Sempre più scienziati e ricercatori su temi ambientali si rendono consapevoli che è la stessa esistenza della nostra specie che è in pericolo

L'ECO-RIVOLUZIONE DI NAOMI KLEIN

di Gisella Evangelisti

Il cambio climatico, con il conseguente aumento di uragani, tanto in numero che in intensità, è ormai alle porte di casa. Non è aumentata solo la temperatura del Pacifico, provocando il terribile tifone che ha flagellato le Filippine, ma anche quella del Mediterraneo si sta elevando. Una prova l'ha data il ciclone Cleopatra, che ha devastato varie regioni della Sardegna, (quelle dove è stato consentito di costruire persino sulle rive dei fiumi, contravvenendo a semplici regole di buon senso), dando così un severo avvertimento a tutti quelli che vivono attorno al Mare Nostrum.

Tuttavia, al vertice delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico tenutosi recentemente a Varsavia, i rappresentanti dei paesi sviluppati non sono stati capaci di offrire nessuna misura concreta per ridurre le emissioni, al contrario hanno solo cantato un inno alla produzione di carbone "pulito". A questo punto le ONG ambientali hanno preferito lasciare il vertice, sostenendo che si trattava di una farsa, e che avrebbero potuto usare meglio il loro tempo dedicandosi a informare l'opinione pubblica. Le previsioni sono pessime. Le emissioni di anidride carbonica dovute alla produzione di energia, secondo la IEA (International Energy Agency) crescerà del 20% entro il 2035, aumentando la temperatura globale di  3,6 gradi, ben al di sopra dell'obiettivo dei 2 gradi, che era stato deciso a livello internazionale. Stati Uniti, Canada, Giappone, (che continua a regalarci l'acqua radioattiva che dalla centrale di Fukushima finisce nell'oceano), Australia e Nuova Zelanda si sono rifiutati di contribuire ai costi per ridurre le emissioni.

Il petrolio continuerà ad essere la principale fonte di energia: nel 2012 ha ricevuto sovvenzioni statali per 544 miliardi di dollari, mentre le energie rinnovabili ne hanno ricevuti solo 100. A questo punto la domanda è: il destino della Terra è ormai irrimediabilmente segnato e non ci rimane che rassegnarci al fatto che la specie umana si autodistrugga?

E' la stessa domanda che si sono posti i giornalisti e i 24mila geologi e astronomi che si sono riuniti, nel dicembre del 2012, a San Francisco, per il loro congresso annuale; tra loro anche il famoso geofisico Brad Werner, uno studioso dei sistemi complessi, dai capelli incredibilmente rosa.

"Nell'era della globalizzazione -aveva dichiarato Werner- lo sfruttamento delle risorse è così rapido, facile e incontrollato che, di conseguenza, i sistemi terra-umani stanno divenendo pericolosamente instabili. "Allora siamo spacciati?" Gli domandò un giornalista, e Werner gli rispose con un diplomatico: "Più o meno."

Tuttavia c'è sempre un motivo di speranza, secondo il geofisico, perché in tutti i sistemi complessi c'è un "punto di frizione", una valvola grazie alla quale si intrufola l'imprevisto, la variabile risolutiva. Werner ha chiamato "resistenza" questo punto di frizione; sono i movimenti di base, i gruppi di attivisti, le organizzazioni delle popolazioni indigene e quelle dei lavoratori, tutta gente che non si identifica con la cultura capitalista e che promuove azioni dirette a migliorare il medio-ambiente, con proteste, blocchi stradali e produttivi e persino sabotaggi.

Di fatto, nella storia, le culture dominanti si sono evolute grazie ai movimenti sociali che hanno saputo imporre cambi a sistemi obsoleti, come la schiavitù e l'apartheid.

Oggi, è il sistema economico che sta sfuggendo ad ogni controllo. Ci riempie le strade di luci e i negozi di gadget, ma allo stesso tempo provoca, in Europa, suicidi di imprenditori, disperazione nei giovani, disintegrazione delle famiglie; ruba terra in Africa, sfrutta lavoratori in Asia e distrugge foreste ed ecosistemi nei tropici. Insomma, distrugge il pianeta, inseguendo impossibili miti, come la crescita "illimitata", il profitto a qualunque costo, e un "libero" mercato  capace di autodisciplinarsi magicamente.

Naomi Klein è tra quegli scienziati che denunciano questo stato di cose e si coinvolgono in azioni concrete. La ricercatrice canadese ha 43 anni ed è oggi una intellettuale molto influente a livello mondiale. Il suo famoso libro "No Logo", svelò glorie e avarizie delle multinazionali, rifacendo il percorso di un prodotto da un negozio elegante a una misera fabbrica asiatica. Nel libro "La Dottrina dello Shock", ha descritto la strategia del capitale che impone privatizzazioni e libero mercato come rimedi per i momenti di crisi sociale ed economica di un paese, mentre solo servono a ristrutturare e a ottimizzare i propri guadagni.

