PARADISI DA NON PERDERE
LE ISOLE EOLIE

di Paolo Basurto

I turisti lo sanno bene: le isole Eolie sono straordinarie. Una testimonianza eccezionale di quanto l'energia vulcanica possa creare catastrofe e bellezza maestosa e suggestiva, nello stesso tempo. Sette isole a forma di Y, tutte di matrice vulcanica ancora ribollente, ma tutte diverse l’una dall’altra. Il mare le abbraccia, amico e nemico, con dolcezza o con furia, e su tutte riesce sempre a riflettere colori e sfumature sorprendenti. Perciò gli aliscafi sono ultrapieni nei mesi estivi e il turismo è naturalmente la principale fonte di reddito degli eoliani.
Tra un’isola e un’altra non c’è più di mezz’ora di battello. E’ spontaneo pensare all’arcipelago come a una sola entità. A questo riflettevo incontrando il prof. Brundu, il Direttore della Biblioteca di Malfa, uno dei Comuni maggiori dell’isola di Salina. Salina è al centro della Y. Si distingue per la quantità di vegetazione che la rallegra e che denuncia l’esistenza di acqua abbondante, grazie alla quale l’isola ha potuto sviluppare un’attività agricola importante e specializzata nella produzione di Malvasia e di capperi. Eppure, l’acqua non basta, non se n’è trovata abbastanza; non la si è voluta trovare. Così le navi cisterna riforniscono continuamente l’acqua potabile necessaria, alimentando un traffico troppo redditizio per essere intralciato. Un traffico che riguarda tutte le isole. Tutte bisognose di acqua specialmente nei periodi estivi. “Non bisogna essere affrettati nelle analisi”, mi suggerisce Brundu. La sua è un’espressione severa e trasparente allo stesso tempo.

