa apparente apatia che gli fa accettare anche il ridicolo, come il poter dare credito alla possibilità che una giovane marocchina caduta in un giro di prostituzione potesse essere davvero la nipote del Presidente dell'Egitto. Non cerco di giustificare questi atteggiamenti che non possono che essere considerati come riprovevoli, ma azzardo affermare che in Italia da tempi immemorabili si vive in un'atmosfera fatta da paure e da menzogne che accentuano la tendenza nazionale ad accettare compromessi anche se non proprio etici, cercare scorciatoie per non dover affrontare i problemi e dare quasi solo importanza al proprio interesse ed a quello della propria cerchia di amici e famigliari a scapito dell'interesse collettivo. Sono convinto che se si riuscisse a capire le ragioni per questi comportamenti, si potrebbe iniziare a cercare e forse anche trovare soluzioni per i mali del paese. Infatti, si tratta, non ci sono dubbi, di una visione cialtrona della politica e della vita, ma continuare a negare che gran parte delle colpe per quanto sta succedendo non siano imputabili anche agli elettori che da quasi settant'anni rinnovano la fiducia a persone in gran parte non degne, impedisce di capire quello che si dovrebbe fare nel paese. Non sono, ne pretendo essere il primo ad affermare questa semplice verità. Nel passato vi furono figure di alto profilo politico e sociale che affermarono lo stesso, purtroppo, almeno per ora, senza riuscire a scalfire quell'aura che tutto avvolge affinché gli stessi interessi continuino a prevalere e beneficiarsi di questo stato di cose.

Il “canto di lode” odierno.

La legge finanziaria é il documento di governo che definisce le strategie di spesa pubblica, le aspettative d'entrata, ma soprattutto delinea quella che dovrà essere la politica economica del governo nel prossimo ciclo finanziario ed anni a venire. Nel documento sono specificati con dettaglio dove ci saranno fondi da spendere e per che cosa, dove invece si dovranno apportare riduzioni o attività sin ora svolte dovranno essere soppresse. Con questo il Ministro dell'Economia dice ai colleghi di governo ed alla Nazione come saranno spesi i pubblici denari e dalle tasche di chi saranno presi. Ovviamente, tutto fatto con l'assenso del Presidente del Consiglio che, come capo del governo, ha deciso le linee programmatiche per il paese.

Come ho appena scritto, la situazione non può certamente dirsi favorevole, non dimeno il Ministro dell'Economia Saccomanni parla in questi giorni di una ripresa già dall'ultimo trimestre di quest'anno. Nell' affermarlo non rischia nulla visto che i dati che potrebbero smentirlo verranno fuori soltanto in alcuni mesi, ben oltre le scadenze per la discussione ed approvazione della legge finanziaria. Il Ministro promette anche tagli sostanziali alla tassazione, parla di un miliardo di tasse in meno, glissando dati spiacevoli come il pareggio di bilancio e la riduzione del rapporto deficit PIL che presto obbligheranno le casse nazionali a ridurre il debito pubblico di 50 miliardi l'anno. Incredibilmente, quasi nello stesso momento, l'Istituto Nazionale di Statistica, ISTAT, pubblica dati leggermente differenti che promettono sì la fine dello stato di crisi, ma a partire dal prossimo anno e per valori inferiori a quelli pronosticati dalla legge finanziaria. Si potrebbe dire, la cosa non é poi tanto grave, si tratta in fondo soltanto di differenze di previsione, dati virtuali che servono soltanto per fare i conti di previsione. Certo, sono virtuali, ma su quei numeri si sono fatte le previsioni di spesa e se non ci fossero tutti i quattrini promessi, si dovrebbero fare nuovi sacrifici, le tasse non sarebbero ridotte, ci sarebbero meno servizi a disposizione dei cittadini, insomma il bel sogno potrebbe rivelarsi un incubo. A questo aggiungo io che negli ultimi anni tutte le previsioni di ripresa si sono dimostrate fallaci, viziate come erano da un eccessivo ottimismo. Quindi, non é fare catastrofismo pensare che le cose potrebbero andare peggio del previsto e questo, ahimè, é quanto ormai pensano quasi tutti gli italiani che non sono certo animati da grande ottimismo per il futuro.

Ma di che cosa é fatta questa nebbia pestilenziale che offusca tutto?

