IL MISTERO DEL TTIP

Partenariato per il Commercio e gli Investimenti-Libertà di Strozzinaggio

Chi sono il ‘Mercato’

(VI)

di Marco Borsotti


Indicatori Finanziari

Oltre agli indici di crescita, siamo ormai abituati leggere sui giornali ed ascoltare in televisione continui riferimenti ad altri tipi d'indicatori che, leggendo e sentendo quanto ci dicono gli esperti, hanno grande importanza perché forniscono orientamenti utili a decidere come debba svilupparsi il futuro dell'Europa. Si tratta degli indicatori finanziari, quelli che illustrano la reazione dei “mercati” a decisioni prese o a comportamenti adottati nel contesto sia europeo che di ogni singolo paese. Si tratta di una lunga serie di indicatori ormai divenuti d'uso comune anche se alla fine rimangono sempre pochi quelli che li comprendono e quindi ne sappiano fare un uso appropriato. Cercherò di elencarne i principali: SPREAD (differenziale sul rendimento dei titoli pubblici), Tasso di cambio $ vs. €, Tasso d'inflazione, Stock Exchange (Indicatori di Borsa Valori:in questo caso l'elenco é molto lungo, ma quelli più citati oltre al nostrano FTSE MIB, sono il Down Jones americano, il DAX tedesco, il London Stock Exchange britannico, il NIKKEI giapponese e  il NASDAQ misura dello stato di salute dell'industria informatica, mi fermo perché elencarli tutti sarebbe troppo lungo ed alla fine poco rilevante), il Rating (valutazione) delle tre principali agenzie Standard & Poor's, Moody's e Fitch, gli indicatori del mercato delle materie prime, quello dei principali beni dell'agricoltura, quello dell'industria che a sua volta si differenzia per grandi settori produttivi, manifatturiero, tessile, ecc., la Bilancia dei Pagamenti, il Tasso d'Interesse della Banca Centrale. Spiegarli tutti porterebbe via troppo spazio e non penso sarebbe alla fine veramente utile ai fini di quest'analisi, quindi mi limito ad illustrare brevemente il senso di quelli che reputo principali perché più utilizzati nella volgarizzazione giornalistica e televisiva.

 

SPREAD

Silvio Berlusconi fu scalzato dal posto di Primo Ministro proprio in funzione di un andamento giudicato molto negativo di quest'indice che dagli inizi dell'estate 2011 si era impennato raggiungendo presto e superando la quota detta psicologica dei 500 punti. Nel caso europeo, l'indicatore misura la differenza tra i tassi d'interesse pagati per i Titoli di Stato di ogni paese con il tasso d'interesse pagato da quelli emessi dalla Germania. Maggiore la differenza tra i due valori espressa in un numero positivo, maggiore il livello dello SPREAD. Per capire meglio la questione, chiariamo che il tasso d'interesse pagato sui Titoli di Stato s'intende come una retribuzione al rischio che chi sottoscrive questi titoli corre di non recuperare alla fine del periodo capitali ed interessi. Più il tasso d'interesse é basso, minore é stimato il rischio. In Europa, i Titoli tedeschi sono considerati sicuri e quindi godono del privilegio di dover pagare un interesse minimo ai loro sottoscrittori. Altri paesi, come era appunto l'Italia non offrono la stessa sicurezza e quindi debbono pagare interessi più elevati per attirare compratori.

Chi sono i compratori di questi titoli? Banche, istituti finanziari, hedge fund (fondi protetti), enti pubblici, fondi di risparmio, fondi di pensione, persino entità statali estere. Infatti, é risaputo che il governo cinese detiene la quota maggiore del debito pubblico degli Stati Uniti. L'insieme di questi investitori istituzionali sono il mercato di cui tanto si parla, non un’ entità senza volto e soprattutto anonima, ma enti ben conosciuti di cui sappiamo tutto, ma di cui, soprattutto, si conosce l'identità di chi prende le decisioni finanziarie che poi determinano la situazione economica di ogni paese oggetto dell'attenzione dei “mercati”. A dettare legge nel mercato non é un numero elevato di soggetti, ma pochi enti che detengono una posizione di oligopolio.

