OXI !

 

Dalla Grecia una lezione di democrazia

di Marco Borsotti

 

Tra le tante cose lette in rete subito dopo aver conosciuto l'esito del referendum di domenica 5 luglio, mi ha colpito in modo particolare il testo del discorso che Pericle avrebbe diretto ai suoi concittadini chiamati a dimostrare nei fatti in che cosa si basasse la forza delle loro istituzioni riportato da Tucidide nel secondo libro delle Storie. Lo cito a seguito perché mi pare che questo discorso abbia valore ancora oggi, oserei dire, ancora di più oggi alla luce di quanto successo dopo il voto in Grecia di fine gennaio per il rinnovo del Parlamento e le vicende dei negoziati tra il nuovo esecutivo greco espressione di quel voto ed i rappresentanti della BCE, del Fondo Monetario Internazionale e della Commissione Europea e come risposta all'insultante intervento in Aula al Parlamento europeo di ieri del Presidente della Commissione Juncker.

 

Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

 

 

Qui ad Atene noi facciamo così. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento. Qui ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola della Grecia e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così.” [Pericle - Discorso agli Ateniesi, 431 a.C. Tratto da Tucidide, Storie, II, 34-36]

 

Questo discorso calza bene con le parole che il Primo Ministro greco ha rivolto alla sua Nazione sia prima che dopo aver conosciuto il risultato del referendum. Queste parole, poi, mi sembrano perfette per commentare quanto fatto dal Ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis, porgendo le proprie dimissioni da Ministro. Immagino che tutti abbiano letto le stringate parole con cui ha spiegato il suo gesto perciò non riporto il testo completo del suo messaggio, ma mi limito a trascrivere la frase che più mi ha ha impressionato: Porterò con orgoglio il disprezzo dei creditori verso di me.  A mio vedere, costoro interpretano la politica nel modo peggiore che Pericle temeva.

Lascio da parte gli infelici commenti dei politici italiani e calo un velo pietoso sul ruolo che l'informazione italiana ha svolto e svolge in questa vicenda perché tanta pochezza prima di tutto intellettuale ed etica, é meglio ignorarla come suggeriva Virgilio a Dante in un verso molto famoso dell'Inferno. Ma non riesco proprio ad ignorare le livide parole del Presidente del Parlamento europeo, il socialista tedesco Schulz che, dopo aver dimostrato poco rispetto per la sua funzione istituzionale con interventi molto pesanti prima del voto e persino quando la consuetudine richiederebbe che si taccia perché le operazioni di voto sono in corso, ha commentato in inglese come parte della sua funzione istituzionale il risultato del referendum.

 

L'espressione del suo viso, coloro che hanno visto il video che circola non potranno che assentire con quanto scrivo, descriveva più di qualunque parola lui potesse proferire, il livore con cui aveva ricevuto il risultato del voto del 5 luglio. Ma non solo il linguaggio del suo corpo era furibondo, anche le sue parole erano a voler dir poco non appropriate. Comunque, che lui come il suo collega di partito e vice Cancelliere tedesco Gabriel, fossero spiaciuti per questa scelta di democrazia adottata dal governo greco era chiaro sin dal primo momento, ma quello che mi ha colpito in maggior misura fu da subito il fatto che le loro posizioni apparissero, almeno sulla carta, persino più rigide di quelle di Angela Merkel nel difendere come valori assoluti i precetti liberisti sin qui imposti alla Grecia, secondo loro, unica soluzione possibile per il risanamento delle finanze e dell'economia di quel paese e difesa della moneta unica europea. Per costoro, il fatto che molti nomi di prestigio dell'economia, come Stiglitz, Krugman, Galbraith, Piketty sostengano ormai da tempo l'inadeguatezza di queste politiche, sembra non aver alcun valore. Persino il fatto che il centro studi del Fondo Monetario sia giunto praticamente alle stesse conclusioni, non scalfisce neppure di poco la fede rigorista che costoro nutrono nella virtù di applicare senza deroghe i principi liberistici che esigono il taglio della spesa pubblica, la riduzione del costo del lavoro come unica forma per ridurre il deficit pubblico e potere così ripagare il debito dovuto alle banche.