Allora quali sono le paure della gente, le cose cioè che deprimono molti cittadini e spesso non lasciano dormire in pace. Mi pare di poter affermare che tra le tante paure che assillano la popolazione, alcune siano quelle di maggior peso: la paura di perdere il lavoro e quindi la possibilità di vivere con dignità perché caduti in miseria; la paura di essere vittima di un'attività criminale e la paura che l'immigrazione distorca irrevocabilmente il modo di vita cui siamo tutti abituati. Ovviamente, ognuno ha preoccupazioni proprie che possono generare paure diverse da quelle menzionate, ma mi sento di asserire che gran parte delle persone in Italia vedano questi elementi come problematici per loro e per i loro cari. Quindi, per iniziare a capirne le ragioni che si trovano a monte di queste paure e cercare soluzioni, se possibile, alla visione cialtrona della vita di cui ho appena scritto, cercherò di accennare ad alcuni aspetti relativi a queste paure ed alle bugie che spesso inducono a considerarle causa dei problemi che ci assillano, cose che o non sono vere o sono fortemente distorte per non far capire chi siano i veri responsabili delle magagne che tormentano i cittadini.

La paura di cadere in miseria.

La paura di perdere un lavoro é purtroppo confermata dall'aumento continuo della disoccupazione e dalla difficoltà sempre maggiore che si incontra ad entrare nel mondo del lavoro al termine degli studi. La disoccupazione supera ormai il 12% e quella giovanile il 40%. Gli aumenti sono avvenuti in un periodo relativamente corto di tempo con incrementi molto significativi anche solo con gli indicatori dell'anno scorso per non menzionare i livelli che si conoscevano cinque anni fa. Nel frattempo, l'ISTAT fa sapere che ormai oltre nove milioni di persone vivono in stato di povertà e molte tra loro in miseria totale. Questi dati sono, ahimè reali, quindi questa paura é fondata e nessuno può asserire di essere esente dal rischio di perdere la fonte del proprio reddito. Ormai, questo sta diventando vero persino per gli statali che nel passato, pur se pagati meno degli altri lavoratori dipendenti, godevano della quasi assoluta garanzia di arrivare sino al limite della pensione nell'ambiente di lavoro dove si trovavano. Il problema lavoro non é certamente un problema esclusivo dell'Italia. Molti altri paesi europei si dibattono in situazioni simili ed anche molto più serie. Il lavoro manifatturiero é progressivamente diminuito e le tante nuove professioni legate alla distribuzione e vendita ed ai servizi sono molto più stagionali e soggette a cambiamenti anche rapidi che possono far sparire dal mercato centinaia, migliaia di posti di lavoro in poche settimane perché l'investimento di capitale che si  trova dietro ogni posto di lavoro é molto più dinamico e flessibile e, spesso, molto inferiore a quello richiesto per poter occupare una persona nell'industria. La parola precarietà é entrata nel lessico comune per descrivere quei milioni di cittadini che hanno un impiego, ma non hanno garanzie di averlo in futuro o che lavorano come dipendenti, ma con figure occupazionali, scriviamo, anomale che li presentano come liberi professionisti o come altre categorie d'impiego di recente definizione. Il lavoro su cui si fonda la Costituzione e che molti ancora oggi riconoscono come un diritto umano, é diventato in Italia scarso ed elusivo, contribuendo a generare in molti la preoccupazione di potersi trovare in breve tempo senza una fonte certa di reddito e quindi esposti all'impossibilità di rispettare i propri impegni. Discorso quasi analogo si può fare anche per la piccola e media attività autonoma ed imprenditoriale dove la minaccia di fallimento e, quindi, spesso, la povertà si trova dietro l'angolo.

La menzogna sulle cause della disoccupazione.