Per esempio, gli attuali problemi finanziari dell'Argentina nuovamente prossima al fallimento, se non già tecnicamente fallita non avendo potuto ripagare gli interessi in scadenza a luglio per il sequestro preventivo di questi fondi, sono frutto della decisione presa dal miliardario Paul E. Singer che si é rifiutato di accettare l'accordo sottoscritto dalla maggioranza degli altri creditori. Un uomo solo con l'appoggio della giustizia americana nella persona di un giudice Thomas P. Griesa, del Distretto Federale di Manhattan é riuscito ad ottenere il sequestro dei fondi, $539 milioni, trasferiti alla banca Mellon di New York dal governo argentino che sarebbero dovuti servire a pagare gli interessi dovuti, generando quindi il fallimento tecnico del paese perché incapace di ottemperare ai suoi debiti. Veramente bizzarro e preoccupante che un tribunale americano possa decidere su di una vertenza che dovrebbe considerare fuori dalla sua giurisprudenza, facendo così fallire una Nazione terza.

Gli amministratori di fondi simili sono nel mondo tra le persone che riescono a realizzare i guadagni maggiori. Il New York Times del 6 maggio scorso in un articolo a firma di Alexandra Stevenson riportava che i capi dei 25 Hedge Funds di maggior successo l'anno scorso avevano guadagnato complessivamente $21,5 miliardi in compensi. Ma anche tra questi miliardari esiste poca equità, infatti il primo della lista David A. Tepper ha guadagnato $3,5 miliardi, il secondo Steven A. Cohen invece solo, si fa per dire, $2,4 miliardi ed il terzo, John A. Paulson $2,3 miliardi. Tutti gli altri rispettivamente di meno, sempre relativamente parlando. Come é possibile una cosa simile, la risposta é ancora nota e facile da intuire, i Fondi Protetti maneggiano un volume di capitali che, nel 2013, si avvicinava ai $2,7 trilioni, cifra compatibile e spesso di molto superiore al PIL dei maggiori paesi fatta eccezione per gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone e la Germania. Questi sono i signori dello SPREAD, un gruppo ristretto di persone che da sole decidono per i restanti sette miliardi di esseri umani.

Intendiamoci, lo possono fare perché le regole che loro stessi hanno finito per imporre a quasi tutti i paesi del mondo gli permettono di accumulare guadagni impensabili su cui pagano livelli di tassazione percentualmente minori di quelli pagati dai redditi da lavoro di chi dispone d'ingressi che li qualificano come a rischio povertà assoluta. Si pensi come recentemente una famosa banca d'affari, la J.P. Morgan abbia asserito per iscritto l'urgente necessità di modificare quelle Costituzioni e leggi che ostacolavano il libero agire dei mercati, richiesta che l'attuale governo italiano sta prontamente accontentando e la EU si appresta a realizzare con l'approvazione del TTIP.

In aggiunta, questi speculatori, veri scommettitori con capitali non propri, possono farlo perché le scommesse finanziarie sono permesse pur essendo nient'altro che un gioco d'azzardo dove chi possiede i capitali può far girare la ruota nel senso in cui vuole e così vincere sempre o quasi, anche perché nei rari casi in cui dovessero perdere, essendo troppo grandi per fallire, abbiamo visto molti esempi in questa ultima crisi, le loro perdite diventerebbero perdite pubbliche pagate dai fondi statali raccolti dalle tasse. Questa é per molti sensi una truffa verso i cittadini che i governanti compiacenti permettono. Costoro sono tra i pochi che da un trattato come il TTIP trarranno il massimo dei profitti.