Klein sostiene che crisi economica e crisi ambientale vanno assieme e richiedono lo stesso impegno. Due anni fa lei stessa si fece arrestare durante una protesta di fronte alla Casa Bianca. 166 persone erano lì con lei a manifestare contro il gasdotto  Keystone XL per il trasporto di gas di scisto. Anche per questo Obama decise di sospenderne la realizzazione. Ora la Klein sta preparando un libro e un film sulla necessità di un'eco-rivoluzione di cittadini e cittadine che faccia pressione sui governi. Sarebbe questa l'unica speranza per modificare un sistema economico impazzito.

Sempre più scienziati e ricercatori su temi ambientali si rendono consapevoli che è la stessa esistenza della nostra specie che è in pericolo. Ormai sono molti i movimenti che li vedono alla testa di azioni contro le armi nucleari, l'energia nucleare, la guerra, la contaminazione chimica.

Spicca in questo gruppo di attivisti rivoluzionari uno dei massimi esperti di questioni climatiche in Gran Bretagna: Kevin Anderson, Diretttore aggiunto del Centro Tyndall per le ricerche sul mutamento del clima. Ha passato più di dieci anni divulgando pazientemente i risultati della scienza climatica più moderna cercando di ottenere ascolto da politici ed economisti.

Assieme alla sua collega Alice Bows, Anderson sostiene che negli ultimi vent'anni, dal Vertice di Rio nel '92, "abbiamo perduto tanto di quel tempo con politiche ambigue e timidi programmi climatici (mentre le emissioni globali aumentavano senza controllo), che adesso dobbiamo affrontare tagli così drastici da rendere impossibile dare ancora una volta la priorità alla crescita del PIB. Questo perché l'impatto sul clima non proviene dalle emissioni di oggi o di domani, ma da quelle che nel tempo sono andate accumulandosi."

Per un principio di equità, i paesi che hanno diffuso carbonio nell'atmosfera per quasi due secoli devono ridurre le loro emissioni prima di quelli che, con più di un miliardo di abitanti, ancora non dispongono di elettricità per tutti. Di conseguenza le riduzioni devono essere assai più consistenti e tempestive.

Questo significa che i paesi industrializzati devono cominciare a limitare le loro emissioni di gas con effetto serra di circa un 10 per cento l'anno. E devono farlo SUBITO!

Si tratta di un obbiettivo incredibile. Si pensi solo che dopo la disintegrazione dell'Unione Sovietica la riduzione annua di emissioni raggiunse appena il 5 per cento in un periodo di dieci anni; dopo il crack di Wall Street tra il 2008 e il 2009 si registrò, nei paesi ricchi, un abbassamento del 7 per cento (anche se le emissioni di CO2 aumentarono fortemente nel 2010, e in Cina e in India non hanno fatto che crescere). In realtà, solo nella grande crisi del 1929, la peggiore crisi economica dei tempi moderni, le emissioni negli Stati Uniti scesero per vari anni consecutivi per più di un 10 per cento annuo.

Inoltre, Anderson e Bows sostengono che per raggiungere l'obbiettivo non bastano modeste penalità da infliggere proporzionalmente al carbonio emesso oltre la soglia convenzionalmente stabilita; e non basta nemmeno adottare tutte le soluzioni offerte dalla tecnologia ecologica, e normalmente difese dalle grandi "corporazioni verdi". La riduzione del carbonio deve dettagliatamente programmarsi attraverso quello che Anderson e Bows descrivono come "strategie di decrescita radicale e immediata negli Stati Uniti, nell'Unione Europea e in altre nazioni ricche."

In conclusione, per i due scienziati britannici c'è ancora un po' di tempo utile per evitare un riscaldamento catastrofico, però non nel contesto delle regole di un regime capitalista come lo conosciamo oggi. Queste regole vanno radicalmente cambiate e orientate a favorire una decrescita ragionata piuttosto che una crescita economica illimitata.  Una vera e propria rivoluzione copernicana.

Considerando le implicazioni drammatiche di questa rivoluzione climatologica, non sorprende che alcuni governi, come quelli di Gran Bretagna e del Canadà, abbiano tentato di zittire e intimidire i loro stessi esperti, tanto che nel luglio del 2012, racconta Naomi Klein, circa duemila scienziati e sostenitori inscenarono un funerale buffo dinnanzi al Parlamento di Ottawa, celebrando la "morte dell'evidenza". Centinaia di cartelli avevano la scritta: "non c'è scienza, non c'è evidenza, non c'è verità".

Ma la verità riesce sempre a farsi luce, afferma la Klein. "Stiamo già vedendo con i nostri occhi le terribili conseguenze del cambio climatico e i disastri sono alle nostre porte.

Sempre più gente è consapevole e si attiva per bloccare l'estrazione di gas di scisto a Balcombe, per ostacolare le perforazioni in acque russe nell'oceano Artico; per trascinare in giudizio le società che producono energia dalle sostanze bituminose e che riescono anche a violare la sovranità delle popolazioni indigene. Innumerevoli sono ormai gli episodi di resistenza, grandi e piccoli. Sono questi gli 'anticorpi'  per lottare contro la 'febbre alta' del pianeta.

Non è ancora una rivoluzione, ma è un inizio".

Come gridavano in coro gli studenti del '68 parigino: " Ce n’est pas que un debut, continuons le combat”.

Il tempo stringe, e le lotte locali e globali, (per difendere una valle contro una diga o una miniera d'oro, per difendere la sovranità alimentare o l'educazione pubblica di qualità), sono appena iniziate.

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