DEMOCRAZIA INTELLIGENTE

Personalismo, comunita’, trascendenza

di Paolo Basurto

Carlo Marx sosteneva che in una società giusta, a ciascuno sarebbe stato dato il necessario ma ciascuno avrebbe dovuto dare tutto quanto avrebbe potuto. Utopia utopia! Però era un concetto molto interessante dell'eguaglianza sociale. Un' eguaglianza proporzionale totalmente simmetrica al principio di giustizia basata sul merito, cioè che premia il migliore, il più bravo, capace, intelligente, dotato, insomma quello che ha di più; il che alla fine, significa: il più forte. Che c'è di male nel premiare il più forte? Una sana selezione naturale è nell'ordine delle cose. I più deboli vanno certamente aiutati nella misura del possibile e una caritatevole generosità può evitare gli eccessi di un'organizzazione sociale troppo egoista e salvare individui solo temporaneamente o apparentemente incapaci di svolgere una fruttuosa e competitiva attività produttiva. Tuttavia guai a cadere in un pietoso e diseducativo assistenzialismo; ciò potrebbe favorire il parassitismo sociale e creare zavorre insopportabili per chi giustamente si attende una remunerazione proporzionata alla sua capacità di produrre ricchezza e adeguata al potere che gliene deve derivare.

Due visioni opposte dunque. La prima avrebbe incontrato la sua piena smentita nell'evidente fiasco dell'esperienza comunista dell'Unione Sovietica. Fiasco che rimane ancora oggi indiscutibile anche se tutti sappiamo che quella dell'URSS non fu l'incarnazione dell'ideologia comunista ma l'abuso autoritario delle gravi fragilità del sistema di avvio del comunismo attraverso la fase violenta, e suppostamente purificatrice, della dittatura del proletariato.

Il potere dell'investitura. Meglio la Chiesa che il popolo. Ma tant'è, il fiasco dell'URSS è considerato, a torto o a ragione, il fiasco del comunismo, e questo è un fatto. Se il comunismo è fallito, il liberalismo ha trionfato, riempiendo senza sforzo il vuoto che il primo ha lasciato. C'è stata un'epoca nella quale essere liberali voleva dire essere progressisti. I sistemi politici erano dominati dall'assolutismo medievale che faceva discendere il potere sovrano da Dio e i governanti erano tali per la sua volontà. Anche se questo creava un conflitto perpetuo con la Chiesa, interprete insindacabile dei voleri dello Spirito santo, era sempre meglio che rischiare di riconoscere al popolo un potere di investitura che avrebbe sconvolto l'assetto gerarchico delle società monarchiche. Ma questo assetto non andava per niente bene alle nuove classi detentrici della considerevole ricchezza proveniente dalle attività commerciali in pieno sviluppo grazie alle nuove vie di comunicazione che andavano velocemente allargando i confini del mondo. La Rivoluzione francese sintetizza questo processo in qualche decennio, anticipando anche lo scontro che alimenterà poi il confronto titanico e, per la prima volta, universale, tra l'ideologia socio-comunista e quella liberal-borghese.

Democrazie capitaliste e Fascismo. Nel breve e sorprendente intervallo che va dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale, si pone con forza la necessità di una Terza Via rispetto all'alternativa posta dal confronto: collettivismo estremo ispirato al comunismo che si affermava in Russia, e individualismo senza regole propugnato dal liberismo capitalista. Il Fascismo e il Nazismo si affermano perché si presentano come l'incarnazione dell'Ordine Nuovo capace di soppiantare i corrotti sistemi delle democrazie capitaliste senza cadere negli estremi irreversibili del comunismo. La frustrazione degli italiani, divenuti popolo pienamente indipendente solo con la Prima Guerra Mondiale, e incapaci di promuovere uno sviluppo politico e sociale che aveva guidato il sogno unitario, anticipa di poco l'esasperazione che affliggerà il popolo tedesco impossibilitato a recuperare una crescita economica deliberatamente ostacolata dalle condizioni di resa imposte dai vincitori. Entrambi i fenomeni preparano un terreno ideale per la conquista da parte di una demagogia militarista e nazionalista di masse numerose di cittadini in cerca di un'alternativa di cambio radicale.

