LE MILIZIE ISLAMICHE CHE MINACCIANO IL MONDO

Chi sono e cosa vogliono.  Note dal libro di Loretta Napoleoni : “ISIS, lo stato del terrore(*)

di Gisella Evangelisti

Nel giugno 2014, due giorni prima dell’inizio del mese santo del Ramadán,   un’organizzazione armata, l’ISIS, una fra le varie milizie che combattono  in Siria il regime di Assad,  diffonde un video in cui un barbuto combattente cileno, di nome Abu Saffya, mostra un posto di confine demolito fra Siria e Iraq, e annuncia che vengono annientati due stati creati da britannici e francesi  nel 1916, la Siria e l’Iraq, a favore dell’Umma, la comunitá  globale dell’Islam.

Si ricrea cosí il Califfato,   un’entitá  che si formó nel  7 secolo, quando alla morte del profeta  Maometto,    sotto la guida dei suoi primi 4 successori  (o kalipha)  l’Islam si espanse territorialmente e  culturalmente, da Bagdad fino all’attuale stato di israele, prima di cadere nelle mani dei Mongoli e poi degli  Ottomani. Internamente, si era giá formata la divisione fra sunniti e sciiti, che parteggiavano per uno o l’altro successore di Maometto.

Adesso, dopo decenni di guerre e distruzioni per mano delle élites locali appoggiate da potenze occidentali, i  musulmani sunniti vogliono  credere che sia rinato il Califfato, come un’araba fenice capace di rivivere dalle sue ceneri, per ridare dignitá e potere all’Islam.

“Accorrete, o musulmani, al vostro Stato”, ordina il nuovo califfo, l’iracheno  Abu Bakr Al Bagdadi nel suo primo discorso del giugno 2014. “Se vi atterrete ad esso, conquisterete Roma e possederete il mondo, se Allah lo vuole”. il messaggio di  Al Bagdadí, via Facebook e twitter viene trasmesso  in moltissime lingue tra cui  l’inglese, il francese e il tedesco.  E per dare un’idea di come sará questa  hijad (guerra santa)  contro i suoi  nemici in Medio  Oriente e  nel mondo,  prima dei mondiali di calcio l’ISIS ha inviato su Twitter un video in cui alcuni suoi membri giocano a calcio con le teste degli  oppositori.  Altri video, di qualitá hollywoodiana, mostrano la decapitazione di ostaggi occidentali, mentre si ha notizia del massacro di centinaia di donne e bambini sciiti dopo la presa della cittá irachena di  Mosul.

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(*) Ed. Feltrinelli, 2014

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La bandiera  nera e dorata del Califfato sventola  oggi su un territorio grande come la Gran Bretagna o il Texas,  che comprende l’area tribale sunnita fra Siria e Iraq del nord, ed é il primo stato, (non ancora internazionalmente riconosciuto) nato dopo la prima guerra mondiale usando l’arma del terrore. Per  i salafiti e i sunniti che l’hanno fondato si tratta del  “governo di Dio”, in quanto il Califfo riunisce in sé il potere civile e religioso. Territorialmente, rappresenta per i musulmani sunniti quello che Israele é per gli ebrei: uno stato nella loro antica terra, rioccupata in tempi moderni. Ricordiamo che negli anni 40 gli ebrei provenienti da ogni parte del mondo si unirono in lotta contro gli inglesi per riconquistare la loro terra ancestrale, che consideravano donata da Dio, e la conquista continua nei territorio palestinesi occupati, senza rispettare gli anteriori trattati di pace.

Chi sono e cosa vogliono queste milizie islamiche che minacciano il mondo? Si é chiesta Loretta Napoleoni, una delle  maggiori esperte internazionali  sul tema del terrorismo, che  si é autofinanziata la ricerca su ISIS  vendendo la propia impresa. Nel libro “ISIS, lo stato del terrore” ed. Feltrinelli,  uscito anche negli Stati Uniti, la Napoleoni  cerca di dare qualche risposta,  mentre pone altre inquietanti  domande.

