E qui fu Napoli”

di Ida Verrei

Una luce bianca, punti neri in un bagliore confuso. Pian piano, mi abituo al chiarore.

Impossibile! Non ci credo: la strada è pulita. Scomparsi i bidoni colmi di spazzatura, i cassonetti traboccanti di fetidi rifiuti, i cumuli di sacchetti neri scoppiati lungo i marciapiedi.

Sembra di essere tornati all’antico, quando il Vomero era una collina di Napoli tranquilla e remota, profumata di limoni, accarezzata dal vento di mare che visitava una città-giardino.

Il cielo è ancora quello, rilucente, celeste, solcato da nuvole bianche. Il mare, in lontananza, di nuovo il lago turchino con candide creste d’onda dove, un tempo, un giovane corpo di donna giocava

 

FINIRE

di R.R.

Finire

all’ombra di una sera

di aprile,

con un male infinito

che mi tenti,

avendo davanti

il sogno

che fu solo nostro…


Finire

senza che nulla,

del sogno,

si sia avverato,

ed avere vissuto

per avere sognato.


L'INCONTRO

di Ida Verrei


Le parole sono colorate diceva Eduardo, “…tu liegge e vide ‘o blu, vide ‘o cceleste, vide ‘o russagno, ‘o vverde, ‘o ppavunazzo…”
Ma le parole sono anche suoni, immagini, musiche dell’anima.
Talvolta la parola, una sola, un’unica parola, “quella parola”, è un incontro, un avvicinarsi inaspettato tra sconosciuti, tra diversi, tra chi avrebbe potuto anche non trovarsi mai. E quando alla parola si accompagna lo sguardo, allora due mondi si fondono, si ri-conoscono, vite che si sfiorano e restano legate da un filo sottile che avvolge, stringe e impedisce di dimenticare. Una traccia indelebile nell’anima.
È così che è accaduto, pochi giorni fa, mentre camminavo di corsa per le strade di una città infreddolita ma frenetica, volgarmente addobbata per un Natale che bisogna a ogni costo festeggiare, illuminata in modo sciatto, così, quasi per forza, perché “a Natale si fa”, a Natale si truccano strade e piazze, si mascherano miserie e squallori. A Natale, i colori artificiali non sono quelli delle parole.
Macchine che sfrecciano e strombazzano, passanti carichi di pacchi che ti urtano indifferenti, con occhi vuoti, il sorriso stampato su volti di pietra, finto, come le luci, come i colori. E, a un incrocio, l’unico buio, addossata al muro, una grande macchia scura accartocciata; ai suoi piedi, un largo panno che intraved

INDIPENDENCE  DAY

di A.L.

Sei l’immobile galassia

che ho solo sfiorato

 nel mio vano volo

 per l’universo.

In te ho intravisto appena

 fiammeggiare le stelle

 tra nubi di polveri

 siderali e oscure impurità,

orbite ordinate

 di pianeti

 e caos di asteroidi,

 magmi ribollenti

 e deserti gelati.

 

 Troppo, per me.

 
Io, cometa, quattro sassi

 di pietra e di ghiaccio,

 splendente

 per un soffio di tempo

 della tua luce astrale,

 me ne vado

 nel libero spazio

 verso altri soli

 e altro buio.

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