CASALEGGIO, CHI

di Paolo Basurto

La morte di Gianroberto Casaleggio ha suscitato un interesse nei mezzi di informazione che mi ha francamente stupito. La morte di un grande personaggio. Qualcuno che la gente conosceva bene e che in qualche modo rispettava. Ma Casaleggio non era questo né quello e per quanto dispiace che sia morto prematuramente, non riesco a comprendere tanto interesse e deferenza. Dicono che fosse molto intelligente, colto e particolarmente dotato per intuire le grandi prospettive politiche che il mondo del web offre. Ho avuto occasione di partecipare a varie riunioni nelle quali non mi è mai apparso nulla di queste doti brillanti. Al contrario, i suoi interventi erano sempre pallidi, mai strettamente inerenti al tema e quando le domande di qualcuno sembravano costringerlo ad una conclusione coerente, il suo fastidio era evidente e il dibattito si chiudeva con un 'vaffanculo' di marca prettamente grillesca. Forse era solo questione di scarsa valutazione dell'interlocutore, ritenuto incapace di capire la sua visione. Ma erano altri tempi; le origini del Movimento 5 Stelle. Quando ancora si credeva che stesse nascendo un modo nuovo di fare politica e che l'obbiettivo finale fosse riuscire a far partecipare la gente ai percorsi decisionali di una democrazia non più solamente rappresentativa.

 

Non so quanti ricorderanno il Beppe Grillo degli anni '90, quando ancora faceva il comico e nei suoi spettacoli sparava frecciate satiriche contro le ossessioni del mondo digitale, arrivando anche a spaccare computers nelle sue recite per esplicitare il suo rifiuto se non il suo disprezzo. Poi cambiò idea; per fortuna aggiungo io. Ma fu un cambio radicale; un'illuminazione sulla via di Damasco che trasformò il comico in un animatore politico senza che nemmeno se ne rendesse conto. Il primo Grillo politico predicava la fede nel Web. La certezza che il Web avrebbe trasformato il mondo capovolgendo la piramide sociale. Perché solo con il Web la democrazia diretta usciva dall'utopia per entrare nello scenario dell'azione politica attuale. Perché non credere con lui a questa possibilità?  I progressi della tecnologia digitale erano (e sono) sotto gli occhi di tutti. Si trattava di sperimentare e trovare in uno sforzo il più possibile collettivo, le modalità appropriate. Non sarebbe stato un processo rapido ma valeva la pena tentarlo. Tanto più che l'amico di Grillo, Casaleggio per l'appunto, era un esperto informatico con buone doti organizzative e imprenditoriale ed era proprio quello che aveva fatto cadere Grillo da cavallo, convincendolo ad aprire il suo blog, convertendolo, così, miracolosamente. Avrebbe dato un contributo essenziale alla nascita della piattaforma elettronica attraverso la quale si sarebbe dovuto creare il tessuto corporeo del M5S.

Purtroppo niente di tutto questo è avvenuto. Il fermento degli attivisti della prima ora era altissimo. Tutti desideravamo darci da fare per avviare il processo; cominciare a conoscerci e riconoscerci non solo negli obbiettivi ma anche negli strumenti e nelle strategie. Bisognava strutturare la base quel minimo che avrebbe consentito sin dall'inizio una partecipazione ampia e produttiva. Si fecero riunioni a livello nazionale; vennero elaborate proposte estremamente interessanti; e l'atmosfera era matura per cominciare sperimentazioni concrete con l'occasione delle elezioni amministrative e regionali. Lo scopo non era entrare nelle stanze del potere ma mettere a punto un sistema nuovo di fare politica. Prima di cambiare le istituzioni bisognava avere una proposta seria e funzionante. Ma l'entusiasmo della base spaventò Grillo e soprattutto Casaleggio che temeva di perdere il controllo dello strumento essenziale, la piattaforma elettronica; lo strumento operativo. Spinto da Casaleggio, Grillo si oppose ad ogni iniziativa proveniente dalla base. Cominciarono le espulsioni. La svolta autoritaria trovò spazio e consenso quando la situazione politica aprì, anzi spalancò le porte al successo elettorale del M5S. La piattaforma elettronica tanto promessa da Casaleggio non arrivava mai, ma che importava se arrivavano i risultati elettorali. La profonda frustrazione provocata da una classe dirigente tradizionale e corrotta, infiltrata dalla criminalità e incapace di affrontare la crisi economica profonda nella quale era sprofondata la nazione, trasformarono Grillo in un vero e proprio tsunami elettorale, come lui stesso volle chiamarsi. Ormai il comico non era più un comico ma un leader indiscusso e indiscutibile che raccoglieva voti a man bassa soprattutto a destra dove il vuoto era evidente dopo la catastrofe di Bossi. Grillo non ebbe timore nemmeno di fare l'occhiolino a Casa Pound. Altro che partecipazione diretta; la partecipazione era sì, diretta, ma diretta da Grillo e da Casaleggio che, proprio perché incapace di mettere a punto lo strumento innovativo necessario a caratterizzare la proposta del M5S, si concentrò su come cogliere il momento estremamente favorevole mettendo a punto formule e strumenti di controllo più che di partecipazione. La responsabilità di questa involuzione e della trasformazione del M5S in un partito populista e personale non è solo di un Grillo, certamente inebriato dal successo in buona parte dovuto alle sue qualità di trascinatore del pubblico; ma è anche se non soprattutto di Casaleggio. Mitizzarlo per aver contribuito alla perdita di una grande occasione di trasformazione, a me non sembra proprio il caso. Il M5S è il primo partito di opposizione. E lo è per aver offerto alla rabbia di tanta gente la possibilità di un cambiamento anche se alla cieca. Questa rabbia persiste e forse consentirà al M5S di aumentare e condizionare la vita politica italiana. Chi guiderà questa forza che nessuna prova valida ha saputo dare di sé come formazione di opposizione? Sarà ancora Grillo? E se non lo fosse, quali strutture saranno in grado di garantire quel minimo di trasparenza necessaria ad un partito democratico? Dicono che Casaleggio abbia lasciato un regalo il giorno stesso della sua morte. La famosa piattaforma, mai nata. E' sufficiente fare una visita a quello che è stato chiamato enfaticamente 'Il sistema operativo del M5S' per capire quanto lontano sia, lo strumento, dalle aspirazioni originarie del Movimento.

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