Esistono meccanismi di protezione sociale che negli anni furono introdotti per permettere a chi dovesse perdere il lavoro di continuare ad avere un reddito minimo garantito, ma questi meccanismi ormai funzionano soltanto per una parte della forza lavoro, quella che é anche più tutelata perché con maggiore anzianità di servizio e spesso assunta a tempo indeterminato. Ha diritto alla cassa integrazione chi ha perso un lavoro, ma questo diritto non ce l'hanno coloro che non risultano avessero già un'occupazione dipendente stabile. Molte delle nuove categorie d'impiego dipendente non sono tutelate. Il lavoro autonomo e quello imprenditoriale non sono tutelati. Nel passato, persone che traevano il loro reddito da queste tipologie d'attività difficilmente si trovavano in situazioni da non poter continuare a lavorare e nell'ambito dell'impiego dipendente non si conoscevano le tipologie che oggi sono sprovviste di coperture adeguate. Il mercato del lavoro era più dinamico e chi si fosse trovato senza impiego riusciva a supplire alla situazione grazie alle coperture sociali ed alla relativa facilità di trovare un nuovo impiego. Tutto questo, appartiene, però al passato e qui arriva la menzogna perché si afferma che la causa della mancata flessibilità del mercato é da imputare ai costi imposti dai meccanismi di tutela sociale che beneficiano soltanto coloro che un lavoro a tempo indeterminato ce l'hanno già ed al costo del lavoro. Si vuol far pensare che i figli non trovino lavoro perché i padri sono troppo protetti. Per questo, a partire dagli anni novanta si sono introdotte riforme del lavoro atte a de-regolarizzarlo per rendere facile il licenziamento e meno onerosa per l'economia la rete di protezione sociale. Gli artefici di questa meraviglia promettevano che il lavoro sarebbe aumentato e tutti sarebbero stati in condizioni di trovare impiego se soltanto lo avessero voluto. I fatti affermano il contrario: la disoccupazione ha continuato a crescere ed ormai per molti giovani non ci sono altre alternative che tornare a guardare all'estero per cercare impiego. Il costo del lavoro sarebbe dovuto diminuire e incentivare imprenditori ad investire in Italia. Purtroppo, nell'industria media e grande questo non é successo perché, nel frattempo, la possibilità di circolare merci e capitale é diventata illimitata e molti imprenditori hanno scelto d'investire in quei paesi dove esiste forza lavoro abbastanza qualificata a prezzi bassissimi. Ovviamente di questo si parla nei convegni qualificati e in circoli ristretti, ma la grande informazione da anni continua quasi soltanto a bombardare con il concetto che il lavoro manca per colpa dei troppi privilegi di chi un lavoro ce lo ha già. Il paradosso di questa visione é che per un periodo il sistema ha continuato a funzionare perché pur se diminuiva il comparto industriale, aumentava quello terziario che era in grado d'assorbire le merci a basso costo prodotte nel terzo mondo dalle industrie che si erano delocalizzate. Oggi, il meccanismo si é inceppato, si spende di meno perché il reddito familiare ha continuato a cadere in valori relativi, quindi l'economia é andata in crisi ed il paese non ha più le risorse per sostenere il proprio funzionamento. Chi ci ha guadagnato? I pochi che hanno investito all'estero e la politica che coloro hanno foraggiato. Chi ci ha perso? Tutti gli altri.

La paura della criminalità.

Nel 1972, Marco Bellocchio diresse un bel film “Sbatti il mostro in prima pagina” per raccontare come strillando dalle pagine dei giornali e dei notiziari su fatti di cronaca nera si distogliesse l'attenzione del grande pubblico da tutto il resto. Penso che quasi tutti quelli della mia generazione abbiano visto il film. Negli anni, ci sono stati altri lavori artistici che godettero di uguale fortuna che ripeterono più o meno la stessa storia, oltre ovviamente a numerosi lavori accademici che studiarono nel dettaglio questo tipo di comportamento. Bene, mi aspetterei che la gente, se non altro per l'affinità con quanto hanno visto al cinema, riuscisse a decodificare quanto da anni sta succedendo, ma sembrerebbe di no, che la paura del crimine rimanga una delle principali preoccupazioni dei cittadini e che molti siano convinti che la criminalità sia in costante aumento.

Siamo veramente in Italia come nel Far West?