Standard & Poor's, Moody's e Fitch

Le tre agenzie che emettono una valutazione finanziaria sono tra gli attori principali del mercato mondiale. Storicamente queste agenzie nacquero per la necessità di fornire informazioni veritiere ai possibili investitori di Borsa per fornire loro criteri d'orientamento per decidere a che società affidare i loro risparmi. Per questo fine indici basati su di una serie d'indicatori prestabiliti furono considerati la risposta adeguata per evitare che i gerenti delle varie attività offerte sul mercato dei titoli potessero occultare nei loro libri contabili rischi o perdite. Essendo il sistema sorto negli Stati Uniti, terra della fede assoluta nei pregi dell'attività privata, anche queste agenzie sono entità private slegate da qualsivoglia controllo pubblico, ma controllate invece dalle banche e dai vari fondi finanziari che infatti siedono nei loro consigli d'amministrazione.  Le valutazioni si esprimono in lettere, dalla tripla A, il massimo dell'affidabilità, sino alla C che si considera sia equivalente ad asserire che il titolo in oggetto é soltanto spazzatura come scrivono i giornali, ossia un titolo ad altissimo rischio senza nessun credito sulla validità dei suoi conti. Nel mezzo sei graduatorie principali che poi possono essere ulteriormente qualificate attribuendo un segno positivo o negativo come indicazione di prospettiva nel medio e lungo periodo.

Al momento, solo pochi paesi europei hanno la valutazione massima, Germania, Svizzera, alcuni paesi Nordici ed Inghilterra. Il resto ha valori che vanno da AA a B. L'Italia, come sappiamo, é classificata Baa2 un valore che denuncia le debolezze strutturali della sua economia.

Va anche detto che le tre agenzie, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono esenti da pesanti critiche sul loro operato dal momento che in storia recente vi sono stati vari problemi associati con possibili conflitti d'interessi tra le valutazioni date e lo stato reale dei soggetti che stavano esaminando, siano essi Stati od imprese. La Grecia durante il processo d'annessione alla zona EURO é un buon esempio di quanto affermo, ma ci sono stati anche casi persino più scandalosi con imprese come la ENVRON che era valutata con una tripla A, quando era ormai in procinto di fallire. Lo stesso dicasi per le valutazioni fatte prima del 2007 dove in nessun caso si segnalava il rischio bancario associato con i mercati immobiliari americani.

Cerchiamo di vedere come si attua il processo, perché conoscerlo chiarisce subito molti aspetti e segnala possibile carenze del sistema in sé.

Le valutazioni sono tutte fatte a pagamento ed é il soggetto da esaminare quello che deve richiedere l'esame. Uno Stato che intende emettere Titoli pubblici, un'impresa che vuole essere quotata in Borsa Valori rivolgendosi ad una di queste agenzie ne richiede la valutazione. La valutazione si svolge in tappe. Prima, analisti contabili esaminano i documenti contabili e raccolgono le altre informazioni che sono necessarie per la stesura del loro rapporto. In seguito, il materiale viene esaminato da un comitato d'esperti diversi da coloro che hanno condotto l'analisi che alla fine votano a maggioranza la valutazione da dare. Si intende che gli esperti siano specialisti del settore in esame o, nel caso di valutazioni di Stati, specialisti di contabilità nazionale e stesura di bilancio. Il risultato viene presentato al committente che può decidere di mantenerlo segreto o renderlo pubblico. Se reso pubblico, la stessa agenzia sarà responsabile di continuare a controllare la situazione con il fine di valutare se la valutazione data debba essere mantenuta, migliorata o peggiorata.

Guardato così, il sistema sembrerebbe trasparente, ma i problemi sorgono nei dettagli. Infatti, gli esperti del comitato o gli analisti dovrebbero sempre per definizione essere estranei a quanto stanno valutando e liberi da possibili conflitti d'interesse. In pratica, non si ha mai la certezza che questo sia vero, anzi é persino ragionevole pensare che spesso gli esperti siano quanto meno a conoscenza previa di quanto chiamati ad esaminare o, persino, che abbiano interessi privati almeno indiretti nell'esito della valutazione. Nel caso della Grecia, per esempio, le banche d'affari che avevano aiutato le operazioni finanziarie ad alto rischio che avevano permesso al paese di rientrare nei parametri per l'ammissione alla moneta unica, erano poi anche parte del consiglio d'amministrazione di tutte e tre le società di valutazione. Come non sospettare che questo abbia influito sull'esito della valutazione?

