ADONIS
POESIA UNIVERSALE, VERSI IN ARABO

di Gisella Evangelisti

“Serena e lenta é la mano della notte
nelle trecce della malinconia”

 Colgo questo frammento di bellezza dall'opera monumentale di Alí Ahmed Said Esber, detto Adonis, poeta e saggista siriano nominato da anni al premio Nobel della letteratura. Nato in Siria in una famiglia umile nel 1930, non ha avuto una vita facile. Ma mentre lavoravano i campi, suo padre, musulmano, gli recitava poesie. E lo stimolava a leggere, a pensare, avere dubbi. Poté iscriversi alla scuola, e da lí proseguire all'universitá e poi con una borsa di studio tuffarsi nella vita di Parigi. Di poesia si é impregnata la sua vita, accompagnandolo nel suo cammino, nei sei mesi di prigione nel '55 per aver fatto parte del Partito socialista nazionalista siriano, nell'esilio dalla Siria al Libano, nella fondazione di una rivista di poesia, nell'esilio dal Libano nell'86 dov'era scoppiata la guerra civile, e poi di nuovo a Parigi. Da quando ha 17 anni, si fa chiamare Adonis. “Rivendico la mia ereditá mediterranea”, dice, “ma formo parte integrante della cultura universale, da Oriente a Occidente. L'unica specificitá che mi riconosco é la mia lingua, l'arabo, e la mia soggettivitá: per mezzo di loro cerco di aprirmi all'universale”.

 “Ho lasciato
-viaggiando
il mio viso sul vetro di una lampada
la mia mappa é una terra senza creatore
la negazione totale, il mio vangelo”. (“Il viaggiatore”)

Come tanti che non si riconoscono piú nel mondo culturale arabo, Adonis soffre due volte l'esilio, che non é solo geografico. Ma il poeta é critico anche verso l'Occidente, non solo dell'Islam. Nel suo ultimo libro pubblicato in Italia, “Violenza e Islam”, (Guanda 2015), afferma che é evidente, soprattutto alla luce delle ribellioni arabe, che per l'Occidente politico, nordamericano ed europeo, l'Islam non é che uno strumento di geopolitica: non interessa come religione, cultura o civiltá. I politici si interessano solo al petrolio, non alle (poche) forze progressiste che hanno sfidato i governi. Al contrario, rivitalizzano le forze oscurantiste nel mondo arabo, finanziando o armando presunti combattenti di presunte opposizioni, inventando eserciti di mercenari. E adesso si trovano a dover combattere chi hanno armato.
 
“In Siria, I primi a finanziare e fornire armi contro il regime di Al Assad sono stati Arabia Saudita e Qatar, piú per interessi strategici che per amore alla libertá. Vogliono ridisegnare la mappa del Medio Oriente. Questo obiettivo ha a che fare con la divisione fra sunniti e sciiti, un conflitto sfruttato dagli occidentali in funzione dei propri interessi. Prima é stato smantellato l'Iraq, poi la Libia, la Siria, ora lo Yemen. Perché l'Arabia Saudita fa guerra allo Yemen? Questa guerra affonda le proprie radici nello spirito tribale insito nella nostra storia. É un passato che non passa.
E invece, una rivoluzione (quella siriana) che si conclude con la nascita dell'ISIS e col suo carico di crudeltá (anche in Al Nusra) [Formazione combattente contro il regime di Al Assad. N.d.r.] rende necessario e urgente un ripensamento della nostra storia.
 
E´in corso anche la distruzione della culla della civiltá, la Mesopotamia, e questo é molto grave. Secondo i fondamentalisti, l'lslam, essendo nato perfetto, combatte tutto cio che lo precede e quello che lo segue, nella filosofia, l'arte, la libertá di pensiero.
  
