LA MORTE APPARENTE DEL GLOBALISMO, di A.Placido

La competitività senza esclusione di colpi raggiunge e supera facilmente le soglie della criminalità.

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Paradiso e inferno

 

Il sabato passo un paio d'ore in un locale con pianoforte, libri e candele, e molte tavole pulcramente apparecchiate con tovaglie a fiori.   La sala, gotica, ha i muri di pietra a vista e il soffitto a volta, e in passato potrebbe essere stata sede di un convento che raccoglieva trovatelli, o un postribolo, o un ritrovo di cavalieri che preparavano cospirazioni.  Adesso un paio di volte alla settimana si trasforma in un luogo d'incontro, cibo e chiacchere per un'umanitá che piú varia non si puó. Alla spicciolata, arrivano due russe elegantissime (badanti precarie) , un vecchio dai baffi di pirata, un'anziana carica di bigiotterie sparluccicanti, che trascina, come una lumaca, la sua casa-carrello, un afroamericano gigantesco che ascolta il rap in due grossi auricolari, piú qualche ceffo con una cicatrice in faccia, una ragazza spaesata, un giovane con codino e zaino. Tutti solidamente o temporaneamente precari.

Per due ore volontari ed  ospiti siamo soggetti di scambio gratuito di cibo e parole, fuori dalla dittatura del mercato, le casse e le tasse.  É una mensa della comunita di Sant'Egidio di Barcelona, una di quelle mandate avanti, si diceva una volta, dalla Provvidenza, ossia quelle in cui, tra quattro pacchetti di riso donati qua, qualche biglietto da cento arrivato lá, ed ecco che si riesce a scodellare come dal niente sui 130 pasti caldi nutrizionalmente  bilanciati, con tanto di cioccolatini e torrone finale. E qualcuno degli ospiti ricambia, a volte, con una lezione di vita, come oggi. Anche quella, gratis.

 

“Sei italiana?”  I tre argentini seduti al tavolo a me assegnato da servire mi fanno sapere che i loro nonni sono italiani, uno addirittura furlan di Udine. Sono allegri e dicono di essere amici.  Julio, uno di loro, mi invita a sedermi. Li avviso che non potró venire le prossime settimane  perché devo andare in Sardegna dove ho una sorella gravemente malata, di cancro purtroppo.

“Anch'io ce l'ho”, dice Julio. “Al pancreas. I medici mi hanno dato un anno e due mesi di vita, e quando arriveranno gli ultimi due mesi, ritorneró in Argentina.  Ma sono contento”. Cerco di non sbarrare troppo gli occhi  vedendolo sorridere tranquillo, come se parlasse dell'ultima partita del Barça.  Contento, con 43 anni vissuti e uno da negoziare, mese dopo mese, col Destino?  E mangiando in una mensa per poveri? “Beh, data la situazione”, ragiona Julio, “é un vantaggio che non lascio  moglie e figli, che soffrirebbero per la mia dipartita. Sono libero come il vento, da anni lavoro come ingegnere informatico per un'impresa che mi manda in vari paesi, per cui ho conosciuto  Messico e Centro America, per esempio, paesi bellissimi. ...ma negli ultimi tempi sono rimasto senza lavoro per la crisi. Comunque conservo la mia stanza in un appartamento condiviso, e sono sicuro che ritorneró a lavorare  prima di restare senza un soldo”. Non si piange addosso,  Julio, a quel che vedo. Ma cosa lo fa sentire addirittura allegro?

“Com'é  che sei cosí contento?” Finisco col chiedergli.  Ok, tutti nasciamo e poi moriamo, prima o poi, ma non si salta di gioia quando ti avvisano che lascerai questa splendida valle di lacrime  in una data ravvicinata, no?

“Come ti immagini, il dopo? Ti aspetti un paradiso pieno di angelesse che ti accolgono a braccia aperte?” Scherzo.

“Non ne sono sicuro”, risponde Julio, “questo lo sapró quando sará il momento. E´che qui, in questa dimensione,  ho giá vissuto tutto, l'inferno e il paradiso. E mi considero  fortunato.

Vedi questi due denti scheggiati? Se li é portati via una bomba, l'ho vista cadere su una casa vicina al nostro campo, in un villaggio alla frontiera fra Croazia e Serbia, e poi lo strazio di andare a raccogliere i morti...  Un miracolo che non ci restassi secco anch'io.

Com'ero finito lí? Avevo 18 anni e stavo facendo il servizio militare in Argentina come paracadutista, sai di quelli  tutto  muscoli, allenatissimi, quando un giorno arriva un sergente e ci dice a una decina di noi: Tu, tu, e tu, firmate questo foglio. Come volontari delle Nazioni Unite, suona bene, no? I famosi  Caschi Blu, quelli che portano derrate alimentari alle popolazioni sfollate, o cercano di mantenere zone neutrali fra due popoli nemici che si menano alla grande. Peacekeapers...non ho sentito parola piú ironica. Perché in realtá eravamo nel cuore del conflitto dei Balcani, e per un anno e 8 mesi abbiamo vissuto  bombardamenti, sparatorie, imboscate. Un rosario di orrori, che non aveva fine.  Un giorno parlavamo con dei serbi, quando arrivano dei paramilitari croati e li catturano per giustiziarli, dicono. I serbi ci implorano di intervenire: “Le Nazioni Unite ci devono difendere!” “Non abbiamo l'ordine di intervenire, rispondiamo. Non possiamo sparare”. I paramilitari li fanno inginocchiare, ma non li uccidono con un semplice sparo. No. Gli  tagliano la testa. E loro gridano, gridano, finche le grida restano strozzate. Quelle grida ancora oggi mi svegliano di notte.