In aggiunta, nessuno ha sino ad ora chiesto conto alle agenzie per gli errori commessi nelle valutazioni per accertare se vi fosse stato dolo, fatto questo che le rende sicure che comunque svolgano il loro compito non ci saranno conseguenze da pagare né penalmente né in via civile. Per ultimo, il mercato in cui operano é praticamente limitato a pochi soggetti dal lato dell'offerta, le pochissime agenzie del settore, ed un numero abbastanza ampio di clienti dall'altra, clienti che spesso per ragioni di praticità fanno uso di tutte le principali agenzie per dare maggior risalto ai risultati ottenuti.

Indicatori di Borsa

La terza misura che viene spesso citata é quella del valore dei vari indicatori di borsa, gli indici che esprimono l'andamento ponderato delle azioni ed obbligazioni di ciascun mercato borsistico, Milano, Tokyo, Londra, New York, Singapore, ecc. Anche in questo caso voglio iniziare spiegando i concetti di base del mercato azionario per poi commentare sull'uso che ne viene fatto.  Normalmente si considera la Borsa un mezzo per raccogliere capitali per una impresa. Quando i proprietari di un'attività vedono crescere sufficientemente il volume d'affari della loro attività, arriva un momento in cui conviene richiedere i capitali necessari agli investimenti quotando il titolo in borsa invece di continuare a richiedere prestiti alle banche.

In teoria, si dà una valutazione complessiva del valore commerciale o sarebbe meglio scrivere borsistico di una impresa, tenendo conto di tutti i fattori, poi si decide quante azioni immettere sul mercato assegnando ad ognuna una quota, generalmente un valore microscopico, del valore totale. La proprietà, per mantenere il controllo, ascrive a se stessa un certo volume di titoli e immette sul mercato tutti gli altri in cerca di compratori a partire da un prezzo base. Se l'impresa ha un buon rating ed un suo prestigio personale, i compratori dimostreranno interesse nel titolo. In questo caso, se la domanda sarà sostanziale, il valore del titolo tenderà a salire oltre il valore con cui era stato posto sul mercato. Nel caso contrario, il titolo vedrà un calo.  In questo rispetto fu interessante osservare il comportamento di Face Book quando venne quotato in Borsa. Tutto dipende dal volume di domande d'acquisto in relazione con la disponibilità dei titoli ed, in una fase successiva, da quanti vogliono comprare il titolo e quanti invece desiderano venderlo. Per questo, inizialmente Face Book perse molto del suo valore d'immissione sul mercato. Infatti, presto il valore del titolo sarà completamente slegato dalla valutazione del valore dell'attività, per diventare invece una merce a se stante il cui prezzo deriva ormai soltanto dal volume della domanda e dell’offerta di quel bene assolutamente virtuale.

Non importa se l'impresa sia profittevole, se generi utili, ma conta invece quanto valeva il titolo al momento in cui fu acquistato e quanto potrebbe valere se si volesse venderlo in quel dato momento. Molte delle società finanziarie hanno il valore dei loro capitali investiti definiti esclusivamente sul valore di borsa dei titoli che possiedono. Paradossalmente, un’impresa produttiva può anche essere in attivo, ma, allo stesso tempo, il suo titolo perdere in borsa per ragioni che non hanno nulla a che vedere con quanto l'azienda produce. Il valore delle azioni é, infatti, un valore virtuale senza nessun vero aggancio con i beni prodotti. Il valore delle azioni é sempre e comunque aspettativa. Se chi le detiene valuta che il loro valore nominale sia stabile o possa crescere, difficilmente vorrà disfarsene causandone così una possibile flessione. Ma se invece le avrà acquistate a scopo speculativo o avrà perso fiducia nel loro corso o avrà bisogno di liquidità per qualunque altra attività e ragione, le venderà e se il numero dei compratori non fosse sufficiente a compensare il numero di coloro che intendono vendere, il valore del titolo inizierà a calare.