Quanto alle “primavere arabe”, non si é trattato di vere rivoluzioni, afferma Adonis, ma di guerre che invece di indirizzarsi contro la tirannia, si sono trasformate in altre forme di tirannia. Per il fatto che hanno mantenuto una matrice confessionale, tribale e non civica, musulmana e non araba. I popoli hanno cercato di rovesciare il potere costituito, ma senza prestare la sufficiente attenzione alle istituzioni civili, all'educazione, alla libertá della donna e dell'individuo. La rivoluzione dev'essere laica, e lasciare la religione alla sfera privata. Poi, altro errore, si sono legati a forze straniere, con risultati disastrosi, perché grazie a queste armi potenti i ribelli hanno praticamente distrutto i loro paesi. E`vero, la Siria ha un regime violento, ma i ribelli non dovevano per questo far sprofondare il paese nel caos. E poi il fondamentalismo é riemerso piú organizzato e crudele che mai. La religione é stata usata a fini ideologici, la donna é rimasta prigioniera della sharia.
 
Di solito una rivoluzione riflette il livello culturale dei rivoluzionari, la loro visione del mondo, continua Adonis. Purtroppo quello che succede nei paesi arabi dimostra che la maggioranza é ancora dominata dall'oscurantismo religioso.
In veritá, in passato ci sono state rivoluzioni piú radicali delle primavere arabe, come la rivolta dei Neri, o Zanj, contro le discriminazioni sociali nel regno degli Abassidi (255 dall'Egira), quando fondarono uno stato a sud di Bassora. E anche quella dei Carmati, alcuni decenni dopo ( nel 899 d.C), ispirati da una dottrina socialista ante litteram, basata sul rispetto del lavoro e sull'equitá redistributiva. I Carmati riuscirono anche a entrare nella Mecca, prendere la Pietra Nera e restituirla vent'anni dopo con un forte riscatto, ma furono sterminati nel 1027.
Anche nel primo Islam, il genero di Maometto Urhman, che aveva sposato due figlie del Profeta, e si era arricchito a dismisura dando origine alla ricchezza dei futuri Omayadi, fu ucciso in una rivolta a cui partecipó gente di molti paesi, dall'Egitto all'Iraq. Peró questi fatti non si conoscono né studiano, osserva Adonis, che li scoprí negli archivi di Parigi. “Noi abbiamo una storia e una cultura di potere, non si parla dei popoli e dello loro aspirazioni, mentre si specula fino alla sazietá sul potere e sul Califfo di Dio.
Perché, se si segue il principio base che Maometto é il sigillo di tutti i profeti, e le veritá che tramanda sono le ultime, l'individuo non puó modificare o creare niente. Non bisogna sognare un futuro migliore, ma sottomettersi e applicare alla lettera questa visione ortodossa e dogmatica del mondo che regna fin dall'inizio dell'Islam.
Il potere civile deve vigilare su questa immutabilitá. Il Califfo si definisce rappresentante di Dio, come tale infallibile, e qui finisce il discorso.
 
Manca una seria storiografia araba, ancora si confonde storia con leggenda. Gli arabi non sanno pensare oggettivamente il primo stato arabo-musulmano, che fu fondato sul potere e sull'appartenenza a una tribú. I Quraysh, la tribú di Maometto, erano una famiglia che fondó uno stato, e rifiutarono l'idea di condividere il potere con gli Ansar, un'altra famiglia che aveva difeso Maometto. La storia é rimasta legata al potere della tribú. Quando ho scritto “Il fisso e il mutevole”, il mondo accademico é insorto contro di me, anche se adesso é stato tradotto in indonesiano.
Non si puó far un passo avanti nell'analizzare la storia, se non si decide di tagliare i ponti con lo spirito religioso e la mentalitá tribale”, afferma Adonis.
Tutto, secondo il poeta, cominció a Saquifa, alla morte di Maometto. Durante il primo califfato di Abu Bakr ci fu una guerra di sterminio per la successione, in cui morirono migliaia di uomini. Umar, secondo califfo e suocero del Profeta, andó a casa di Fatima, sua figlia, dove si riunivano quelli che non giurarono fedeltá a Abu Bakr, e la picchió, provocandole un aborto e la morte. Dopo 15 secoli, la guerra interna agli arabi non é cessata, non siamo ancora usciti dal Medioevo.
ISIS rivive il lato oscuro della storia, non il genio di Averroé, commentatore di Aristotele, o di Ibn Arabi (mistico), o di Alhazen, matematico. Ci sono stati innovatori e pensatori nell'islam, ma non erano legati alla religione.
 
