A cura di Andreina Russo

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libri

“La dama del quintetto”

di Silvia Mori – Ed. Luciana Tufani

Un libro sulla partecipazione femminile a Roma tra ‘800 e ‘900

Una vecchia valigia di fibra, piena zeppa di carte, sopravvissuta ai suoi proprietari e a molti  traslochi. Due cugine chine su di essa in un pomeriggio d’estate, intente a sfogliare documenti, pagine ingiallite di giornali, lettere dall’inchiostro così schiarito da creare un arabesco trasparente difficilmente leggibile. E poi le immagini, i volti che ritornano con la fissità bizantina delle foto d’epoca, dietro  cui raramente trapela un sorriso ammiccante, uno sguardo più dolce o severo..Ma questa chi è? E Clelia? No, è Olga,

credo… Così nasce questo libro, come tanti altri soprattutto di mano femminile: le memorie familiari  sono fonte inesauribile di conoscenza e di ispirazione per le donne, che spesso si sentono investite del sacro compito di tramandare, anzitutto ai membri della propria famiglia, e poi agli altri, il patrimonio racchiuso negli archivi privati, che ci svela aspetti minori, ma non meno interessanti, a volte addirittura sorprendenti, della storia passata.

 

LA TRAMA

“Primo maggio 1891, luglio 1924. Sono decenni burrascosi per l’Italia: dopo l’epopea risorgimentale si sta avviando verso il disastro della grande guerra e del fascismo. Ma è anche un periodo stimolante come pochi fino ad allora. In questo contesto, dove scienza, tecnologia e società si evolvono a ritmi vertiginosi, Elisa s’impegna con passione nella difesa dei diritti delle donne e dei bambini. Accanto a lei il marito Vittorio, avvocato e parlamentare socialista, le quattro figlie Olga Clelia Clara e Livia, poi i conoscenti e gli amici, da Costa a Turati, dalla Kuliscioff alla Montessori, da Nathan a D’Annunzio.”

Le due cugine chine sulla valigia dei ricordi sono Silvia Mori, nipote di Olga, e Anna Foa, nipote di Clara, due delle quattro figlie di Elisa, la protagonista del romanzo. Silvia da anni si dedica allo studio sistematico delle memorie familiari, da  cui sono già scaturiti due libri prima di questo, mentre Anna, figlia di Vittorio Foa, è docente di Storia moderna all’Università la Sapienza di Roma. Dalla ricchezza dei documenti che esse ritrovano nasce l’idea di un libro da scrivere a quattro mani, idea che presto viene accantonata a causa delle difficoltà operative che comporterebbe. Ma essa lascia una traccia importante nell’opera, che presenta  un profilo molto più proteso ad illuminare gli aspetti storico politici degli anni in cui si svolge la vicenda che non le vicende private dei personaggi. Non che manchino le storie individuali, le relazioni umane, gli amori e i lutti, le amicizie ferree e i piccoli tradimenti, ma tutto viene inquadrato in un’ ampia e onnipresente prospettiva storica, che in qualche modo ne rimpicciolisce la portata e ci riporta severamente ai temi fondamentali dibattuti e sviluppati nella società italiana  in un’epoca cruciale di formazione.

Un libro, quindi, come direbbe Manzoni, “misto di storia  e d’invenzione”, dove la fantasia dell’autrice supplisce alla carenza documentale, in particolare nel narrare le vicende private. Ma le proporzioni dei due  ingredienti  mescolati è ribaltata rispetto al romanzo manzoniano, in cui l’autore consapevolmente ha scelto di lasciare alla storia il ruolo di sottofondo, di scenografia essenziale ma non dominante, permettendo alla privatissima, umile di storia di Renzo e Lucia di venire alla ribalta, di farsi essa stessa implicitamente manifesto di denuncia e di riscatto politico e sociale. Silvia ama la Storia e ne fa materia narrativa esattamente come le “storie” individuali: di qui le cronache incisive ed appassionate della prima celebrazione del 1° maggio in Italia, il bombardamento di Venezia, le battaglie parlamentari, l’ascesa del fascismo favorita, anche, dall’eterna divisione delle sinistre e soprattutto, in primo piano (che è poi l’argomento centrale, che dà il titolo al libro) la partecipazione femminile, la presa di coscienza delle donne, le loro battaglie e le loro sconfitte contro un sistema ancora monolitico.

Elisa ne è la protagonista, una donna-donna, una moglie, una mamma, una signora borghese, ma, come le altre “dame del quintetto”, una convinta combattente per il miglioramento della condizione femminile. Elisa frequenta i salotti dell’alta borghesia romana, tra velluti e argenterie, servi ossequienti e dame ingioiellate. Eppure in questi ambienti nasce e fiorisce, paradossalmente, la solidarietà tra donne, si ingigantisce lo sdegno di fronte a situazioni di evidente ingiustizia sociale che mantiene le donne in uno stato giuridico di inferiorità rispetto agli uomini, ci si raggruppa, ci si organizza, si cominciano le azioni concrete. Ma il paradosso è solo apparente: descrivendo una delle attiviste, l’autrice  lo dice chiaramente ” ..la contessa Marescotti lavorava per il movimento femminile quasi a tempo pieno ; con un solo figlio, il marito occupatissimo e spesso lontano, molti mezzi e di conseguenza molta servitù, non le mancavano certo gli spazi da dedicare a questa attività”. Altra cosa è, esemplare per l’altra faccia della condizione femminile,  la breve vita dell’Isolina, la giovane cameriera  arrivata a Roma dalla natia Romagna al seguito della famiglia di Elisa: ingenua e ignorante, viene sedotta da un tizio qualsiasi e si uccide per la vergogna. La sua vicenda impegnerà le donne del gruppo ad iniziare una battaglia per il riconoscimento della paternità e la condivisione della responsabilità parentale il cui iter durerà decenni.

Un libro singolare, dunque, che ci spiazza ad ogni voltar di pagina: oggi, nell’immaginario collettivo, le femministe sono quelle i cui tratti si sono fissati a partire dagli anni ’70. Donne dure, determinate, a volte “mascolinizzate” sia nell’aspetto esteriore che nei comportamenti e negli atteggiamenti. Silvia Mori ci descrive senza infingimenti un “protofemminismo” di ambiente romano, ancora garbato, esitante, addirittura pudico, ma non per questo meno convinto e, a tratti, eroico.

L’effetto spiazzante nasce anche dalla personalissima scrittura di Silvia Mori: una scrittura asciutta, essenziale, parca di aggettivazioni e di punteggiatura, più vicina allo scarno linguaggio scientifico che a quello letterario, a tratti intensa e vibrante, a tratti quasi  distratta e rapida, quasi prevalesse nell’autrice il desiderio di esaurire brevemente un tema e passare avanti, a dare la pennellata successiva al suo vasto affresco.

Andreina Russo

Da Leggere

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Silvia Mori è nata a Massa, ma è sempre vissuta a Roma dove si è laureata in storia moderna, insegnando poi lettere nelle scuole medie inferiori e superiori. Recentemente si è interessata allo studio del movimento femminista romano ai primi del secolo ed ha collaborato e collabora con la rivista "Leggere donna".

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