Il Medio Oriente sta vivendo un momento drammatico:  le primavere arabe  sono state sconfitte, meno che in Tunisia:  in Siria il regime di Assad, (sostenuto dalla Russia), invece di realizzare le promesse riforme democratiche, usa gas chimici contro la propia gente, e una miriade di milizie, in lotta anche fra di loro, cerca di abbatterlo ;  in Iraq (sostenuto dall’Occidente) il governo di Al Maliki, che doveva garantire la democrazia, ha perseguitato i sunniti ; la  Libia dopo la caduta di Gheddafi nel 2011  é in uno stato di caos;  l’Egitto é inquieto e dominato dall’esercito;   Israele é in lotta con i palestinesi di Gaza;    in Turchia  l’esercito si scontra  con i Curdi,  (il 20% della popolazione che aspira all’indipendenza), mentre  circa due milioni di rifugiati  iracheni o siriani in Turchia e Giordania vivono di stenti.

I giovani arabi vivono nel vuoto político creato dalla corruzione dilagante, e la disuguaglianza presente nei moderni stati musulmani,  e difficilmente riescono a integrarsi nei paesi occidentali che offrono sempre meno opportunitá ai giovani. Per questo possono essere sensibili a messaggi messianici, come quello del Califfato e della fratellanza universale che esso  propugna. Ma c’é di piú.   Il fatto che il Califfato si sia materializzato nel primo giorno del Ramadán del giugno 2014, (come dichiara il suo portavoce Abu Mohamed al Adnani), azzera la legalitá di tutti gli altri stati musulmani, e quindi  tremano i  paesi del Golfo Persico,  come  Kuwait, Qatar e Arabia Saudita, che seguono altre varianti confessionali dell’Islam, e finora avevano finanziato l’organizzazione sunnita  ISIS per indebolire la Siria di Assad. Che ne sarebbe dei loro governi autoritari se il Califfato arrivasse fin lí?

Ma quale “regno della libertá” propone il Califfato? Siriani e iracheni appena fuggiti dal Califfato riferiscono che le donne sono obbligate a coprirsi dalla testa ai piedi, non possono uscire senza un accompagnatore maschio,  vengono crocifissi “apostati” e omicidi,  e vengono mozzate le mani ai ladri, applicando severamente la sharia, la legge coranica emessa  1300 anni fa. A Mosul, addirittura, (secondo “El Mundo”)  si ordina la mutilazione genitale femminile, di origine preislámica, che non è presente nel Corano,  ma é favorita dai molti giurisperiti islamici quando affermano che la donna non circoncisa é impura: una pratica che affligge 130 milioni di donne tra Asia, Africa e Medio Oriente.

Puro medioevo, quindi?  Non solo. Passato e presente, medioevo e futuro si mescolano nel Califfato in un modo sorprendente ed esplosivo, é il caso di dirlo. I suoi dirigenti usano con criteri imprenditoriali ingenti risorse,  riescono ad  attrarre  nelle loro file, fino al settembre del 2014, circa 12.000 combattenti stranieri, di cui 2.200 europei, senza contare i  gruppi di sostenitori locali sparsi per il mondo. “La democrazia non esiste, dicono, l’Occidente é governato dalle banche, non dai parlamenti,  voi siete solo pedine, ma fortunatamente, l’Islam vi porterá la libertá”, questo il messaggio rivolto ai giovani.

I combattenti sono arrivati a ondate: prima gli egiziani dopo il golpe militare contro i Fratelli musulmani,  poi i  detenuti di Abu Ghraib, la prigione famosa per le torture denunciate recentemente dal senato americano, mentre giovani dei vari continenti atterrano all’aeroporto di Hatay, al confine turco con la Siria nord.

Chi si arruola  viene pagato circa 41 dollari al mese, meno di quanto guadagna un manovale in Iraq (150 dollari), quindi non é il movente económico quello che motiva piú fortemente i giovani, (anche se si indennizza la famiglia se il combattente muore), quanto, piú probabilmente il fatto di sentirsi protagonista della storia, contribuendo alla rinascita dell’Islam e dando vita a uno stato forte e ordinato. A Raqqa, un centro periférico composto da tribú favorevoli ad  Assad, prima che la cittadina fosse conquistata, le donne si frapposero  fra i combattenti come scudi umani per proteggere la cittá;  poi i ribelli cercarono casa per casa donne libere per farle sposare, e in breve la cittá divenne la capitale dello stato islámico: uno stato in cui le donne  sono trattate come creature inferiori. E´ da notare che di fronte a Dio, dice il Corano, i credenti sono uguali, siano uomini che donne, quello che cambia é il ruolo, di leaders  sociali per gli uomini, di addette alla famiglia  per le donne, (anche se poi le donne si stanno  tenacemente conquistando poco a poco spazi sociali, tant’é  che in Afganistan c’é addirittura una donna generale, Kathol Mohammadzai)

Ogni tanto le cronache parlano di ragazzine europee o figlie di migranti cresciute in Europa che partono per raggiungere il loro barbuto  amore, che immaginano come una specie di  Robin Hood islámico. Ma puó succedere, come capitó a una ragazza olandese, che questo Robin Hood, dopo pochi mesi  la consegni in regalo  a un altro uomo, e lei debba fuggire disperata.