La societá musulmana delle origini cominció ad arricchirsi grazie alle conquiste, giá prima del Califfato, afferma Adonis. Il Profeta scatenava una guerra e si arricchiva sempre piú, grazie ai bottini accumulati, e la prima guerra tra musulmani scoppió perché Uthman prosciugava il tesoro pubblico per arricchire il suo clan.
Fin dall'inizio, l'Islam ha adottato la violenza delle guerre e delle conquiste. I non credenti dovevano pagare un tributo, le donne erano vendute come bottino di guerra. Ora l'ISIS si arricchisce grazie al controllo del petrolio, il gas, i depositi bancari e la vendita delle donne...
Purtroppo gli arabi non conoscono le loro fonti, i loro intellettuali e mistici, perché fin da piccoli sono scoraggiati a pensare, porsi domande, per il rischio di esser messi al bando.
Quando il Corano parla delle epoche precedenti, le definisce “il tempo dell'ignoranza”, includendo le civiltá faraoniche, la civiltá persiana, i Mesopotamici. Senza riconoscere che la Mesopotamia ha visto nascere la scrittura, gli dei e le narrazioni che saranno poi riprese nell'Antico Testamento e dal Corano.
In realtá, secondo Adonis, la fondazione dell'Islam rappresentó una regressione, non solo rispetto ai romani (che concedevano la cittadinanza agli stranieri), ma anche rispetto ai costumi arabi, che permettevano alle donne di svolgere ruoli importanti. Per esempio c'era una profetessa e capo della sua tribú, Sajah, che condusse una guerra contro l'Islam durante il regno del primo califfo, Abu Bakr.
L'Islam si é sviluppato in una cittá commerciale, la Mecca, che aveva bisogno di un solo capo per unificare le varie tribú. Di fatto, l'Arabia fu unificata, i capi si arricchirono, e l'esercito rafforzato si mosse alla conquista dei paesi vicini. Dove, per loro fortuna, non c'erano nemici forti, anzi, Bagdad, Damasco e l'Egitto, prosciugati dalle tasse dell'impero bizantino, li accolsero a braccia aperte. Ma non concepirono una civiltá basata sulla cittadinanza. Gli Abasidi furono violenti come gli Omayadi, affermando che “il sangue di chi non giurava fedeltá all'Islam era lecito”.
 
Se parliamo di violenza, osserviamo che é un fenomeno comune ai tre monoteismi, giudaismo, cristianesimo e Islam, con alcune varianti. Nella Bibbia é legata alla storia di un popolo che si vuol liberare dalla schiavitú e dall'esilio. Mosé é uno straniero, un egiziano che gli ebrei seguono per amore alla libertá. Invece l'Islam fa riferimento all'appartenenza, alla famiglia e alla tribú. Delle altre civiltá ha conservato la Bibbia, la sua Legge e i profeti, e il pensiero magico.
Nel cristianesimo la violenza é parte della storia della Chiesa alleata al potere temporale, [contraddicendo il mandato di Cristo. N.d.a]; nell'Islam, é la violenza del conquistatore.
 
Ma si ritrova molta violenza nello stesso Corano, osserva Adonis. Su 3000 versetti, 518 vertono sul castigo, dei quali 370 sui supplizi per i miscredenti. Ci sono 88 versetti sulla geenna, l'inferno, 72 sul paradiso. Si deve combattere la miscredenza, “non lasciando vivo nessuno dei Negatori” (Corano 71:26)- Non c'è neanche un versetto che inviti a riflettere o creare: non si riconosce il soggetto e l'individuo libero.Nel Corano non si accetta il dialogo con chi é diverso. Il Corano non ha assorbito la bontá di Gesú, ma l'odio dell'Apocalisse, col giudizio finale, afferma Adonis.
 