 

Molti hanno già commentato questi punti e, quindi, non mi dilungo a ripetere quanto già brillantemente scritto da altri, ma voglio invece analizzare un'altro aspetto delle affermazioni di Schultz. Nelle sue parole ad un certo punto lui asserisce infatti, che la Grecia avrà pur espresso democraticamente il proprio punto di vista sulla questione, ma il tema non riguarda soltanto loro, ma i diciannove membri dell'Euro. Gli altri diciotto paesi hanno unanimemente espresso un'opinione differente, in democrazia il loro parere é quello della maggioranza e deve pertanto essere osservato. Lui si riferisce alle decisioni prese dai ministri delle finanze dei paesi firmatari dell'Euro, decisione d'esigere, in conformità con le proposte della Troica, che la Grecia adotti misure deflazionistiche che nei cinque anni appena trascorsi in cui queste politiche sono state adottate non hanno prodotto nessuno dei risultati che avrebbero dovuto ottenere, ponendo sullo stesso piano le decisioni prese da membri dell'esecutivo di paesi che non sono mai stati consultati sulla questione con la decisione presa dall'elettorato del paese che queste misure dovrebbe subire.

 

Qui mi pare si veda una delle caratteristiche principali del problema di questa “Europa Unita”. Le scelte di adottare misure legislative che portino verso la consolidazione  di questa Unione, come quella di adottare una moneta unica o di attribuire attraverso Trattati vincolanti funzioni esecutive valide per ogni Stato membro dell'Unione, per la Commissione di Bruxelles sono scelte prese dall'esecutivo dei vari paesi senza una consultazione con i propri cittadini. Di certo i membri dei vari governi che hanno approvato queste decisioni godono del potere esecutivo perché eletti liberamente a maggioranza nei loro paesi, ma é importante segnalare anche come quasi sempre, i programmi di governo con cui costoro si erano presentati ai loro elettori toccavano soltanto in modo generico la questione europea e certamente la questione di quali fossero le politiche da adottare in caso di squilibri di bilancio non fosse mai stata oggetto di dibattito politico a livello nazionale. La mancanza di un dibattito e di un voto per legittimare politicamente queste scelte é la base su cui molte forze politiche in Europa stanno portando avanti una battaglia per contrastare il processo d'integrazione europea condotta dai governi di questi paesi ed invertirne la direzione. In molti paesi il consenso per queste proposte é in chiara ascesa e potrebbe presto diventare maggioritario.

 

In realtà, sin ad oggi, le ahimè rare volte in cui si é chiesto il parere agli elettori su scelte di natura europea, i risultati sono stati contrari a quanto auspicato dai politici locali che le appoggiavano e della burocrazia europea. Come scrivo, i casi sono stati pochi, ma i risultati significativi.

 

Nel 1992 la Danimarca convoca un referendum sulla ratifica del Trattato di Maastricht ed il risultato é un chiaro no. Il voto viene ripetuto l'anno seguente e questa volta prevalgono i si. Anche la Francia convoca un referendum nel 1992 sullo stesso tema, vincono i si, ma di così stretta misura che il voto viene definito dai francesi come il piccolo si. Nel 94 la Norvegia vota sull’Unione Europea. E vota no. Sei anni dopo, anche la Danimarca fa un referendum sull’Euro. E vota no. Poi è l’Irlanda, nel 2001, a fare un referendum sul Trattato di Nizza. Anche lei vota no. Ma l’anno dopo, il referendum viene fatto rifare e questa volta è sì. Allora tocca a Francia e Olanda: si vota per la Costituzione Europea. E siccome votano no, qualcuno pensa bene di prendere la Costituzione Europea e cambiargli nome in “Trattato di Lisbona”. Con il nuovo nome, due anni dopo, lo firmano tutti, con buona pace dell’esito referendario. Nel 2008 l’Irlanda ci riprova, a votare no: fa un referendum sul Trattato di Lisbona e dice chiaramente di non volerlo. Ma l’anno dopo, il referendum viene fatto rifare. E questa volta è sì. I sondaggi dimostreranno come gli irlandesi fossero stati spaventati con previsioni catastrofiche sulla crisi di cui il paese era vittima se non ci fosse stato un assenso per il progetto europeo. Nel 2012, la Croazia fa un referendum sull’Europa. Le urne sono quasi vuote (43%): dunque vincono i sì ma senza legittimazione democratica, tanto che molti vorrebbero ripetere la consultazione. Ma in Europa c’è una regola inviolabile: i referendum si ripetono solo quando si vota no. Se vincono i sì, è per sempre.

