ITALY N° 3 -da Annina Lago

 

Sipario. La scena si apre su un giardino incantato, piante tropicali lussureggianti, piscina sormontata da una gigantesca conchiglia di legno lamellare che la ombreggia nelle ore canicolari. Tra alberi e cespugli, lettini bianchi e blu su cui umani in vacanza, mollemente adagiati, si dedicano alle loro occupazioni estenuate, indolenti. La più comune  è esporre  la più ampia possibile superficie di epidermide ai raggi dorati del sole, rigirandosi lentissimamente, come infilzati su spiedi invisibili.
Estate: quiete, relax, cervello svuotato di ogni cura. Tranne alcuni: il giovane bagnino dalla bellezza efebica, sogguardato dalle signore con leggero, malinconico compiacimento, il cameriere in camicia bianca che porta bibite gelate ideali per attenuare  bollori di ogni origine e grado, e poi, eccola arrivare, una donna islamica che spicca  per il velo che le avvolge strettamente la testa e scende in pieghe graziose, come una mantellina, a coprirla fino alla vita. Potrebbe sembrare una suora se solo fosse  bianco, ma qua e là  grandi fiori rossi stampati rendono l’indumento quasi civettuolo, mentre  il volto è incorniciato in un ovale perfetto come da un soggolo monacale. La donna si chiama Bindi, porta occhiali spessi e  accompagna una sua coetanea – sono entrambe settantenni – che cammina a passi lenti e faticosi, aiutandosi con un bastone. La coetanea è italiana, e indossa, sopra un elegante costume da bagno, un pareo abbinato di chiffon trasparente, dai caldi toni dal rosso all’arancione all’ocra. “Bindi! Prendimi quella sdraio! No, Bindi, non quella, quell’altra! Bindi mettila all’ombra di quell’albero! No Bindi, girala verso la piscina! Grazie Bindi!” Bindi esegue ogni operazione richiesta, poi  si siede accanto alla signora, che nel frattempo ha salutato figlia e genero i quali, arrivando in quel momento,  hanno scelto  l’albero vicino e si sono sdraiati su due lettini. La figlia è la versione giovane della mamma. Sotto il pareo nei toni del verde-turchese-azzurro appare un corpo perfetto in un bikini minimalista; i colori cangianti dello chiffon che si muove nel vento danno l’impressione che sia immersa in un mare cristallino fino al collo, lì dove il pareo è annodato. “Ciao mamma, come è andata la giornata?” le chiede sorridendo, e sorridendo lievemente distratta, ascolta le chiacchiere materne, una delle  solite cronache degli anziani, ricchi o poveri che siano, la cui sfera di interessi si è ridotta a ben poco. “…. E insomma mi sono adombrata e ho detto al cameriere che nel menù del lunch era indicato il semifreddo al torroncino ed io quello volevo, non poteva dirmi che era finito….” La figlia, intercalando con consumata sapienza espressioni del tipo “Hai fatto bene! Ma guarda, davvero? Da non credersi! E naturale!” finge garbatamente un interessamento che è lungi dal provare, mentre i suoi occhi vagano sul pergolato di limoni, sulla siepe di menta che, battuta dal vento esala un profumo intenso, sull’albero di giuggiole carico di frutti, sulle palme, sul mare al di là del muretto di pietre a secco. “Bindi! Spostami la sedia al sole! Bindi! Mi ascolti?”. Bindi non ascolta, perché trovandosi a poca distanza dal lettino del genero della sua signora, per qualche ragione, forse un’ educata domanda di lui, ha iniziato un’accalorata esposizione della storia recente della sua terra, partendo dagli anni ‘60 del ‘900, quando la dichiarazione di indipendenza della Somalia unificata, con il beneplacito e il sostegno dell’ONU e delle potenze coloniali che ne avevano segnato il destino fino alla seconda guerra mondiale, l’Inghilterra e l’Italia, aveva suscitato nelle popolazioni, soprattutto nei giovani, grandi  speranze di riscatto e di benessere. E invece, dice, è stato l’inizio della fine: le diverse e contrapposte etnie che la abitavano, le ambizioni dei signori della guerra che spesso si identificavano nei capi di bande della criminalità organizzata  collegata con quella internazionale, le tensioni religiose, il fanatismo islamico, avevano provocato decenni di guerre civili, di faide locali, di massacri, di carestie, di epidemie. Mentre racconta, Bindi cita i nomi degli uomini che si succedono al potere a un ritmo vertiginoso, attraverso colpi di stato o grazie ai tentativi delle istituzioni internazionali che tentano di mettere fine al caos sanguinoso, in cui è difficile anche capire chi sta dalla parte della ragione. Anche il genero della signora, con la faccia da bravo ragazzo diligente, non capisce più nulla e, afferrando il cellulare, trova evidentemente un sito informatissimo sulla Somalia e riesce a seguire l’esposizione sempre più drammatica della donna, che quella storia l’ha vissuta sulla sua pelle, fino al punto di suggerirle, quando le sfuggono, i nomi dei politici più in vista  e di leggerle le righe rassicuranti che riguardano gli ultimi cinque anni, da quando Hassan Sheikh Mohamud è stato eletto Primo presidente della Repubblica Federale di Somalia, dopo l’approvazione di una nuova Costituzione. “Ma no, ma no!” Fa Bindi, “Quel governo lì non ha fatto niente, in cinque anni! Adesso sì. Da quando a febbraio hanno eletto Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo, adesso sì! In cinque mesi ha fatto già tantissimo! Ha costruito scuole, ha restaurato ospedali, ha promesso di cambiare tutto! E i giovani sono al delirio! Si butterebbero nel fuoco per lui! Gli hanno detto “Dicci quello che dobbiamo fare e lo facciamo! Adesso sì è possibile che la Somalia cresca!”
Mentre Bindi parla, e sogna un paese che non c’è, la mamma e la figlia, nate per caso in un paese diverso, dove le donne possono andar vestite (o svestite) come vogliono, e nessuna di loro può temere mutilazioni genitali o segregazioni forzate o semplicemente la fame, continuano la loro conversazione leggera, che parla di parrucchieri e diete, di inviti a cena e screzi tra amiche. Le  conversazioni si mescolano, come due onde sonore che si intrecciano, alle chiacchiere intessute di niente fanno da contrappunto le  parole accorate di Bindi, quella che per guadagnarsi il pane e un giardino tranquillo è lontana da casa e di quella casa, nonostante tutto, ha una nostalgia acuta. E il vento, che come il tempo spazza via ogni cosa, passa tra gli alberi  e si porta via ogni suono.
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