Il paradosso del mercato borsistico dove operano, da un lato, pochi operatori che contano, cioè, entità in grado di condizionare con il volume delle loro transazioni il valore dei titoli che trattano, come gli Hedge Funds e le società finanziarie e bancarie e, dall'altro, una larga pletora di piccoli risparmiatori alla ricerca di facili guadagni o desiderosi di ottenere attivi superiori a quelli offerti da un deposito bancario o in cerca di forme per proteggere i risparmi, é che la Borsa è una vera e propria sala da gioco, con la differenza che il banco, cioè, quell'entità che nelle sale da gioco ha sempre un vantaggio su chi gioca, in questo caso è costituito dai grandi investitori, mentre i giocatori che possono vincere o perdere sono tutti gli altri. Bisogna anche capire, però, che vincite e perdite sono valori virtuali e non beni concreti e materiali come manufatti o prodotti di altro genere. Le ricchezze bruciate di cui parlano i giornali non sono mai esistite nel mondo reale, erano valori virtuali che diventavano reali solo all'atto della loro vendita. Paradossalmente, chi sta perdendo, se non vende non ha perso nulla e può sempre sperare in futuro di recuperare.

Purtroppo, un indicatore come questo che francamente non misura null'altro che aria calda che si può espandere o contrarre, serve invece, accompagnato ad altri come lo SPREAD o il PIL, a definire lo stato di salute dell'economia di un paese permettendo a chi fa studi sulle prospettive future di un paese di affermare che questi potrà crescere od essere in recessione, tutto questo perché speculatori hanno giocato in borsa con dei titoli e delle azioni. I fautori del TTIP ignorano volutamente queste realtà e parlando di valori astratti vorrebbero far credere che siano guadagni futuri mentre in realtà sono nient'altro che quanto ho appena descritto, aspettative di crescita o decrescita.

Per finire alcune riflessioni

Quasi per caso, lessi lo scorso autunno per la prima volta del TTIP. Allora era tema praticamente sconosciuto ai giornali o alle televisioni e non solo in Italia. L'articolo che lessi in quel momento trattava il tema dal punto di vista ambientale asserendo che ci fosse il rischio che proposte già bocciate precedentemente per l'introduzione anche in Europa della coltivazione di OGM potessero trovare attraverso questo trattato in fase di discussione una specie di porta di servizio per scavalcare le obiezioni ambientaliste che sino ad allora le avevano bloccate. Infatti, i negoziatori discutevano di procedure per il commercio e gli investimenti, ma si vociferava dell'intenzione di accettare clausole che avrebbero permesso alle imprese che lo avessero voluto, di chiamare in giudizio quei paesi che secondo loro avessero adottato delle legislazioni che limitavano surrettiziamente il libero commercio. Sempre di quei giorni e di certo non a caso, circolava il documento del J.P.Morgan asserendo che leggi e Costituzioni europee ostacolavano il libero commercio e la globalizzazione causando il ritardo economico dell'Unione.

Oggi, il tema TTIP ha certamente maggior risalto. Se n'é persino discusso in Parlamento lo scorso 30 aprile anche se le risposte date dalla Ministro Federica Guidi ad una interrogazione del Movimento cinque Stelle hanno sollevato più preoccupazioni che rassicurazioni visto che la Ministro ha dovuto ammettere che neppure i governi nazionali hanno accesso alle bozze di trattato, fatto questo veramente inusuale per un trattato commerciale. Nonostante non avesse potuto leggere nulla di quanto il trattato prevederebbe, la Ministro Guidi si é comunque detta sicura che con l'approvazione l'Italia non potrà che beneficiarne perché, e qui si ripete un ritornello caro a tutti i rappresentanti dell'attuale esecutivo, il sistema paese ne trarrebbe beneficio e si sbloccherebbero vie per la tanto attesa ripresa della crescita economica. Quando e quali vie, al Ministro non é dato sapere visto che disconosce quello di cui parla, ma questo é quanto il governo ha saputo dire in Aula.  Pur se il tema TTIP é uscito dall'assoluto anonimato che lo ha caratterizzato per tutto il 2013, rimane comunque un argomento ignoto ai più. In aprile e maggio scorso si é svolta la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo. I principali candidati si sono confrontati in dibattiti pubblici che, nel vero, almeno nel caso italiano, sono stati visti da poche migliaia di persone. In questi dibattiti non ho sentito nessuna discussione sul tema.