 

Il problema vero dell'Europa é la sua scarsa legittimità popolare. Le decisioni sono convenientemente lasciate ai Parlamenti nazionali e spesso neppure a loro, ma soltanto all'esecutivo di quelle nazioni. Il Parlamento europeo é un organo con pochi poteri reali, mentre la Commissione é composta esclusivamente da individui nominati dai loro governi senza nessun vero giudizio degli elettori. Mi si dirà che la loro nomina deve ottenere l'approvazione del Parlamento Europeo, ma sino ad oggi, con pochissime eccezioni, questa approvazione é stata quasi un atto dovuto. Il sistema di governo dell'Europa, un'immensa macchina burocratica che decide per cose che toccano la vita di tutti, come gli standard dei prodotti agricoli, le regole del Commercio internazionale (le trattative sul TTIP, per esempio, sono condotte in assoluta segretezza dalla Commissione senza, a mio avviso, alcuna legittimità), sono prese da individui che non rispondono agli elettori per il loro operato.

 

Il Presidente Schultz ha ragione quando asserisce che diciotto governi su diciannove hanno approvato le scelte d'imporre politiche recessive alla Grecia, ma mettendo per il momento di lato la pur importante questione di chi avrebbe dato loro legittimità per decidere per un altro Stato, vale la pena sottolineare come nessuno di loro lo abbia fatto ricorrendo ad una consultazione democratica come realizzato in Grecia. Mi pare evidente che  il concetto di consultazione democratica che Schultz ed altri come lui hanno non giunge a contemplare vere consultazioni con gli elettori. Per questo erano tutti molto arrabbiati quando il governo greco a sorpresa decise d'indire un referendum. Molti di loro non ebbero remora nel  nascondere la propria rabbia arrivando, come il Commissario olandese, a battere i pugni sul tavolo durante la conferenza stampa. Per loro le parole di Pericle devono risuonare come anatema: Qui ad Atene noi facciamo così.

 

Per questo mi pare che il risultato del referendum sia una lezione di democrazia per l'Europa. A mio vedere, ciò che sta mettendo a rischio la continuazione del progetto europeo non é la determinazione greca di non accettare ulteriori sacrifici per i propri cittadini più deboli, né quello che in modo poco appropriato i politici e l'informazione in generale qualificano come atteggiamenti populistici di varie aggregazioni europee. Ciò che erode il progetto Europa Unita é la mancanza di un dialogo serio con gli elettori perché soltanto quando questa visione di un' Europa unita e solidale, che era nelle intenzioni di coloro che la proposero come uno strumento di solidarietà, di prosperità e di pace per il Continente, diverrà parte del sentire comune. Bisogna avere il coraggio di ammettere di aver sbagliato e accettare che i trattati già approvati possano, direi, debbano essere profondamente rivisti per renderli accessibili alla comprensione di tutti. Oggi i Trattati sono testi mastodontici scritti in linguaggio volutamente oscuro perché siano strumento di pochi per controllare tutti. Questa non é democrazia, non rispetta i cittadini. Se non riusciremo a capirlo e mettere mano ad una loro profonda revisione, dovremo poi vedere che alla fine prevarranno coloro che vogliono abbandonare del tutto questo progetto per tornare indietro quando soltanto esistevano le ambizioni in costante conflitto dei vari Stati nazionali europei.

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