Eppure le proposte di una Terza Via non erano monopolio esclusivo dei movimenti nazifascisti ed è un peccato che sia andata a finire come è finita perché alcune proposte di rinnovamento dei sistemi politici dell'epoca erano di notevole interesse e alimentati da serie analisi sociali e motivazioni democratiche e morali pienamente coerenti. Una di queste proposte, quella della Rivoluzione Personalista e Comunitaria (1) elaborata da Emmanuel Mounier in Francia, è certamente tra le più stimolanti. Pur germinando nel periodo tra le due guerre il pensiero di Mounier si matura e si definisce subito dopo la fine della Seconda Guerra, incontra un certo favore anche in Italia, e ad essa si ispira la visione politica di Adriano Olivetti (2). La rilettura delle idee di Mounier può ancora oggi offrire spunti a riflessioni di rinnovamento dei sistemi democratici, i difetti dei quali ripropongono in un nuovo e più pericoloso ciclo, i problemi irrisolti del nostro recente passato.

Il trionfo del capitalismo liberista su scala globale, non solo non ha risolto i problemi che già affliggevano l’Europa prima dell’ultima guerra mondiale ma li ha acuiti mettendo drammaticamente a nudo le insufficienze del sistema democratico.

Democrazia miglior sistema ? Ci siamo cullati nell’illusione e nella supponenza che la democrazia, come la conosciamo, pur con i suoi difetti (e credevamo davvero di conoscerli tutti) fosse comunque il miglior sistema di governo di una comunità ; di qualsiasi comunità. Forse è anche vero che non se ne conoscano altri migliori allo stato attuale. Ma cio’ non toglie che i suoi difetti siano gravi.

La rappresentatività è il difetto forse più grave. Il Mandato, la Delega,la struttura piramidale nella quale si distribuisce il potere politico e amministrativo, sono tutti difetti o corollari dei difetti, che rendono fragile questo sistema e lo espongono alla corruzione endemica, alla manipolazione delle informazioni, alla collusione dei poteri, alla negazione, insomma, della sua stessa essenza : dare potere al popolo.

Povero Popolo. In queste democrazie il popolo è un’entità priva di autonomia, priva di reali poteri decisionali, utilizzata come surrogato dell’investitura divina, per legittimare l’esercizio del potere. Il voto non è che un feticcio e la sua strumentalizzazione è divenuta l’arte di chi governa.

Caste e criminalità. La creazione di una o più classi dirigenti e la loro rapida trasformazione in oligarchie, sempre più chiuse in caste privilegiate in lotta tra loro, è la diretta conseguenza del progressivo deterioramento dei sistemi democratici rappresentativi. La criminalità organizzata prospera in questi sistemi e ben presto se ne appropria sia attraverso un’infiltrazione irresistibile e progressiva sia attraverso una spontanea metamorfosi della classe politica sedotta dalla forza del connubio tra criminalità e politica. L’evoluzione di questo fenomeno è diversa da Paese a Paese ma, a ben guardare, non ne risparmia nessuno.

Dittatura della maggioranza e abusi delle minoranze. Esiste un’alternativa alla rappresentatività ? « La sovranità popolare non puo’ essere fondata sull’autorità del numero »(3), diceva Mounier sintetizzando la complessità del problema. La decisione della maggioranza non è garanzia di decisione giusta. Le minoranze hanno i loro diritti da far rispettare. La Società, e soprattutto una Società moderna, multi-etnica, multi-culturale, diversificata in sempre più numerose aree di attività economiche, incarna una realtà dove la vita collettiva è strettamente interdipendente e dove un gruppo di cittadini anche assai ristretto ma operante in un settore chiave, è in grado, con una sua decisione isolata, di bloccare l’intera organizazione sociale. Il numero non sarà garanzia di giustizia ma è un sistema per risolvere i conflitti senza necessariamente scendere alle mani. Sennonché questo non è quasi mai vero.

Democrazie pretesto. « Lo Stato parlamentare è ormai una sopravvivenza di se stesso »(4), dice ancora Mounier, e allora la ricerca o l’accettazione di un arbitro che metta ordine e che decida con autorità diviene agli occhi di un popolo frustrato, una soluzione più che auspicabile. E’ quello che è avvenuto e avviene ancora in molti paesi nei quali la tenuta della democrazia è solo un simulacro per coprire inefficienza e corruzione. L’Africa e il Medio Oriente sono i teatri più spettacolari di questo fenomeno, ma nulla dice che anche l’Europa, che non sembra avere appreso granché dal suo tragico e recente passato, non si trasformi nuovamente in un palcoscenico dell’autoritarismo istituzionalizzato.

