Un fine settimana tra musica e rivoluzione...tra indignazione e riflessione.

Faccio parte, a Roma, di un coro di dilettanti. Tramite una ragazza che vi canta, si organizza uno scambio con un coro di Madrid. Quando? Il 20 di questo caldo maggio 2011. Atterro alle 7.00 di sera, la persona che mi ospita mi viene a prendere alla stazione della metro che è vicina  a casa sua, a 200 metri da Puerta del Sol. Lasciamo la valigia e mi chiede se voglio  andare ad assistere alle loro prove pre-concerto (le nostre saranno domani) e naturalmente  dico di sì, sono curiosissima di sentirli. Arriviamo al locale che è la loro sede e già troviamo altri membri che stanno distribuendo a tutti dei fogli. Uno ne danno anche a me e non capisco: sono parole di canzoni, ancora non so che sono le prime parole degli Indignados che leggo. Intanto tutti si avviano per uscire. Antonio, il mio ospite, mi spiega che stasera niente prova, si va alla Puerta del Sol. Vamos a cantar allì. Li seguo come un automa. Tutto il gruppo emana energia, sicurezza, allegria. Come ci avviciniamo alla piazza, cui si accede da diverse  strade, incontriamo sempre più numerosi i mezzi della polizia che le pattugliano senza dare troppo nell’occhio. Solo l’ingresso da una strada principale è semibloccato da un grosso furgone e davanti a questo sei poliziotti con i baschi (è un corpo speciale?) sono schierati di traverso alla strada a gambe larghe e braccia conserte, in un atteggiamento che appare vagamente minaccioso ma sembra non incutere paura a nessuno. E poi il tuffo nella folla, una folla fittissima, una marea umana che si muove a stento. Dobbiamo raggiungere un certo angolo, dove molti cori di Madrid si sono dati appuntamento via Internet. Già da lontano li sentiamo cantare, avvicinandoci vedo che tutti hanno in mano lo stesso foglio che ci è stato distribuito. Qualcuno, non so chi, ha scelto canzoni famose, di cui tutti conoscono la melodia, ed ha sostituito i testi originali con le parole della rivoluzione. E’ un coro di centinaia di voci, un coro a squarciagola che aumenta di volume e di entusiasmo quando le parole sono particolarmente sentite, è un coro sottolineato da slogan scanditi  e braccia che si alzano tutte insieme e ondeggiano, minacciano, negano, arringano. La gente è piena di rabbia, è piena di sarcasmo contro tutti i politici, contro i corrotti, contro i bugiardi, è stanca di farsi prendere in giro, canta la speranza e la gioia di sperare insieme, canta la pena per i disoccupati, per i licenziati, per i precari, per i pensionati, per gli studenti senza più borse di studio, per le illusioni perdute. L’emozione cresce, fa vibrare tutti, me compresa, e mi ritrovo anch’io a cantare a squarciagola, perché quel canto non è degli spagnoli ma di tutti, di tutti i popoli del Mediterraneo dal Portogallo alla Grecia, dal Marocco all’Egitto fino alla Siria. Dico alla ragazza che si sgola vicino a me “Domani saremo tutti senza voce!” e lei ridendo mi risponde: “No importa, esto es mas importante!”

 

Sabato 21 maggio: alle dieci di sera ritorno, questa volta da sola, sulla piazza, ancora più gremita di ieri. Le tende degli occupanti si sono moltiplicate, lunghissime corde sostengono file interminabili di cartelli, striscioni, fogli,  tutti scritti a mano. Un palazzo di otto  piani  che chiude una delle estremità della piazza è in restauro ed è quindi completamente circondato da impalcature coperte dalle reti di sicurezza. Una vera manna per gli Indignados, che si arrampicano come scoiattoli fino in cima e espongono su tutta la facciata enormi cartelli che incitano alla ribellione contro il sistema democratico falso e bugiardo. Ma quello che mi colpisce di più sono i cartelli individuali: sono centinaia, ogni madrileno qui vuole parlare, vuole esprimere ciò che sente, vuole raccontare la sua storia. C’è chi lo attacca con le mollette alle corde stese tra le tende,  chi lo incolla alle  vetrine dei negozi, ai pali dei lampioni, ai portoni delle case, ai cassonetti della spazzatura, ovunque. [  ] Ma molti hanno semplicemente spillato due fogli A4 per i lati lunghi,  se li sono messi in testa come un copricapo di vaga forma vescovile e se ne vanno in giro per la piazza impassibili e muti, come strani esseri dal cervello scoperchiato di cui tutti possono leggere le idee, le proposte, i lamenti. “Laureato in chimica, dottorato di ricerca, disoccupato. Madre di tre figli, licenziata dopo dieci anni di lavoro, disoccupata. Pensionato, mi hanno tagliato la pensione, non riesco a pagare nemmeno l’affitto.” E così via, mille storie di gente qualunque che per una volta ha ritrovato la voce e un palcoscenico per farla sentire. Ho visto persone di tutte le età, ma l’80 % sono giovani,  dai venti ai quaranta anni.