Attualmente è il Direttore della Biblioteca comunale di Malfa, ma nel passato, anche recente, ha ricoperto incarichi di responsabilità nelle amministrazioni locali. La Biblioteca è il suo fiore all’occhiello. Era nulla quando l’ha presa in carico, facendone in breve tempo un centro culturale dinamico e frequentatissimo dai giovani. Il problema dell’acqua va visto nel suo contesto, ribadisce Brundu. Un contesto in cui è difficile fissare delle priorità e rispettarle, perché manca un programma condiviso che permetta di creare fronti comuni agendo su forze ed interessi che con il tempo si sono consolidati ed è difficile riuscire a scalzare. L’arcipelago ha una strana struttura amministrativa. Ogni isola è una frazione del Comune di Lipari. Ma Salina è un ‘eccezione. Non dipende da Lipari e conta ben tre comuni sul suo territorio. Questo frazionamento risale all’inizio del secolo scorso. Salina aveva avviato con successo tre poli di sviluppo ciascuno con una sua economia e una propria rete commerciale molto dinamica. Questo sembrò giustificare la loro autonomia. Fino a poco tempo fa i tre Comuni manacavano addirittura di un appropriato collegamento via terra, tra loro. Oggi, parlare di autonomia ha senso solo se si riuscisse a creare una struttura più ampia e leggera nello stesso tempo, nella quale far confluire energie sufficienti a risolvere problemi comuni, come il trasporto, la continuità turistica nel periodo invernale, e l’abbattimento dei costi di certi servizi essenziali, come quello dell’acqua potabile, appunto.
Insomma, spiega Brundu, bisognerebbe promuovere delle istanze di coordinamento basate sul consenso, lasciando autonomia e libertà di decisione ma favorendo al tempo stesso sinergie e integrazione, e anche solidarietà, quando la sua convenienza può essere sostenuta con validi argomenti. Ovviamente non sembra una cosa facile da ottenere. Il fatto è che gli Eoliani non sono particolarmente litigiosi ma hanno retaggi e tradizioni diverse da isola a isola e questo non ha mai favorito particolarmente la comunicazione e la reciproca comprensione. Forse i motivi hanno origini storiche, e la storia è piuttosto singolare e drammatica. Gli eoliani erano i preistorici abitanti di queste isole, poi sono venuti, fenici, greci e romani che però non alterarono mai la componente etnica principale. Nel 1544, le isole eolie subirono un evento tragico. Un ammiraglio turco, Ariadeno Barbarossa, nascosto dietro la sua bandiera favorita di pirata per ottenere l’appoggio inconfessabile dei francesi in guerra con gli spagnoli, che allora cercavano di consolidare il dominio aragonese su tutto il sud d’Italia, sbarcò improvvisamente sull’isola di Lipari e con una squadra impressionante di navi da battaglia, mise a ferro e a fuoco tutto l’arcipelago. Il saccheggio fu accompagnato dalla deportazione di circa 9000 eoliani, venduti poi come schiavi sui mercati di Algeri e di Costantinopoli. Le isole si spopolarono e non rimasero che qualche centinaio di abitanti. Il ripopolamento delle isole avvenne lentamente grazie alle politiche dei re spagnoli che favorirono correnti migratorie pricipalmente dalla Calabria e dalla Campania, per la parte orientale dell’arcipelago, e dalla Sicilia per il resto. In territori insulari così piccoli la prevalenza delle tradizioni d’origine, anche se non consente di parlare di vere e proprie etnie differenti, ha però creato sentimenti di identità e di appartenenza che hanno prodotto più incomprensioni che incontri. Oggi la sfida che gli eoliani devono assolutamente affrontare è la valorizzazione della loro diversità attraverso un’intelligente struttura di autogoverno comune.
Al prof. Brundu brilla lo sguardo nell’intensità di una passione che vorrebbe subito trasformarsi in azione. Se fosse lui il Sindaco di tutte le Eolie, non esiterebbe a lanciare un programma articolato su alcune leve principali: promozione dei servizi sociali; moltiplicazione delle opportunità educative dentro e fuori il sistema tradizionale; preservazione del patrimonio naturale grazie ad un turismo intelligente e non di massa. I servizi sociali sono una priorità indiscutibile. I giovani lasciano le isole, non solo per mancanze di prospettive lavorative ma anche perché è difficile soddisfare un’emergenza sanitaria o perché le istituzioni scolastiche superiori sono insufficienti per numero e qualità. Le attività culturali e ricreative sono carenti e non hanno il supporto pubblico che dovrebbero avere. Nella stagione invernale si produce un vero e proprio spopolamento periodico che rischia di trasformare le isole in uno scenario temporaneo ad uso e consumo di un turismo di breve periodo, pericoloso per il controllo del patrimonio naturale e poco producente dal punto di vista economico. Il segreto per un buon futuro dell’Arcipelago è ridare spazio alle piccole imprese: le attività della pesca; l’industria agricola familiare; l’accoglienza turistica domiciliare (soprattutto per equilibrare l’eccessivo insediamento di strutture alberghiere grandi e di lusso, estranee al tessuto sociale locale). Nello stesso tempo, afferma Brundu con convinzione, un’intesa operativa tra tutte le isole dell’arcipelago è essenziale per ottenere il controllo delle soluzioni di problemi comuni e di dimensioni che trascendono le autonomie locali. L’esempio più evidente, e anche più importante, è quello dei trasporti e il collegamento con la Sicilia e con il continente. Le soluzioni attuali sono costose e del tutto insoddisfacenti. La stessa cosa può dirsi per l’approvvigionamento di acqua potabile. Ma i temi non finiscono certo qui. Il controllo e la pubblicizzazione della qualità dei prodotti agricoli per eccellenza, come la Malvasia. La loro salvaguardia a livello europeo ed extraeuropeo. L’omogeneità delle discipline che devono regolare l’uso appropriato del patrimonio naturale. L’equilibrata diffusione degli stabilimenti educativi e dei centri sanitari.
Insomma è importante che ciascun isola goda la sua autonomia, ma altrettanto importante è che l’Arcipelago si costituisca su una sua base unitaria svolgendo in modo efficace una funzione promozionale e di integrazione.
Il prof. Brundu ama le sue Eolie. Le studia, le fotografa, le insegna e le racconta in numerose pubblicazioni. L’ultima domanda è a bruciapelo: qual è il suo sogno, Professore? La risposta è altrettanto immediata: se le Eolie sono un Paradiso, i poveri non dovrebbero esserci. Se lasciassimo agli Eoliani la libertà di esprimersi e di partecipare in modo più incisivo alle decisioni politiche e amministrative, le Eolie sarebbero un Paradiso e un laboratorio di giustizia sociale.

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