In Italia, oltre al M5S solo la lista L'Altra Europa ha assunto un chiara posizione critica a questo riguardo e si presume che tutto il gruppo dei parlamentari europei della sinistra insieme a quello dei Verdi assumeranno una posizione contraria al trattato se le anticipazioni sui contenuti che sono circolate dovessero risultare veridiche. Sono però anche convinto che i gruppi parlamentari Popolari, Socialisti e Liberali daranno invece un parere favorevole a meno che non sorga dal basso una pressione molto forte perché si blocchino tutti quegli articoli del trattato che permetterebbero alle imprese di scavalcare il voto popolare per, o modificare le leggi a loro favore, o ottenere il pagamento di penali probabilmente milionarie finanziate dalle tasse che tutti paghiamo.

Come ho affermato sin da quando ho iniziato a trattare dell'argomento, in mancanza di un testo delle bozze da poter consultare, per condurre questa breve analisi ho soltanto preso in considerazione quanto scritto sul portale della Commissione europea alla voce TTIP o dati ufficiali sulla situazione economica e sociale dell'Europa pubblicati da Eurostat. Infatti, in rete si troverebbero varie anticipazioni di quello che sarebbe scritto nel documento, versioni però che non hanno nessun attestato di veridicità da parte o del governo statunitense o della Commissione europea, al momento le uniche entità a conoscenza della bozza, ragione per cui ho preferito ignorare queste supposte anticipazioni per non incorrere in possibili errori. Comunque, il materiale a disposizione, proprio perché certamente autentico, mi permette di trarre alcune considerazioni negative sull'intero processo associato con il TTIP.

Iniziamo dalla questione di metodo, un aspetto molto importante perché sia la Commissione che i vari governi nazionali devono rispondere ai cittadini del loro operato. La Commissione spiega il segreto che circonda tutta l'operazione, segreto che esclude non soltanto la popolazione in genere, ma persino gli organi parlamentari sia nazionali che comunitari e pone serie limitazioni ai governi nazionali che volessero accedere ai documenti prima della conclusione delle negoziazioni, con la necessità di garantire la necessaria riservatezza ed evitare possibili manipolazioni. Il testo dice letteralmente che sarebbe come durante una partita di carte mostrare il proprio gioco agli altri giocatori, considerazione bizzarra visto che l'altro giocatore, ossia gli Stati Uniti conosce nel dettaglio tutto, mentre coloro che misconoscono sono coloro che la Commissione rappresenta, cioè i cittadini europei, i soli che dovrebbero poter decidere sull'argomento. Entrando nel merito della questione, la Commissione asserisce che la firma del trattato genererà crescita, posti di lavoro e riduzione dei prezzi. A questa generica affermazione, segue la citazione della possibile espansione del PIL per un valore massimo di €119 miliardi. Faccio notare che il testo omette chiarire che si tratta di una proiezione massima mentre  lo studio da loro citato afferma esplicitamente che perché questa situazione si avveri, tutte le precondizioni devono essere ottimali, altrimenti i risultati potrebbero essere di molto inferiori.

Ma anche ammettendo che tutto vada per il meglio, la crescita del PIL promessa, frutto di maggiori esportazioni e migliori importazioni, seguendo le traiettorie di ripartizione dei redditi sin qui riscontrate favorirà una percentuale minima della popolazione visto che ormai da vari decenni lo sviluppo in Europa ha fatto migliorare soprattutto la ricchezza di chi era già ricco e non ha certo permesso a tutti gli altri, circa il 90%, di beneficiarne se non in misura molto limitata. Gli studi sull'equità, sulla povertà e sull'impiego, anche quelli realizzati dalla Commissione, lo attestano senza lasciare ombra di dubbio. Lo studio non offre previsioni su quanto potrebbe aumentare l'occupazione ed in che misura i prezzi potrebbero calare lasciando intendere che la crescita del PIL da sola sarebbe come la cartina tornasole che attesterebbe che anche gli altri eventi sarebbero accaduti, mentre la pratica degli ultimi anni dimostra il contrario. Quello che la Commissione non vuole vedere é che il problema dell'Europa sono sia disequilibri tra gruppi sociali al suo interno sia anche gravi sproporzioni tra paesi con molti Stati membri in cui il reddito per capita é uguale ad un quarto o persino un sesto di quello degli Stati più abbienti. Tenendo conto delle crescenti disparità, la questione centrale cui la Commissione dovrebbe mirare non sarebbe tanto una crescita non qualificata del PIL ed aumentare i consumi collettivi ed individuali, ma ridurre le diseguaglianze tra i cittadini all'interno di ogni Stato e tra gli Stati stessi. Il problema principale in Europa é la povertà di un cittadino su quattro accompagnata dal rischio che, se non si inverte il processo di concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, presto questi numeri potrebbero peggiorare.