Ad onor del vero, nell'ultimo anno, dopo quasi un ventennio di continua decrescita, gli indici di criminalità comune sono tornati a crescere. Questo é quanto riporta l'ISTAT nel rapporto 2012 intitolato Noi Italia, 100 statistiche per capire il paese in cui viviamo. Comunque, leggendo le tabelle e note esplicative si scopre che praticamente in tutti i comparti in cui il fenomeno criminalità é suddiviso, l'Italia si trova al di sotto della media dei 27 paesi dell'Unione Europea con incidenze che, come scritto, hanno continuato a decrescere dal 1991 sino al 2012 per crescere, in alcuni casi, a partire dal 2013. Ovviamente, in Italia esiste criminalità; furti, rapine, scippi avvengono con maggior incidenza nel sud che nel resto del paese, ma i casi per centomila abitanti rimangono comunque inferiori alla media europea che é a sua volta inferiore alla media degli Stati Uniti, per fare un paragone con un paese che in larga misura corrisponde alle caratteristiche dell'Europa. Quindi perché tanta preoccupazione per la presenza di criminalità nel paese visto che i dati disponibili non suffragano queste preoccupazioni? La risposta si trova in un altro studio elaborato da Demos e dall'Osservatorio di Pavia dove si spiega l'incidenza di tempo di trasmissione dedicata dalle varie televisioni nazionali al problema. Nel rapporto si scrive che l'italiano medio pensa di percepire un senso d'insicurezza nell'ambiente in cui vive e questo spinge l'informazione ha dedicare tempo e spazio all'argomento con il risultato di consolidare alla fine la percezione di vivere in un ambiente altamente insicuro, cosa che oggettivamente non é vera. Che cosa fa l'informazione? Disinforma perché invece di presentare la realtà per quello che é, preferisce parlare dei crimini che succedono, come gli omicidi e persino i femminicidi, o i casi di furti in case private o istituti di credito, dando l'impressione che si tratti di un fenomeno molto presente sul territorio di cui tutti debbano sentirsi a rischio. Non voglio dire che il femminicidio non sia una crimine gravissimo di cui l'opinione pubblica non debba essere a conoscenza, né che non si debbano approntare meccanismi di protezione per tutte quelle donne che ne siano a rischio. Voglio dire che bisogna sensibilizzare senza generare panico non necessario. Questo vale per le varie tipologie criminose che esistono e debbono essere eliminate o quanto meno contenute, a partire dalla criminalità organizzata e dai crimini che commette. Per farlo si può seguire il metodo di sbattere il mostro in prima pagina o quello d'educare le persone perché sia possibile prevenire l'atto criminale e comunque rassicurarle che con semplici precauzioni, il rischio d'essere vittima di un crimine può essere molto, molto contenuto. Purtroppo, la politica ha approfittato di questo stato di cose per cavalcare il tema sicurezza per alla fine limitare le libertà di tutti a tutto vantaggio di chi siede nel palazzo e governa. Per loro, le misure di sicurezza non valgono, salgono e scendono da aeroplani senza controlli di sorta, non vanno mai personalmente in banca, non fanno mai quasi nulla di quello che i cittadini debbono fare tutti i giorni. Per loro le misure di sicurezza non sono un problema, ma servono per controllare quanto le persone fanno e per dare l'impressione al cittadino che si stanno occupando delle sue preoccupazioni, mentre quello che servirebbe veramente sarebbe fare buona informazione, educazione e prevenzione assicurando a tutti più libertà e privacy.

La paura dell'immigrato nel paese che si diceva famoso per i propri navigatori.

L'italiano ha paura dello straniero, soprattutto di quelli che percepisce come immigranti “illegali”. Le ragioni della paura sono variegate, da differenze di religione a differenze di colore, di costumi, di cultura. Molti in Italia pensano che l'Islam sia una religione intrinsecamente aggressiva perché animata dal desiderio di o convertire alla vera fede o eliminare. Esistono poi varie forme di pregiudizio che affermano la superiorità delle razze indo-europee sulle altre, della cultura occidentale, dei costumi, della cucina e di qualunque cosa che sia parte del nostro tradizionale modo di vivere. Esistono forme molto aggressive di proselitismo islamico, ma lo stesso si può dire per altre religioni alcune anche ispirate al Cristianesimo. Il razzismo e la xenofobia non sono prerogative soltanto degli italiani. Molti degli stessi immigrati arrivando coltivano la stessa forma di pensare, ma questa volta considerando inferiore il modo di vivere del paese in cui sono ospitati. Alcuni nuovi arrivati delinquono per scelta o perché preda di traffici di esseri umani, ma la stragrande maggioranza di coloro che arrivano sono come i nostri connazionali che nei secoli hanno navigato il mondo in cerca di un posto dove potessero trovare condizioni di vita migliori. Italiani hanno innegabilmente esportato la mafia, ma hanno soprattutto contribuito a rendere migliori grandi nazioni come l'Argentina, il Brasile, l'Australia, gli Stati Uniti, il Canada e l'elenco sarebbe troppo lungo per continuare. Non tutti coloro che lasciarono la penisola seppero essere onesti, ma quasi tutti lo furono e lo stesso sta succedendo in Italia dove coloro che vengono scappano dalla miseria in cerca di lavoro e sono pronti a svolgere quelle mansioni che molti italiani non vogliono più fare e non vengono nel nostro paese per delinquere.

La menzogna che il diverso sia nemico.