Individuo e Persona. La dimensione trascendente. L’intuizione di Mounier, nell’offrire la sua proposta di Terza via è basata sull’assunzione di un fatto indiscutibile perché constatabile da tutti nel quotidiano. L’uomo non è solamente individuo ma è anche persona. E’ un animale sociale, come diceva Aristotele, la cui sopravvivenza dipende dal sapersi organizzare assieme ad altri suoi simili. Ma essere Persona, significa riconoscere la dimensione trascendente della propria individualità e agire di conseguenza. Agire, perché la Persona è infatti un attore. Qualcuno che ha una parte da fare sul palcoscenico sociale; un ruolo da svolgere partecipando attivamente alla rappresentazione. Attore, dunque, e, forse anche autore, se consideriamo che l’assoluto morale è anch’esso frutto della creatività rappresentativa degli attori.

L’assoluto morale. Trascendente era per Mounier l’assoluto morale sul quale necessariamente vanno costruiti i valori-guida della Comunità. I valori nei quali i membri di quella Comunità si riconoscono al di là dei loro interessi particolari. Su questo tema dell’assolutismo morale di Mounier (5), ci sarebbe molto da discutere perché è vero che la sua militanza cattolica gli ha forse impedito di essere definitivamente chiaro. Ma la sua amicizia con Maritain e il suo apprezzamento per Theilard de Chardin dovrebbero bastare per scongiurare qualsiasi malinteso sul suo preteso dogmatismo. Sta di fatto che tutte le volte che si tira in ballo l’assoluto e la morale che ne deriva, si rischia di entrare in un dibattito viziato da presupposti malintesi. Soprattuto se si parla di politica, dove la questione dell’etica sociale è solo un modo per mandare all’inferno gli oppositori.

La Persona radica la sua trascendenza nell’intelligenza della specie. Da questo potrebbe derivare una nuova prospettiva di organizzazione comunitaria. Unico strumento operativo per questa operazione sarebbe l’Intelligenza. Non si tratta di un valore-guida, come mal si potrebbe interpretare. Si tratta invece di una funzione vitale specifica, assolutamente integrata alla nostra realtà biologica. Anzi, mi verrebbe da dire : assolutamente integrata alla realtà biologica del nostro universo Terra ; insomma, integrata alla Vita. Non sappiamo quale sia la vera natura della Vita né possiamo dire di averne compreso il senso. Le ipotesi religiose sono un tentativo seducente di attribuzione di senso. Per quanto l’esperienza mistica possa confermare questa o quella ipotesi a chi quella esperienza ha avuto la fortuna di fare, per la maggioranza di noi, queste ipotesi rimangono tali e al più riescono ad alimentare una legittima speranza. Ma oltre non si riesce ad andare. Tuttavia, potrebbe non esserci bisogno di superare i confini della consapevolezza e della razionalità per accogliere nel panorama delle nostre scelte politiche la dimensione della trascendenza.

Il senso misterioso della Vita. Anche se non ne cogliamo il senso, noi viviamo. Anche se decidessimo di toglierci la vita con il suicidio, noi andremmo incontro alla morte volontariamente, ma cio’ non toglie che questo sarebbe un atto vitale, perché la morte è parte essenziale della vita e non c’è l’una senza l’altra. Del resto la morte è spesso necessitata dalla stessa sopravvivenza della specie, e dunque dalla Vita.

Cervello, intelligenza, emozioni. Le neuroscienze hanno fatto passi da gigante ultimamente. L’esplorazione scientifica e sistematica del cervello sta confermando con sempre più numerosi risultati che tutte le sue attività hanno alla fine un solo scopo : migliorare le probabilità di sopravvivenza (6) (la sopravvivenza include ovviamente la qualità della vita e tutte quelle condizioni che migliorano le capacità umane di gestire al meglio le risorse di cui si dispone, dalla salute all’educazione). Il cervello utilizza continuamente le informazioni trasmesse dai sensi e le elabora in funzione delle migliori probabilità vitali che si offrono alle sue decisioni. L’attività mentale si svolge a due livelli, uno inconsapevole e l’altro cosciente. Il primo si attiva rapidamente ; è la base di riflessi e istinti forgiati nelle esperienze ripetute ed ereditate; è il tessuto delle nostre emozioni. La seconda consente l’analisi cosciente delle informazioni, dilatando notevolmente i tempi decisionali ma rendendo la decisione più certa e anche più trasmissibile ad altri membri della comunità. Le attività cognitive coscienti sono un patrimonio in continuo sviluppo e hanno permesso all’uomo di ottenere risultati strepitosi nel campo scientifico e tecnologico.