Uno stato ordinato, e con le donne finalmente sottomesse agli uomini, é capace di attirare adesioni anche tra i maschi occidentali. Ma mentre  la relazione con l’Occidente si basa sul terrore, amplificato dalle reti social, il Califfato  nei suoi confini  cerca anche di  rispondere alle necessitá della popolazione. E quindi, per esempio, si riparano strade e reti elettriche danneggiate, si costruisce un mercato a Raqqa, la capitale,  si organizzano feste e esercitazioni militari per attirare i ragazzi, si mantiene in funzione  la diga di Tishreen sull’Eufrate. I fondi non mancano, certamente. Quelli arrivati inizialmente dall’Arabia Saudita, Qatar e Kuwait, piú che per i combattimenti,  sono serviti all’ISIS per posizionarsi nelle zone petrolifere della Siria, osserva la Napoleoni. Secondo il Wall Street Journal,  le esportazioni petrolifere  rendono due milioni di dollari al giorno, ossia a piú di  700 milioni di dollari l’anno. Dettaglio importante: in questa attivitá vengono coinvolte le tribú  locali sunnite, (finora  discriminate dal governo iracheno di Al Maliki), che quindi considerano  quelli dell’ISIS piú onesti e degni di  fiducia del loro cosiddetto governo formale.

In totale, é possibile che l’ISIS abbia una ricchezza stimata di due miliardi di dollari, come quella di una fiorente multinazionale, anche se  inferiore a quella che ebbe l’OLP (Organizzazione della Liberazione della Palestina)  negli anni ‘90, quando,  secondo la CIA aveva accumulato tra gli 8 e i 15 miliardi di dollari.  Durante la guerra fredda solo le due superpotenze, USA e Unione Sovietica, potevano finanziare gruppi terroristici, mentre adesso in un mondo multipolare possono contare su vari sponsor, anche se con alleanze cambianti.

Modernitá e tradizionalismo sono entrambi presenti nel Califfato, si diceva. Al Bagdadi, autodenominatosi  Califfo, appartiene a una colta famiglia  irachena, con molti imam e dice di essere discendente diretto del Profeta.  Ha passato 5 anni nel carcere di Al Bucca, durante l’occupazione americana, e ha salutato con un ironico arrivederci la guardia statunitense alla sua partenza. Ê salafista e sa dosare  apparizioni e messaggi. Prima della sua nomina come Califfo c’é stata una discussione in rete sulla legittimitá  della sua guida e sull’opportunitá di praticare la sharia.   Purtroppo, secondo la Napoleoni, i servizi segreti e i giornalisti non hanno prestato troppa attenzione a questi passaggi.

La corrente salafista, sorta a metá ‘800, affermava che i musulmani, per tanto tempo asserviti agli Ottomani, dovevano rifondarsi  recuperando  le proprie radici nel messaggio originale del Profeta, in un’operazione di pulizia e riscatto. Non era inizialmente antioccidentale. Anzi, il movimento “Nadha”  o “risveglio”, apparso quando emersero nuovi stati  dalla disintegrazione dell’impero ottomano, si proponeva di imitare le democrazie parlamentari europee.  Ma l’Occidente, invece di appoggiare la loro modernizzazione, li assoggettó come colonie, e ció provocó il rifiuto dello  “stato nazione”, e della “modernitá” europea.

Recentemente,  il riconoscimento dello stato di Israele (impiantatosi nell’antico territorio del Califfato) da parte della Giordania nel ’94, ha provocato la radicalizzazione antisraeliana del salafismo e la nascita di organizzazioni salafite, in Algeria (GIA) Yemen (Aden Abyan), Al Tawhid in Palestina.  L’obiettivo  del salafiti oggi é liberare i territori dell’antico Califfato di Bagdad dagli sciiti e annettere Giordania e Israele per ricreare quell’entitá, oltre che distruggere la dinastía saudita in Arabia: insomma, riscrivere di sana pianta la geografía del  Medio Oriente.