Il problema é la mancanza d'impiego, soprattutto per i giovani. Questo dato é certamente nelle priorità della Commissione nella sua Agenda 2020, ma a mio giudizio le misure proposte sono insufficienti a cambiar corso al processo perché non é necessariamente una crescita dettata dal mercato ciò che servirà allo scopo, dal momento che ci vorrebbe un ribaltamento delle priorità per privilegiare l'ambiente, la manutenzione del territorio, l'estensione dei servizi sociali a tutti, il risparmio energetico e lo sviluppo di attività di piccola e media dimensione per ridurre le disuguaglianze senza continuare a correre dietro all'illusione che le risposte arriveranno dalla globalizzazione e dalla conquista dei mercati esteri.

Non voglio asserire che l'Europa si debba chiudere come in un riccio, ma metto in questione il modello attuale che delocalizza le produzioni fuori dai confini lasciando all'interno soltanto servizi ed attività di distribuzione per il consumo privato di beni a basso costo. Queste politiche sono miopi e non assicurano continuità nel lungo periodo. Per ultimo, la Commissione ammette apertamente che il trattato prevederà l'arbitrato tra investitori e Stati (Investor to State Dispute Settlement ISDS). Bizzarramente, la giustificazione data a questo punto dice che l'accordo é stipulato per proteggere gli interessi degli investitori europei negli Stati Uniti contro possibili abusi legislativi di questi ultimi contro interessi europei. Trovo molto interessante che la burocrazia europea consideri che i tribunali statunitensi non offrano tutte le tutele necessarie e quindi reputino necessario ricorre a tribunali speciali d'arbitrato. Pur mettendo da parte questa considerazione che suona molto strana nella forma in cui é formulata, bisogna ricordare che il procedimento menzionato finisce per attribuire a poche decine di persone, i membri della corte infatti devono essere membri della Camera di Commercio Internazionale i soli abilitati a svolgere queste funzioni, un potere che di fatto finirebbe per prevaricare quello dei cittadini. La Commissione si affretta a chiarire che gli arbitrati non potranno imporre cambi nella legislatura, ma pagamenti di penali per quegli Stati che si ostineranno a non voler cambiare le loro leggi per soddisfare la libera “concorrenza”. Il caso riportato in precedenza che si riferiva all'Argentina, mi pare che, meglio di qualunque altra considerazione, dimostri i rischi cui ci si espone seguendo questo cammino giuridico e questa forma di voler considerare la questione.

Per questo, per tutto quanto ho scritto su questo argomento, sono convinto che sottoscrivere questo trattato sia una scelta sbagliata per l'Europa e che, di fronte alla latitanza di una opposizione ferma dei maggiori partiti presenti nel Parlamento europeo, spetti ai cittadini esprimere con chiarezza e determinazione l'opposizione alla sua firma ed omologazione. La nomina della svedese Cecilia Malmstrom liberale e pro atlantica come Commissario per il Commercio non fa sperare in una revisione del pensiero che sin qui ha guidato il lavoro della Commissione. Per questo sarà necessario prepararsi per informare e mobilitare i cittadini e le organizzazioni della società civile perché dal basso blocchino l'approvazione di accordi sul TTIP che come abbiamo visto non fanno gli interessi della grande maggioranza della popolazione e finiranno con ridurre gli spazi democratici in Europa a solo favore della grande finanza e delle multinazionali.

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