Gli errori della mente umana non sono solo errori di calcolo dovuti a informazioni incomplete o a deficit intrinseci nelle capacità di elaborazione dei dati. Spesso questi errori sono il frutto di interferenze tra il livello inconsapevole e quello cosciente. Spesso l’analisi si arresta sopraffatta da una forza emotiva incontrollata che trasfigura la realta’ secondo schemi ancestrali la cui attualità e validità andrebbe invece rivista e corretta. L’intelligenza è il perseguimento di una conoscenza il più possibile certa degli elementi decisionali sui quali basare la condotta personale e collettiva.

I valori della convivenza. Le basi sulle quali si stabiliscono i cosiddetti valori di convivenza in una collettività, sono spesso di natura emotiva. L’appartenenza familiare, tribale, etnica, linguistica, geografica ecc . è sicuramente più emotiva che consapevole. Come tutte le nostre emozioni essa ha un’origine di convenienza in termini di sopravvivenza. L’opportunità di mettere rapidamente in atto certi comportamenti deve avere trasformato quei comportamenti stessi in emozioni, cioè in capacità di agire velocemente in una direzione precisa senza necessità di analisi preventive o di conferma.

Intelligenza primaria e secondaria. L’intelligenza ha la funzione di verificare la forza emotiva delle nostre reazioni alla luce dei dati semre piu’ ricchi che l’esperienza gli offre. Vedere un orso nella foresta doveva aver significato pericolo e paura e dunque fuga senza pensarci su troppo. Aver capito che trovarsi sottovento riduceva di molto il pericolo deve aver consentito di frenare la paura e preparare cosi’ le condizioni di una buona caccia. L’esempio, che non è mio, ci illumina sul ruolo primario e secondario della nostra intelligenza(7).

Una democrazia basata sull’intelligenza e sulla qualificazione trascendente dell’attività personale, avrebbe il grande vantaggio di sgombrare il campo da comportamenti sociali esclusivamente emotivi e obbligare l’attività politica a giustificare le sue proposte e il suo operato sulla base di analisi rigorose come quelle che oggi si utilizzano nel campo scientifico.

La sfida di un siffatto personalismo comunitario sarebbe quella di riuscire a sconfiggere la seduzione della demagogia e del fanatismo derivante dal dogmatismo sia esso religioso o ideologico. Sarebbe aprire la via all’emancipazione dell’individuo verso il suo cammino di persona intelligente capace di costruire una Comunità intelligente. Definire quali strumenti vanno posti in essere per vincere questa sfida e quale possa essere in concreto il tipo di impegno richiesto è sicuramente la priorità cui dovrebbero dedicarsi tutti coloro che sentono di potere e di dovere apportare qualcosa a questo sforzo che ormai le condizioni storiche esigono con urgenza. Sarà all’inizio uno sforzo di pochi, ma c’è da augurarsi che il movimento che ne derivi si qualifichi per la sua capacità di ampliare progressivamente la partecipazione di ogni cittadino, fino a creare una Comunità basata su una democrazia intelligente, dove l’individuo diviene Persona consapevole del suo valore trascendente.

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  1. Mounier, Rivoluzione personalista e comunitaria, ed.Comunità 1955
  2. Olivetti, Democrazia senza partiti, Ed. Comunità, 2013
  3. Mounier, Il personalismo, ed. A.V.E. 1964, pg.151
  4. Ibid.pg. 153
  5. L.Landsberg, Problèmes du personnalisme, Ed. du Seuil 1952
  6. Le Doux, Il cervello emotivo, ed. Baldini Castoldi Dalai, 2003
  7. Newberg, E.D’Aquili, V.Rause, Dio nel cervello, ed. Mondadori 2002

 

 

 

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