Perché questo rifiorire di guerre etniche e settarie in Medio Oriente e parti dell’Africa?

La micidiale combinazione di globalizzazione e povertá, asserisce la Napoleoni, ha suscitato una diffusa insicurezza tra la popolazione. La globalizzazione ha portato la prosperitá in alcune aree, come la Cina e il Brasile, e la povertá in molte altre, come il Medio Oriente e parti dell’Africa. La crisi degli stati in Africa é legata in parte agli allarmanti mutamenti climatici, in parte alla corsa dei paesi ricchi per accaparrarsi le risorse del continente. In piú, ci sono fattori locali. In Iraq per esempio, un decennio di sanzioni economiche ha trasformato la nazione con il piú alto livello di istruzione del mondo arabo in uno stato in cui le donne non hanno diritto a lavorare. Il processo di islamizzazione e di regressione a una societá premoderna, quindi, é andato di pari passo con il processo di impoverimento.

ll destino del Califfato é intrecciato con decenni di política occidentale e interventi sbagliati in Medio Oriente.

E´noto che Colin Powell, il sottosegretario di Bush,  per motivare l’invasione dell’Iraq,  e colonizzarlo commercialmente con le multinazionali, lo accusó di possedere armi di distruzione di massa e di sostenere il terrorismo. Ecco quindi che fabbricó la menzogna che Saddam  Hussein e Al Qaeda erano soci in affari attraverso  Abus Musah  Al Zarqawi,  un giordano  descritto come superterrorista,  (ma senza prove dei suoi attentati). Finí che  Al Zarqawi, un delinquente di piccola taglia, in carcere divenne salafista e si incontró con Bin Laden in Afganistan.  Non credeva opportuno andare a combattere gli Stati Uniti nel loro territorio, ma puntava a creare uno stato islámico salafita nella regione, combattendo su due fronti, uno contro la coalizione statunitense, l’altro contro gli sciiti. Fu il capo ufficiale di Al Qaeda in Iraq, fino alla sua morte nel 2006 per mano degli americani. Ma l’impresa di “conquistare” ai sunniti lo stato iracheno (dove erano presenti tre forze, sunniti, sciiti e curdi)  non era fattibile e per questo  l’ISIS nel 2010 si spostó in Siria.

L’opinione pubblica occidentale ha creduto alle menzogne di Bush e Blair, e solo gli analisti piú attenti capirono che facendo cadere i governi autoritari nella regione si sarebbe aperta la cassa di Pandora del settarismo. Seguendo lo stesso procedimento (la diffusione di una menzogna che si autoavvera), il Califfato adesso sta diffondendo spaventose profezie, che potrebbero avverarsi, se gli occidentali non gli prestassero  la dovuta attenzione. Giá nel reclutamento  ISIS si propagandava come una forza trascendente,  attirando come si è visto migliaia di combattenti, quando in realtá si trasferí in Siria per sopravvivere.

A differenza dei Talebani che  trasmettono i loro insegnamenti soprattutto nelle scuole coraniche, i promotori dello Stato Islamico sono pragmatici ed abili nella propaganda psicológica a livello globale, mentre sul terreno si avvalgono di metodi antichi di guerra, che arrivano anche al genocidio,  e di usanze tribali come i matrimoni combinati.

La grande coalizione NATO, lanciata da Obama nel settembre del 2014 con 50 stati che includono i paesi del Golfo Persico, peró  non vuole mandare truppe di terra, dopo che la guerra di Iraq ha prodotto mostri come lo Stato Islámico. Al momento sembra impossibile riconoscere questo  “Stato del terrore” ma una guerra via terra  sarebbe ancora piú devastante in quel territorio martoriato, oltre che probabilmente inutile. Occorre un approccio piú pragmatico, conclude la Napoleoni.

E infine, una domanda: perché le primavere arabe sono fallite e il Califfato é riuscito a impiantarsi? Evidentemente, non é sufficiente l’uso di internet se non c’é una leadership chiara, come avviene nel Califfato con un un’elite di professionisti che guida la massa.

In ogni caso, anche per poter pensare a cambiamenti politici non violenti, occorre studio e attenzione per capire  l’evoluzione del mondo in cui viviamo: non basta piú dividere il mondo fra Buoni e Cattivi, e cavarsela con frettolosi slogans.

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