Naturalmente, continua il poeta, nel corso dei secoli, si sono vissute esperienze politiche contrarie al dispotismo, cosí come esistono versetti che parlano di misericordia, (sempre che ci sia sottomissione all'Islam), ma in genere i musulmani hanno optato per conformarsi alla crudeltá e sopraffazione, accettando di applicare supplizi di 200 tipi, che andrebbero studiati dalla psicoanalisi. La religione é usata come strumento di potere. L'uccisione dell'altro nella jihad apre la via al paradiso, fondendo Eros e Thanatos, piacere e morte. Il paradiso con le 72 vergini per ogni martire é luogo di puro piacere fisico: mangiare e far sesso, all'infinito. L'ISIS ha abolito la libertá di interpretazione, (ijtihad) che era stata instaurata dal califfo Umar, e invece resta esclusiva del potere, che perseguita l'elemento femminile. E senza il riconoscimento del femminile ingabbiato, l'uomo diventa una macchina.
Per fare una vera rivoluzione, non bisogna solo abbattere i governi, serve una rivolta interiore a favore della libertá e del pensiero, e il dialogo con l'altro. E l'uguaglianza per le donne.  
 
Non é facile questa rivoluzione, quando é esistita una censura per 15 secoli, quando l'individuo rischia la vita non appena comincia a riflettere. Quando a moltissimi uomini va bene l'Islam coi loro privilegi, chi glielo fa fare di protestare per le donne?
In Tunisia Burghiba aveva cercato di favorire l'uguaglianza fra Uomini e Donne, tranne che nel diritto ereditario, separando religione e stato. In generale in Medio Oriente per le donne ci sono stati progressi nell'ambito del lavoro, e quindi ci si aspetta che la situazione migliori, ma con ISIS si organizzano concorsi per selezionare il miglior lettore del Corano e come premio gli si assegna una schiava. Indietro tutta di secoli ! Nella lingua araba non esistono parole come “sessismo”, “maschilismo”, “misoginia”. Secondo il Corano, “gli uomini sono un gradino piú alto delle donne”; “le vostre donne sono come un campo per voi, a vostro piacere” (Corano 2:223). Si é passati dalle dee sumeriche e greche a donne che diventano ombre, fantasmi.
La parola “burka” significa “pecora” o “bestia da soma”. Nonostante ció, ci sono state magnifiche donne impegnate nella vita pubblica in Siria, Libano, Egitto, Iraq e Palestina, anche se spesso per scrivere dovettero usare altri nomi, o restare nell'ombra. Ancor prima, la tradizione araba custodisce gelosamente il nome di donne ribelli e pioniere, come Rabia, la prima mistica, che chiese la distruzione della Kaaba in vista di una spiritualitá senza dogmi. Fatima, figlia di Maometto, gli ricordava che era un mortale, Aisha, la moglie piú giovane, invece di chiudersi in casa come avrebbe voluto il Profeta, condusse una guerra.
Non c`é solo l'Islam arabo: in India e Indonesia, per esempio, esistono societá pluraliste, anche se grazie ai finanziamenti da parte dell'Arabia Saudita agli imam e scuole fondamentaliste si sta diffondendo fra le donne l'uso del velo.
 
Perché l'Islam ha resistito tanto al cambiamento, riportandoci a un'epoca in cui si credeva o moriva? Non abbiamo tenuto conto abbastanza della natura umana, il potere, il denaro e la violenza. L'Islam ha risvegliato l'istinto del possesso. Il maschio puó soddisfare le sue pulsioni, quella del possesso e quella sessuale. Ci sono stati pensatori geniali, come Averroé, (commentatore di Aristotele, ma proibito in Europa come sovversivo), Ibn Arabi e altri, ma non avevano niente a che fare col pensiero ortodosso: l'Islam era per loro appena una vernice per non essere emarginati. Gli arabi di oggi non conoscono neanche la loro cultura, e il wahabismo saudita li martella ripetendo che l'uomo non puó inventare o creare niente. Freud afferma che la civiltá si fonda sulla rinuncia alla soddisfazione degli istinti brutali, invece lo Stato Islamico libera la pulsione di morte, decapitando, schiavizzando le donne, eccetera. Demolisce vestigia di culture passate, il che é anche autodistruzione.
 
C'é quindi l'urgente bisogno di una lettura del Corano che separi ció che é politico, culturale, sociale, dal credo religioso di ciascuno, che dovrebbe essere individuale.
Possiamo cercare altre interpretazioni del Corano. Possiamo togliere i versetti imbarazzanti? Come fare, se é un testo divino? Quando si é diffuso, il mondo era quasi vuoto, non aveva davanti a sé una grande civilta, adesso ha le societá moderne, ma non ha saputo dialogare con loro. E´cambiata solo la facciata, abbiamo auto, aerei, ma la cultura é rimasta tribale, antica e religiosa.
 