E poi, nei villaggi croati, c'erano case dove tante ragazze venivano legate ai letti, subivano orribili violenze dai serbi, e quando noi arrivavamo a slegarle per liberarle, avevano gli occhi vitrei e non volevano piú vivere. Ero ancora un ragazzo inesperto, allora,  anche se tutto muscoli. Con la mia prima fidanzatina, c'erano stati solo baci. La prima donna nuda che ho visto, era un cadavere. Per molto tempo, dopo, non sono riuscito a far l'amore. Le ragazzine si offrivano ai Caschi Blu per un pezzo di pane, un bicchiere di acqua nei villaggi distrutti dai serbi. “No, no!” Rispondevamo. Non dovete niente per il cibo che vi mandano le Nazioni Unite (vaga entitá dai pavimenti lucidi, lontanissima dai boschi dell'orrore). Mentre distribuivamo gli alimenti, i serbi una volta ci tesero un'imboscata per impadronirsene. Morirono tre dei nostri.

Ogni tanto, ci mandavano in Italia in licenza, a prendere una boccata d'aria. Era un paradiso per noi, poter mangiare la pizza fra gente normale, sotto un cielo normale da cui non piovevano bombe. Ma ormai la guerra, coi suoi corpi straziati, il fetore, le grida, mi era entrata nel sangue  e non riuscii piú  a liberarmene. A volte, e sono passati tanti anni, mi sveglio di notte rivedendo quel paesaggio invernale, brullo, quella casa diroccata. E quella donna appoggiata alla parete, seduta con un bimbo in braccio. Ci eravamo avvicinati con precauzione: la donna  aveva gli occhi sbarrati, morta congelata. Il bimbo peró ancora respirava debolmente. Ma non era possibile toglierlo dalle sua braccia ormai rigide. Dovemmo tagliargliele, per salvare il bimbo.

No, la guerra no!!!! , opponetevi a tutte le guerre, gente, voi che avete ancora molto da vivere,  non so come gridarlo al mondo. Tutte le guerre sono orribili, e non c'é scusa che tenga, differenze etniche , religiose ecc..  . In guerra il bravo padre di famiglia, l'impiegato modello, possono diventare peggio delle bestie.  Non c`é nessun conflitto che non si possa negoziare, discutere all'infinito pur di non distruggere tutto. E invece tanti stupidi film americani, tra gli atri,  inneggiano agli eroi che giocano coi fuochi d'artificio e la salsa di pomodoro, e sempre si salvano, solo un pó sporchi di nerofumo in faccia. Che idiozia ammazzarsi perché prosperino le industrie di armi.

Sono tornato in Argentina con l'anima a pezzi, dopo aver sepolto tutti i miei compagni.. Niente é tornato uguale. Prima ero un ragazzo come tutti, con la moto, gli amici, la chitarra. Dopo, per anni non sono riuscito a dormire bene, sí, ti fanno terapia per i traumi, ma non puoi chiedere al dottore, scusi, dove posso buttare questa tonnellata di ricordi? Passai qualche anno come uno zombi. Distribuii i soldi che avevo guadagnato in quei tragici Balcani  fra “Medici senza frontiere”, Unicef,  mense per i poveri e suore. Non volevo avere una ragazza per non caricarle addosso i miei incubi. Poi poco a poco, viaggiando fra un paese e l'altro, per lavoro, riuscii di nuovo a respirare frammenti di bellezza, di calore umano, di amicizia e amore.  Le mie relazioni non sfociarono in matrimonio perché  viaggiando costantemente per lavoro non era facile mantenere relazioni a distanza.

Cos'é il paradiso per me? Questa vita di ogni giorno. Un sorriso, una conversazione, un abbraccio. I giovani che sciamano ridendo verso la spiaggia, così belli. Il mare,  il sole, la luna. Scrivo poesie.

Alla prossima, Gisella. Ti faró leggere le mie poesie. Ma ti prego, sorridi e pensa sempre positivo.”

Esco dalla mensa leggermente stordita, come se avessi bevuto qualche bicchiere di troppo, anche se sulla tavola c'era solo acqua. Ci immettiamo con altre compagne nel fiume di gente che va verso la  piazza San Jaume, il cuore della cittá,  dove hanno sede una davanti all'altro il Municipio e la la Regione. C'é una folla in festa che grida e lancia coriandoli, salutando la prima sindachessa donna di Barcelona, Ada Colau. Un'attivista che per anni ha lottato contro gli sfratti di chi aveva perso lavoro e casa.  Ë successo una specie di miracolo, in Spagna, nelle ultime elezioni. Tre candidate donne, provenienti dai movimenti sociali di lotta per la casa, la giustizia, l'onestá e la trasparenza nei conti pubblici, hanno conquistato tre importanti cittá, Madrid, Barcelona e Valencia. Cominciano a mettere in pratica le virtú civili dimezzandosi lo stipendio.

Qualche anno fa, in molte piazze di Spagna, migliaia di giovani si erano accampati  per mesi sognando e discutendo un modo diverso di far politica: la politica per e con la gente. Illusi, fuori del mondo, questi Indignados!: la politica é roba seria, commentavano i benpensanti. Anni dopo, molte delle loro idee sono diventate piani municipali.

Recentemente, il G7 decide che il mondo dovrá cambiare la politica energetica, rinunciando al petrolio, pena l'autodistruzione per il cambio climatico. Da anni gli ambientalisti uscivano frustrati dai vertici internazionali, ma qualcosa pare stia cambiando, finalmente.

“Pensa positivo, e agisci di conseguenza. Mai perdere la speranza...”.

Lo penseremo. Grazie, Julio, e arrivederci.

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