In una bella canzone della gioventù, Fabrizio de André cantava la guerra di Piero e di come la sua esitazione nel riconoscere nell'altro il nemico gli costasse la vita. Il bello di questa ballata, almeno per me, fu che non la vidi mai come un incentivo a vedere negli altri dei nemici, ma l'opposto, l'incentivo a capire che la guerra e le differenze di divisa, di colore, di nazionalità non devono mai guidare il nostro modo di pensare. Purtroppo, molti affermano l'opposto e proclamano che chi viene nel nostro paese, vuole spodestarci, prendere il nostro lavoro, cambiare la nostra religione, introdurre modi di vivere che non siano consoni con le nostre tradizioni,. Accuse ingiuste che molti italiani hanno dovuto subire sino agli anni sessanta, quando, a loro volta, erano costretti ad emigrare all'estero . Se un crimine é commesso da un italiano, i mezzi d'informazione diranno che un uomo o una donna ha commesso una rapina o ucciso qualcuno. Se lo stesso crimine é commesso da uno straniero, l'uomo e la donna diventano subito un albanese, un marocchino, un cinese. Ma in questo caso, più che i mezzi d'informazione sono certi raggruppamenti politici che cercano di trarre vantaggio ed alimentare una visione xenofoba dello straniero quando questi sia un immigrato. Dovremmo invece renderci conto che in Italia quasi tutti gli anziani soli sarebbero lasciati a se stessi o messi in ricoveri se non ci fossero gli stranieri a curarli, le raccolte stagionali di frutta e verdura marcirebbero per mancanza di manodopera, molte industrie chiuderebbero per mancanza di personale, gli ospedali avrebbero difficoltà a trovare sufficiente personale paramedico per non parlare poi dell'entrate tributarie che lo Stato incassa quando permette allo straniero di regolarizzarsi. Non posso asserirlo con certezza, ma penso che se tutti o anche solo gran parte degli stranieri, regolari e no, che vivono e lavorano in Italia decidessero di lasciare il paese, l'impatto sarebbe devastante per l'economia e per la società. Politici responsabili e mezzi d'informazione seri dovrebbero parlare di questo invece di contribuire ad accrescere il clima di diffidenza per il diverso. Il recente caso del M5S e la scomunica di Grillo per l'azione fatta da due senatori per eliminare il reato di clandestinità dice in modo fin troppo chiaro come la politica speculi sull'immagine negativa dell'immigrato per ottenere favori elettorali. Grillo lo ha fatto cavalcando lo stereotipo che la gente detesti l'immigrato, invece di parlare dei vantaggi che tutti ne traiamo dimostrandosi non diverso dai partiti che tanto critica. Come lui agiscono molti dei partiti tradizionali, persino alcune figure chiave di raggruppamenti di sinistra. La gente ha paura e nessuno spiega che quel diverso é una grande opportunità per imparare qualche cosa di nuovo, per crescere insieme.

Maggiore etica nel nostro fare ci renderebbe più felici.

E' evidente che l'individualismo che é una caratteristica comune in Italia sia spinto a forme estreme per le paure che forzano le persone a chiudersi nel proprio fortino per cercare stabilità e respingere le molte paranoie che lo assillano. Il fortino é il nostro ambiente, quanto siamo abituati a conoscere, la cerchia ristretta delle persone che frequentiamo ed in cui nutriamo fiducia. Il fortino é ciò che allontana le ansie, i cibi che mangiamo da quando eravamo piccoli, le parole pronunciate nella lingua che chiamiamo madre, i luoghi che ci sono familiari. Ma il mondo attorno a noi, anche se facciamo di tutto per prevenirlo, sta cambiando, lo ha sempre fatto e lo continuerà a fare. Molti non se ne rendono conto perché offuscati dalle menzogne che gli sono propinate. La prima cosa da fare, quindi, é dire le cose per quello che sono anche quando queste possano suonare scomode. Grillo ha torto marcio quando asseconda le pulsioni xenofobe per calcolo elettorale. Lo stesso deve dirsi per tutti gli altri politici e giornalisti ed intellettuali che mentono sapendo di mentire per interesse. Capisco che continueranno a farlo perché pensano li favorisca, ma mi pare necessario che cresca il numero di coloro che invece sappiano parlare con schiettezza, dicendo quello che sanno e non cercando di disinformare. La buona politica parte dalla capacità di essere etici. Come molti grandi del passato hanno detto: la questione morale deve essere al centro dell'attenzione per essere felici.

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