Peró il problema é anche che l'Occidente non cerca piú la luce, il progresso, ma solo il denaro. Perché allearsi con i regimi reazionari? Quando si parla di Occidente, si parla delle istituzioni, non della gente. Le istituzioni hanno mantenuto un rapporto di dominio sugli arabi. Trattano solo sul piano politico e commerciale, puntando a rifornirsi di gas e petrolio, e sostengono i fondamentalisti. Approfittano delle loro guerre per arricchirsi.
Due forze immense si sono mobilitate contro la sinistra araba: Occidente e wahabiti.
 
“E poi, importantissimi, ci sono i problemi sociali. E´vero, noi arabi dobbiamo ancora separare la religione dallo Stato, ma abbiamo anche il grande problema della disoccupazione.
Anche i giovani arabi dei quartieri periferici francesi sono allo sbando. La Repubblica francese sente di non aver niente in comune con loro, e viceversa. C`é un muro immenso che li separa. Non sono un politico, non ho la ricetta per questo problema, ma lo voglio segnalare”, come spiega in un'intervista a “El País”.
 
Fin qui, la accorata riflessione di Adonis. E mi viene un ricordo: Tunisi, 29 marzo del 2013, l'Universitá statale ospita il Foro Sociale Mondiale, a due anni dalla “rivoluzione dei gelsomini”, che dette il via alle “primavere arabe”. Sotto il cielo azzurro, un via vai di banchetti di associazioni locali e internazionali, organizzazioni provenienti dall'Africa e dall'Europa. Si parla di tutti problemi del mondo, emigrazione, land grabbing, cambio climatico, ecologia, Palestina. Tra donne sarahui, indiani d'America, colorate feste berbere, troviamo banchetti di studentesse tunisine che spiegano con entusiasmo la loro voglia di esistere socialmente, il loro diritto a un futuro condiviso paritariamente coi loro compagni. Fra tante ragazze in jeans, passa una ragazza fasciata corpo e viso in un nijab nero, addirittura con guanti neri. Dicono che ha preso di mira le classi di un professore di religioni comparate, che parla di libertá di coscienza, e va a interromperlo minacciando inferni per i miscredenti. La notte, un gruppo di ragazzi discute animatamente, e un amico tunisino mi traduce l'oggetto della loro conversazione. Alcuni di loro vogliono unirsi all'opposizione siria e rifondare il califfato, dice, altri cercano di dissuaderli. Sbarro gli occhi. Il califfato? Sí, il califfato. Girando al contrario il film della storia.
Esattamente un anno dopo, il barbuto Abu Bakr Al Bagdadi fonda il cosiddetto Stato Islamico, o califfato. Oggi 6000 ragazzi tunisini ne fanno parte. La Tunisia e le sue donne, tra cui Basma Khalfaoui, la coraggiosa vedova del leader laico Chokri Belaid, (ucciso il 6 febbraio del 2013, al cui funerale partecipo´un milione di persone) cercano di resistere disperatamente all'ondata fondamentalista, per mantenere le conquiste laiche del paese. Nel gennaio del 2014 viene approvata una Costituzione che garantisce la divisione dei poteri, dá uno spazio limitato all'Islam, impone la neutralitá politica alle moschee, e si introduce, per la prima volta nella giurisdizione araba, l'obiettivo della paritá fra uomini e donne negli organi elettivi. Stretta fra il caos libico e quello siriano, la Tunisia mantiene, contro vento e maree, una sua fragile democrazia.    
 
“L'agonia di questo Islam crudele ed estremista sará lunga”, afferma Adonis. lo dice con dolore, dopo esser stato iniziato da suo padre, musulmano, alla poesia e alla trascendenza. E noi occidentali, presumibilmente imbevuti di poesia e di illuminismo, quanto continueremo nell'ipocrisia di proclamare diritti umani e arricchirci vendendo armi e alleandoci con chi li disprezza?
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