Ieri il  sindaco di Madrid, del PPE,  ha dichiarato illegale l’occupazione della piazza perché domani si faranno le elezioni amministrative e quindi deve rispettarsi il silenzio preelettorale, ha invitato gli Indignados a ritirarsi pacificamente, a riflettere. Per questo oggi la piazza è piena di cartelli che dicono “Alcalde, reflexiona TU!” accanto ad altri molto più espliciti. Sostengono che loro non fanno propaganda per nessun partito politico ( anzi!) e che quindi non violano nessuna legge. Ho vagato scattando foto fino all’una di notte e me ne sono andata a dormire inquieta, combattuta tra l’entusiasmo per quello che i madrileni sono riusciti a fare e i dubbi sulla riuscita concreta di questo pronunciamento spontaneo. Come possono il malcontento, dovuto principalmente a cause economiche, la frustrazione quotidiana, la sensazione netta e chiara che qualcuno (i poteri forti, le banche) si stia avvantaggiando a danno dei più deboli, confluire in un’azione che abbia una valenza politica? E’ qui a Puerta del Sol che si sta facendo la politica, o quella prosegue il suo corso indisturbato altrove, e la gente qui, me compresa, si illude stupidamente che qualcosa possa cambiare?

Domenica 22 maggio: la risposta arriva il giorno dopo. Alle sette e mezza di mattina mi sveglio con i rumori che vengono dalla cucina. Mi stupisco, visto che è domenica, ma alle otto, quando mi alzo,  trovo il mio ospite già pronto per uscire. Mi dice “Vado a votare! Non posso aspettare oltre!” Dopo nemmeno dieci  minuti è di nuovo a casa: i seggi aprono alle nove! Per di più ha rischiato molto: mi racconta che se all’apertura del seggio manca qualcuno della commissione elettorale, il primo elettore che si presenta  deve per legge sostituirlo! Alle dieci finalmente può votare e ce ne andiamo con tutti gli altri in giro per la città. Nel pomeriggio facciamo il nostro concerto e la sera andiamo a festeggiare in un locale. Siamo allegri, tutto è andato bene e ci sentiamo sollevati, ma ecco che qualcuno accende un televisore e l’attenzione di tutti è attirata dai risultati elettorali che già arrivano: il PSOE è sconfitto, il PPE è il grande vincitore! Assistiamo ad una delusione cocente, i volti si fanno scuri, le spalle si abbassano. Sì, è vero che l’astensione è stata molto alta, il che può essere dovuto al fenomeno degli Indignados (“Nuestros anhelos no caberàn en vuestras urnas!”) ma di fatto la politica ha proseguito il suo corso  e sembra non toccata dalle proteste della folla. La nostra sensazione  inoltre è che questi  che sono qui con noi, un campione certo non rappresentativo dei madrileni, e che l’altro ieri cantavano contro tutti i politici senza distinzioni, considerino comunque negativo il successo del PPE e la sconfitta del partito socialista.

Lunedì 23 maggio: la curva discendente si accentua. Tutti i giornali e i programmi televisivi commentano le elezioni e la delusione della gente. A Madrid il PPE ha non solo confermato, ma addirittura rafforzato il potere che  detiene da sempre nella capitale. Ma accanto a questo, che è l’argomento del giorno, ecco insinuarsi la novità sulla situazione alla Puerta del Sol: i commercianti sono scesi in campo protestando vivacemente con il sindaco perché l’occupazione di massa della piazza impedisce loro di lavorare, è una settimana che non guadagnano niente, il sindaco deve farli sgombrare! E naturalmente fioccano anche le interviste alla gente che è d’accordo con loro, e si lamenta per il chiasso, per la sporcizia, per la musica e gli slogan gridati  fino a notte fonda…Dalla poesia alla prosa. Dall’euforia alla riflessione (in effetti, sento dire a un corista, quelli alla fine del mese se non lavorano non prendono un soldo..), dalla tolleranza all’aperto fastidio. Sono delusa, e Antonio, accompagnandomi all’aeroporto, mi smonta ancora di più: “ Sì è vero, c’era una marea di folla a Puerta del Sol, ma soprattutto di sera, nelle ore in cui questa piazza, il cuore pulsante di Madrid,  tutti i giorni dell’anno pullula di gente. E poi li hai osservati bene? Moltissimi erano solo curiosi, forse simpatizzanti, è vero, ma niente di più.”

Ma forse, nonostante i limiti e le debolezze di questo giovane  movimento, qualcuno trema nelle stanze blindate dei piani alti, o se non trema sbuffa, perché comunque la voce del popolo non si può ignorare del tutto. In fondo la storia è piena di tiranni che sono caduti per aver ignorato troppo a lungo la voce del popolo. Certo, oggi il tiranno è più subdolo e più potente, ha cento teste e mille occhi, è più difficile da individuare e colpire. Ce la faranno ad abbatterlo gli Indignados di tutto il mondo? Quando? Come?

Andreina Russo

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